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Autore: TheSlayer    24/01/2014    7 recensioni
Kimberly Fletcher ha vent'anni, viene da Londra ed è una ragazza cinica. Non crede nell'amore e odia le manifestazioni d'affetto pubbliche. Ha una sorella gemella, Cassie, che è il suo totale opposto. Insieme stanno per intraprendere una nuova avventura: trasferirsi a New York City per un anno. Cassie frequenterà un corso per diventare Wedding and Event Planner, mentre Kim farà uno stage con la sua fotografa preferita, la famosa Sophia Warden. E la donna avrà solo due regole per quel lavoro: "segui le mie istruzioni e non uscire mai con uno dei miei clienti".
Cosa succederà quando Kim incontrerà Harry, affascinante membro di una boy band famosa, nonché cliente di Sophia?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – The Proposal
 
“Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla
sia in grado di provocare un uragano dall’altra
parte del mondo.”
— The Butterfly Effect (2004)
 
Il ragazzo interruppe la cena e si inginocchiò davanti alla ragazza. O meglio, si posizionò su un solo ginocchio. La sua fidanzata portò le mani alla bocca e cominciò a tremare.
Come se quello fosse stato un segnale, si abbassarono lievemente tutte le luci del ristorante tranne una, cioè quella puntata su di lui. Partì una canzone romantica e sulla parete libera di fianco ai ragazzi cominciarono a venire proiettate delle immagini della coppia. Il ragazzo e la ragazza in piedi di fronte alla Tour Eiffel, abbracciati sull’Empire State Building con la vista di New York alle loro spalle, che si baciavano davanti al molo di Santa Monica e via dicendo.
“Sarah, il giorno in cui ti ho incontrata è stato il più bello della mia vita.” Cominciò a dire il ragazzo. Ormai tutti i presenti al ristorante avevano smesso di mangiare per guardare quel momento. “Non avrei mai immaginato di fare una cosa del genere, invece eccomi qui. Farei di tutto per te, andrei anche sulla Luna e te ne riporterei un pezzo se tu me lo chiedessi. “Continuò.
“Mark…” Mormorò Sarah, asciugandosi una lacrima con una mano tremante.
“Sarah, ti amo.” Disse semplicemente Mark, aprendo il bottone della sua giacca e infilando una mano al suo interno. Estrasse una scatolina di velluto rossa e la aprì davanti alla sua fidanzata. “Ho guardato gli anelli di tre gioiellerie diverse prima di trovarne uno degno della tua bellezza. Sei la persona più importante di tutta la mia vita e spero di passare il resto dei miei giorni insieme a te.” Continuò.
“Mark…” Ripeté la ragazza, che ormai era in lacrime. “Ti amo.”
“Sarah, vuoi diventare mia moglie?” Domandò il ragazzo. Lei annuì e scoppiò a piangere.
“Sì! Sì! Ti amo, Mark! Ti amo tantissimo!” Esclamò. Lui estrasse l’anello dalla scatolina e lo infilò al dito della sua amata. Tutti i presenti al ristorante cominciarono ad applaudire, mentre i due si abbracciavano e si baciavano. Tutti, tranne me.
“Kim!” Sibilò la mia sorella gemella Cassie, dandomi una leggera gomitata.
“Cosa?” Domandai, scocciata.
“Fai la persona educata.” Mormorò la ragazza, indicandomi con la testa la coppia di piccioncini esattamente di fianco a noi. Roteai gli occhi al cielo e mi sforzai di sbattere le mani, anche se in realtà avrei voluto scappare il più lontano possibile da quel posto. Da quando avevo capito che il ragazzo di nome Mark stava per chiedere alla sua fidanzata Sarah di sposarlo, avevo desiderato essere da qualche altra parte. Anzi, avevo proprio maledetto il secondo in cui il mio cervello mi aveva fatto scegliere proprio quel tavolo.
“Come sono carini!” Esclamò mia sorella con occhi sognanti.
“Ne riparleremo tra qualche mese o anno, quando decideranno che il matrimonio è un’incredibile cazzata e divorzieranno. Complimenti per aver appena fatto aumentare le statistiche delle coppie che scoppiano.” Borbottai, abbassando lo sguardo sul piatto ancora mezzo pieno che avevo davanti. Perché avevano scelto proprio quel momento per quella disgustosa manifestazione d’amore? Non potevano aspettare almeno che finissi la mia buonissima insalata caprese? Insomma, quello era solo il mio antipasto, avevo ancora tutta una cena davanti a me!
“Kim…” Mi richiamò Cassie. “Non so perché sei così cinica. Sono una coppia bellissima e sono sicura che staranno benissimo insieme.”
“Sì, almeno fino a quando lui poserà gli occhi su una ragazza più attraente e la tradirà. Oh, sì, lo so. Succederà quando lei rimarrà incinta, sarà gonfia e avrà il pancione e lui non la troverà più attraente. O appena dopo il parto.” Risposi.
“Ma smettila.”
“Oppure potrebbe diventare dipendente da un tipo qualsiasi di droga o dal gioco. O potrebbe diventare un alcolizzato, tornare a casa ubriaco tutte le sere e picchiarla.” Aggiunsi.
