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Autore: Miniax    24/01/2014    0 recensioni
"Perchè è così che il fato ci fa incontrare persone, o altre cose, che ci accompagneranno per il resto dei nostri giorni, quando meno ce lo aspettiamo, nei momenti meno opportuni ed in cui siamo più aperti ad accettare ciò che ci dona." Questo è l'ultimo ricordo nitido che Raevel ha di suo padre, mentre gli affida un cucciolo di lupo salvato dall'inverno. Questa è la storia di un ragazzo che deve compiere un viaggio e un'impresa che lo porterà a scoprire luoghi mai visti, esseri sconosciuti e amicizie dimenticate.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno: Un giorno a lungo atteso.

Nel piccolo villaggio di Elve, a est degli alti Monti di Ralt, il sole non arrivava mai troppo presto, oscurato dalla presenza della piccola ma sufficientemente alta Montagna Verde, che Raevel Hooke odiava prontamente tutti i giorni al mattino. Ma Raevel sapeva bene che valore aveva quella montagna per il villaggio di Elve, era molto astuto e intelligente per la sua età, sebbene non si trovasse sempre al centro dell’attenzione all’interno della società del villaggio, tra i suoi amici, l’unico che egli sentiva veramente fedele a se era il cucciolo che gli lasciò suo padre. Ormai non era più un cucciolo, ma per Raevel lo restò sempre. Il famoso Bairre Hooke lo trovò una mattina d’inverno ai piedi della Montagna Verde, mentre era a caccia, tutto d’un tratto si ritrovò tra i piedi un piccolo batuffolo bianco, irriconoscibile in mezzo alla fredda neve del bosco. –Perché è così che il fato ci fa incontrare persone, o altre cose, che ci accompagneranno per il resto dei nostri giorni, quando meno ce lo aspettiamo, nei momenti meno opportuni e in cui siamo più aperti ad accettare ciò che ci dona. – Questa frase, detta da suo padre il giorno in cui gli affidò Siril riecheggiava nella memoria di Raevel, che spesso era solito rintanarsi in mondi fantastici, per sfuggire dai continui compiti che gli erano assegnati dal capo-villaggio. Siril lo aspettava ogni giorno, a mezzodì nel bosco di cedri vicino al villaggio. E da quando avevano costretto Raevel e sua madre ad abbandonarlo, ritenuto ormai troppo cresciuto e troppo pericoloso per gli abitanti di Elve, non importava di che colore fossero le foglie, o se non ci fossero affatto in quel periodo dell’anno, Raevel ci andava sempre. In effetti suo padre, lo avvertì che Siril non era un semplice lupo, e che un giorno sarebbe cresciuto troppo per un piccolo villaggio di confine, ma egli pensò sempre che quel giorno non dovesse mai arrivare. Così, invece di abbandonarlo, giunse ad un accordo con il capo-villaggio, che gli permise di tenere il suo amico più fidato, a patto che non entrasse più nel villaggio. Da quel momento, poiché tutti gli abitanti di Elve videro che il figlio del più grande cacciatore dell’Ovesterra non riusciva a separarsi da un cucciolo di lupo, Raevel fu tacciato come un ragazzo debole, e diventò malvisto in tutto il villaggio. Di certo però, non gli mancavano i compiti da fare, a lui toccavano quasi sempre incarichi “stupidi” come li amava definire e quando qualcuno aveva bisogno di qualcosa, lui era di certo il primo a cui chiedere.

