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Autore: JessyR89    23/01/2014    8 recensioni
Dal testo: Sei un bugiardo, avevi promesso di amarmi per sempre e invece te ne sei andato, mi hai lasciata sola, senza una spiegazione valida, senza preavviso.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il temporale, annunciato da giorni dal tg , si è abbattuto su New York.
La vista dei grattacieli illuminati è sgranata, le luci sono dei punti indefiniti, dai contorni stellati, come piccoli fuochi d’artificio colorati. Le sagome degli edifici sembrano sciogliersi. Il cielo della notte è coperto di nuvole nere e gonfie, che lasciano andare la pioggia, come liberandosi.
Il rumore del temporale è incessante. Lo scroscio dell’acqua sul tetto, sulle strade, dove le luci degli stop delle auto, riflessi sull’asfalto bagnato, sembrano lingue di fuoco. Non c’è luna e non ci sono stelle, tutto è nero, nemmeno quando i fulmini o i lampi gettano sprazzi di luce violetta, illuminando il cielo, c’è luce. Sento il vento fischiare e sverzare l’aria, mentre getta la pioggia sui vetri della mia finestra, piccoli rivoli si disegnano sui vetri come lacrime che scendono. Quei vetri sembrano il riflesso del mio cuore distrutto, calpestato e ferito.
Un tuono forte fa tremare gli infissi e io mi stringo ancora di più nel maglione grigio, abbracciandomi i fianchi.
Ti odio ma mi manchi tanto.
Sospiro pensandoti.
Guardo giù, per quanto possibile, il cortile dell’Istituto: non c’è nessuno, solo pozze d’acqua scura.
Un altro tuono forte. Il rumore è cosi sordo che lo avverto dentro, come se tutte le mie ossa fossero state scosse. Ho freddo.
Mi allontano dalla finestra indietreggiando, non riesco a staccare gli occhi dal temporale. Non ci riesco perché so che il semplice battere le palpebre farebbe cadere le lacrime che sto trattenendo.
Non posso piangere, non voglio. Non meriti le mie lacrime.
Corro di nuovo verso la finestra e chiudo le pesanti tende per nascondere il mio riflesso. Resto aggrappata al tessuto qualche secondo con gli occhi chiusi.
Sento la mia vita essere circondata da braccia e sussulto, sia per lo spavento sia per il tuono che è appena esploso fuori. Spalanco gli occhi.
Le riconoscerei tra milioni, sono le tue braccia.
Sono passati esattamente 1 anno, 5 mesi e 12 giorni dall’ultima volta che mi hai abbracciata. Poi sei sparito. Non sono mai riuscita a superare il dolore, ti ho odiato dal profondo del cuore. Ti odio ancora adesso che mi stai stringendo senza dire una parola.
Sei arrivato senza fare il minimo rumore, forse aiutato anche dal rumore del temporale.
“Clarissa” mi mormori all’orecchio. La tua voce, il tuo respiro caldo sulla pelle, il tuo profumo …..
Sei un bugiardo, avevi promesso di amarmi per sempre e invece te ne sei andato, mi hai lasciata sola, senza una spiegazione valida, senza preavviso.
Mi scosto dal tuo corpo ancora ancorato al mio, che non restituisce il tuo abbraccio ma resta immobile, con le mani ancora serrate sul tessuto della tenda. Ho bisogno di aria, mi sento soffocare.
“Non mi toccare” sento la voce che mi esce poco ferma, quasi un sussurro. Ho il cuore che mi sta esplodendo e il nodo in gola mi impedisce di prendere aria a sufficienza.
Mi afferri una spalla e mi volti. Pianti i tuoi occhi dorati nei miei. Hai i capelli bagnati, che sembrano più scuri del solito biondo miele, la divisa di pelle gocciolante. Mi passi una carezza sul viso e mi asciughi col dito una lacrima. Mi scosto dal tuo tocco.
“Ti prego….” Hai gli occhi lucidi e spaventati, mi guardi quasi implorante.
“Perché? PERCHE’?” Afferro il bavero della tua giacca bagnata e ti scuoto con rabbia. Ogni singola parte del tuo viso perfetto mi fa dannatamente soffrire, ogni tua singola parola, ogni tuo singolo gesto mi fa tornare alla mente che mi hai raccontato solo bugie e mi hai illusa. La rabbia mi sta consumando da mesi ormai, ma  non sono mai riuscita a dare una spiegazione al tuo comportamento, cosi inaspettato, cosi vigliacco. Ho passato settimane a cercarti, poi mi sono arresa.
Te ne eri andato per sempre, non saresti più tornato. Era tutto finito. E adesso sei di nuovo qui e mi preghi, per cosa? Perdonati, dimenticare, ricominciare da capo?
“Vattene Jace” l’esatto momento in cui le mie labbra articolano queste parole, il mio cuore si contorce, la mia vita è come se mi scivolasse verso i piedi nudi, poggiati sul pavimento freddo, diventando un tutt’uno con il mio corpo.
Non credevo che sarei riuscita a vivere senza di te, ma ho imparato a farlo.
Non voglio vivere senza di te. Ma lo farò.
“No, non me ne andrò” mi abbracci forte, tremando per le lacrime. Non avevi mai più pianto. Adesso sei stravolto, hai gli occhi rossi e pieni di lacrime, cerchi di trattenerti ma il tuo petto è in preda ai sussulti dei singhiozzi. Piangi senza vergogna.
Mi afferri più saldamente per i fianchi, infili le mani tra i miei capelli e, con disperazione, mi baci. Le tue labbra premono contro le mie quasi con rabbia, le muovi velocemente, mi baci senza sosta. La tua bocca sa di salato, di lacrime.
Tengo le labbra serrate, non voglio abbandonarmi a te, mi hai ferito, non ti permetterò di farmi del male di nuovo. La mia mente mi grida di spingerti via, i mesi di pianti, digiuni e notti insonni mi affollano la mente, mentre sento le tue mani che scorrono sulla mia schiena. Ma il cuore mi sta scoppiando: ho sognato questo momento per cosi tanto tempo che adesso è quasi doloroso. Ti amo da impazzire, ti arpiono i capelli e, tra le lacrime, mi lascio andare al tuo bacio.
Non riuscirò mai a resistere al potere del tuo sguardo, mi hai rapito il cuore anni fa e adesso credo che non sarà mai più libero da te. Ti apparterrà per sempre.
Ricambio il tuo bacio, seguiamo un ritmo lento, dannatamente lento, poi scendi sul mio collo respirando sulla mia pelle. Rabbrividisco. Ho sempre amato ogni volta che l’hai fatto.
Mi guardi negli occhi, una silenziosa richiesta di perdono balena nei tuoi pozzi d’oro, carichi di preoccupazione. Non rispondo nulla, mi limito a sorriderti appena. Non credo di sapere cosa voglia dire questo sorriso, sta di fatto che non riesco a pensarci su troppo, visto che mi hai afferrata e sollevata di peso, poggiandomi sul letto.
Ci amiamo per tutta la notte, la voglia di te è stata per troppo tempo repressa dietro la rabbia e la delusione. Mi addormento sul tuo petto caldo. Mi sei mancato.
 
