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Autore: Alexiel94    24/01/2014    2 recensioni
[Clair/Lance]
[What if?]
Era lì, tra le sue braccia. Bellissimo. Dal pallore marmoreo. Morto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lance, Sandra
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Note: Salve a tutti. Ci terrei a spiegare l'origine della storia prima che vi apprestiate a leggerla, che spero vi aiutino ad apprezzarla appieno. Innanzitutto ho scritto questa storia in treno dopo innumerevoli ore passate a studiare in università, per cui non so cosa mi sia uscito.
Scherzi e battute a parte, ho provato a sperimentare uno stile che fosse quasi a metà tra il narrativo e il lirico, spezzando le frasi come fossero versi. Mi piaceva come idea, per cui mi sono detta: perché non provare?
La frase utilizzata nel titolo è una citazione del romanzo 1984 di Orwell, in caso qualcuno l'avesse riconosciuta. Il contesto però è decisamente diverso.
Ultimo ma non meno importante, nella fase di trascrizione mi sono accorta che un passaggio sembrava costruito un po' sulla falsariga de "La pioggia nel pineto" di D'Annunzio. Alla fine ho deciso di lasciarla così perchè adoro quella poesia e considero quel pezzo una specie di tributo.

Buona lettura.


 
Noi siamo i morti


Era lì, tra le sue braccia. Bellissimo. Dal pallore marmoreo. Morto.
Le mani erano inzuppate di sangue non suo, ma Clair non lo percepiva nemmeno; era solo consapevole del fatto di tener stretto il corpo di Lance. 
Il Campione di Johto. Il suo odiato cugino. Il suo più grande amore.
Sentiva un senso di gelo all'altezza del cuore, mentre ogni fibra della sua anima cercava di negare l'evidente realtà. Lance non poteva essere morto. Era un ossimoro il solo pensarlo. Una pura eresia. 
E allora perché il suo cuore era fermo? Perché non si era alzato sorridendo, canzonandola in modo amichevole per averlo creduto seriamente morto, per poi darle uno dei suoi baci passionali? 
Sentiva il respiro mozzo, Clair. La donna forte e arrogante che tutti conoscevano era ora a pezzi. Nessuno avrebbe potuto ricomporli fino a far tornare integro il suo animo, se non forse l'uomo che ora stringeva tra le sue braccia come per riportare indietro.

Coloro che giacciono nelle tombe vivono nel ricordo dei loro cari.
Noi siamo i morti.

Cosa sono quelle? Lacrime?
No! Clair è forte e non piange. I deboli lo fanno e lei di certo non lo è. 
Umana, però, ecco cos'è.
Nonostante le sue ferree convinzioni rivoli salati scendevano dai suoi occhi, ma scansava chiunque cercasse di consolarla. 
Loro non capivano.
Non aveva perso solo suo cugino, ma l'uomo più importante. 
Amante e amico, rivale e compagno.
Ovviamente gli altri non potevano sapere della loro relazione clandestina, tenuta nascosta per evitare problemi con la società. Ignoravano il loro amore, i loro baci e le promesse, ormai dissolti come cenere al vento. 
Quello stesso vento di tempesta quasi tangibile che aveva sballottato, ribaltato, capovolto e ormai completamente distrutto la barca su cui stavano i due giovani amanti, lasciando Clair annegare in un mare di lacrime senza la possibilità di cavarsela a nuoto.
Dal mare turbolento del proprio cuore venne a galla un ricordo.
Risaliva a qualche giorno prima della partenza di Lance verso Viridian City dove si sarebbe svolta l'ultima fase del suo folle piano. 
Era uno dei loro incontri segreti a casa di Clair, quando le aveva annunciato di partire per Kanto.
La donna, avendo un brutto presentimento, aveva tentato di dissuaderlo. 
Lance, ignorandola completamente, l'aveva zittita con un bacio. 
-Non preoccuparti- le aveva detto. -Tornerò-.
Invece era stata lei a dover accorrere a Viridian quando le era stata annunciata la morte dell'uomo.
-Avevi detto che saresti tornato- disse, conscia però che Lance non potesse sentirla.
La cosa peggiore era che tutti consideravano la sua dipartita quasi come meritata, quella di un folle criminale ucciso dagli eroi.
Clair avvampò di rabbia.
Nessuno comprendeva Lance quanto lei, sapeva che sebbene il modo fosse crudele e immorale lo scopo che aveva il cugino era nobile. 
La rabbia venne però schiacciata dal peso del dolore, che prepotentemente prese nuovamente il posto che gli spettava.
Peggiore di mille coltellate al cuore, dovette fare ricorso a tutte le sue forze per non crollare.
No, Lance non avrebbe voluto vederla in quello stato. Avrebbe preferito la sua Clair fiera e orgogliosa.
Eppure come poteva indossare la sua austera maschera quando si ritrovava oppressa da emozioni più grandi di lei?
 