“Kim, non tutte le coppie che vedi in giro faranno la fine dei nostri genitori.” Disse Cassie, sistemandosi il tovagliolo sulle gambe e ricominciando a cenare.
“Di quali genitori stai parlando, esattamente? Del padre che ci ha abbandonate ancora prima della nascita, della madre che è finita in galera quando avevamo sei anni o di tutti quelli a cui siamo state affidate dopo e che ci hanno riportate indietro al primo errore commesso da una delle due?” Domandai. Non volevo essere così dura con Cassie, perché era la persona più importante del mondo per me, ma odiavo certe cose. Non facevano altro che riportare alla luce vecchi ricordi che volevo solo dimenticare.
“Abbiamo avuto un’infanzia difficile, è vero.” Concordò mia sorella. “Ma ormai siamo adulte e stiamo entrambe per affrontare delle avventure importanti. Non dobbiamo lasciare che il passato ci rovini il futuro.” Aggiunse. Era una frase che mi ripeteva sempre. Non contavo nemmeno più tutte le volte che me l’aveva detta in vent’anni di vita.
“Sì, e tutti gli uomini non sono uguali.” Dissi.
“Esatto! Guarda lui, ha fatto un gesto romanticissimo.” Replicò Cassie, spostando lo sguardo sulla coppia di futuri sposi e guardandoli con aria sognante. Eravamo sempre state l’uno l’opposto dell’altra, sin da piccole. Lei era romantica e sognava di vivere una favola. E ci era anche vicina, visto che il suo ragazzo era perfetto e l’amava vergognosamente tanto. Si erano incontrati all’ultimo anno di scuola e avevano cominciato a legare perché erano entrambi nel gruppo dei migliori studenti e avevano fondato un club di dibattito. Stavano insieme da quel momento. Lei continuava a ripetermi che tra loro era stato un colpo di fulmine, ma io non le credevo. Per me non esistevano. Io, invece, ero una delle persone più ciniche del mondo. Avevo provato ad avere qualche ragazzo in passato, ma non faceva per me. Avevo rinunciato definitivamente all’amore lo stesso anno in cui Cassie aveva incontrato Nathan, il suo ragazzo.
“Io l’avrei picchiato.” Risposi, riprendendo anch’io a mangiare la mia caprese.
“Perché?”
Strabuzzai gli occhi e sospirai.
“Una scenata del genere in pubblico? In un posto pieno di sconosciuti? Anche volendo, come avrebbe fatto lei a dirgli di no con tutta quella gente che li guardava?”
“La pensiamo decisamente in modo diverso.” Rispose Cassie. “Se Nathan mi avesse chiesto di sposarlo in quel modo avrei avuto esattamente la stessa reazione della ragazza.”
Sospirai di nuovo e scossi leggermente la testa, decisa a cambiare discorso. Dovevamo semplicemente riconoscere di non essere d’accordo su quell’argomento.
“Sei pronta per domani?” Chiesi.
“Per le sette ore e mezza di volo, per la nuova città o per il corso?” Domandò di rimando Cassie con un sorriso nervoso.
“Per tutte e tre le cose, ma soprattutto per il corso.” Risposi.
“Sono nervosa, ma sono pronta. Tu sei pronta per lo stage?”
Annuii, mordendomi l’interno del labbro. In realtà ero terrorizzata, ma non volevo mostrarlo. Oltre ad essere quella cinica ero sempre stata quella più coraggiosa delle due e non volevo che Cassie si spaventasse.
Il giorno successivo ci saremmo trasferite a New York, dove mia sorella avrebbe frequentato un corso di un anno per diventare una Wedding and Event Planner, mentre io ero stata abbastanza fortunata da essere accettata da Sophia Warden, la mia fotografa preferita, per uno stage di tre mesi. Avevamo pianificato tutto e avevamo lavorato per risparmiare i soldi che ci avrebbero permesso di vivere in un minuscolo appartamento a Manhattan per dodici mesi. Una volta tornate a Londra, con il titolo ottenuto da Cassie dalla prestigiosa Accademia in cui avrebbe studiato e con la raccomandazione di Sophia, avremmo potuto lavorare ovunque e vivere finalmente la vita che avevamo sognato fin da piccole.
Quella sera avevamo deciso di concederci una cena in un ristorante italiano per festeggiare la nostra partenza. Avevamo speso più della media, ma avevamo mangiato benissimo. Insomma, dopo tutto il duro lavoro di entrambe l’avevamo meritato, no?
“Sarà un anno… diverso.” Commentò Cassie, mordendosi il labbro come faceva sempre quando era nervosa.
“Sarà un anno fantastico.” Dissi, cercando di infonderle un po’ di coraggio. In realtà non lo sapevo. Non ero mai stata negli Stati Uniti in tutta la mia vita. Non ero mai uscita da Londra! Sapevo solo quello che avevo letto su Internet, mentre visitavo i forum di viaggio quando non riuscivo a dormire di notte. Leggevo le storie delle altre persone, degli altri ragazzi della nostra età che stavano vivendo l’esperienza che avremmo voluto vivere anche noi e cercavo di tranquillizzarmi.
 
