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Autore: Ossidiana_    24/01/2014    2 recensioni
La guerra ha da sempre portato morte e distruzione, la guerra non guarda in faccia nessuno, soprattutto due adolescenti. Come può l'amore di Tommy e Rebecca durare durante la seconda guerra mondiale?
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giugno 1941
Si respira una strana aria oggi a Berlino: sarà perché è l’ultimo giorno di scuola, sarà perché la città è in fermento per via degli ultimi eventi accaduti o forse quello agitato sono io, perché ho la consapevolezza che non la rivedrò fino a settembre: Rebecca, capelli color del rame, occhi verdi, un sorriso mozzafiato e due gote rosse. E’da quando ha messo piede in questa scuola l’anno scorso che non faccio che fissarla e provarci, ma lei proprio non ne vuole sapere. Arrossisce ad ogni mio invito prima di rifiutare.
-Ehi piccolo ebreo dove credi di andare?- afferro per il colletto un ragazzino di prima sotto lo sguardo divertito dei miei compagni. Il ragazzino si dimena mentre noi continuiamo a ridere.
-Perché non la finisci di prendertela sempre con quelli più indifesi?- dimenticavo un particolare: Rebecca ama difendere gli altri dai miei attacchi e soprattutto non è vittima del mio fascino come tutte le altre ragazze.
-Andiamo Rebby- la sua amica Kate la tira per un braccio ma lei si rifiuta di ascoltarla.
-No…che gusto ci provi a prendertela sempre con quelli più deboli?- mi avvicino a lei sovrastandola con la mia altezza da 18enne e passandomi una mano tra i capelli biondi.
-E tu che gusto ci provi a rifiutare ogni mio invito? Andiamo sono il ragazzo più bello della scuola- mi guarda con uno sguardo carico di rimprovero.
-Quando cambierai carattere magari Tommy- mi lascia così, nessuna mi aveva mai rifiutato, nessuna.
-Dimmi perché tra tutti proprio lei-
-Non lo so Marcus- mi giro mettendo una sigaretta tra le labbra, quella ragazza mi farà uscire pazzo.
Non rivedo Rebecca quel giorno e la cosa mi dà abbastanza fastidio, avrei voluto salutarla. Torno a casa arrabbiato, sbattendo la porta violentemente.
-Thomas ti sembra questo il modo di tornare a casa? Sai che oggi avevo una riunione- sbircio leggermente dalle spalle di mio padre per vedere nel mio salotto la crême della crême della gendarmeria nazista.
-Scusa, ho avuto una giornata dura oggi-
-Sali in camera ora- mi passa una mano tra i capelli ed io faccio come dice, senza fiatare, senza oppormi minimamente.
Mi getto sul letto fissando il soffitto e rivedendo il volto di Rebecca. Quella ragazza mi farà dare di matto me lo sento.
 
Settembre 1941
Scendo praticamente volando dalle scale, finalmente dopo tre mesi la rivedrò. Per tutta questa estate non ho fatto altro che pensare a questo momento, non ho fatto che pensare a lei.
-Sembri di buon umore oggi Tommy, anche troppo per un ragazzo che si appresta ad affrontare il primo giorno di scuola-
-Sono pronto a ricominciare-
-Io scommetto che c’entra qualche ragazza-
-Nah, sai che non sono il tipo- mi alzo e faccio per andarmene, non vedo l’ora di essere già lì.
-Fai bene, soprattutto con quello che ha fatto tua madre- ci ha lasciati qualche anno fa, non condivideva le scelte abbracciate da papà, la nuova politica e tutto il resto. Sono anni che non la vedo.
-Ciao Tommy- raggiungo il mio solito gruppetto mentre con gli occhi cerco la figura di Rebecca senza ottenere risultati.
-Come mai c’è così poca gente quest’anno?-
-Come non lo sai proprio tu? Hanno sbattuto fuori da tutte le scuole del Paesi quegli sporchi ebrei, era ora- guardo Marcus come se stesse dicendo qualcosa in una lingua sconosciuta.
