Guerre,
trasporti e pezzi di carne
Il fuoco
scoppiettava allegramente sotto un grosso pezzo
di carne infilato su uno stecco, mentre la ragazza aggiungeva altra
legna,
distrattamente. La luce del sole era fredda e il cielo sembrava di
pessimo
umore, come anche lei, d’altronde; l’autunno aveva
colorato la foresta dei suoi
toni più soavi, rosso e oro, ma aveva portato anche le
piogge, e vivere
all’aperto mentre le nuvole riversano con tanta violenza le
loro lacrime sul
mondo non è affatto piacevole. Ormai però ci
aveva fatto l’abitudine: si
rassegnava ad inzupparsi come un pulcino appena uscito dal guscio ogni
volta
che non era in grado di trovare un riparo; non per questo
però le era meno
sgradevole dormire sotto una gragnola di gocce che le tempestavano il
corpo,
raggelandole le ossa e rendendo inutili i suoi sforzi di cercare legna
secca
per il fuoco.
Beh, per
fortuna da un paio di giorni il tempo era
migliorato e il sole aveva asciugato la foresta, così anche
la permanenza della
ragazza era diventata un po’ più tollerabile,
anche se certamente essere
costretti a lasciare la propria casa e vivere all’adiaccio
non era nella lista
di preferenze della diretta interessata.
Erano ormai
trascorsi quasi due mesi da quando suo padre
era morto, lasciandola sola al mondo e indesiderata nella sua stessa
casa, ed
era stato da allora che aveva cominciato a spostarsi nei boschi a lei
familiari, portando con sé i pochi averi che nessuno le
avesse contestato come
furto: un lungo arco nero, alto più di un uomo e spesso come
un polso, la faretra
con le frecce dal candido impennaggio, un corto pugnale senza incisioni
né
decori, una coperta e i vestiti che indossava, più una
pesante giacca di pelle
nera che teneva arrotolata nella sacca da viaggio, in previsione
dell’ormai
imminente inverno.
L’arco
era stato uno dei primi regali di suo padre non
appena era diventata abbastanza grande da imparare a combattere: era un
arco da
guerra, pesante e molto difficile da usare, e le c’erano
voluti anni per avere
abbastanza muscoli da tenderlo del tutto. Non per questo le era facile
usarlo,
ma era l’unico modo che avesse per procurarsi di che vivere;
non era un arco da
caccia, leggero e maneggevole, ma a mali estremi estremi rimedi, no?
Da quando era
partita non aveva incontrato anima viva,
però va detto che aveva anche evitato le zone abitate e i
villaggi ai margini
della foresta, consapevole che non sarebbe stata benaccetta, e tuttavia
non
rimpiangeva quella scelta: la solitudine non le dispiaceva affatto, e
l’autonomia non le mancava di certo.
Si stava
quasi addormentando mentre aspettava che la carne
si cuocesse, quando dei rumori la riscossero dal torpore: sibili di
frecce,
colpi di zoccoli, tintinnii di spade, urla feroci e urla terrorizzate,
e su
tutte risuonava una voce squillante ‘Ritirata!
Ritirata!’.
I rumori si
fecero più vicini, più forti, e poi scemarono
nella distanza, mentre lo strano corteo si allontanava dalla sua
radura; lei
però non potè trattenere la curiosità,
così spense il fuoco, addentò la carne,
raccolse le armi e si avviò verso la fonte del fracasso.
Si muoveva
silenziosa nel sottobosco, nascondendosi alla
meglio fra il fogliame ancora folto, a capo chino, con gli occhi
puntati
davanti a sé e le orecchie tese nel tentativo di seguire la
scia di suoni. Ad
un certo punto sentì di avvicinarsi ai rumori, ora fermi, e
si appostò fra dei
cespugli per osservare la scena: una pattuglia di elfi, composta da una
mezza
dozzina di arcieri, si stava scontrando accanitamente contro una banda
di
cavalieri coperti dalla testa ai piedi di lucenti cotte di maglia, che
mandavano bagliori repentini ad ogni movimento. Gli elfi erano in netto
svantaggio sia dal punto di vista numerico che delle armi,
poiché i cavalieri
non davano loro il tempo né lo spazio per sfruttare appieno
la micidialità
degli archi; per di più stavano subendo pesanti perdite, e
ormai erano rimasti
solamente in tre ad affrontare la decina di aggressori.
La ragazza
non si fermò a pensare, estrasse dalla faretra
una lunga freccia piumata, tese il grande arco nero digrignando
i denti (fra cui stringeva la
carne) e scoccò con precisione verso uno dei cavalieri,
colpendolo al collo,
tanto che l’impatto lo fece cadere da cavallo, morto.
L’intervento
non bastò a salvare i sopravvissuti, perché
altri due elfi caddero sotto i colpi degli avversari, ma
l’improvvisa comparsa
di una nuova carta sul tavolo da gioco sconvolse non poco i cavalieri,
che
anziché accerchiare l’ultimo rimasto si girarono
intorno per localizzare
l’arciere misterioso.
La ragazza
approfittò del momento per scoccare un’altra
freccia, abbattendo un altro uomo, e si nascose rapidamente di nuovo al
sicuro
fra le foglie dei cespugli.; scostò una ciocca di capelli
dal viso, mentre un
ghigno compiaciuto si dipingeva sul suo volto e lei strappava famelica
un morso
dal trancio di carne che ora teneva in mano.
I cavalieri
rinunciarono all’attacco, credendo imminente
l’arrivo dei rinforzi per gli elfi, consci che non avrebbero
resistito molto
sotto la pioggia di frecce che poteva scagliare uno squadrone dei loro
arcieri.
Così si ritirarono scappando attraverso il bosco,
probabilmente verso il loro
accampamento.
La ragazza
non ebbe nemmeno il tempo di complimentarsi con
se stessa per l’effetto ottenuto da due sole delle sue frecce
che vide l’ultimo
elfo accasciarsi al suolo; preoccupata (per meglio dire terrorizzata,
non
voleva credere che fosse morto!) corse fuori dal suo nascondiglio e si
precipitò avanti, per vedere che l’elfo era ancora
vivo, anche se in pessime
condizioni. Il poveraccio tremava dalla testa ai piedi, sfinito per lo
sforzo
di combattere con una profonda ferita al fianco che sanguinava
copiosamente, e
pochi secondi dopo i suoi occhi rotearono nelle orbite, mostrando solo
il
bianco, mentre i sensi lo abbandonavano.
La ragazza lo
guardò per un momento perplessa ed incerta
sul da farsi, poi fece spallucce e se lo gettò su una spalla
con noncuranza,
come se fosse stato soltanto una bambola. In effetti, l’elfo
era magro e non
molto alto, tipico della sua razza, ma pesava ugualmente una
cinquantina di
chili, eppure la ragazza non parve accorgersene, mentre camminava
speditamente
verso il fiume che scorreva lì vicino, non prima di aver
estratto le sue
preziose frecce dai due corpi in cui si erano conficcate.
Il tutto era
avvenuto mentre la giovane teneva ancora fra
i denti il blocco di carne...
Salve a tutti!
per la prima volta posto una mia creazione, e spero vivamente che vi piaccia!
A breve pubblicherò anche il secondo capitolo, che è già in lavorazione, e forse anche un altro racconto che in verità è pronto già da un po' di tempo.
Aspetto fiduciosa
commenti!