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Autore: Easily Forgotten Love    08/06/2008    0 recensioni
Brian e Stefan si sono appena lasciati. Sebbene sia stata una scelta consapevole, Stefan non sa ancora quanto possa fare male. E Brian, che quella scelta l’ha subita, non riesce ad accettare di arrendersi senza provare a riprendersi ciò che ama.
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Molko, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ti piace?
-Ci fa un freddo cane.
-Accendi i riscaldamenti!
-Ci fa freddo lo stesso, Alex.
-…vai a dormire da Steve allora, Brian, io ci rinuncio.
***
La nicotina scivola in circolo. Unica droga concessa, ormai. A parte l’alcool certo. Ma almeno sul breve periodo la nicotina ha anche meno effetti negativi, e quindi se la concede con più facilità, con maggiore spensieratezza.
Ad esempio quando, come in quel momento, si sente troppo pieno, troppo teso e troppo pesante per continuare a restare seduto con gli altri in una stanza vuota, in cui l’aria è viziata dopo le ore che ci hanno passato dentro e greve per tutte le cose che aleggiano sopra la musica e che con la musica non hanno nulla a che fare. Stefan e Steve sono rimasti dov’erano, attorno al tavolo e con decine di fogli pasticciati davanti, stavano ancora parlando tra loro dell’opportunità di scegliere tra l’una e l’altra versione della canzone…cazzo! non riesce nemmeno a ricordarne il titolo.
Sbuffa. Una nuvola piena e densa, l’ultima, che consuma definitivamente il mozzicone tra le sue dita. Lo osserva un po’, poi si decide e lo butta oltre il muretto su cui se ne sta a gambe incrociate, mentre già riflette sull’opportunità di accenderne un’altra.
Lui in realtà ha smesso in fretta di ascoltarli. Ha provato un paio di interventi privi di alcun interesse reale, ha cercato blandamente di orientare la discussione verso la soluzione che gradiva di più e poi – quando Stefan ha reagito zittendolo – ha preferito non soffermarsi sulle implicazioni di un litigio ed è rimasto seduto in silenzio per i dieci minuti successivi, fissandosi la punta delle scarpe allungate davanti a sé. Quindi si è alzato ed ha annunciato che usciva a fumare.
Davanti agli Studi la giornata è grigia e pesante anche lei. Fa anche un po’ freddo e lui rabbrividisce nel maglione troppo leggero e si pente di non aver preso il cappotto prima di uscire. Gioca con l’accendino e con il pacchetto di sigarette, fissando distrattamente il piazzale davanti al palazzo, un gruppo di tecnici passa spingendo un carrello colmo di casse di legno, parlano a voce alta e ridono forte. Sospira e sfila dal pacchetto un’altra sigaretta.
-Ciao.
È la voce di una donna. Non la conosce, per cui si volta a guardare e cerca di capire chi sia. Ma no, non la conosce davvero: bassa, carina, capelli e pelle scura, occhi scuri anche loro. Non bellissima, anzi…una come tante. Molto curata, però. La classica tipa alla moda, l’aspetto ed il modo di fare della donna rampante e sicura di sé.
Ah. E poi asiatica. Almeno di origine.
-Brian Molko, giusto?- s’informa lei con un sorriso che, quello sì, è molto bello.
-…complimenti per la perspicacia.- la deride lui lieve.
Lei non si offende, ride con una sincerità spontanea che è contagiosa.
Brian sbuffa un sorriso anche lui, nonostante tutto.
-Tu invece non hai idea di chi io sia, vero?- domanda lei avvicinandosi.
Brian lascia trasparire la propria perplessità.
-Dovrei?- ritorce.
-Non esattamente.- ammette lei fermandoglisi di fronte ed allungando una mano.- Helena Berg.- si presenta.- Sono la nuova fotografa.- spiega quindi.
Lui stringe la mano che gli porge.
-Mi piacerebbe rispondere “Brian Molko”, ma mi sentirei incredibilmente stupido.- dice poi.
Helena annuisce con una smorfia comprensiva.
-Sì, suonerebbe stupido.- ne conviene.