Coloro che giacciono nelle tombe vivono nel ricordo dei loro cari.
Noi siamo i morti.

Una nuova sensazione la invase, tale da farle girare la testa e quasi svenire.
Se prima le era sembrato che il cuore pulsasse dolorosamente ora le sembrava quasi che le si fosse fermato nel petto e che lei si mantenesse in vita per pura forza di volontà. 
Questo nuovo sentimento era il senso di colpa. 
Colpa per non aver fermato Lance. 
Colpa per non essere stata più insistente. 
Colpa per non averlo seguito nella sua folle impresa pur di stare al suo fianco.
Se avesse persuaso l'uomo a rinunciare ora sarebbe stato lì con lei a sorridere col suo fare quasi sarcastico. 
A guardarla, ironico.
A farla arrabbiare per dispetto. 
A baciarla, con tutto il suo amore.
Perchè quel maledetto giorno non aveva insistito di più? 
La sorte dell'amato era anche colpa sua. 
-Perdonami- sussurrò.
Non riuscì però a liberarsi dalla morsa dolorosa al petto.
Se solo quel giorno...
Dissuaderlo dai suoi propositi sarebbe stato impossibile, ma se avesse ameno tentato forse ora non si sarebbe sentita così responsabile della sua morte.
La sua accondiscendenza gli era stata fatale.
Lei lo aveva ucciso.
"Perché?" era ciò che Clair si ripeteva più spesso. 
Perché Lance era morto e lei invece continuava a vivere?
Guardò il suo volto, ora emanante un'aura di pace e serenità che gli erano sempre mancate in vita.
Quella inquieta era lei, Clair. L'austera Capopalestra di Blackthorn. Irascibile e fredda. Fiera e potente, come i suoi draghi.
Non sembrava lei la donna che stava mettendo a nudo il caos padrone della sua anima. 
Una pioggia salata scendeva dal suo viso, le mani insanguinate che stringevano convulsamente il corpo di Lance. Il volto trasfigurato dal dolore per la perdita dell'amante mentre questi giaceva immobile e sereno.
I cupi pensieri rendevano greve l'animo pieno di dolore e frustrazione. 
Lui invece, esule da ogni emozione sembrava essere ormai in pace come non lo era mai stato in vita.
Oh, come lo invidiava!
Perché la morte aveva posto fine ai tormenti di Lance e dato inizio ai suoi? 
Non poteva essere equa e oltre a prendersi la vita dell'uomo che amava portare via anche le emozioni di Clair?
 
Coloro che giacciono nelle tombe vivono nel ricordo dei loro cari.
Noi siamo i morti.

Lance le si era avvicinato lentamente, aveva sussurrato le parole che lei aveva tanto sperato udire.
-Ti amo-.
Lei non era riuscita a resistere all'impulso, lo aveva attratto a sé e baciato. Bacio che poi sarebbe solo diventato il primo di una lunga serie. 
La consapevolezza di non poter più vivere una scena simile colpì con forza, togliendole ogni emozione. 
Era consapevole di avere attorno gli altri Capopalestra, ma non riusciva a distinguere le loro sagome o a dare un senso alle loro parole.
Condoglianze. Insulti. Incoraggiamenti. Potevano essere di tutto.
Alcune mani gentili la separarono dal corpo di Lance al fine di rendere i dovuti onori funebri.
Quando fu sola Clair si sentì più vuota che mai. Ora che l'uomo da lei amato era morto che senso aveva vivere ancora?
Venne portata al funerale dell'ormai ex Campione. Era sicura che da sola non avrebbe mai avuto la forza di andarci.
Cominciarono i discorsi in onore del caduto.
Con la precisione dello scultore, quelle parole rappresentarono l'immagine di Lance. 
Le sembrava quasi di vederlo, come quelle parole piene di passione poetica lo descrivevano.
Lei invece?
Era stata in silenzio mentre gli altri parlavano, incapace di mostrare alcuna emozione perché le sembrava quasi di non provarne.
Allora comprese.
Lance era vivo.
Era lei, Clair, ad essere morta.
 
   
 
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