Il giorno prima del suo diciottesimo compleanno, sua madre entrò come al solito sbattendo la porta. –Buongiorno, tesoro! Domani è il tuo compleanno! – disse svegliandolo di colpo, come sempre. –Ti sembra questo il modo di svegliare tuo figlio, specialmente il giorno prima del suo diciottesimo compleanno?- rispose Raevel, stropicciandosi gli occhi. – La colazione è pronta, ed è passato il capo-villaggio poco fa, voleva parlarti della tua festa, credo.- Raevel si alzò dal letto e si infilò la camicia leggera, i pantaloni, e i soliti stivali in pelle. Mentre scendeva le scale, pensava già agli incarichi che gli sarebbero stati affidati, durante il suo ultimo giorno da ragazzo, all’interno del villaggio. Scese le scale, afferrò la pagnotta dolce che sua madre aveva sfornato quella mattina e una mela dal cesto sul bancone da cucina. La loro era una casa bella e modesta, una casa arredata rusticamente, nella quale vivevano solo Raevel e sua madre, Doìrin. I loro erano nomi strani per la piccola gente di Elve, infatti, come era stato raccontato molte volte a Raevel i suoi genitori si incontrarono a nord, negli alti Monti di Ralt. Raevel non vi era mai stato, ma si narravano strane leggende su quei monti, in paese. Alcuni bardi che passavano da Elve ogni tanto, nelle loro canzoni che ispiravano i sogni di chi li ascoltava, parlavano di una città segreta tra i Monti di Ralt e di uomini e lupi che vi convivono, alla pari, come il dio che li ha creati volesse per loro. Raevel non si era mai fatto impressionare da tali storie, d’altra parte non trovava affatto strano che lupi e uomini potessero convivere, dal momento che per lui era una cosa quotidiana. -Non scordarti di passare dal capo-villaggio!- urlò dietro a suo figlio Doìrin. – Si tranquilla, come al solito!- Raevel si coprì prima di uscire di casa, faceva fresco dentro le fredde mura rustiche di casa, per essere una giornata d’estate. Il cielo era illuminato dalla luce del sole, che ancora non si vedeva, nascosto dietro alla Montagna Verde. Fece qualche passo, per arrivare alla bacheca posta accanto alla fontana che rappresentava il perno della piazza del paese. I soliti incarichi erano scritti su fogli appesi alla bacheca. Ne prese due a caso e mise i fogli in tasca. –Anche oggi i soliti compiti, Raevel?- -Si, Alun, niente di nuovo.- il ragazzo, un altro dei giovani del villaggio lo salutò con un cenno della testa, e si diresse alla bacheca, mentre Raevel iniziò a percorrere la strada principale. Quella era una strada antica, sulla quale furono erette le prime abitazioni del luogo, era la Via di Ifor, che prendeva il nome dall’antico re che la edificò, diverse ere prima. In mezzo alle case di Elve, sempre affacciata sulla strada principale, sorgeva una casa in legno più grande delle altre, con due stendardi pendenti, ai lati della porta principale. Raevel era stato convocato in quel posto molte volte, negli ultimi anni, per raccontare all’anziano capo-villaggio come si stesse comportando Siril. Meurig, il capo-villaggio temeva per l’incolumità dei suoi concittadini, ma ciò non gli impediva di essere uno dei pochi a nutrire profondo rispetto e grandi aspettative, per il ragazzo debole di Elve. Raevel osservò il simbolo del cavallo bianco con una luna nera come sfondo, che era stato ricamato sugli stendardi, l’emblema dei re di Arvenor. Aprendo la porta, si ritrovo davanti da un focolare rialzato, che sembrava acceso da poco e scoppiettante, sembrava essere l’unica fonte di calore nella stanza. Vi erano delle sedie lungo le parti delle mura in legno, che facevano sembrare quella stanza una sala d’attesa. Dietro al focolare una serie di scalini in legno, che conducevano alla sala principale in cui Meurig avrebbe ricevuto Raevel. Una guardia era davanti alla porta, - Meurig ti sta aspettando.- disse a Raevel, - Lo so Ian, me lo ha già detto mia madre.