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Autore: telesette    26/01/2014    0 recensioni
[L\\\'uomo che veniva dal nulla]
L'uomo annuì, sforzandosi per non piangere, la mano leggermente premuta contro il vetro.
Anche So-mee poggiò la propria mano dalla parte opposta, quasi sentendo il calore dell'altra, e un sottile filo luccicante le scivolò lungo la guancia. Per un lungo interminabile attimo, dimenticando le pareti del parlatorio e tutto ciò atto a dividerli, entrambi immaginarono di trovarsi davvero nel giardino del suo disegno...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'uomo che veniva dal nulla ( The Man from Nowhere - Ajusshi ), film coreano del 2010, è senza dubbio una delle storie più belle, drammatiche ed appassionanti dell'attuale generazione cinematografica. Nonostante lo sfondo che, in modo piuttosto evidente, richiama all'ormai storico film Léon del 1994.
Cha Tae-sik, uomo taciturno ed estremamente riservato, gestisce un banco di pegni in un piccolo quartiere. L'unica persona in grado di risvegliare parte delle sue emozioni è la piccola So-mee, una bambina sua vicina di casa, la quale conduce una vita assai triste e solitaria all'insegna del disprezzo della società. La madre di So-mee, una tossicomane di nome Hyo-jeong, commette l'errore di sottrarre dell'eroina ad una pericolosa organizzazione di trafficanti che tratta affari perlopiù tramite il commercio di stupefacenti e rivendendo gli organi umani prelevati dalle loro vittime. Essendo la droga nascosta in un deposito presso Cha Tae-sik, nel tentativo di ricattare quest'ultimo, i criminali rapiscono sia la madre che la figlia. Nel tentativo estremo di ritrovarle, Cha Tae-sik farà di tutto per riuscire a salvare almeno la piccola So-mee, essendole affezionato quasi come ad una figlia. 

 

 

Mi stringerai la mano
immagini tratte da internet

 

- Cha Tae-sik - esclamò secca la voce del secondino. - In parlatorio, hai una visita!

Il detenuto sollevò lentamente il capo con aria assente, come se la cosa non lo riguardasse affatto, e tuttavia si accinse a seguire la guardia fuori della cella e poi lungo il corridoio. Stando chiuso lì dentro, ormai aveva perso il conto dei giorni. L'unica cosa che gli permetteva di accettare quella situazione, con apatìa ed insofferenza apparente, era sapere che So-mee non correva più alcun pericolo e che i suoi aguzzìni avevano già pagato con la vita ogni loro crimine. Tenendo conto dell'importante ruolo avuto nella vicenda, sterminando da solo una delle più sporche bande dedite al commercio della droga e degli organi umani, il detective No si era offerto di intercédere per fargli avere un forte sconto sulla pena fissata dal giudice.
ChaTae-sik però gli aveva anche detto di lasciar perdere.
Non avendo né un passato da cui tornare, né tantomeno un futuro cui adémpiere, trascorrere il presente dentro o fuori di una prigione non aveva poi molta importanza per lui.
Tuttavia non appena il secondino apri la porta del parlatorio, mostrandogli con chiarezza la persona dall'altra parte del vetro, Cha Tae-sik ebbe un fortissimo tuffo al cuore.

- Ciao, Signore!

So-mee sventolò la mano, sorridendogli allegramente, felice di rivederlo dopo così tanto tempo senza ricevere sue notizie.
Cha Tae-sik provò a cercare dentro di sé una qualche espressione che assomigliasse vagamente ad un sorriso ma, pure se immensamente felice di rivederla, riuscì solo a sbattere più volte le palpebre in preda alla forte emozione che provava.
Erano già trascorsi otto mesi, da che Man-seok e i suoi assassini erano stati eliminati, e So-mee si era fatta anche poco più grande di statura.
Sembrava proprio una signorina, nel grazioso vestitino nuovo che indossava, eppure i suoi occhi brillavano con la stessa luminosità di sempre.
Il suo dolce sorriso, incorniciato dai corti capelli scuri, risplendeva su quel tenero volto che l'uomo registrava mentalmente come la figura più importante e preziosa di tutta la sua esistenza.
Il detective No si era preso seriamente a cuore il benessere di So-mee. Dopo avere affidato la bambina ai servizi sociali, esponendo il caso ad una giovane coppia di suoi conoscenti felicemente sposati, era appunto venuto a conoscenza di come questi desiderassero avere una figlia. Dopo aver conosciuto So-mee, simpatizzàndo subito con lei e col suo carattere, costoro avevano da poco terminato la trafìla di pratiche necessaria per l'adozione.
Ora So-mee era la figlia di un medico di nome Wong e di sua moglie Yu-lin.
Viveva nella loro casa, andava regolarmente a scuola, e continuava allegramente a fare decorazioni per le unghie a tutti i suoi nuovi amici e compagni di classe.