-Piacere, io.- articola a quel punto Brian con convinzione e lei scoppia a ridere di nuovo e scioglie le dita dalle sue, accomodandosi sul muretto accanto a lui.
-Me ne offri una?- s’informa intanto, indicando il pacchetto che Brian tiene tra le mani, così come la sigaretta già pronta accomodata tra due dita.
Brian esita un istante, poi le rivolge l’imboccatura stretta del pacchetto e lei afferra uno dei filtri con dita smaltate di rosso acceso.
-Grazie.- sussurra intanto.
Lui non risponde, accende per sé e poi per lei, che gli tende il viso socchiudendo gli occhi scuri e profondi.
No, non è bella. Ma ha qualcosa che gli piace istintivamente e che lo fa sentire a proprio agio. Mentre Helena torna a raddrizzarsi al suo fianco, Brian si chiede cosa sia, distrattamente perché non è davvero un argomento che possa interessarlo ma è un argomento come un altro per tenere impegnata la mente e non dover tornare a concentrarsi sull’opportunità di filarsela via.
O sulla necessità di non farlo e di tornare invece dentro a cercare di concludere qualcosa.
La frustrazione di quelle sessioni inutili sta diventando intollerabile. Si accumula e lui comincia a sentirsene soffocare. Vorrebbe dirlo anche ad Alex, la sua pervicacia nell’imporre loro il prolungarsi di ore di tortura è assolutamente fuori luogo e controproducente…
-Non pensavo che fossi un tipo così silenzioso.
La fissa, riportando l’attenzione su di lei anche se il suo sguardo – almeno ufficialmente – non l’ha mai abbandonata, studiando quel profilo dai tratti un po’ troppo duri e spigolosi per una donna, che però si accordano bene all’idea di forza pacata che filtra da lei.
Anche quello gli piace.
-Non sono un tipo silenzioso.- ribatte, voltandosi per ricominciare a fumare anche lui.
Aspira una boccata lunga, mentre lei ridacchia appena in modo insolente. Si lascia trasportare per un momento da quel suono, pensando che dovrebbe essere infastidito dall’eccessiva dimestichezza che lei manifesta nello stargli accanto.
-Allora sono fortunata.- lo deride Helena.
Brian si lascia scappare un sorriso che rovinerà inevitabilmente qualunque tentativo di rimbrottarla. Ci rinuncia in partenza e le scocca solo un’occhiata complice.
-Sì, sei fortunata.- le concede malizioso.
-Ti spiace se approfitto ancora un po’ della mia fortuna?- ritorce Helena storcendogli contro la sua stessa malizia in uno sguardo sottile e penetrante.
Ma ha gli occhi troppo fondi, si rende conto Brian, sono immancabilmente sinceri e vellutati in un nero intenso tra le ciglia lunghissime e scure. Non riuscirebbe ad ingannare nessuno con quella scorza costruita ad arte da donna in carriera. È troppo vera, troppo donna, per giocare con lui a fare la ragazzina intrigante.
Solo che invece di dirglielo resta in silenzio ancora. E la fissa un po’ sorpreso, perché lo sorprende sempre il modo in cui le persone mascherano se stesse solo per essere smascherate dal proprio corpo. Allunga una mano in modo involontario, le dita sfiorano la fronte della donna e scostano via una ciocca di capelli caduta in avanti sul volto, la agganciano dietro l’orecchio nonostante lei lo scruti senza capire, seguendo il movimento leggero della sua mano fino a che non torna a posarsi sul muretto, tra i loro corpi.
-Scusa.- si affretta a farsi sfuggire Brian. E se ne pente subito, perché lui non chiede mai “scusa” e meno che meno quando è palesemente nel torto come in questo momento.
Ma lei ride e si rimette dritta, rinunciando a continuare quel gioco di sguardi e battutine sottili ed insinuanti.
-Sei molto bello.- dice invece senza nessun legame con il discorso precedente e senza guardarlo, aspirando una boccata dalla sigaretta accesa.
