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Autore: ToraStrife    25/01/2014    2 recensioni
Più di una sorella, meno di un amore. Ma non semplice affetto.
Lei ha le Ali, io le Radici.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sister Freedom
SISTER FREEDOM


La prima volta che ti vidi eri un brutto anatroccolo.
Bassina, occhiali spessi, apparecchio ai denti, salopette e forse anche una treccia.
La prima volta che ti presi per mano fu sollevandoti. Letteralmente.
Il mio braccio che sollevava un piccolo peso morto caduto dalla sedia.
Ci scherzai su, eri piccola e leggera, come un piccolo paio d'occhiali ambulante. E fu così che ti immortalai.

Forse ti definii "brutta", pur non pensandolo: sapevo che la tua era una bellezza "immatura", scusa, la parola giusta è acerba, ma da adolescente le parole giuste non mi venivano mai.
Avevi anche il tuo voto in bellezza: cinque.

Ci crederesti? Dopo trent'anni, l'orsacchiotto che mi regalasti è ancora lì. ad osservarmi con rimprovero dalla cima dell'armadio.
Forse non te lo ricordi neppure.
Neanche allora fui capace di dirti grazie: avevo, come sempre, da ridire su una sciocchezza.
Eppure forse, in tutta la mia vita, è stato il mio vero, unico regalo di compleanno.

Ti rividi dopo due anni. Stentai a riconoscerti.
Da anatroccolo eri diventata uno splendido cigno. Anzi, di più.
"Ho visto per caso una dea camminare?" Commentai.
"Doveva nascondeva tutte quelle curve?" Pensai.
Voto raddoppiato.

Togliesti gli occhiali, me li infilai io. Togliesti l'apparecchio e fu un sorriso. E che sorriso.
Sostituisti la salopette: non avrebbe potuto più contenere quelle nuove forme.
E non te lo dirò mai, ma le tue sembianze aizzano ancora in me la passione, a distanza di decenni.

Non sei mai invecchiata, in quella veste bianca da fata irlandese.

Eri tenera e capricciosa come un vero folletto, dopotutto.
Un tenero abbraccio oggi, una annoiata freddezza domani.
Eri un complicato e attraente rebus, per il mio animo.

Per scherzo diventasti una sorellastra, quella che mai ho avuto.
E a proposito di Irlanda, fu laggiù che ti innamorasti del viaggiare.
Io al massimo ero arrivato nella più fredda e abitudinaria Londra.
Destino.

Scelte accademiche differenti separarono ancora le nostre vite.
Tu scegliesti le ali, io le radici.

Staccasti definitivamente la cordicella che ti teneva legata al nostro paese. Ne avevi bisogno, lo capisco solo ora.
Come capisco solo ora il tuo carattere scostante, a cui però non è legata alcuna cattiveria.
Semplicemente avevi bisogno di libertà, come ossigeno.
Divisa tra un padre, di cui sei il ritratto spensierato, e una madre che vedevi come un peso di piombo.

Ti sei definita una fata. E proprio come una fata nordica, sei capricciosa e affettuosa, dolce e vendicativa, fuggi e poi ti tormenti per le tue scelte.

Più o volte mi punzecchiarono: ma perché non osare di più.
Perché conosco i nostri caratteri, le nostre scelte, le nostre abitudini.

Scherzavi sul fatto che "sopporto instancabilmente questa povera cretina", ma anche io non dimentico che hai sopportato le mie critiche, i miei improvvisi cambi di idea, le mie chiamate a orari assurdi.

E so che tu sei l'aquilone oltre il mio orizzonte, cerchi sempre il vento che ti porta dappertutto.
Inghilterra, Francia, Messico, Patagonia,
Insieme al viaggiare ai scoperto la tua passione  per il ballo.
Un binomio perfetto: come Dorothy battevi le scarpe magiche, e viaggiavi.
Un battito, Inghilterra! Un altro Francia! E Messico, Patagonia, Mauritius... il mondo era la tua casa.
E io in cuor mio mi sentivo l'uomo di latta con un cuore nascosto, il fantoccio con un cervello, il leone senza coraggio, o forse desideravo solo farti compagnia durante il viaggio.
Ma tu alla fine viaggiavi con il tornado (o come un tornado), e io rimanevo nel mio mondo di Oz(zy).

Tu dici di essere la stortura, io la precisione.
Buffo, perché anche io a modo mio mi considero una stortura: solo che tu non ti sei mai preoccupata di mascherarlo.
Colmo dell'ironia, uno dei miei gruppi preferiti si chiama proprio Sorella Svitata.

L'altro giorno mi hai telefonato.  Curioso, lo fai regolarmente, anche se a distanza di tredici anni esatti.
Lo so perché quella volta eri incinta di una bambina.
E anche quella volta non potei non notare la tua originalità intrinseca: dove vai lo potevi trovare un fidanzato che si chiamava Antares?
E ora quella pargoletta è cresciuta, con quei capelli ricci e rossicci che la fanno sembrare ancora di più di origini irlandesi, rispetto alla tua solare chioma bionda.
Mi confessi che ti sei accorta, dopo tutti quei viaggi, di non avere portato alcun ricordo con te. Nessuna foto, nessuna lettera, solo i tuoi sogni e le tue malinconie.

E mi confessi anche le delusioni che ti fanno sembrare la tua avventura un gran fallimento. Una proposta di matrimonio rifiutata, una figlia da mantenere, la tua insoddisfazione esistenziale.
Sorrido, anzi, ridacchio, silenziosamente, senza esporlo per non prenderti in giro.
Conosco il tuo carattere libero, l'indomani avrai già dimenticato tutto.
Mi chiedi di procurarti delle copie delle foto che ti feci durante la scuola, io che ero "la precisione" e conservavo tutto. Anche i ricordi.

Dunque anche gli aquiloni hanno bisogno, ogni tanto, di una cordicella alla quale aggrapparsi dopo aver volato senza sosta.

Non sei mai invecchiata, ancora pimpante e capricciosa come la prima volta.
Sei la fata che ringiovanisce ogni anno che passa.
Sei l'arcobaleno che mi sorride dall'altra parte dell'orizzonte.
E si sa che oltre l'arcobaleno c'è sempre un tesoro.

O forse solo il mio sogno.


  
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