-E Rebecca? Lei non è ebrea, almeno credo- a dire la verità non so molto di lei, se non il suo nome e il fatto che abbia 16 anni.
Durante l’intervallo decido di intrufolarmi in segreteria, mi serve il suo fascicolo. Non ci metto tanto a trovarlo e sbircio subito l’indirizzo di casa, oggi pomeriggio farò una bella passeggiata.
C’è tante desolazione in questo posto, mi mette quasi i brividi. Ma perché Rebecca abita qui? Mi avvicino a quella che deve essere casa sua e busso delicatamente. L’espressione che si dipinge sul suo volto non appena mi vede è indescrivibile.
-Che ci fai tu qui?-
-Sai mi aspettavo che mi facessi entrare- sospira e si sposta dall’uscio facendomi passare. –Perché non sei venuta a scuola?- sembra molto più magra di tre mesi fa, le occhiaie le contornano quegli enormi occhi verdi ormai spenti.
-Non lo sai Tommy? Io non posso più venire a scuola- il mio cuore sembra perdere un battito, non può essere.
-Vuoi dire che…-
-Si Tommy io sono ebrea- mi alzo dal divano dove mi ero seduto prima ed inizio a camminare avanti e indietro per la stanza. -Ora penso che ti sia più chiaro il motivo per cui non volevo uscire con te- mi giro guardandola torturarsi le mani.
-Non mi importa che tu sia ebrea oppure no, i miei sentimenti nei tuoi confronti non sono cambiati per niente- un sorriso amaro si stampa sul suo volto.
-Tu li picchi gli ebrei, ti ho visto farne di tutti i colori a dei ragazzini indifesi…e poi tuo padre è un gendarme, come pensi minimamente che…ah lascia stare-
-Ascolta, lo so, hai pienamente ragione, ma voglio dimostrarti che potrei cambiare- punta i suoi occhi verdi nei miei azzurri.
-Perché?-
-Perché mi piaci Rebecca-
Da quel giorno le cose tra me e lei cambiano radicalmente, quello che c’è tra di noi diventa sempre più forte ed io credo di essermi innamorato. Però questi non sono anni facili, un vento di paura e terrore invade l’Europa e Rebecca è pur sempre un’ebrea.
 
Novembre 1941
-Qui sarete al sicuro, almeno per un po’- faccio entrare Rebecca e la sua famiglia dentro la casa in cui ho passato molte estati felici, ma da quando mia madre se ne è andata non ci ho più messo piede.
-Grazie Tommy, davvero, stai rischiando troppo- la vedo aggrappata al mio braccio tremante e con gli occhi pieni di gratitudine.
-Ne vale la pena, per te- poso le mie labbra sulle sue, era davvero troppo tempo che aspettavo.
-Ehm ragazzi scusate…- la voce di sua madre interrompe quel momento felice e allo stesso tempo macchiato dalla consapevolezza che forse sarà il nostro primo e ultimo bacio. –Volevo solo ringraziarti Tommy, stai facendo davvero una cosa molto coraggiosa-
-Si figuri signora Smhuel… l’importante è che non facciate rumore, penserò a tutto io: al cibo, alle notizie, a tutto…riuscirò a salvarvi, non permetterò che vi deportino- sento la mia voce leggermente incrinata, non posso pensare che mi sto per commuovere, io non piango. Sua madre fa un sorrisetto di circostanza e ci lascia soli.
-Vorrei che fosse vero, vorrei che ci riuscissimo- intreccio le mie dita con le sue e con la mano libera le alzo il mento.
-Rebecca fin quando avrò fiato in gola e battiti nel cuore farò qualsiasi cosa per tenerti al sicuro, promesso- mi abbraccia singhiozzando silenziosamente, in questi ultimi mesi l’ho vista così fragile, una ragazza ben diversa da quella che ero abituato a vedere a scuola.