È il turno di Brian di concedersi una risatina divertita, mettendo da parte quella punta d’imbarazzo che ha preso il sopravvento nonostante tutto il suo autocontrollo. Ma l’autocontrollo, del resto, sta andando a farsi benedire nell’ultimo periodo e, dunque, perché non godersi gli effetti benefici di una chiacchierata imbarazzante con una sconosciuta.
-Scommetto che lo dici a tutti quelli che vuoi portarti a letto.- ribatte cattivo.
Lei dovrebbe offendersi a questo punto.
Oppure ribattere in modo allusivo, giusto per confermargli che sì, portarselo a letto non le dispiacerebbe. E Brian magari ci starebbe anche, e ne sarebbe felice perché una simile prospettiva la riporterebbe nell’alveo delle “persone comuni”, quelle con cui ha a che fare di solito.
Invece, potrebbe semplicemente stare al gioco e rispondergli allo stesso modo.
-Oh beh, è ovvio no? E tu? Ci provi con tutti i fotografi nuovi?
Ed in quel caso, magari, sarebbe più difficile limitarsi a metterla da parte come qualcosa di “già visto”.
-No.- sbuffa buttando via anche il secondo mozzicone e guardandola.- Solo con quelli bruni e carini che abbiano meno di trentanni.
Lei storce il naso.
-Trentacinque, spiacente.- scrolla le spalle.
-Che sfortuna, eh?- ride Brian.
-Che vuoi farci, il destino.- sospira lei.
Brian balza giù dal muretto, le allunga la mano per aiutarla a scendere ma lei lo ignora – fingendo di non accorgersene – e salta giù accanto a lui nonostante i tacchi alti e la gonna troppo stretta.
-Hai detto di chiamarti Helena, vero?- chiede Brian mentre entrano affiancati agli Studi.
***
-Alex? Posso salire?                                               
Alex Weston lo scruta attraverso il citofono, Stefan Olsdal non può vederla ma intuisce comunque la sua presenza oltre la videocamera. Un dito sfiora il pulsante che apre la cancellata, Stefan la spinge ed entra seguendo la propria voce, su per i fili metallici che la portano all’appartamento della manager.
Alex gli apre e già sorride, Stefan si piega a schioccarle un bacio sulla guancia, poi entra mentre la ragazza chiude la porta.
-Come va?- s’informa lei tranquillamente.
-Pensavo fossi furiosa.- ribatte il bassista senza risponderle.
Alex sospira.
-Per le registrazioni?- chiede, ma non ha bisogno che lui confermi.- Stef, Vincent mi aveva avvisato che sarebbe finita così, per cui diciamo che mi aspettavo che la bomba esplodesse già da un po’.
Lo precede all’interno dell’appartamento, camminando scalza sul parquet fino a raggiungere la cucina. Recupera sulla soglia un paio di improbabili ciabatte rosa, due pattine con disegni di orsacchiotti e cuoricini stampigliati su, che fanno un adorabile pendant con i pantaloni larghi della tuta-pigiama altrettanto rosa che Alex sfoggia.
-Dio, sono un disastro!- realizza la donna con un altro sospiro, sconfortato, lasciandosi cadere sul primo sedile disponibile.
Stefan ride, raggiungendola anche lui dopo aver appeso il cappotto all’ingresso.
-Sta piovendo?- domanda Alex stordita, gettando un’occhiata alla finestra.
-Non ancora, ma le previsioni dicono che pioverà. Evita i tacchi quando esci.- consiglia lui.
Lei gli punta un dito contro.
-Dovresti rimproverarmi perché non ho decenza!- afferma seccamente. Tira un lembo della tuta indicandosi.- Dirmi che non è modo di presentarsi alla porta!- rincara.
-Servirebbe a convincerti dell’opportunità di stare in tailleur anche in casa?- domanda lui serafico, muovendosi con padronanza nella cucina per mettere su il bollitore del the.
-Stef, che stai combinando?- sbotta lei girando su se stessa per metterlo a fuoco mentre apre sportelli ed ante della cucina.
-Rilassati. Te lo meriti.- ridacchia lui continuando tranquillamente la propria opera.