Dopo sette ore e mezza di volo – in classe economica, ovviamente, perché nessuna delle due avrebbe potuto permettersi altrimenti – Cassie ed io atterrammo all’aeroporto JFK di New York City. Vedere la bandiera degli Stati Uniti mi fece provare una sensazione strana all’altezza della gola. Un nodo. Possibile che mi stessi commuovendo? Guardai gli occhi di Cassie. La mia gemella aveva quell’aria sognante che assumeva quando guardava un film romantico o quando parlava di Nathan.
“Siamo a New York!” Esclamò, asciugandosi una lacrima. Era il sogno della sua vita visitare l’America e frequentare un corso per diventare organizzatrice di matrimoni. Ne parlava da quando aveva sette anni.
“Tecnicamente non siamo ancora in suolo americano.” Dissi, guardando con sconforto l’infinito fiume di persone che si snodava davanti a me. Erano tutti in fila, come noi, per passare i controlli dell’immigrazione.
“Hai ragione, lo saremo appena avremo superato gli agenti.” Rispose lei, alzandosi sulle punte dei piedi per guardare la fine della fila.
“Secondo te si può usare il telefono?” Domandai improvvisamente. Avevo una brutta sensazione, dovevo accenderlo per controllare i messaggi.
“Non ne ho idea.” Rispose Cassie, alzando le spalle e guardandosi intorno per controllare se ci fosse qualche cartello alle pareti o qualcosa che potesse aiutarci. “Però tutti stanno accendendo i loro cellulari, quindi credo che potresti farlo anche tu.” Aggiunse dopo qualche minuto. Annuii e tirai fuori dalla tasca il telefono. Lo accesi, aspettai che trovasse una rete e poi cominciai a ricevere i messaggi.
“Due chiamate perse da Sophia!” Sibilai, guardando la mia gemella con gli occhi sgranati. “E… oh, mi sta chiamando anche adesso!” Esclamai, guardandomi intorno.
“Mettilo via, prima che ti sparino a vista!” Mormorò Cassie con il panico nella voce.
“Cassie, l’America è un paese civile. Non sparano ai turisti perché rispondono al telefono all’aeroporto.” Dissi. Poi mi nascosi dietro di lei e portai il telefono all’orecchio. “Pronto?”
“Oh, per fortuna hai risposto! Dov’eri?” Sentii la voce di Sophia Warden dall’altra parte della linea.
“Ero in aereo. Sono atterrata da poco.” Risposi.
“Ottimo, perché c’è stato un imprevisto e quell’incompetente del mio vecchio assistente si è appena licenziato. Ho un servizio fotografico importante tra due ore e mezza e ho bisogno di te.”
Guardai la fila di persone davanti a me.
“Io… io devo ancora superare i controlli all’immigrazione, ma sarò in studio appena posso.” Dissi. A costo di arrivare a Manhattan attraversando l’East River a nuoto. Aggiunsi mentalmente.
“D’accordo, d’accordo.” Borbottò Sophia e terminò la conversazione.
“Che succede?” Mi chiese Cassie.
“L’assistente personale di Sophia si è appena licenziato e ha bisogno di me.” Dissi, guardandomi nervosamente in giro. “Credo che dovrò prepararmi a portare tanti caffè.” Risposi. Non sapevo cosa mi avrebbe riservato il futuro. Ero nervosa, ma anche contenta. Non vedevo l’ora di scoprirlo.
 