Passo quasi tutto il mio tempo con loro, cercando di rallegrarli, di darli qualche speranza in più, ma la verità è che le cose stanno andando sempre peggio: milioni sono già gli ebrei deportati nei campi di concentramento, così tanti che ne stanno costruendo di nuovi in punti sempre strategici. Ora vedo tutta da un’altra prospettiva. Se prima anche io mi univo alle prese in giro, alla segregazione, ora ne sono totalmente contro, vedo tutto con occhi diversi, vedo tutto con gli occhi di Rebecca. Mi chiedo come faccia mio padre ad essere d’accordo con tutto questo, come possa vedere milioni di persone morire, per quale ragione poi? Per essere di un’altra religione? Perché noi siamo una razza pura?Tutte queste teorie sono assurde, non stanno né in cielo né in terra, anche solo per il semplice fatto che io non avevo mai capito che Rebecca fosse ebrea.
-Ehi che ci fai qui sola soletta?- ha passato tutta la giornata rannicchiata in un angolo della soffitta, almeno da quello che mi hanno raccontato i suoi genitori. Mi siedo accanto a lei accarezzandole una guancia, ma non ottengo nessun risultato: continua a fissare il pavimento con gli occhi spalancati.
-Moriremo vero? Tutti noi intendo-
-No Rebecca te l’ho già spiegato, finché starete qua non vi troveranno-
-E chi ce lo assicura Tommy? Chi ci assicura che un giorno tuo padre non inizierà a insospettirsi e non ti farà seguire? E allora sarà la fine, per tutti…- la attiro su di me con il braccio ed inizio ad accarezzarle i capelli.
-Farò attenzione, te lo giuro- incastra i suoi occhi verdi nei miei azzurri.
-Tommy io ti prometto che se dovesse succedere dirò che non c’entri niente-
-Rebecca…-
-No, sono seria, tu non devi essere responsabile di questa faccenda, devi rimanere pulito, e soprattutto devi vivere, per me, per noi- sento gli occhi pizzicare, per la prima volta dentro me si insinua quella terribile convinzione che forse tutto questo non serve a niente, che forse anche loro verranno deportati e poi sterminati. Ed io allora che farò? Riuscirò a sopravvivere? La mia vita andrà avanti? –Tommy ma tu stai piangendo?- raccoglie tremante una lacrima dai miei occhi, non me ne ero accorto.
-Ti amo Rebecca, e non voglio perderti. Guardami: ci crederesti che solo due mesi fa ero un’altra persona?- si stringe ancora di più a me.
-Non avrei mai immaginato che dietro quella maschera da duro ci potesse essere un ragazzo così-
-Sei tu che lo hai fatto venire fuori- rimaniamo in quella posizione per non so quanto tempo mentre un’idea comincia a balzarmi in testa. E’ così pazza che potrebbe funzionare, ma per salvarla sono disposto a tutto.
Il giorno dopo sono davanti a lei, mi sembra impossibile che siano passati così tanti anni.
-Quindi tu mi stai chiedendo di coprire la famiglia della tua ragazza che è ebrea?-
-Si mamma- posa la tazza di tè e un sorriso si apre sulle sue labbra.
-Sai, quando me ne sono andata avevo paura che tu crescessi identico a tuo padre, con quella mentalità bloccata che va tanto di moda per ora-
-L’ho fatto mamma, ho fatto cose di cui mi sono pentito, ma da quando ho scoperto chi fosse veramente Rebecca mi si è aperto tutto un altro mondo-
-Lo farò…e non vedo l’ora di conoscere questa Rebecca, deve essere davvero speciale-
 
Dicembre 1941
-Quindi non hai mai festeggiato il Natale?- Rebecca mi fa un lieve cenno di no con la testa ed io le sorrido debolmente. E’dimagrita tantissimo nell’ultimo periodo.
-Beh quest’anno faremo in modo che sia speciale- mia madre attacca l’ultima pallina al piccolo albero che abbiamo comprato per rallegrare queste feste.