-Mi merito un uomo!- ritorce Alex imbronciandosi.- Uno vero! Non voi tre checche isteriche!- protesta.- Uno che mi porti alle Maldive…E paghi lui! E che mi organizzi una festa tutta per me, per il mio compleanno, e mi regali un diamante gigantesco chiedendomi di sposarlo…Ed invece sono tutti gay! È come la maledizione di “In & Out”!
Stefan non le bada, lasciandola sproloquiare felice mentre la teiera inizia a fischiare discretamente, la spegne e torna al tavolo con tazze, cucchiaini, miele e tisane.
-Steve non apprezzerebbe questa generalizzazione.- fa notare sedendosi davanti a lei.
-Steve è l’unico che mi ami davvero.- annuisce Alex con convinzione.- Ed ovviamente è già sposato!
-Ovviamente.- ammette Stef.- A questa età sono tutti sposati, gay o…Brian.
-Quello è tutto tuo!- strilla lei roteando gli occhi sconfortata. Affoga il naso nella tazza, pensandoci su un momento prima di riemergere e borbottare.- Forse dovrei proporre a Steve una relazione clandestina.
-No, sarebbe un disastro.- confida Stefan.- Steve non è tipo da relazioni clandestine, è completamente assoggettato a sua moglie come ogni etero che si rispetti.
Alex annuisce, ritornando ad affondare nella tazza per un po’.
-Come stai?- ripete ancora quando emerge in via più stabile. Posa la tazza davanti a sé ed osserva Stefan fare altrettanto e stringersi nelle spalle.- Brian ti ha detto della casa?- domanda ancora.
-Sì, ma è ok, tranquilla.- la rassicura lui brevemente.
-Beh, lieta di sentirtelo dire, perché lui, tanto per cambiare, è scoppiato!- ridacchia debolmente Alex.- E sì che ha preteso un loft che costa di affitto quanto una piccola reggia…
-Davvero?- chiede Stefan senza nessun interesse reale.
-Tanto mica paga lui!- sogghigna Alex.
Stefan si unisce ridendo, ma poi torna serio quasi subito.
-E dorme ancora da Steve.- aggiunge al discorso della manager.
-Ti ha chiamato per lamentarsi?- s’informa lei stringata.
-Avevi dubbi? Uno rompe le scatole a te, l’altro a me. Un’equa distribuzione.
-Ma io ho anche te!- si lamenta Alex senza troppa convinzione. Così che Stef non si spreca ad offendersi e ribattere, ma registra la battuta e la lascia cadere.- Hai pensato alla possibilità di riprendere la terapia?- indaga titubante.
Il ragazzo scuote la testa, mettendo da parte quella possibilità e la propria tazza. Spinge entrambe fino al bordo del tavolo e le lascia lì.
-Io credo di stare bene, Alex.- spiega piano.- Non bene tanto da dirti che non fa più male,- specifica ricambiando il suo sguardo scettico.- ma bene abbastanza da potermela gestire.
-…preferirei sentirti dire “bene abbastanza da avere un’altra storia, con un’altra persona, di cui sono follemente innamorato”. Allora sarei sicura che non menti.- sospira sconfortata la donna.- E preferirei ancora di più sentire dire la stessa cosa a Brian.
Stefan si stringe nelle spalle. L’idea di Brian e qualcun altro è un’ipotesi che non vuole affrontare ancora, ma non lo dice ad Alex. Così come non le dice che non crede di essere pronto nemmeno lui a sostituire Brian con qualcun altro che non sia Abba e la sua presenza silenziosa.
***
“Eppure il mondo si ostina a camminare sui propri binari senza mai considerare i nostri desideri”.
Stefan lo pensa in un lento flashback che lo riporta con la mente ai pensieri che solo il giorno prima nascondeva ad Alex, seduto nella sua cucina davanti a lei – così come ora è seduto nella propria cucina davanti a lui.
Vincent.