L’agente dietro il vetro, un uomo di circa trent’anni di origini asiatiche, guardò Cassie e me per qualche secondo, poi guardò i nostri passaporti e sorrise.
“Chi è chi?” Domandò, spostando lo sguardo dalle foto dei nostri documenti ai nostri visi per un paio di volte. Quando avevamo fatto le foto per il passaporto, qualche anno prima, eravamo ancora identiche. Stesso colore di capelli, stesso taglio. Era impossibile riconoscerci.
“Io sono Kimberly.” Risposi con un sorriso amichevole.
“Cassandra.” Replicò la mia gemella, abbassando il tono di voce. Odiava il suo nome intero e lo usava raramente. Preferiva Cassie, perché diceva che la faceva sembrare più umana e meno strega.
“D’accordo.” Mormorò l’agente. “Kimberly, fai un passo avanti e guarda dritto nella telecamera per qualche secondo.” Aggiunse. Eseguii le sue istruzioni e poi attesi. L’uomo digitò qualcosa al computer e poi rivolse di nuovo lo sguardo su di me. “Ora metti il pollice destro sullo scanner digitale e poi, quando te lo dico io, le altre quattro dita.”
Cassie osservò i miei movimenti con aria interessata. Sapeva che avrebbe dovuto ripetere gli stessi gesti in pochi minuti.
“Così?” Domandai con aria incerta. L’agente annuì e digitò qualcos’altro sul computer. Non avevo mai fatto nulla del genere ed ero terrorizzata dall’idea di sbagliare qualcosa.
“Ora fai lo stesso con la mano sinistra.” Disse. Una volta prese le mie impronte, passò alla mia gemella e le fece fare le stesse cose. Poi cominciò a farci domande sul nostro soggiorno negli Stati Uniti. Dove vivrete? Conoscete già qualcuno? Siete qui per lavoro? Quanto starete? E via dicendo.
Avevamo richiesto entrambe un visto lavorativo, perché quello studentesco non permetteva a nessuna delle due di lavorare per tutta la durata del primo anno di studi negli Stati Uniti. E noi, invece, avevamo bisogno di lavorare. Così prima di partire avevamo trovato degli impieghi adatti a noi e che ci permettessero di frequentare il corso e lo stage e che ci aiutassero a pagare l’affitto dell’appartamento.
“Ottimo, benvenute negli Stati Uniti, Kimberly e Cassandra Fletcher. Buona permanenza.” Disse poi l’agente, aprendo i passaporti e timbrandoli entrambi con un gesto automatico.
Lo ringraziammo con un sorriso e ci incamminammo verso il ritiro bagagli. Eravamo ufficialmente in suolo americano. La nostra nuova avventura era appena cominciata.

 


Buongiorno! Se mi conoscete già da Teenage Kicks o da una delle mie altre storie, bentornate! <3
Se invece è la prima volta che leggete qualcosa di mio... benvenute e grazie per aver aperto la mia storia! :)

Che dire? Dopo aver scritto Teenage Kicks avevo voglia di qualcosa di un po' diverso, così è nata questa storia. Nei prossimi capitoli vedremo come Kim e Cassie si ambienteranno negli Stati Uniti e so che i ragazzi non si sono ancora visti, ma compariranno presto. Per la precisione nel capitolo tre! Per il momento posterò una volta a settimana, perché devo ancora finire di scrivere la storia, quindi il prossimo capitolo sarà venerdì. Spero tanto che la storia vi piaccia e grazie per aver letto fin qui!

Vi lascio i miei link, se avete voglia di leggere aggiornamenti sulle mie storie - o semplicemente per conoscermi.

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