-Non penso che vi ringrazieremo mai abbastanza per quello che state facendo per noi- il padre di Rebecca le posa le mani sulle spalle tremando. –Chissà dove saremmo a quest’ora-
-Non ci dovete ringraziare vero mamma?- fa un cenno di sì con la testa facendo una carezza sulla testa di Rebecca. In quel momento il mio sguardo viene catturato dall’orologio, si è fatto tardi. –Io devo andare, ci vediamo domani- le schiocco un bacio in fronte ed esco cacciando le mani in tasca. Fa davvero freddo oggi, ha nevicato un bel po’. Ho paura per Rebecca, ho paura che possano scoprire tutto. Ora come ora la Germani non è un posto sicuro, l’Europa non è un posto sicuro. L’unica soluzione sarebbe farla andare in America, ma come posso farle attraversare il confine? Ci sono tantissime controlli e per ora non permettono agli ebrei di fuggire.
-Dove sei stato Thomas?- mi mordo il labbro tornando indietro verso il salotto dove mio padre è seduto.
-In giro coi miei amici lo sai- spegna la sigaretta dentro il posacenere ed io sento il cuore accelerare vertiginosamente. In quel momento entra una ragazza, può avere al massimo qualche anno più di Rebecca.
-Signore la cena è pronta-
-Vai via Anna, non vedi che sto parlando con mio figlio?- la ragazza si passa nervosamente le mani tra i capelli e poi si dilegua.
-Chi è quella papà?-
-Una di loro, l’ho presa per dare una mano in casa, almeno in qualcosa sono buoni questi sporchi ebrei- le sue parole mi fanno salire il vomito in gola e devo contare su tutte le mie forze per stare calmo e non reagire.
La mattina seguente quando mi alzo mio padre non c’è, deve essere a qualche sua solita riunione. Entro in cucina e non appena mi vede, Anna scatta sull’attenti.
-Ehi tranquilla, io non sono come mio padre, almeno non lo sono più- la ragazza sorride timidamente passandosi le mani sopra il grembiule. Prendo quante più cose possibili da mangiare, devo riuscire almeno un po’ a far ingrassare la mia Rebecca.
-Devi avere tanta fame- si riccia i capelli rossi senza staccare lo sguardo dal pavimento.
-Per favore, non dirlo a mio padre-
-Cosa ci devi fare?-
-Quanti anni hai?-
-Ne ho fatti 17 qualche giorno fa-
-Hai la stessa età della mia ragazza sai? E siete anche nella stessa condizione, costrette a nascondervi per i capricci di un Paese che si comporta come un adolescente sconfitto che non sa chi incolpare per la sua sofferenza- mi guarda stupita chinando la testa di lato.
-Potresti farci una brutta fine anche tu sai?-
-Per lei rischierei tutto- i suoi occhi azzurri sembrano coprirsi di lacrime.
-Avrei voluto avere anche io qualcuno che ci tenesse tanto a me- l’abbraccio istintivamente.
-Sono sicuro che qualcuno c’è là fuori, e sta venendo a salvarti- esco regalandole un sorriso e cercando di non dare troppo nell’occhio. Appena arrivato giro la chiave nella serratura e getto la borsa piena di cibo per terra. –Sono io, vi ho portato da mangiare-
-Sei arrivato tardi- vedo mia madre spuntare con un piatto in mano, ormai si è praticamente trasferita là. In quel momento però sento qualcosa investirmi e cingermi la vita debolmente: Rebecca.
-Ma ciao anche a te piccola mia- le passo una mano tra i capelli ma immediatamente qualcosa attira la sua attenzione. Avvicina la sua piccola mano vicino al mio collo e prende un oggetto rimasto attaccato al mio maglione.
-E questo cos’è?- davanti ai miei occhi uno degli orecchini di Anna, deve esservi rimasto attacco quando mi ha abbracciato.
-Non è come pensi…allora mio padre ha assunto una ragazza ebrea come cameriera e sta mattina, vedendo tutto quello che ho portato, si è insospettita e le ho raccontato tutto- sgrana gli occhi e si stacca violentemente dal mio corpo, privandomi così di quella piacevole sensazione.