“Ehi ti va qualcosa di caldo? Stai gelando” eri dietro di me, mi parlavi all’orecchio e mi riscaldavi le braccia con le tue grandi mani.
“si grazie!” mi accoccolavo sulla tua spalla e posavo la mia guancia sulla tua, dove mi stampavi un bacio prima di uscire dalla camera e dirigerti verso la cucina.
Erano passati parecchi minuti e non eri ancora tornato. Un strana sensazione mi si muoveva allo stomaco. Guardavo fuori dalla finestra e un’ombra scura attraversava il cortile, chiudendosi il cancello alle spalle e sparendo nella notte.
Ero perplessa. Indossavo una giacchetta e mi avviavo in cucina. Era al buio.
“ Jace?” chiamavo piano per non svegliare gli altri.
I fornelli erano spenti, nessun thè messo su a scaldare. Non c’era nessuno.
Accendevo la luce e la mia attenzione era attirata da un biglietto azzurrino sul frigo:
PERDONAMI SE PUOI. TI AMO
JACE

 
Mi sveglio che è ancora presto.  Il temporale si è trasformato in una semplice giornata di pioggia, sebbene sia ancora l’alba e del sole non si riesca a scorgere molto, dietro le nuvole grigie e le tende chiuse.
Mi crogiolo tra le coperte morbide e mi allungo verso il posto accanto a me. È vuoto e freddo.
Stringo amareggiata le lenzuola. Te ne sei andato di nuovo.
Sono stata una stupida. Te l’ho permesso di nuovo.
I segni della tua presenza in questa stanza la notte scorsa sono evidenti: il tuo posto è sgualcito e no ordinato come lo è stato negli ultimi mesi, dove a occupare questo maledetto letto sono stata da sola, il tuo cuscino profuma della tua pelle, i segni sul mio corpo sono reali.  
Posso ancora sentire le tue mani su di me, il tuo sussurrarmi ti amo tra un bacio e l’altro. Non può essere stato tutto un sogno.
Sento montare la rabbia, mentre mi stringo i capelli tra le mani e guardo la stanza intorno a me dove non ci sono più i tuoi vestiti. Mi alzo e afferro la vestaglia.
Apro le tende e una luce fioca entra nella stanza. Mi stringo nella vestaglia e guardo fuori. È tutto cosi silenzioso, grigio e spento.
Gli unici rumori che sento sono i primi suoni delle auto ferme ai semafori, segno che la città si sta svegliando e il battere frenetico del mio cuore che quasi mi soffoca.  I sentimenti provati da quando te ne sei andato mi hanno cambiata. Ho imparato a essere fredda, a controllare le emozioni davanti agli altri, per scoppiare poi in questa stanza una volta da sola, ma soprattutto sono diventata spietata in battaglia. Mi sono ritrovata a massacrare i demoni solo per sfogare il mio dolore.
Alle mie spalle sento una porta aprirsi, non mi volto, so che è Isabelle che mi viene a controllare, lo fa sempre, quasi ogni notte, crede che non lo sappia. Ho passato notti e notti senza dormire, sapere che lei c’era silenziosamente è sempre stata una consolazione.
“Già sveglia?”
Sorrido.
Sei tu.
 
  
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