- Si salutarono e Raevel entrò nell’ufficio del capo-villaggio. Era anch’esso arredato rusticamente, con una scrivania molto semplice con dietro una poltrona e alle pareti qualche dipinto dei grandi predecessori di Meurig, i fondatori di Elve. Meurig era comodamente seduto sulla poltrona dietro alla scrivania, con aria affaccendata come al solito, scribacchiando su alcuni fogli di carta, - Oh! Ragazzo mio!- Disse alzando i suoi occhi chiari dai fogli, - Ti aspettavo giusto per parlare della tua festa.- - Lo immaginavo, Capo-villaggio.- - Dovresti lasciar perdere gli incarichi della bacheca per oggi, ho un incarico più importante per te, come ultimo compito prima che tu diventi un uomo.- - Di che si tratta?- - Dunque, mi servirebbe che tu andassi per conto mio da Aigneis, devi trovarla e consegnarle questo messaggio, dovresti essere di ritorno per domani nel primo meriggio, e domani sera ci sarà la tua festa. - - Non può chiederlo a qualcun altro? Voglio dire, c’è molto da fare qui, e non penso di essere la persona più adatta per consegnare un messaggio importante.- - Non posso chiedere ad altri che a te, sono tutti impegnati e poi ho pensato che l’avresti preso come una prova per vedere se Raevel di Elve è finalmente pronto a prendersi la responsabilità di essere diventato un uomo.- Fece Meurig porgendogli la lettera chiusa con la cera. Raevel la prese, fece un breve inchino in segno di rispetto e uscì dalla casa di Meurig. Passò di nuovo dalla piazza, per tornare a casa, spalancò la porta in fretta salì su in camera e prese una borsa da viaggio a tracolla, ci infilò un vestito di ricambio, il suo libro preferito “La leggenda del viaggio di Fionn”, e poi scese a prendere un paio di mele, e un’altra pagnotta dolce. – Enda! Dì a mia madre che Meurig mi ha dato un incarico e che tornerò domani!- Disse il giovane alla sua vicina di casa, muovendosi in modo frettoloso verso le porte in legno del villaggio – Certo! Fa buon viaggio!- Sentì la voce di Enda alle sue spalle, in lontananza, mentre le porte del villaggio, che ormai raramente erano chiuse in quei tempi, si avvicinavano sempre più. –Dove vai, Raevel!- Disse una delle guardie dalle palizzate in legno sopra al cancello, - Meurig mi ha affidato un incarico, non posso dirvi di più.- - Strano che ti facciano uscire da solo! Cerca di non farti male!- Anche questa frase Raevel se la lasciò alle spalle, attraversate le porte di Elve, diretto verso il bosco di cedri, col sole che lo riscaldava, ormai visibile anche dal villaggio ai piedi della Montagna Verde.

Il bosco di cedri era ad est di Elve, anch’esso ai piedi della Montagna Verde, dove spesso i cacciatori andavano a cacciare le loro prede per il villaggio. Siril e Raevel si incontravano là spesso, e non era molto distante da Elve. Arrivò come al solito puntuale a mezzodì, nel loro solito punto, Siril non c’era. – Avanti, vieni fuori! Non vorrai davvero che mi metta a cercarti!- Raevel girò su se stesso un paio di volte prima di scrutare uno sfondo bianco dietro ad un cespuglio, si avvicinò lentamente fino ad arrivare a qualche passo di distanza. – Preso!- disse aprendo il cespuglio, in quel momento si accorse che l’unica cosa dietro al cespuglio era un gruppo di piccoli fiori di lilium cresciuti nel posto sbagliato, Siril gli arrivò alle spalle, ma Raevel si girò appena in tempo per spostarsi ed evase l’assalto del lupo bianco. – C’eri quasi riuscito! Stai migliorando! Di certo non è facile come i primi giorni!- gli saltò addosso e stavolta Raevel non si mosse, finendo a terra sotto il grande lupo, che iniziò a leccargli il viso. Era sempre felice di vederlo, ma i primi giorni dopo che Raevel dovette allontanarlo, Siril iniziò ad aspettarlo lì tutti i giorni, alla stessa ora in cui l’aveva lasciato. – Devi accompagnarmi al nord, da quella vecchia che ha perso la testa. Non è un viaggio lungo, dovremmo arrivare prima del tramonto, se ci sbrighiamo.- Siril si drizzò sulle zampe, e iniziò a respirare con la lingua di fuori, come fosse il cane più innocuo al mondo; Raevel intanto si era accucciato a vedere se nella borsa c’era tutto. – Bene, c’è tutto, andiamo!- Disse il ragazzo, mentre si apprestava a lasciare il bosco di cedri, con un compagno di viaggio insolito che lo seguiva.

