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Autore: Stephenie    26/01/2014    2 recensioni
"S…sono nato a Bei…Beirut – e qui sento qualcuno chiedere “Bei che?!?”. Sto per ripetere il nome della mia città natale, quando sento qualcun altro farlo per me… “Beirut, idiota”, dice una voce femminile che proviene da una ragazza accostata alla porta, che mi guarda e mi strizza l’occhio."
Questa storia parla di un Mika adolescente, alle prime prese con l'amore, e di una ragazza, Emily (nome non scelto a caso u.u), che lo aiuterà a capire la sua identità e ad accettare sè stesso.
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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The Origin Of Love:


10 Settembre 2000



E’ il primo giorno del Liceo.

E dopo essermi svegliato a causa dell’ansia, a mo’ di zombie raggiungo mia madre Joanie e il resto della mia famiglia. Sono tutti seduti intorno al tavolo della cucina, mentre fanno colazione e mi unisco a loro. La paura che possa andare di nuovo tutto storto è l’unica cosa a cui riesco a pensare, e tutto ciò mi fa perdere la fame. A ME. Mai successo. Mia madre lo nota e mi dice “Mika, perché non mangi nulla? Paura?!?” e tutti gli altri si girano verso di me, come se fossi il sospettato numero uno di un crimine capitale. “No… solo che oggi non mi va”, rispondo cercando di negare l’evidente. L’orologio segna le 7:30, ciò significa che tra una mezz’ora esatta dovrò affrontare il mio inferno chiamato scuola. Ciò vale a dire: presa per il culo dai compagni e dai professori, della serie “sei strano, dislessico e stupido”… E vale a dire anche botte e la mia faccia nel water dei bagni. Mi alzo dal tavolo, con gli occhi dei miei familiari ancora puntati addosso, mi avvio nella mia stanza e mi rendo conto che tutti i miei vestiti sono inadatti per questo incubo. E’ inutile cercare di essere come gli altri, perché tanto qualunque cosa mi metta addosso, dica o faccia, risulterò sempre il più strano. Lo sfigato della scuola, quello con le sciarpe cucite dalla mamma, quello che sta antipatico a tutti i professori, quello che disegna e scrive su un quadernetto colorato, e quello che invece di uscire il venerdì sera, se ne sta rintanato nella sua stanza a comporre musica con il suo piano semi-rotto. Alla fine, mi arrendo e indosso le prime cose che pesco nell’armadio, caccio due quaderni mezzi sgangherati nella borsa e provando con un ultimo disperato tentativo di sistemarmi i miei ricci ribelli, apro la porta e seguendo le mie sorelle scendo le scale senza nemmeno aver salutato mia madre. Paloma e Yasmine vanno entrambe all’università. Camminiamo per 10 minuti prima di trovare la fermata giusta,dopo Pal e Yasm se ne vanno augurandomi buona fortuna. Rimango da solo mentre il freddo mi penetra nelle ossa. Per tutti gli altri sembra una giornata eccitante: rivedere i propri amici,la vecchia e cara scuola, i professori da salutare… per me invece é la solita vecchia merda. Okay, eccola qui… LA SCUOLA. L’INFERNO…. Grande cagata. Mentre scendo dal bus, posso già avvertire le dita che mi indicano e le risatine soffocate dei miei futuri compagni… e il buongiorno a me. Avanzando sempre di più verso l’entrata, mi vergogno dei miei vestiti. Forse non avrei dovuto osare così tanto con i miei vecchi pantaloni gialli, la camicia a stile hippie, le converse bianche, il k-way di mio padre verde scuro e il mio solito cappellino alla français. Cerco di nascondermi e soffoco la voglia di scappare, verso un posto dove la gente mi possa capire, dove possa esprimere le miei emozioni senza limiti e senza alcuna paura di essere giudicato dagli altri. Uno spintone però mi ricorda dove sono: al centro esatto dell’inferno. Eccoci, ci risiamo, e adesso non posso più tornare indietro, sono appena entrato e già tutti i professori mi squadrano dalla testa ai piedi. Ho lo sguardo rivolto verso il pavimento, cammino velocemente e salgo le scale in silenzio, cercando di non fissare nessuno. Non appena raggiungo la mia classe, mi siedo nell’ultimo banco, quello più isolato da tutti. Appena dopo di me la classe si riempie, tutti si abbracciano: chiaro segno che io sia l’unico a non conoscere nessuno. Non si può dire che la fortuna stia dalla mia parte quest’anno. Vicino a me c’è ancora un posto che credo sia destinato a rimanere vuoto per sempre. La professoressa entra in classe e appena inizia a parlare la mia mente vaga già altrove, quando all’improvviso sento il mio nome risuonare nell’aula. Guardo davanti a me e mi rendo conto che sono tutti girati a fissarmi, mentre la professoressa, con un fare molto seccato, ripete di nuovo il mio nome, questa volta per intero: “Mr.Penniman, vorrebbe venire qui a presentarsi?”. Il mondo intero mi cade addosso. Cerco nel modo più calmo possibile di alzarmi dal mio posto, ma sembra che le mie gambe non vogliano collaborare. Quando finalmente riesco a raggiungere la fila prima di me, qualcuno, non so bene chi, mi fa inciampare allungando la gamba, e facendo scoppiare il resto della classe in una risata di gruppo. Sebbene la professoressa richiami l’ordine, non posso negare che neanche lei non stesse ridendo. Mi guarda con aria di sfida, con quel sorrisetto soddisfatto sulle labbra, contenta del lavoro appena svolto dai suoi burattini ammaestrati. Raggiungo la lavagna, mi volto verso i miei compagni e inizio a presentarmi: “M… mi chi-chiamo… Michael Holbrook – e qui tutti si voltano verso i propri amici iniziando a cercare dei soprannomi per me…. Tutti offensivi, ovviamente – e v..vi…vivo a Lon.. Londra da quando ave…avevo 9 anni. S…sono nato a Bei…Beirut – e qui sento qualcuno chiedere “Bei che?!?”. Sto per ripetere il nome della mia città natale, quando sento qualcun altro farlo per me… “Beirut, idiota”, dice una voce femminile che proviene da una ragazza accostata alla porta, che mi guarda e mi strizza l’occhio. La professoressa le si avvicina ed esclama “Emily Hall, che onore averla in classe! Anche quest’anno noto con piacere che le sue abitudini non sono cambiate.” La ragazza, Emily, si limita soltanto ad alzarsi dalla porta con fare scocciato e ad accasciare la sua borsa vicino al mio banco. La professoressa mi guarda e dice “Credo che sia abbastanza, Mr.Penniman, vada pure al suo posto”, non me lo faccio ripetere due volte… Raggiungo il mio banco e sussurro un grazie impacciato ad Emily, che mi si avvicina e mi stampa un bacio sulla bocca. Rimango in uno stato di totale shock per quella che sembra un’eternità, prima di riprendermi, e lei mi dice “Non c’è di che, Mika.”
Questa ragazza mi lascia senza fiato, forse alla fine di tutto, quest’anno potrà essere diverso.


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Autrici:


 "Ciao a tutti, e grazie per aver letto questo primo capitolo! Siamo due ragazze che adorano questo grande artista, Mika! Ovviamente presto ci sarà un nuovo capitolo e.. niente.. lasciate recensioni (sia positive che negative :3) e grazie ancora!! A presto!"
 
  
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