Poi però la mente sfila avanti veloce, riduce al minimo le distanze che separano il filo dei due ragionamenti e le due situazioni che li hanno prodotti. Così ricostruisce quell’incontro che di casuale non ha mai preteso di avere nulla, in cui lui torna a casa, infila le dita nella tasca del cappotto e cerca le chiavi sul fondo della stoffa. E quando alza lo sguardo non è da solo, perché i suoi occhi incrociano quelli chiarissimi di Vincent, che gli sorride fermo davanti al portone del palazzo, in una posa che è quasi speculare con le mani affondate anche lui nelle tasche.
-Ciao.- lo saluta in modo piano.
Stefan resta in attesa. Non sa cosa rispondere, accenna con il capo per ricambiare il saluto ma non parla lo stesso.
-Sì, lo so.- ridacchia il ragazzo più grande a quel punto- Non ho nemmeno un valido motivo per essere qui.
-…io non l’ho detto.
Il resto ha il sapore di un film di quelli dalla trama scontata, che guardi al cinema solo perché passano per film “d’autore”, cervellotici, di quelli in cui si mettono a nudo i sentimenti e poi finisce che nude ci restano solo le meschinità. Stefan non li ha mai sopportati quei film, i loro luoghi comuni gli danno la nausea, la loro presunta intelligenza da salotti socialmente impegnati è disgustosa, ma ci si ritrova dentro ugualmente e quindi si attiene al copione.
Lo invita a salire. Vincent accetta di prendere un caffè assieme. Il silenzio sembra carico di aspettative mentre l’ascensore li accompagna al piano e li abbandona lì. Le chiavi nella toppa fanno un rumore discreto e la porta si apre sul salotto.
…l’arrivo scodinzolante di Abba dalla cucina riempie la scena con un diversivo più vero e rompe la monotonia della pellicola.
-E questa?- s’informa Vincent con una nota genuinamente umana nella voce.
-Abba.- presenta Stefan sorridendo.- Ribattezzata di recente Pongo ad opera di Brian.- aggiunge poi divertito.
Ma quando si siedono intorno al tavolo e tra le chiacchiere – “sai che scherzavo quando ti ho detto di prenderti un animale?!” - ed il caffè viene fuori quella confessione un po’ innocente ed un po’ sinceramente imbarazzata, il sapore di pellicola torna di nuovo e Stefan riavvolge il nastro dei propri pensieri, considerando che il mondo si ostina davvero a tentare di smentire ogni nostro proposito.
-Non ti sto chiedendo nulla, Stefan.- si sente in dovere di specificare Vincent nonostante lui lo ascolti solo in parte e, comunque, non abbia detto niente.
Era solo ieri che ammetteva con se stesso di non essere affatto pronto alla prospettiva di andare avanti, di superare Brian per gettarselo davvero alle spalle.
-Mi rendo conto che una situazione come quella che si è venuta a creare tra noi…l’inevitabile…intimità di un rapporto tra terapista e paziente pregiudica qualunque tua decisione di approfondire la conoscenza in altro senso.- spiega Vincent suonando quasi professionale mentre analizza i propri sentimenti ed i suoi.
Era solo ieri che si diceva che l’idea di avere qualcun altro riusciva a terrorizzarlo. Quasi quanto l’idea che fosse Brian ad avere qualcun altro…
-Ma credevo che fosse giusto…- ci ripensa – corretto, nei tuoi confronti e nei miei, dirti le cose per come stanno davvero.
“E stanno davvero nel modo più sbagliato in questo momento”.
-…ho scelto Abba perché era la cucciola più brutta del negozio e mi sono detto che nessuno l’avrebbe comprata.- afferma laconico Stefan, quando abbassando gli occhi si ritrova davanti il cagnolino scodinzolante che fa le feste al suo ospite.
Vincent segue il suo sguardo, incocciando anche lui negli occhi fondi dell’animale. Le sorride.
-I bulldog sono cani molto affettuosi.- dice.
-Sì. La proprietaria del negozio mi ha detto che sono anche possessivi. Che non accettano gli estranei e, anche quando è il padrone ad invitarli in casa, si dimostrano diffidenti.- ricorda Stefan.
Abba si arrampica sulla gamba di Vincent, tende le zampe tozze per raggiungere il suo ginocchio, che è troppo in alto per lei. Vincent le avvicina la mano per aiutarla ed accarezzarle il muso.