-Tu cosa?!-
-Non dirà niente tranquilla…e poi mi ha fatto così pena, stava piangendo e l’ho abbracciata tutto qui…- mi guarda titubante e mordendosi in continuazione le labbra. –Rebecca non ti tradirei mai lo sai…sei l’unica per me-
 
Maggio 1942
-Auguri amore, ti sei fatta grande- guardo attentamente Rebecca scartare il piccolo pacchetto che le ho portato. Oggi fa 17 anni, ma è come se il tempo si fosse fermato quando ha messo piede in questa casa.
-Oddio Tommy è bellissima- guarda con gli occhi che brillano la collanina col ciondolo a forma di cuore prima di farmi segno di aiutarla.
-Così qualunque cosa accada ti ricorderai sempre di me- mi guarda corrucciata e leggermente preoccupata.
-Che intendi dire?- sospiro iniziando a torturarmi le mani.
-Stavo pensando insieme a mia madre che potremmo farvi scappare in America-
-In America? E come? Ci sono tantissimi controlli da superare-
-Abbiamo creato dei passaporti falsi, ora dobbiamo solo aspettare che le acque si calmino un po’- mi guarda sconsolata.
-E quando si calmeranno Tommy? Ormai è quasi un anno che stiamo qui e non mi sembra che le cose abbiano preso una piega migliore- intreccio le mie dita con le sue sospirando.
-Rebecca lo so che è dura, ma non devi mollare proprio ora va bene? Non devi- appoggia la testa sulla mia spalla.
-A volte è così difficile…sai quanto mi manca sentire la luce del sole battere direttamente sulla mia pelle? O il vento sferzarmi il viso? Chissà com’è la vita là fuori-
-Rebecca ti prometto che quando tutto questo sarà finito ce ne andremo via, via da qui, e se tu sarai lontano ti verrò a cercare e poi ci sposeremo, e non ci lasceremo più, e questo periodo sarà solo un brutto ricordo- sorride amaramente.
-Dovresti diventare ebreo per potermi sposare, o io cristiana…ti immagini la reazione di tuo padre?-
-Mi ucciderebbe…ma ehi ce la faremo- le stringo forte la mano e per un momento nei suoi occhi vedo un barlume di speranza.
Non vado a trovare Rebecca da più di una settimana, questi santissimi esami mi stanno togliendo troppo tempo, ma d’altronde se dovessi essere bocciato mio padre mi ucciderebbe. Quest’anno sono andato anche peggio degli altri anni, ho sottratto tempo allo studio per poter stare con lei, per occuparmi di lei. Non mi ricordo nemmeno che faccia abbiano i miei amici, non li frequento più, non gioco più a calcio, semplicemente non ne ho più il tempo. Ho praticamente rinunciato alla mia vita per mantenere la sua. Il giorno in cui gli esami terminano arrivo saltellando fino a casa, ce l’ho fatta.
-Mamma, mamma sono passato- lei arriva abbracciandomi.
-Sono orgogliosissima di te amore, non hai avuto un anno facile eppure ce l’hai fatta comunque- anche i genitori di Rebecca si congratulano come me, ma lei no, lei non scende nemmeno. Che si sia forse arrabbiata perché non sono venuto a trovarla spesso?
-Ma Rebecca?- cala il silenzio ed io mi sento morire.
-Sta un po’male, è di sopra- salgo gli scalini a quattro a quattro e apro lentamente la porta. Lei è stesa sul letto, inerme, che fissa il soffitto.
-Ehi piccola che ti succede?- mi guarda, ha gli occhi così spenti e così marcati dalle occhiaie.
-Non mi sento molto bene Tommy…non è strano? Come posso essermi ammalata senza uscire di casa?-
-Non lo so amore, ma devi stare tranquilla, passerà tutto-
-Ho sentito che hai passato gli esami, sono tanto orgogliosa di te…anche io vorrei tornare a studiare, mi è stata tolta anche questa libertà, mi è stata tolto il futuro- mi stendo accanto a lei cercando di non farmi scuotere troppo dalle sue parole.