- Sono... sono felice per te - mormorò Cha Tae-sik sincero.
- Anch'io sono felice - fece So-mee raggiante. - Sono felice, perché quel poliziotto mi ha detto che presto potrai uscire!

Per Cha Tae-sik, quelle parole ebbero lo stesso effetto di un violentissimo pugno nello stomaco.
Era indubbio che il detective No fosse una brava persona ma, per quanto importante e sincero fosse l'interessamento nei suoi riguardi, nemmeno lui poteva cambiare la sentenza emessa dal tribunale.
Cha Tae-sik era colpevole di omicidio plùrimo intenzionale, per aver commesso una sanguinosissima strage di più di trenta persone, e nessun giudice avrebbe mai accolto le sue motivazioni riguardo a quel gesto.
Pure se Man-seok e il suo viscido fratellino Jeong erano soliti espiantàre e "vendere" gli organi di poveri bambini innocenti, tra le tante altre innumerevoli porcherìe da loro commesse, agli occhi della Legge era Cha Tae-sik l'unico criminale.
Ormai non lavorava più per i Servizi Segreti, da che sua moglie incinta era stata barbaramente schiacciata viva davanti ai suoi occhi nella propria auto, e di conseguenza il suo era solo un nome ed un numero accanto ai reati da lui commessi.

- Signore - esclamò So-mee, riscuotendo l'altro dai suoi pensieri. - Signore, stai bene?

Cha Tae-sik annuì.

- I tuoi... Hai detto alla tua famiglia che sei qui ?
- Sì - rispose lei tranquilla. - Sono loro che hanno firmato all'ingresso, per permettermi di venirti a trovare!
- Forse... - mormorò lui, cercando di addomesticare il più possibile la verità, per non sconvolgere la felicità di So-mee. - Può darsi che... che ci voglia più tempo, prima che mi permettano di uscire!

So-mee sorrise, sollevando con orgoglio lo zainetto che Cha Tae-sik le aveva regalato prima di separarsi da lei. Armeggiando velocemente con il gancio di plastica, la bambina tirò fuori un grosso album da disegno e gli mostrò lo schizzo a matite colorate che aveva fatto apposta pensando a lui. Nell'immagine c'era tanto verde: sembrava un tranquillo laghetto nel mezzo di un parco, con sole e alberi ad incorniciare tutto, e due persone erano raffigurate in piedi una accanto all'altra...

- E' il parco vicino alla mia scuola - spiegò So-mee, descrivendo il suo piccolo capolavoro. - Mi piacerebbe portarti a vederlo, un giorno, non importa quando!

Il cuore di Cha Tae-sik prese a battere più velocemente.
Le due persone raffigurate, una alta vestita di scuro e l'altra più piccola, si tenevano per la mano. In quel preciso momento, se non ci fosse stato il vetro a dividerli, Cha Tae-sik avrebbe tanto desiderato poterle stringere la mano con lo stesso affetto e la stessa tenerezza di quel disegno...
Ma non poteva.

- E'... molto bello - gemette. - Lo hai fatto molto bene...

La piccola arrossì.

- Andremo a vederlo assieme, allora?

L'uomo annuì, sforzandosi di non piangere, la mano leggermente premuta contro il vetro.
Anche So-mee poggiò la propria mano dalla parte opposta, quasi sentendo il calore dell'altra, e un sottile filo luccicante le scivolò lungo la guancia. Per un lungo interminabile momento, dimenticando le pareti del parlatorio e tutto ciò atto a dividerli, entrambi immaginarono di trovarsi davvero nel giardino del suo disegno.

- Signore - disse. - Mi stringerai la mano, vero?

Silenzio.
L'orario della visita era terminato, Cha Tae-sik fu costretto a seguire il secondino per tornare in cella. So-mee invece strinse forte il proprio disegno, con la muta speranza che un giorno il Fantasma dei Pegni le avrebbe stretto la mano nella propria veramente e con affetto...
Sempre!

FINE

   
 
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