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Autore: beap952    26/01/2014    1 recensioni
Questa è la mia primissima fanfiction. L'ho scritta qualche ora dopo aver finito di leggere Mockingjay, e diciamo che esprime in breve quelli che ritengo potessero essere i pensieri di Katniss, per come l'ho vista nel finale. Almeno, è così che a me sono sembrate le cose. La prima parte della storia è scritta dal punto di vista di Katniss, la seconda invece è in terza persona. Vi lascio alla lettura, spero vi piaccia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Caro Gale,
è quasi l’alba ormai. Dalla finestra riesco a scorgere il cielo che inizia a schiarirsi sopra i boschi. Peeta dorme di sopra; non penso si sia accorto della mia assenza, perché sarebbe già venuto a cercarmi per assicurarsi che io stia bene.
Sai, non credo di esagerare quando affermo che è davvero un marito perfetto. Soprattutto, è fantastico con i bambini. Ricordi quando, la mattina della Mietitura, ti avevo detto che non avrei mai voluto dei figli? Beh, anche ora, seppur per motivi diversi, la penso così. So che suona orribile detto da una madre, ma io non avrei mai voluto questi figli. Perché so di non poter essere una buona madre per loro. Non ne sono in grado, proprio come non ne è stata in grado mia madre. Ma di nuovo per ragioni del tutto diverse. Tuttavia Peeta ha insistito tanto, e io ho sempre saputo di dovergli tanto. Così, alla fine, mi sono lasciata convincere.
Peeta è davvero un ottimo padre, e riesce quasi a compensare le mie mancanze. Ma sono altrettanto consapevole del fatto che i miei bambini non avranno mai una madre degna di questo nome. Rivedo mia madre in me stessa e mi odio per questo. Mi odio perché non li so amare. Perché non so amare più nessuno.
Non so perché io ti stia scrivendo ciò. A dire il vero non so nemmeno perché io stia scrivendo. Immagino che sia perché mi aiuta a riordinare la mente quando troppi pensieri la affollano.
Sai, Peeta è forte, ancor più di quanto pensassi. Nonostante ciò che ha passato, riesce ancora a vedere la bellezza nel mondo. E la dipinge. Si occupa dei bambini con una tale gioia! Non so davvero come faccia a gioire, a provare ancora una qualche felicità. Io non ne sono più stata capace.
Però il tempo ha portato anche a me qualche conforto. Subito dopo la morte di Prim –per molto tempo, in realtà- non sono riuscita a separare la cosa dal pensiero che fosse stata la tua bomba a portarmela via. Per quanto sapessi che poteva anche non essere la tua bomba, e che comunque la sua morte non era mai stata nelle tue intenzioni, per quanto sapessi che non era colpa tua, ogni confronto con te mi ricordava la morte di Prim. Non supererò mai la morte di mia sorella, ma oggi so che è successo, e, quali che fossero le circostanze, Prim non tornerà. Quando questo è diventato chiaro nella mia testa, il mio dolore non se n’è andato, ma si è fatto costante e il ricordo di lei e della sua morte più tollerabile. Un po’ come è successo dopo la morte di mio padre, anche se allora è accaduto tutto molto più velocemente: non potevo permettere al dolore di sopraffarmi perché avevo Prim e dovevo prendermi cura di lei.
 Sai, trovo ancora conforto nei boschi, nella caccia. Mi siedo ancora nel luogo in cui ci incontravamo. A volte mi sorprendo a cercarti con lo sguardo mentre ti avvicini tra gli alberi, mi aspetto quasi che tu mi raggiunga di soppiatto. Guardo il cespuglio di more –non ci crederai ma è ancora lì dopo tutti questi anni- e ripenso al nostro stupido gioco e a quanto riuscivamo a divertirci insieme, nonostante tutto. Non ho mai portato Peeta qui, nemmeno i bambini. Questo è e sarà per sempre il nostro luogo, solo nostro. Se nella mia vita ho mai provato una qualche felicità, è stato in questi boschi, con mio padre prima e insieme a te poi.