Il viaggio non durò molto, in fondo Raevel aveva sempre partecipato alle battute di caccia più elementari, ai piedi della montagna verde, soprattutto aveva sempre ottenuto buoni risultati nella Grande Caccia di fine anno. La Montagna offriva davvero un grande contributo alla gente di Elve, che comunque non si approfittava mai della buona selvaggina e la cacciava con rispetto. Raevel aveva perfino imparato una o due preghiere da rivolgere allo spirito dell’animale ucciso, in segno di profonda gratitudine, che gli erano state insegnate dal padre prima che sparisse in una spedizione nelle foreste ad est. Non fu difficile quindi per Raevel, a maggior ragione con l’aiuto di Siril, procurarsi un buon pranzo, e proseguire velocemente il viaggio, passando per le pianure della regione di Elve, dove da piccolo amava scorrazzare con gli amici, fino ad arrivare alla Foresta di Aigneis. La conosceva con quel nome, anche se era conosciuta in tutta l’Ovesterra come Foresta dei Numi, e nessuno degli abitanti di Elve si era mai spinto oltre. Spesso qualcuno di loro si avventurava in quel posto per recapitare un messaggio ad Aigneis, un’anziana eremitica e “stramba”, così dicevano al villaggio, dove si raccontavano strane cose su di lei e giravano voci sul fatto che fosse una potente strega decaduta. Ovviamente nessuno ci credeva, ma a Raevel fin da bambino era stato insegnato che nelle leggende c’è sempre un principio di verità, così ne rimase incuriosito ed impaurito al tempo stesso. – Il sole sta tramontando Siril, dobbiamo sbrigarci.- disse riprendendo fiato da una collinetta delle pianure, dalla quale si vedeva l’inizio del bosco. Entrando in quel luogo, Raevel sentì un brivido corrergli lungo la schiena, vedendo la natura selvaggia e incontaminata che si frastagliava davanti a lui, Siril si fece avanti, ed il ragazzo lo seguì nella fitta rete di erbacce e selci. Passò un’ora mentre il sole calava, prima che i due compagni arrivassero nei pressi di quella che sembrava una piccola baita di montagna, tutta in legno e che appariva maledettamente rustica e semplice. – Finalmente! Iniziavo a credere che ci fossimo persi!- Siril gli rispose con un mugolio. Si avvicinarono alla casa, e Raevel bussò alla porta apparentemente fragile. – C’è nessuno?- All’improvviso un’occhio dal colore ambrato apparve da una piccola fessura nella porta, dalla quale si poteva chiaramente vedere chi bussava. – Chi diavolo sei tu? E cosa vuoi a quest’ora?- domandò la voce di una donna anziana, ma sempre aggressiva. – Salve, mi chiamo Raevel, mi manda Meurig di Elve.- -So di dov’è Meurig. Ma chi mi dice che lui ti mandi veramente?- Raevel tirò fuori dalla tracolla la lettera, porgendola alla donna che aprì e chiuse velocemente la porta dopo averla presa, permettendo a Raevel di vederle solo la mano vissuta. Ci mise un po’ a leggerla, e nel frattempo egli sentì vari rumori strani provenienti dalla casa, come se dentro ci fossero i soliti ceffi della taverna di Elve a fare una rissa. In quel momento ripensò al luogo di ritrovo principale del suo villaggio e alla gente che si divertiva a bere e ballare. La donna tornò nuovamente alla porta. - Suppongo vada bene, entra pure.- Raevel e Siril entrarono nella casa, e solo in quel momento la donna notò la presenza del lupo. – Ah, adesso capisco.- -Mi scusi, capisce cosa?- - Oh niente mio caro, prego, siediti e serviti, preparerò qualcosa per il tuo amico, sarete affamati dopo aver viaggiato tutto il giorno.- disse l’anziana indicandogli una poltrona vicino al camino acceso. – In effetti si, ci siamo fermati solo per pranzo, visto che eravamo già in ritardo. E’ molto gentile.- - Ma figurati, non capita spesso di avere ospiti, soprattutto di questi tempi.