Ci sono almeno un migliaio di risposte possibili nella testa di Stefan mentre osserva Vincent giocare con la cucciola. Hanno tutte a che fare con lo stesso concetto, peraltro. Ma siccome non riesce a sceglierne nessuna, Stefan preferisce lasciar perdere e non porsi nemmeno le domande. Che siano più o meno implicite nel discorso razionale che Vincent ha esposto con tanta cura. Spera che neanche lui torni a porle, perché in quel caso ignorarle sarebbe inutile ed un risposta dovrebbe sceglierla per forza.
***
Respira.
Prende fiato, riempie i polmoni, lo trattiene. E poi espira.
Lo ripete dieci, venti, trenta…un migliaio di volte.
Lo ripete con la stessa tempistica studiata. Meccanicamente, ma razionalmente. S’impegna a farlo diventare qualcosa di volontario. Lo trascina anche se sente i polmoni bruciare. Ed alla fine non espira affatto, trattiene l’aria e si lascia scivolare giù nell’acqua.
Conta.
I secondi scanditi mentre osserva le mattonelle che ricoprono il bordo della piscina.
Conta e non lo sta facendo coscientemente, quello no. Respirare sì, contare no. Le mattonelle si riempiono di immagini traslucide come la vernice che ricopre il cotto. Il ricordo del video di “36 Degrees”, loro tre che provano per ore e fa un freddo cane. Lui che protesta, si annoia, stare bagnato tutto quel tempo lo infastidisce ed alla fine gli manca il fiato per davvero a buttarsi in acqua e trattenerlo sotto la superficie. Il manager che lì seduto sul bordo della vasca, lo rimprovera, gli dice di piantarla di fare il ragazzino. Brian alza un dito e gli fa un segno osceno in cambio, Stefan ride e lo afferra di colpo, per trascinarlo via mentre l’uomo inveisce a voce alta ed il regista si lamenta, lo spinge sott’acqua ancora una volta e Brian quasi affoga, si dimena liberandosi e riemerge sputando il sapore di cloro che gli invade la bocca.
“Vaffanculo, Stef!”, strilla inseguendolo nella vasca.
Le mattonelle diventano opache, lo sguardo si vela e Brian spinge con i piedi sul fondo della piscina e si tira su di colpo, riemergendo e tirando il fiato nello stesso istante.
-Tentavi di affogarti o ti stai allenando per le Olimpiadi?- chiede una voce irriverente.
-Affogarmi.- ammette lui senza nemmeno voltarsi.
Nuota fino al bordo, in uno sciabordio silenzioso che la risata sottile di lei copre del tutto. Raggiunge la parete e si tira su a braccia, sedendo sul parapetto basso e fissandola da lì, l’acqua a separarli.
-Ciao, Helena.- riconosce a voce alta.
-Ciao, Brian.- lo saluta anche lei, camminando per raggiungerlo.- Altri programmi per stasera? Dopo che ti sarai ucciso intendo.
-Nah.- scrolla le spalle lui.- Non lo trovi abbastanza impegnativo?- s’informa.
Lei ride ancora e si ferma davanti a lui, mani sui fianchi e sguardo luminoso. Come sempre.
Ci si lavora bene con Helena, è una delle poche con cui in effetti Brian riesce a lavorare bene in questo periodo. Quando lui ha qualcuno dei suoi attacchi di isteria da star, lei lo deride senza pietà e lui finisce per ripescare dal fondo in cui si è cacciata la vena di sarcasmo cinico che lo contraddistingue nei suoi momenti brillanti. Così si è creata una certa intesa, fatta di una complicità affatto educata e basata su un mix cattivo e tagliente di dialoghi al vetriolo, ammiccamenti che non sono davvero tali e discorsi arguti su argomenti futili.
Piacevole.
Permette a Brian di ritrovare un “io” decisamente migliore, che non lo fa stare “bene” nel senso pieno del termine, ma lo fa stare abbastanza bene da potersi concedere di dimenticare le scene madri, i drammoni melodrammatici ed i più o meno concertati tentativi di far impazzire le persone intorno a sé.
