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Autore: The Stranger On The Moon    23/01/2014    2 recensioni
La Bella e la Bestia, il Gigante e la Bambina, la Spada e la Rosa, così li chiamavano.
Poi la Bella ha domato la Bestia, la Bambina ha piegato il Gigante e la Rosa ha spezzato la Spada.
Come, chiedete?
Lui un tempo l'ha chiamato Peccato,
Lei un tempo l'ha chiamato Amore.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexander Andersen, Enrico Maxwell, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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3. God Bless The Child

Le fu messo nome Miryam: guarì dalla bronchite in meno di una settimana e fu subito presentata agli altri bambini.
Si riveló essere estremamente sveglia per la sua età: al tempo stesso, era così dolce e candida che si fece benvolere subito da compagne, suore e preti.

Essendo troppo piccola per essere mandata a scuola passava le mattinate a giocare con gli altri; aveva però una gran smania di imparare e rendersi utile, quindi pregò una suora di insegnarle almeno i rudimenti della lettura e le assegnarono un compito semplice, che potesse svolgere tutti i giorni: stare tra i piedi del povero Fra' Francesco, che era incaricato di rassettare la chiesa ogni sera, reggendogli secchio e spazzolone. Gli era più d'intralcio che d'aiuto, ma non poteva che sorridere intenerito davanti alla bambina che ora scorrazzava per le navate, ora ammirava questo o quello, ora gli tirava la toga chiedendogli qualche spiegazione. Uno dei modi che aveva trovato per tenerla occupata un minimo era raccontarle storie di santi o della Bibbia.

Le uniche cose che le si potessero rimproverare erano una certa ombrosità, molta diffidenza e una timidezza sconfinata: ma era un sistema di autodifesa che, crescendo in un luogo sicuro, avrebbe presto abbandonato.
Per quanto egli non avrebbe dovuto nutrire preferenze rimase sempre la protetta di padre Andersen: impegni permettendo, trovava sempre un'ora o due al giorno da passare con lei.
Fu lui a scoprire che era ben portata al canto: la mise in mano alla madre superiora e presto i suoi compagni la videro cantare col coro, la domenica, in chiesa.
Di suo, Miryam era sempre di buon umore e ben disposta verso tutti; era colma di gratitudine verso chiunque le rivolgesse un gesto gentile, ed in particolare verso colui che l'aveva raccolta dalla strada e continuava a prendersi cura di lei come non aveva fatto suo padre.

Se agli altri orfani capitava di dimenticare che erano stati salvati da morte certa, lei era sempre piena di premure con coloro che le avevano fatto del bene: non mancava di ringraziare la cuoca ogni volta che la vedeva, di portare un fiore alla madre superiora e un dolcetto a Fra' Francesco, che ne era goloso.

Inoltre ogni sera, se lo sapeva all'orfanotrofio, non si dimenticava mai di caracollare da Andersen per dargli un bacio sulla guancia e ripetergli:

-Le voglio bene, padre.

Un giorno, tuttavia, successe un fatto che impensierì il prete non poco.

Era seduto su un gradino del cortiletto interno, col dovere di sorvegliare i bambini: quel frangente della giornata di solito passava tranquillo, quindi la maggior parte della sua attenzione era rivolta al suo prossimo incarico.

Assorbito nei suoi affari, non si accorse del trambusto che si era andato formando fra i bambini finchè non udì Miryam gridare:
-Pazzo!

Alzò la testa di scatto, gli occhi sbarrati. L'inflessione di quella voce infantile gliene aveva ricordata un'altra, di donna...

Pazzo!

Un ricordo che lo fece sudare freddo.

Uno dei bambini più grandi venne a scuoterlo per un braccio.

-Padre, venga, svelto!Miryam è impazzita, sta picchiando Shelomon!

Lasciò i fogli sul gradino e si tirò in piedi, ma...

-Cane miscredente!

Di nuovo...

Cane miscredente!

Tentò un paio di passi, ma quella voce...

-Come hai osato...

...Insultare il Signore nostro Dio?

Veniva dall'Inferno...

-Padre, cosa le prende?Si sbrighi!Shelomon sta sanguinando!

Ormai era quasi là davanti, ma l'aveva assalito una vertigine strana: vedeva ogni cosa come se niente fosse veramente lì.

