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Autore: Half_Feather    24/01/2014    1 recensioni
«S-sono degno di te?»
«Che cosa?»
«É il significato delle rose bianche, ma ─ non è nulla, lascia stare! Grazie della rosa, Albus!, sei davvero gentile. Scommetto però sia piena di Nargilli.»
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Albus Severus Potter, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Di Rose e Nargilli
 

I palmi lisci del ragazzino dai capelli biondi sfioravano con delicatezza le gambe nude di quello dal ciuffo scuro; le sue labbra andavano a coprire prima il suo collo e dopo il mento poco sporgente. Un piccolo bacio sul mento e poi la quiete. I loro corpi perfettamente a contatto sembravano infuocare le loro vene. Solo i respiri ed un “ti amo”; l’altro gli rispose di rimando “ti amo anch’io”.

 
Avevano perso troppo tempo; inutili anni ad amarsi a vicenda senza farlo sapere l’uno all’altro, inutili anni a nascondersi, inutili anni a preoccuparsi del loro orientamento sessuale.
Credevano di sbagliare e probabilmente stavano sbagliando; erano “fatti male”, ma insieme erano l’errore più giusto della loro vita.
 

«Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti?»
Albus lo ricordava perfettamente; mugugnò e passò lentamente una mano sopra il petto di Lorcan.
«Eravamo solo dei bambini.»
«Ma lo siamo ancora. Tu sei il mio piccolo.»
 
 
Il bambino aveva i capelli neri; portava un minuto paio di occhiali, la stessa montatura di suo padre, e indossava una divisa scolastica dai colori argento e smeraldo. Il suo nome era Albus Severus Potter. Aveva solo undici anni, frequentava il primo anno ad Hogwarts ed era “diverso” per essere un Serpeverde.
Sedeva su una delle panchine dei cortili della scuola insieme a sua cugina, Rose Weasley, ed osservava da lontano una coppia di gemelli biondi.
«Albie, guarda che sta facendo quel matto di Lysander!» esclamò la rossa, indicando con un dito uno dei due bambini. Il cugino sospirò silenziosamente e disse che gli sembrava davvero simpatico.
«Simpatico? Albie, lui parla con delle creature che non esistono! È simpatico, sì, ma strano! Chi mai vorrebbe stare con lui?»
Albus scosse il capo e ridacchiò, dicendo che lei aveva ragione; in verità non la stava ascoltando: il suo sguardo era fisso sull’altro gemello, Lorcan, e la sua mente era chissà dove.
«Andiamo, Albie! È ora di pranzo!» concluse Rose con fierezza dopo aver lanciato uno sguardo quasi schifato a Lysander Scamander; si diresse verso la Sala Grande non appena il cugino le disse che l’avrebbe presto raggiunta.
Gli piaceva osservare Lorcan, i suoi movimenti, le sue espressioni, ciò che diceva.
 

 
Il ragazzo dal ciuffo nero ridacchiò, mentre l’altro posava ancora una volta le sue labbra sul collo di lui.
«Ero davvero timido.»
«Ma ti sei fatto coraggio e sei venuto da me.»
 
 
Non era una persona con molto appetito, né tantomeno ne aveva in quel momento; avrebbe potuto benissimo fare a meno del pranzo e di Rose.
Gli altri studenti si dirigevano verso la Sala Grande; anche i due gemelli avevano scelto quella meta, a quanto pare.
 

 
«Solo perché vedere te mi dava la forza di fare qualsiasi cosa.»
 
 
«Tu sei il figlio di Luna Lovegood, giusto? Mia sorella legge spesso Il Cavillo; dice che è una rivista davvero interessante.»
«E tu il figlio di Harry Potter! I nostri genitori sono amici, e sì: sono io. Mi chiamo Lorcan.»
«Lo so!» esclamò spontaneamente l’altro per poi schiarirsi la gola e correggersi. «Voglio dire, se tuo fratello è Lysander… tu… tu allora sei Lorcan. Io sono Albus, Albus Severus.»
Per un bambino timido come lui, questa era una vera impresa; aveva una rosa bianca fra le mani sudate per l’imbarazzo. Probabilmente qualche spina gli si era infilata tra le dita, ma in quel momento non sentiva il dolore. Provava una strana soggezione, voleva solo scomparire; scomparire, sì, ma rimanere lì per sempre, al tempo stesso.
«È ora di pranzo.» fu la prima cosa sciocca che gli passò per la testa. «Ma io non ho fame.»
Lorcan gli sorrideva nella maniera più normale possibile, mentre Albus ora voleva sprofondare, ora avrebbe preferito affrontare un drago piuttosto che trovarsi in una situazione tanto imbarazzante. Si schiarì così un’altra volta la gola con un colpo di tosse.
La mano che teneva la rosa passò velocemente dal suo petto a quello del biondino; aveva gli occhi in fiamme.
«Si abbina alla tua divisa!»
 
 
«Eravamo davvero ingenui.»
«Tu lo sei ancora, se pensi che il nostro sia un errore.»
«Io non credo sia un errore, io ne sono sicuro; però sbagliare è giusto, qualche volta.»

 
«N-no, non volevo dire questo… cioè, sì: si abbina davvero alla tua divis- oh, ecco… devo andare.»
Portò il piede destro dalla parte opposta, come per scappare; Lorcan lo bloccò con le parole.
«Aspetta, Albus! Sei… sei davvero gentile!»
«Ti ringrazio, anche tu sei molto carino.» bisbigliò con lo sguardo posato verso il basso. Si corresse: «…gentile!»
 