-Beh, se non hai altri programmi, allora te ne propongo uno io.- gli spiega intanto Helena. Brian si limita a continuare a gocciolare con pacata indifferenza, in un ticchettare costante che a soffermarcisi su sarebbe irritante ma così di sottofondo è quasi gradevole. La guarda ancora e lei gli si accuccia di fianco per poter ricambiare il suo sguardo senza approfittare della posizione di inevitabile predominio che ha dall’alto.- Bisognerebbe dare un’occhiata ai provini che abbiamo scattato, Alex vorrebbe avere entro sabato gli scatti definitivi e siamo un po’ indietro con il lavoro.
-…il tuo concetto di programma è chiedermi di lavorare fino a tardi stasera?- arguisce lui contraendo il viso in un accenno di smorfia per evitare di ridere.
Helena si accorge di quelle manovre e capisce che il tono quasi arrabbiato con cui glielo ha chiesto è una finzione. Scuote il capo, tentando anche lei di nascondere un sorriso e di suonare minacciosamente seria.
-Non sono abituata a lavorare di fretta e male, Sig. Molko.- lo informa seccamente.- Sembra invece che lei e la sua band non abbiate idea di cosa sia comportarsi in maniera professionale.- asserisce quindi, fissandolo con espressione severa.
-Vero.- ammette lui senza problemi, voltandosi per fissare la superficie immobile della piscina.
Oltre le vetrate il cielo si sta oscurando in fretta, segno che si sta davvero facendo tardi; appena considera l’orario Brian sente improvviso ed inaspettato un senso pieno e stuzzicante di fame. Sono giorni che non mangia decentemente, ragiona subito dopo.
-E se lo proponessi io, un programma?- si ritrova a domandare irrazionalmente. Lei lo fissa interrogativa, in attesa, e Brian non si da il tempo di pensare e prosegue- Cena con me.- butta fuori d’un fiato.
Helena sgrana gli occhi. Brian volta la testa di nuovo e se ne accorge. Ma poi lei ride, in modo istintivo e coinvolgente come sempre e lui arrossisce e si sente molto stupido.
-Cos’è?- chiede lei indisponente, smettendo di ridere solo per affrontare il suo disagio imbarazzato. Brian distoglie gli occhi di scatto e finge di sistemarsi a sedere sul parapetto della piscina, saltellando irrequieto sulle braccia.- Una specie di invito?- indaga Helena maliziosamente.- Non ti capita molto spesso di invitare fuori una donna, vero?- sghignazza quando lui annuisce appena, quasi di nascosto.
Brian borbotta qualcosa e lei solleva le sopracciglia per fargli capire che non ha sentito. Lui sospira e ripete ad alta voce.
-Ad essere onesti, no.- ammette quindi.- Al liceo ero troppo sfigato per uscire con qualcuno e dopo non è che abbia avuto molte occasioni per dover essere io ad invitare una donna ad uscire, di solito mi si buttano addosso da sole…
-Sbruffone!- esclama Helena tirandogli una manata così forte da rispedirlo dritto in acqua. Si solleva di scatto per evitare gli schizzi e ride, fissandolo dall’alto.- Comunque sei un disastro.- lo informa quando Brian riemerge, scuotendo la testa per liberarsi dall’acqua.
Lui si avvicina nuovamente al bordo, posando su le braccia ed alzando gli occhi a cercare quelli della ragazza.
-Allora?- chiede.- Accetti?
-Meglio che lavorare tutta la notte.- annuisce Helena divertita.- Però domattina guarderai i provini con me.- ordina poi puntando un dito.
-Se mi porterai caffè e ciambelle.- ritorce lui sorridendo.

Nota di fine capitolo:

Mi sembra veramente poco educato continuare a non ringraziare chi legge la storia e la commenta! >_<
Per cui, chiedo scusa a Stregatta e Chemical Kira per non averlo fatto prima e le ringrazio per i commenti che ci hanno lasciato ç*ç
Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto e leggeranno la storia ^_^
E mando a tutti un bacione da parte dell'Easily
MEM
 
  
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