Vedeva il bambino rannicchiato a terra sanguinare dal naso; vedeva gli altri, in cerchio, assistere attoniti;e vedeva la bambina prendere a calci l'altro urlando frasi che gli echeggiavano in testa, terribilmente familiari.

-Miryam...

Lei sembrava averci preso gusto.

-Miryam!-Ruggì.

L'orfana si voltò verso di lui con una luce folle negli occhi.

La prese per un braccio e la strattonò via. I bambini si strinsero intorno al ferito.

-Stai male, Shelomon?

-No, non è niente. Ha solo tre anni.

Lui, infatti, ne aveva sette di più.

-Ma che le hai fatto?

-Non lo so, m'è saltata addosso!

-Strano, non è da Miryam.

-Infatti ci sono rimasto male solo per quello.

-E adesso?Credi che padre Anderson la picchierà?

-Spero di no, mi dispiacerebbe. Sembrava arrabbiato, ma non sarebbe da lui.

Il prete intanto si era chiuso con Miryam nella stanza più vicina.

-Chi ti ha insegnato quelle frasi?-Tuonò, lasciandola.

-Nessuno-Rispose lei, senza l'ombra di un rimorso-Le sentivo nella mia testa.

Sospirò, massaggiandosi le tempie.

-Non devi fare mai più una cosa del genere. È chiaro?

-Ma padre, dovevo,-Miryam incrociò le braccia al petto, tranquilla-Shelomon aveva insultato Dio.

-Allora saresti dovuta venire da me. Capito?

-Capito.

La congedò con un gesto brusco.

Aveva notato che, nonostante mostrasse sempre un grande rispetto verso di lui e si mostrasse costernata a qualsiasi rimprovero volesse farle, in quel frangente era rimasta tranquilla e per nulla pentita delle sue azioni; probabilmente tutt'ora rimaneva convinta che punire Shelomon per le sue parole fosse la cosa più giusta da fare, checché ne dicesse lui.

Guardandola uscire un pensiero si fece strada nella sua testa: accoglierla nell'Iscariota.


Non ebbe mai il tempo di attuare quell'idea.
Due mesi dopo si presentò all'orfanotrofio un uomo piuttosto male in arnese chiedendo di Miryam.

Il prete non voleva rassegnarsi a lasciargliela.

-Non può venire con lei, proprio non può. E a far cosa, poi?A morire di stenti?-

-Quello che viene a fare non è affar tuo, prete-Ghignò l'uomo. Puzzava talmente tanto d'alcol che si portò una mano alla bocca, infastidito.

-Sa, non lasciamo gli orfani al primo disgraziato che viene a chiederceli.

-Sono Domingo Vega, e quella che stai trattenendo, facendomi perdere tempo e denaro preziosi, è la mia bastarda.

Lanciò sulla scrivania un mazzo di fogli alquanto malridotti, ma leggibili.

-Ecco qua. C'è tutto quello che serve per riavere indietro quella mocciosa.

Ghignò di nuovo vedendo il prete irritarsi sempre di più, sfogliando i documenti. -Che c'è, prete?Credi sia la prima volta che la portano in orfanotrofio? Hah! Spiacente. Ci hanno provato in tanti prima di te, hombre.

Andersen serrò le labbra in una linea sottile e abbassò lo sguardo, furioso.

-Così sia. Ripassi domattina.


Il giorno dopo la condusse personalmente davanti a lui, tenendola per mano.
-Dove andiamo, padre?
Non rispose. Non lo fece perchè se avesse parlato sarebbe stato troppo brusco, impegnato com'era a sopportare la rabbia che lo aveva attanagliato.
Miryam decise di non domandare oltre: se il prete non le rispondeva doveva pur esserci un buon motivo.
Scoprì quel buon motivo quando si trovò davanti ad un uomo alto e robusto, anche se non quanto colui che la teneva per mano, coi capelli di un biondo sporco, gli occhi neri e un tremendo odore di alcol su di sé.
Miryam attaccò a tremare appena lo vide, e guardò disperata verso l'alto.
Andersen, impassibile, disse solo:-È questa sua figlia?
L'uomo annuì.

-Sicuro!Eccola lì, la mia bambina. Su, bella, vieni da papà-La invitò, tendendo le braccia.
Miryam si attaccò alle gonne del prete.

-Cosa ci fa lui qui, padre?
-È qui per portarti a casa, Miryam.
Lei scosse la testa.