- La donna stava preparando uno strano impasto in una ciotola, mentre Raevel e Siril si accomodarono vicino al fuoco. – Che intende?- - Mi sono sempre meravigliata della poca informazione della contrada di Elve, Meurig dovrebbe rafforzare la sua rete di informatori, comunque, devi sapere, che ultimamente le incursioni di orchi dall’Est sono diventate molto più frequenti, troppo direi.- - Orchi? Ma gli orchi si sono rintanati nelle loro città tra le rovine ad est della frontiera! Com’è possibile che siano giunti fino all’Ovesterra?- - Molte cose sono state tralasciate e dimenticate, dagli antichi re di Arvenor, l’attenzione per gli orchi è una di queste. Si sono spinti molto più lontano di quanto pensassero, o per meglio dire, molto più vicino.- - Quanto vicino?- chiese Raevel prendendo la ciotola di coccio sul tavolino accanto alla poltrona. – Più di quanto pensi, ma non sono cose che riguardano un ragazzo della tua età. Stanotte resterai qui, ho un telo da viaggio per gli ospiti qui da qualche parte, dovrebbe essere abbastanza comodo, e il tuo cane dovrà arrangiarsi.- - Lui non è un cane, è un lupo. E sarebbe meglio non farlo arrabbiare; comunque grazie dell’alloggio e del pasto.- - Ah, scusa, non intendevo mancargli di rispetto, è solo che sembra docile.- la donna mise la ciotola a terra per Siril e prese la sua, contenente una specie di zuppa. – Il suo nome è Siril, e me lo ha affidato mio padre, molto tempo fa.- - Posso chiederti chi era tuo padre, ragazzo?- - Il miglior cacciatore in tutta la provincia di Elve, Bairre Hooke.- La donna improvvisamente aggrottò la fronte, alzando un sopracciglio. – Ho sentito dire grandi cose su tuo padre. Adesso capisco tutto.- - Mi vuol dire cosa pensa una volta per tutte? Sembra che mi stia nascondendo qualcosa!- - Calmo ragazzo, non è per nasconderti qualcosa, ma non posso dirti niente riguardo quello che so. Io ascolto solo le voci che mi porta il vento, e narrano molte cose del mondo di oggi. So che questa non sarà una nottata facile per la Montagna Verde. - - Che significa?!- disse Raevel saltando in piedi dalla poltrona. – Gli orchi si sono spinti troppo a ovest per essere contenuti, il reggente, quell’ignobile traditore di nome Tarlach non ha inviato rinforzi, e i pochi uomini che erano rimasti a presidio degli ultimi accampamenti di frontiera si sono ritirati da tempo ormai. Ad Est, un grande esercito si sta formando, e pochi sono rimasti in grado di affrontare tale pericolo.- - Io… devo tornare ad Elve! Andiamo Siril!- Il lupo si alzò di scatto e Raevel iniziò a correre verso la porta, ma prima che potesse raggiungerla, l’anziana alzò la voce e il fuoco nella stanza si affievolì – NON MUOVETEVI!- Raevel e Siril si bloccarono, come pietrificati. – Siete stati mandati qui per uno scopo preciso al quale Maurig sapeva ti saresti opposto, Elven non esiste più, il tuo capo-villaggio avrà già fatto evacuare il villaggio, ed Elven adesso è solo un’accampamento.- Raevel si sentì adesso in grado di parlare di nuovo. – E tu come fai a saperlo? Sei forse in grado di essere presente ovunque tu voglia? Oppure sei semplicemente alleata con loro?!- -Non fare lo stolto, ragazzino! Stai parlando ad Aigneis, guardiana del Fuoco di Namyria!- il fuoco si affievolì di nuovo, e la sua voce tornò cupa, rafforzando la presa su Raevel. Il giovane ragazzo piombò nell’oscurità e svenne cadendo a terra, Siril si sentì di nuovo libero e corse verso di lui. La notte era appena giunta, anche nei sogni di Raevel, che si immaginava di correre nuovamente per le pianure di Elve e di vedere sua madre, arrabbiata ancora una volta, mentre gli urlava di tornare subito a casa.

 

   
 
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