È in questi momenti che mi sembra quasi di poter essere ancora quella Katniss. Quella ragazza forte, che aveva dimostrato di non avere bisogno dell’aiuto di nessuno. Ora, invece, sono solo una donna debole, il cui fuoco è stato spento. Sono una donna che non può più sopravvivere da sola, senza aiuti.
Sai, devo così tanto a Peeta. Sarei morta di fame quella volta, se non mi avesse gettato il pane che aveva bruciato, e io non ti avrei mai conosciuto. Se Peeta non mi avesse amata, probabilmente, non sarei mai tornata dall’Arena per Prim, avrei infranto la mia promessa, e forse lei e mia madre sarebbero morte di stenti. Senza Peeta non ci sarebbe stata nessuna Ghiandaia Imitatrice, e forse le cose non sarebbero mai cambiate, esisterebbero ancora gli Hunger Games. Non potrò mai sdebitarmi con lui, l’ho sempre saputo. Anche quella volta, quando ricomparve piantando delle primule in giardino, non ho potuto far altro che accettarlo di nuovo nella mia vita, questa volta senza l’imposizione di nessuno, ma semplicemente perché sapevo di dovergli tutto e di non potergli più negare niente.
Sai, è così strano. Ripenso a quella Katniss che non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno, ma che ha sempre accettato il tuo. Senza mai sentirsi in debito. Mi rendo conto di quanto tu abbia fatto per me, e di quanto ciò mi sia sempre sembrato naturale. Tra noi non è mai stata una questione di debiti, noi ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda senza bisogno di aggiungere altro. Il nostro patto quella volta non ci ha definiti compagni solo nella caccia, ma, del tutto spontaneamente, si è esteso alla vita.
Sai, a volte mi accorgo di come “noi”per me non abbia mai significato me e Peeta, ma me e te. È tanto sbagliato, visto che lui è mio marito? Non riesco a darmi una risposta, ed anzi mi sorgono nuove domande. Sarei qui lo stesso, con Peeta, se quel giorno la mano di Effie Trinket non avesse pescato il nome di Prim, se non avessi mai partecipato agli Hunger Games, se non fossi mai diventata la Ghiandaia Imitatrice, se Prim non si fosse trovata lì quando la bomba è caduta? La mia mente torna inevitabilmente a te. Saremmo davvero fuggiti nei boschi? Avremmo trovato la nostra felicità? Tu sei sempre stato l’unico a conoscermi davvero, l’unico a cui volessi raccontare i miei segreti, l’unico con cui potessi essere davvero me stessa, l’unico con cui mi sentissi a casa. Avevi capito che stare vicino a te non faceva altro che ricordarmi la morte di Prim, e io ora credo che sia per questo che te ne sei andato.
In questo momento vorrei dirti così tante cose! Vorrei farti sapere che quel giorno, prima che il nome di Prim fosse estratto, ho pensato a quanto la sorte non fosse a tuo favore. Vorrei farti sapere che avevo scelto te prima dell’Edizione della Memoria, e che avevo intenzione di dirtelo dopo la Mietitura: ti avrei detto che ti amavo, e poi ti avrei detto addio. Vorrei avere avuto l’occasione di dirti addio, nonostante tutto.
Non sai che, quella volta, avevo sentito mentre dicevi a Peeta che avrei scelto colui senza il quale non sarei potuta sopravvivere. E, per quanto la cosa mi avesse offesa, hai avuto ragione. Senza Peeta io non sarei sopravvissuta, lui mi ama così incondizionatamente da non vedere la mia incapacità di provare ancora amore, da credere che io possa ancora ricambiarlo. Mi ama tanto da credermi migliore di quanto io non sia, da non vedere il mio egoismo quando cerco solo di ripagare il mio debito. Ormai io sono debole, e solo Peeta può amarmi anche così.
Ma credimi, ti prego, quando dico che il cuore della Ragazza di Fuoco è sempre stato tuo, e, se in me è sopravvissuta anche una minima parte di lei, lo sarà per sempre.