-Non è possibile, padre. È questa casa mia, l'ha detto anche lei.
-Non dire sciocchezze, ragazza-Intervenne l'uomo biascicando-Tu vieni con me.
La piccola strattonò le vesti dell'altro, disperata.

-Lei mi aveva promesso che non ci sarei tornata-Sussurrò con le lacrime agli occhi-Lei me l'aveva promesso, padre.
Andersen si chinò di fronte a lei.

-Non posso tenerti qui. Tuo padre ha il diritto di portarti via.
A quel punto Miryam gli saltò al collo, scoppiando a piangere.
-Lei me l'aveva promesso, padre, non ci voglio andare, non ci voglio andare, mi faranno male!-Singhiozzò intanto, affondandogli il viso nella spalla.
Il prete la abbracciò stretta.

-Non posso fare altrimenti, Miryam. Devo lasciarti andare-Rispose, ponendola delicatamente a terra.
-Ma tornerò a cercarti-Aggiunse, facendosi udire solo da lei.
Se la staccò delicatamente dal collo, e la spinse appena verso il padre con l'impressione di mandare un agnello nelle mani del macellaio.
-Arrivederci, Miryam- Concluse.
Uscì velocemente.

Dietro di lui, ormai nelle mani del padre, la bimba lo implorava ancora di non lasciarla lì.

L'indomani gli fu assegnata una missione che lo tenne impegnato tre giorni. Al suo ritorno, senza nemmeno passare per l'orfanotrofio, tornò alla strada dove aveva trovato Miryam.
Frugò ogni cantone con lo sguardo, percorse il selciato più e più volte, avanti e indietro, chiese ai passanti e ai negozianti: ma in nessun modo riuscì a trovarla.
L'unica informazione che ottenne fu da un pescivendolo;gli disse che, appena tornati dall'orfanotrofio, l'uomo aveva riempito Miryam di bastonate e se l'era portata dietro, senza farsi più vedere.
-E nessuno ha detto nulla?-Esclamò il prete-È una vergogna.

-Nessuno si impiccia degli affari di quell'uomo-Gli rispose l'altro con un'alzata di spalle-Non ha rispetto per nessuno, quello, nemmeno per i preti. Si metta il cuore in pace, padre: quando ha finito la piccolina non si muoveva neanche più. Non mi sorprenderebbe se l'avesse ammazzata, figurarsi; violento ed ubriacone com'è. Sembrava avere una gran fretta poi. Mi dispiace, ma lei qua non può fare più niente.
Fu costretto, deluso e amareggiato, a ritirarsi.
Mentre si voltava gli parve di sentire una voce infantile gridare "Padre!";ma probabilmente, si disse, era solo quel che restava della sua coscienza.



La donna era intenta a contare delle banconote quando una silhouette sottile si stagliò sulla porta.

Alzò gli occhi a fissare l'uomo che si stava avvicinando al bancone a passo lento, osservando gli arredi del posto: un corridoio lungo e stretto con pareti verniciate di rosso scuro, qualche sedia ed un divano di legno scuro e di velluto color vino, delle lanterne appese alle pareti che davano un atmosfera soffusa e notturna a quella sala nonostante fossero da poco passate le quattro. Affianco a lui c'era una scalinata di legno che portava ad un piano superiore.

Si appoggiò al bancone con fare indolente.

-È lei la proprietaria di questo posto?-Domandò, con una vena di arroganza nella voce.

Quella -una vera e propria matrona, pesantemente truccata e vestita a colori sgargianti, anche se concordi fra loro- tese le labbra rosso fuoco in un sorriso lascivo, alzando gli occhi su di lui.

-Sì, sono la matriarca. Cosa cerchi, carino?

-Cerco una ragazza.

-Allora sei nel posto giusto. Che donne preferisci? Alte? Formose? More? Bionde?

L'altro scosse la testa e fece scivolare una fotografia sul bancone.

-Cerco questa ragazza.

La donna scrutò brevemente la persona ritratta e poi tirò il primo di una serie di cordini dorati che, fino a quel momento, non aveva notato.

Quasi immediatamente si udirono dei passi che scendevano le scale, finchè una terza figura non fece la sua comparsa in fondo al corridoio.

-Come posso essere utile?

L'uomo si calzò un paio di guanti immacolati con un sorriso compiaciuto.

-Ho un affare da proporle.

  
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