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Autore: Elis12    24/01/2014    0 recensioni
Una raccolta contenente svariate scene tratte dagli episodi di Suits, da me messe per iscritto. Tratterò sia i momenti più belli e significativi, che altri inventati dalla sottoscritta. I capitoli saranno tutti delle brevi flashfic cronologicamente non collegate tra di loro. Possono essere presenti degli spoiler sulla terza stagione, che verranno prima debitamente segnalati.
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harvey Reginald Specter, Mike Ross, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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DISCLAIMER: i personaggi non mi appartengono, e non c'è nessuno scopo di lucro. 

Raccolta di brevi flashfic sui personaggi di Suits, in particolare su Mike e Harvey. Come già annunciato nell'anteprima, ci saranno sia scene presenti negli episodi, sia momenti da me inventati. E' la prima storia che pubblico su Suits, quindi spero di potermela cavare almeno un po'. Lasciate pure un commento per farmi sapere cosa ne pensate.
Grazie dell'attenzione e buona lettura, 
Elis.

 
Capitolo Uno

"Benvenuto alla Pearson Hardman"

Personaggi: Mike Ross, Harvey Specter

Mike si gettò la cravatta su una spalla, poi aprì il rubinetto e si sciacquò il viso con acqua gelida. Si guardò allo specchio tremante, respirando forte con il battito del cuore che gli galoppava nel petto. Gli occhi rossi leggermente strafatti. La valigetta nera posata accanto a sé sul mobiletto del bagno.
“Ce la puoi fare”, si disse. Poi fece un respiro profondo e uscì dal bagno. Percorse il lungo corridoio del lussuoso hotel a passo spedito, prima che qualcuno potesse fermarlo e chiedergli di mostrargli il contenuto della valigetta incriminata. Ancora prima di raggiungere il luogo della consegna, si accorse che qualcosa non andava. Il suo cervello cominciò a lavorare febbrilmente e fare calcoli da solo. Il finto facchino che cercava di forzare la serratura di una porta, l’altro uomo con la pistola nascosta nel risvolto della giacca. Merda, Trevor l’aveva venduto. La piscina chiusa. I colloqui da Harvard. Dopo aver scambiato amichevoli parole con quei due per metterli fuori pista, oltrepassò in fretta la stanza in cui doveva recarsi, e si lanciò giù per le scale più veloce che poté. Non si fermò finché non raggiunse l’ala adibita ai provini di cui aveva visto l’annuncio all’ingresso. Sapeva di avere i poliziotti alle costole; si fermò in scivolata, senza fiato, davanti a una porta aperta. Una donna chiamava scocciata il nome “Rick Sorkin” guardando proprio lui. Mike indicò se stesso interrogativamente.
«Signor Sorkin, è in ritardo di cinque minuti. C’è un motivo per cui dovrei lasciarla entrare?»
«Senta, i-io cerco solo di seminare un poliziotto, ok? Non mi interessa se mi fa entrare o no».
La rossa lo osservò con un’espressione allibita, poi fece un occhiolino a qualcuno che non poteva vedere. E così si ritrovò a stringere la mano di un certo Harvey Specter, avvocato che non aveva mai sentito nominare in vita sua e di cui, sinceramente, non gliene fregava un fico secco. Voleva solo liberarsi degli sbirri. Mike si soffermò a guardare incuriosito quell’uomo, nel suo completo costoso e pettinatura perfetta. L’espressione compiaciuta che aveva stampata in faccia gli dava un’aria vanitosa, arrogante e onnipotente allo stesso tempo. Trasudava potere ed egocentrismo da ogni poro.
“Sto coglione cammina come se avesse una scopa nel culo”, pensò Mike.
Un attimo dopo, la valigetta si apriva e rigurgitava tutto il suo contenuto per terra. Merda, tutta la droga era sparsa sul tappeto. In men che non si dica, si ritrovò a raccontare a quel tizio tutto quanto. Come aveva capito che erano poliziotti, la vendita di erba in cui Trevor l’aveva incastrato, il fatto che aveva accettato perché gli servivano i soldi. La sua memoria eidetica e il manuale BarBri che sapeva a menadito. L’uomo di fronte a lui sembrava piacevolmente colpito, come se lo considerasse un suo pari. Allora non era così tanto uno da palo in culo.
Mike lo sfidò. Letteralmente lo sfidò ad assumerlo e quello, dopo un attimo di riflessione e una smorfia schifata alla vista degli altri candidati, gli rivolse un sorriso sfacciato dicendogli di alzare il culo dalla sua poltrona perché aveva un’e-mail da inviare: aveva trovato il suo nuovo associato. Era fatta. Aveva un lavoro.
Harvey Specter lo guardò con approvazione e poi gli tese la mano ferrea.
«Benvenuto alla Pearson Hardman».
  
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