-Che ti piacerebbe fare da grande?-
-La scrittrice, o perché no anche l’insegnante…e a te?-
-Non lo so, non so che università frequentare, e dovrò iniziare a settembre…non ho mai pensato seriamente alla mia vita, ed ora come ora ancora meno…ho paura che possa decidere mio padre, che possa coinvolgermi in questa follia-
-Scoppierà una guerra me lo sento. Hitler sta giocando pericolosamente col fuoco e gli altri Paesi non staranno certo a guardare-
 
Dicembre 1942
Mi passo le mani sul volto pensando a quello che è successo nelle ultime ore. Hanno trovato Rebecca e la sua famiglia, hanno accusato mia madre di averli nascosti fino ad ora, ed io sono rimasto a guardare impotente mentre li portavano via.
-La salverò- è stata l’ultima cosa che mi ha sussurrato mia madre prima di essere portata via. Rebecca mi fissava con le lacrime agli occhi e in quel momento ho dovuto levare lo sguardo, non riuscivo a sostenerlo.
-Non posso pensare a quello che ha fatto tua madre, è stata tremenda…ora avrà la punizione che si merita- guardo mio padre con uno sguardo di disprezzo alzandomi da tavola senza dire niente.
Mi getto esausto sul letto e mi lascio andare ad un pianto disperato.
-E’ permesso?- la figura di Anna compare titubante da dietro la porta.
-Entra- mi asciugo le lacrime col dorso della mano e la vedo rimanere davanti a me.
-Mi dispiace per quel che è successo?-
-Dove ho sbagliato?- si siede di fronte a me.
-Proprio in niente Tommy, sapevamo tutti che sarebbe successo…ora devi andare avanti…e a proposito mio padre mi ha detto che c’è una certa signorina Michelle che ti cerca- scuoto la testa alzandomi, non voglio vedere nessuno, soprattutto lei.
-Non posso andare avanti…continuerò a cercarla finché non la troverò- Nessuna potrà mai prendere il suo posto, mai.
Dal giorno della sua cattura mi sembra di vivere come in un mondo tutto mio fatto unicamente dei nostri ricordi. I giorni scorrono sempre uguali, sempre monotoni. Mi manca andare sempre da Rebecca per portarle un minimo di gioia, per farla ridere. Amavo la sua risata, i suoi occhi verdi che non sapevamo mentire, il suo modo in cui si accucciava contro di me quando aveva paura, quelle guance rosse che piano piano sono sempre diventate più pallide.
Quel Natale per me è stato il più triste di tutti. Sono andato a dormire alle 10, è la stessa cosa è successa anche il giorno di capodanno. Ho deciso di iscrivermi alla facoltà di legge, quando tutto questo sarà finito voglio mostrare tutta la crudeltà a cui sono stati sottoposti gli ebrei in modo che tragedie come queste non si ripetano. Sì, perché so cosa accade nei campi di concentramento, so che fine fanno tutte quelle povere persone che vengono deportate lì. Piango spesso a questo pensiero, piango perché una parte di me ha ormai accettato che forse non vedrà mai più Rebecca.
Non amerò mai qualcuna come ho amato lei, né ora né mai.
 
Marzo 1950
Mi sveglio completamente sudato, ho sognato per l’ennesima volta il momento in cui hanno portato via Rebecca, la sua famiglia e mia madre. Li ho cercati in lungo e in largo quando è finita la guerra, quando i campi di concentramento sono stati chiusi e smantellati. Alla fine la mia piccola Rebecca aveva ragione, la guerra è scoppiata, ed è stata terribile. Mio padre è morto durante un attacco alla base dove era stato mandato. Io nel frattempo stavo nella vecchia casa in campagna, rivivendo ancora quei giorni passati lì durante quell’anno così particolare.
I genitori di Rebecca non ce l’hanno fatta, sono stati uccisi nel campo di Auschwitz, ma di lei e di mia madre non ho saputo più niente.
L’anno scorso ho deciso di trasferirmi in America, a New York, questa Germania troppo sanguinosa e troppo crudele mi aveva stufato. Ho cambiato il mio cognome, volevo cancellare il fatto che anche mio padre fosse coinvolto nella follia di Hitler.