Vorrei solo che la vita fosse stata più clemente con noi.
La tua Catnip



“Come è successo?” chiese Gale con voce spezzata. Teneva lo sguardo basso e i gomiti appoggiati sul tavolo, mentre cercava di non crollare. Non si era mai sposato, là nel Distretto 2. A dire il vero, l’idea non lo aveva neanche mai sfiorato.
“Morsi della notte” rispose Peeta tenendo in braccio un bambino addormentato. “Nelle sue condizioni, deve essersi confusa”
“Già, deve essere andata così” concluse Gale, alzando gli occhi verso Peeta.
Calò il silenzio nella stanza. Peeta stava in piedi davanti alla finestra, fissando con sguardo assente qualunque cosa ci fosse dietro quel vetro. Gale era tornato a scrutare le venature del tavolo. 
Era chiaro che nessuno dei due credesse a quella versione. Per quanto potesse essere scossa, o mentalmente instabile, Katniss non avrebbe mai commesso un errore tanto stupido. Sapeva quello che faceva.
Dopo alcuni minuti di apparente immobilità, Peeta parve mosso da un pensiero improvviso e ritornò alla realtà. “ Scusa un momento” disse e, senza attendere risposta, scomparve su per le scale.
Finalmente solo, Gale portò le mai al viso tentando di trattenere le lacrime. Non era stato facile per lui stare lontano da Katniss, ma saperla viva e, per quanto possibile, serena gli era sempre stato di conforto. All’improvviso nella sua mente si formò l’immagine di quella ragazzina che aveva incontrato per la prima  volta nei boschi, mentre esaminava le sue trappole, chiusa in una bara in attesa di essere sepolta. Non potè trattenere i singhiozzi .“Catnip…”
Ebbe qualche minuto per ricomporsi, prima che Peeta ricomparisse senza più il bambino in braccio, ma con un foglio piegato in mano.
“Scusa, ho messo a letto il piccolo” disse Peeta notando gli occhi rossi dell’uomo di fronte a lui.
Gale fece un cenno con  la testa in risposta. Sapeva che non sarebbe riuscito a parlare senza che i singhiozzi ricominciassero.
“Quel giorno, prima di sparire nei boschi” parve esitare, ma dopo poco continuò: “lei ha scritto questa.” Porse a Gale il foglio di carta.
Gale fu piuttosto sorpreso. “Ah, grazie” disse afferrando il foglio.
“Se solo avessi osservato più attentamente…” sospirò Peeta scuotendo leggermente il capo.
Gale riconobbe negli occhi di Peeta il suo stesso dolore. Indugiò un momento, e poi se ne andò.
Non appena il suo viso incontrò l’aria pungente di un mattino invernale, Gale iniziò a correre senza una meta precisa. Non era più tornato nel distretto 12 dopo la caduta di Capitol City, ma i suoi piedi lo guidarono inevitabilmente lì, al limitare del bosco.
Fissò quegli stessi alberi che aveva conosciuto così bene molti anni prima e respirò profondamente quel profumo mai dimenticato.
Quando raggiunse il luogo in cui era solito incontrarsi con Katniss, non riuscì più a trattenersi. Lacrime calde scendevano lungo le sue guance, facendo sembrare l’aria ancora più fredda.
Aprì la lettera e la lesse più volte. Ricordò ogni momento passato in quei boschi con Katniss, e davvero non riuscì a credere che lei ora fosse morta.
Nonostante la caccia  non fosse più illegale, Katniss non aveva perso l’abitudine di lasciare nei boschi, disseminata nei vari nascondigli, l’attrezzatura per la caccia.
Gale trovò una corda e l’annodò con mani ferme.
Se la infilò al collo e posò dolcemente le sue labbra sulla lettera, tenendola ben stretta tra le mani.
Sarebbe davvero diventato come l’uomo all’albero degli impiccati.
 

 
  
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