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Autore: nian nian    08/06/2008    0 recensioni
Un fantasy un po' diverso dal solito. Una donna per protagonista, una donna fuori dal comune, scontri armati, i disagi della vita all'aperto, tutto condito di situazioni comiche tendenti all'assurdo... Il resto è ancora tutto nella mia testa.
Genere: Azione, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guerre, trasporti e pezzi di carne

 

 

 

Il fuoco scoppiettava allegramente sotto un grosso pezzo di carne infilato su uno stecco, mentre la ragazza aggiungeva altra legna, distrattamente. La luce del sole era fredda e il cielo sembrava di pessimo umore, come anche lei, d’altronde; l’autunno aveva colorato la foresta dei suoi toni più soavi, rosso e oro, ma aveva portato anche le piogge, e vivere all’aperto mentre le nuvole riversano con tanta violenza le loro lacrime sul mondo non è affatto piacevole. Ormai però ci aveva fatto l’abitudine: si rassegnava ad inzupparsi come un pulcino appena uscito dal guscio ogni volta che non era in grado di trovare un riparo; non per questo però le era meno sgradevole dormire sotto una gragnola di gocce che le tempestavano il corpo, raggelandole le ossa e rendendo inutili i suoi sforzi di cercare legna secca per il fuoco.

Beh, per fortuna da un paio di giorni il tempo era migliorato e il sole aveva asciugato la foresta, così anche la permanenza della ragazza era diventata un po’ più tollerabile, anche se certamente essere costretti a lasciare la propria casa e vivere all’adiaccio non era nella lista di preferenze della diretta interessata.

Erano ormai trascorsi quasi due mesi da quando suo padre era morto, lasciandola sola al mondo e indesiderata nella sua stessa casa, ed era stato da allora che aveva cominciato a spostarsi nei boschi a lei familiari, portando con sé i pochi averi che nessuno le avesse contestato come furto: un lungo arco nero, alto più di un uomo e spesso come un polso, la faretra con le frecce dal candido impennaggio, un corto pugnale senza incisioni né decori, una coperta e i vestiti che indossava, più una pesante giacca di pelle nera che teneva arrotolata nella sacca da viaggio, in previsione dell’ormai imminente inverno.

L’arco era stato uno dei primi regali di suo padre non appena era diventata abbastanza grande da imparare a combattere: era un arco da guerra, pesante e molto difficile da usare, e le c’erano voluti anni per avere abbastanza muscoli da tenderlo del tutto. Non per questo le era facile usarlo, ma era l’unico modo che avesse per procurarsi di che vivere; non era un arco da caccia, leggero e maneggevole, ma a mali estremi estremi rimedi, no?

Da quando era partita non aveva incontrato anima viva, però va detto che aveva anche evitato le zone abitate e i villaggi ai margini della foresta, consapevole che non sarebbe stata benaccetta, e tuttavia non rimpiangeva quella scelta: la solitudine non le dispiaceva affatto, e l’autonomia non le mancava di certo.

Si stava quasi addormentando mentre aspettava che la carne si cuocesse, quando dei rumori la riscossero dal torpore: sibili di frecce, colpi di zoccoli, tintinnii di spade, urla feroci e urla terrorizzate, e su tutte risuonava una voce squillante ‘Ritirata! Ritirata!’.

I rumori si fecero più vicini, più forti, e poi scemarono nella distanza, mentre lo strano corteo si allontanava dalla sua radura; lei però non potè trattenere la curiosità, così spense il fuoco, addentò la carne, raccolse le armi e si avviò verso la fonte del fracasso.

Si muoveva silenziosa nel sottobosco, nascondendosi alla meglio fra il fogliame ancora folto, a capo chino, con gli occhi puntati davanti a sé e le orecchie tese nel tentativo di seguire la scia di suoni. Ad un certo punto sentì di avvicinarsi ai rumori, ora fermi, e si appostò fra dei cespugli per osservare la scena: una pattuglia di elfi, composta da una mezza dozzina di arcieri, si stava scontrando accanitamente contro una banda di cavalieri coperti dalla testa ai piedi di lucenti cotte di maglia, che mandavano bagliori repentini ad ogni movimento. Gli elfi erano in netto svantaggio sia dal punto di vista numerico che delle armi, poiché i cavalieri non davano loro il tempo né lo spazio per sfruttare appieno la micidialità degli archi; per di più stavano subendo pesanti perdite, e ormai erano rimasti solamente in tre ad affrontare la decina di aggressori.

La ragazza non si fermò a pensare, estrasse dalla faretra una lunga freccia piumata, tese il grande arco nero  digrignando i denti (fra cui stringeva la carne) e scoccò con precisione verso uno dei cavalieri, colpendolo al collo, tanto che l’impatto lo fece cadere da cavallo, morto.

L’intervento non bastò a salvare i sopravvissuti, perché altri due elfi caddero sotto i colpi degli avversari, ma l’improvvisa comparsa di una nuova carta sul tavolo da gioco sconvolse non poco i cavalieri, che anziché accerchiare l’ultimo rimasto si girarono intorno per localizzare l’arciere misterioso.

La ragazza approfittò del momento per scoccare un’altra freccia, abbattendo un altro uomo, e si nascose rapidamente di nuovo al sicuro fra le foglie dei cespugli.; scostò una ciocca di capelli dal viso, mentre un ghigno compiaciuto si dipingeva sul suo volto e lei strappava famelica un morso dal trancio di carne che ora teneva in mano.

I cavalieri rinunciarono all’attacco, credendo imminente l’arrivo dei rinforzi per gli elfi, consci che non avrebbero resistito molto sotto la pioggia di frecce che poteva scagliare uno squadrone dei loro arcieri. Così si ritirarono scappando attraverso il bosco, probabilmente verso il loro accampamento.

La ragazza non ebbe nemmeno il tempo di complimentarsi con se stessa per l’effetto ottenuto da due sole delle sue frecce che vide l’ultimo elfo accasciarsi al suolo; preoccupata (per meglio dire terrorizzata, non voleva credere che fosse morto!) corse fuori dal suo nascondiglio e si precipitò avanti, per vedere che l’elfo era ancora vivo, anche se in pessime condizioni. Il poveraccio tremava dalla testa ai piedi, sfinito per lo sforzo di combattere con una profonda ferita al fianco che sanguinava copiosamente, e pochi secondi dopo i suoi occhi rotearono nelle orbite, mostrando solo il bianco, mentre i sensi lo abbandonavano.

La ragazza lo guardò per un momento perplessa ed incerta sul da farsi, poi fece spallucce e se lo gettò su una spalla con noncuranza, come se fosse stato soltanto una bambola. In effetti, l’elfo era magro e non molto alto, tipico della sua razza, ma pesava ugualmente una cinquantina di chili, eppure la ragazza non parve accorgersene, mentre camminava speditamente verso il fiume che scorreva lì vicino, non prima di aver estratto le sue preziose frecce dai due corpi in cui si erano conficcate.

Il tutto era avvenuto mentre la giovane teneva ancora fra i denti il blocco di carne...


Salve a tutti!

per la prima volta posto una mia creazione, e spero vivamente che vi piaccia!

A breve pubblicherò anche il secondo capitolo, che è già in lavorazione, e forse anche un altro racconto che in verità è pronto già da un po' di tempo.

Aspetto fiduciosa commenti!

  
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