Oggi è una bella giornata di inizio primavera, il cielo è limpido e un caldo sole cerca di riscaldare l’atmosfera. Mi siedo su una panchina del parco di fronte a casa mia rimuginando sui miei ultimi 8 anni di vita. Non mi sono mai più innamorato, penso ancora a quella ragazzina di 16 anni che mi aveva catturato il cuore. Se fosse ancora viva oggi avrebbe avuto 25 anni. All’improvviso la mia attenzione viene catturata da una ragazza che inciampa e cade per terra facendo volare tanti fogli per tutto il parco.
-Aspetta, ti do una mano- nel momento in cui mi chino per aiutarla e i nostri occhi si incrociano sento il cuore perdere un battito. –Rebecca…- lei mi guarda titubante prima di sgranare gli occhi a rialzarsi.
-Tommy- al suo collo la collanina che le avevo regalato per il suo 17esimo compleanno.
-Credevo che fossi morta- l’abbraccio e in quel momento le lacrime cominciano a scendere dai miei occhi azzurri.
-Quando ci hanno catturato e messo su quel furgone si sono fermati durante la notte prima di portarci a destinazione. I miei genitori mi hanno affidato a tua madre e siamo riuscite a venire qui- mi scompiglio i capelli, così tante rivelazioni in un solo giorno.
-Mia madre? E’ come sta?-
-Benissimo, abitiamo in una casetta qui vicino…sono riuscita a fare la scrittrice sai?- la guardo come se non fossero passati tutti questi anni. –E tu?-
-Oh beh, dopo la guerra sono venuto qui, odio la Germania per quello che vi ha fatto…sono un avvocato ora e abito in quella casa vicino al parco- gliela indico e lei la guarda sorridendo.
-E la tua ragazza?- sorrido mordendomi il labbro.
-Cosa ti ho promesso uno di quei giorni passati a casa mia?- inizia ad arricciarsi i capelli cercando di ricordare. –Che quando tutto sarebbe finito saremmo stati di nuovo insieme…Rebecca io non ho mai più amato nessuna ragazza come ho amato te, e voglio ricominciare a farlo- mi guarda con gli occhi che brillano come due stelle nel cielo della notte. Annullo la distanza tra noi due con un bacio, un bacio che sa di tristezza e gioia.
 
Luglio 1950
Sto per sposarmi con Rebecca. Dopo tutti questi anni non lo credevo possibile, pensavo di averla persa per sempre, invece l’ho ritrovata. Da quel giorno non ci siamo più lasciati ed io ho capito che i nostri sentimenti non erano per niente cambiati. Ora ci aspetta l’eternità insieme, ci aspetta solo felicità.
La vedo arrivare accompagnata da mia madre e il respiro mi si blocca in gola, è così bella. Appena si avvicina la prendo sotto braccio, sta tremando.
-Lo sapevo che prima o poi anche tu avresti ceduto, sono sempre il più bello della scuola- mi guarda malissimo, ma posso giurare di averla vista sorridere.
La sera, quando finalmente rimaniamo soli e lei è tra le mie braccia pronta ad addormentarsi le dico quello che avrei voluto dirle da tanto tempo.
-Grazie, tu mi hai cambiato, mi hai reso l’uomo che sono ora. Se tu non mi avessi dato filo da torcere io a quest’ora non avrei fatto tutto ciò che ho fatto. Ti amo Rebecca, mi ha salvato la vita-
-Ce la siamo salvata entrambi Tommy- e in quel momento finalmente tutto mi sembra aver senso, tutto mi sembra così perfetto.

Holaaaaa c: okay non so perché ho pubblicato questa one-shot so solo che ce l'avevo da tanto in testa da un bel po' di tempo...spero che vi piaccia, ho cercato di affrontare nel migliore dei modi questo argomento che mi sta particolarmente a cuore (e anche perché é un lavoro per la scuola). Detto questo mi dileguo, a presto xx
   
 
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