 
«Sono d’accordo con te.»
 
 
«Credi sia piena di Gorgosprizzi? La rosa, intendo.»
«Come conosci i Gorgosprizzi?»
«Sentivo tuo fratello parlarne, prima…»
«Oh, no! Una rosa regalata a qualcuno con tanto affetto non può essere invasa da queste creature.»
«Sono creature malvagie?»
«Non del tutto, Albus. Però ti invadono la testa!»
Lorcan si sistemò il fiore trai capelli.
«Ti sta davvero bene.» convenne subito l’altro, mostrandogli un grande sorriso sincero che mai nessuno era onorato di vedere.
«Ma così sarà più facile per i Gorgosprizzi… ad invaderti la testa, dico.»

«Niente Gorgosprizzi; le rose sono così pure.»
«Già, le rose bianche sono… pure.»
«Sono degno di te?» chiese con sguardo quasi speranzoso il bambino dai capelli biondi.
L’altro tremò per un attimo; chiese spiegazioni.
«È il significato delle ros – oh, no… lascia perdere.»
Adesso lo rassicurava carezzandogli la mano; riprese a parlare.
«È stato un vero piacere, Albus. Grazie ancora per la rosa!»
Detto questo, il bambino dai capelli biondi mosse la mano in segno di saluto e si allontanò; probabilmente era diretto verso la Sala Grande – era ancora in tempo per il pranzo.
Albus lo osservava andarsene con uno sguardo affascinato, fiero e felice. Semplicemente felice, tanto da sembrargli di volare.
 
 

«Adesso?»
«Che intendi?»
«La rosa bianca che mi hai regalato al primo anno era bellissima; non ho mai avuto una risposta, però.»
I loro corpi divennero freddi per un attimo; il sorriso di Albus si spense improvvisamente, mentre guardava il ragazzo che amava con sguardo incerto.
«Albie, e adesso? Adesso sono degno di te?»

 
Intanto, le labbra di Rose e Lysander erano ancorate l’una all’altra, nel dormitorio femminile di Corvonero. Ogni tanto prendevano le distanze e sussurravano qualcosa.
«Nargilli; Nargilli ovunque.»
«Dobbiamo starne alla larga, Lysa, non credi?» ridacchiò lei.
«Una rossa e un biondo insieme possono sconfiggere un intero esercito di Nargilli! Noi siamo i Nargillisti, noi possiamo combattere e uscire vittoriosi da ogni guerra, insieme! Perché noi abbiamo il potere, ah!»
Lysander spesso tendeva a comportarsi come un bambino, tuttavia Rose amava questo suo carattere: la faceva sorridere, la faceva distrarre da tutti quei compiti che i professori assegnavano e la faceva dimenticare tutto e tutti. La compagnia di Lysander, per Rose, era più efficace di un bicchiere di Idromele.
La Weasley ridacchiò nuovamente e poggiò le sue labbra su un suo orecchio per sussurrargli: «Chi mai vorrebbe stare con te? A parte me, ovvio.»

 
Albus scosse il capo.
«Adesso? Lo sei sempre stato.»
Gli accarezzò delicatamente una guancia e posò su di essa un piccolo bacio.
«Questo non è uno sbaglio, credi a me.»
Lorcan annuì lentamente; credeva in lui e si fidava ciecamente. Un’altra carezza, i corpi nudi ancora a contatto. Seppur Hogwarts fosse una scuola di magia e stregoneria, era questa la vera magia: il loro amore.
 

«Rose, ti amo.»
«Io ti detesto. Sei ingenuo, sei stupido, strano e credi nell’esistenza di creature immaginarie.»
«Lo sai qual è la mia creatura preferita?»
«Quell’odioso Ricciocorno Schiattoso?»
«Tu, bestia.»

 
 
«Aspetta! Lorcan, aspetta!» aveva urlato Albus per attirare la sua attenzione, un minuto dopo averlo osservato andarsene. L’altro si era voltato e gli aveva chiesto cosa ci fosse.
«Vengo con te.»

 
Nella Sala Grande, nel frattempo, una piccola Corvonero stava asciugando con la magia la divisa che uno strambo bambino aveva per errore bagnato con il succo di zucca.
«Mi dispiace tanto, ti giuro che non volevo!»
«Non importa, ma la prossima volta fai più attenzione!»
«Non è colpa mia, i Nargilli portano sfortuna!»
«Sei strano, Lysander.»
«Tu invece sei rossa, molto rossa. Oh, non in viso; parlo dei tuoi capelli! Assomigliano al fuoco, mi piacciono.»
«A-al fuoco? Sì, beh, me lo dicono tutti… ti ringrazio!» disse infine la bambina con un’ insolita gentilezza, rivolgendo ora al compagno uno sguardo meno omicida del precedente.
«Possiamo diventare amici, se vuoi.»
«Possiamo. Ma niente Nargilli, okay?»

  

«Sembri un bambino, ma ti amo.»
«Questo significa che mi aiuterai con i compiti di Astronomia?»
«A che serve guardare le stelle?»
«A me piace guardarle.»
«Io la trovo una perdita di tempo.»
«Lo sapevi che le stelle sono fatte di fuoco?»
«Solo gli stupidi non lo sanno.»
«Ebbene, se le stelle sono fatte di fuoco, stai insinuando che osservarti sia una cosa stupida?»
 
«Nemmeno l’ombra di un Gorgosprizzo, se le creature magiche non ti vanno a genio, Rose.»
   
 
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