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Autore: RoseDust    27/01/2014    4 recensioni
Il padre di Cenerentola muore prematuramente, lasciando la giovane alle cure della matrigna.
Un dubbio si insinua nella mente della ragazzina, tormentandola: è davvero morto a causa della malattia o è stato ucciso?
Cenerentola non si fermerà finché non avrà scoperto la verità.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cenerentola, Giac, Lady Tremaine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa ff so è classificata 2° a parimerito nel quarto turno del contest a turni "Diving into the fairy tales" di Aleyiah. Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Disney o di non so chi; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 



Una morte sospetta

 

Vedo il cadavere di mio padre steso sul letto candido in cui era solito dormire con la mia mamma, prima che ci lasciasse per sempre.

Il mio papà... Mi manca già così tanto!

Quando la matrigna mi ha comunicato la sua morte, stentavo a credere alle mie orecchie: lui non era malato, né abbastanza vecchio da giustificare una morte improvvisa come questa. Non riesco a capire come possa avermi abbandonato anche lui così, senza preavviso, lasciandomi sola in questa casa troppo grande per me.

Sono certa che la casa mi appartenga, perché i miei genitori non avevano altri parenti, ma mi chiedo come farò a vivere da sola, giovane come sono: per questo mi stupisco molto quando la matrigna mi comunica che, poiché la casa ora le appartiene, io dovrò servire lei e le sue figlie per guadagnarmi il pasto caldo che generosamente mi concederanno ogni giorno.

 

Qualche settimana dopo il funerale di mio padre, trovo sul pavimento della cucina degli escrementi di topo. So che Lucifero non si degnerà mai di fare ciò che gli chiedo, quindi corro a prendere dalla dispensa il veleno per topi comprato dalla matrigna qualche mese fa "perché non si sa mai", nonostante non avessimo mai avuto un'infestazione in casa.

Quando prendo in mano il flacone, però, mi accorgo che è quasi vuoto.

Non capisco chi possa averlo usato, né per cosa, ma accantono il pensiero per qualche minuto, decidendo prima di occuparmi dei topi presenti in casa.

Prendo quindi dei pezzetti di formaggio e li cospargo di veleno; dopodiché, li spargo per la cucina e mi nascondo sulle scale per vedere se il mio piano funziona.

Dopo qualche minuto di attesa, vedo un topolino marrone zampettare sul pavimento e fermarsi ad annusare l'aria; quindi, apre la piccola bocca e parla.

« Vieni, Mary, c'è del formaggio qui! »

Per poco non cado dalle scale: quel topo ha parlato!

Viene raggiunto immediatamente da una topina più o meno delle stesse dimensioni.

« Ehm... Sei sicuro che possiamo fidarci, Giac? Non hanno mai dimenticato in giro del cibo, prima d'ora. »

« Facciamo così: lo assaggerò io per primo e, se non starò male, tu farai lo stesso dopo di me. »

« Oh, che galante! » ridacchiò la topina.

Il topo chiamato Giac sta per addentare un pezzo di formaggio, quando mi riprendo dallo choc e grido:

« Non mangiarlo! È avvelenato! »

I due topini si spaventano e scappano, rintanandosi in un buco del muro.

Mi inginocchio davanti alla tana, col viso a qualche centimetro da terra.

« Non scappate, vi prego! Non voglio farvi del male... Non so perché io abbia messo quel veleno nel formaggio, non mi rendevo conto che stavo per uccidere delle creature così simili a me... Perdonatemi, non avevo mai visto un topo prima d'ora, e la gente parla così male di voi... »

I due topini si guardano titubanti. Li sento sussurrare e capisco che Giac, il più coraggioso dei due, vorrebbe provare a fidarsi di me, perché pensa che se li avessi voluti morti non li avrei avvisati del veleno; Mary, invece, non è convinta. Come darle torto? In fondo, ho appena provato a ucciderli!

Alla fine, Giac muove qualche passo verso di me e mi guarda negli occhi; dopodiché, avanza fino a trovarsi a qualche centimetro dal mio viso.

« Sembri sincera, quindi ti perdoniamo. Spero di non pentirmi della mia scelta. »

« Oh, non accadrà, topino caro! Non cercherò mai più di farvi del male. Anzi, per dimostrarvi la mia sincerità vi cucirò degli abiti e vi darò del cibo tutti i giorni, ma prima butterò quel veleno. »

Mi allontano e afferro il flacone. Faccio per uscire in cortile, quando Giac dice:

« Veleno? Quello? Ma se la donna brutta lo usa per cucinare! »

Mi si mozza il respiro. La donna brutta? Intende forse la matrigna?

« Giac, di che donna parli? E per cucinare cosa? »

« Una donna alta e brutta, molto più vecchia di te... Ha gli occhi cattivi. Ogni sera versava un cucchiaio di quel liquido in una tazza piena di qualcosa di caldo, un miscuglio di acqua bollente ed erbe varie... Noi siamo qui da un mese e gliel'abbiamo visto fare solo la prima settimana, quindi pensavamo fosse uno sciroppo per la tosse o qualcosa per rendere più gradevole il sapore di quel miscuglio di acqua ed erbe, magari destinato a un ammalato. »

Mi gira la testa: crollo su una sedia e cerco di dare un senso alle parole di Giac.

Non può essere vero, deve aver visto male: per quanto possa essere crudele con me, la matrigna non avrebbe mai ucciso mio padre. Eppure... La matrigna ora sembra felice, è diventata la proprietaria della mia casa e spende tutti i soldi guadagnati dai miei poveri genitori per le sue figlie viziate: è tutto l'opposto di una vedova in lutto.

Devo scoprire la verità su ciò che è successo e so che dovrò farlo da sola, perché non esiste nessun adulto disposto ad aiutarmi: non ho parenti e la polizia non crederebbe mai al racconto di una ragazzina che sostiene di aver parlato con un topo.

Mary mi si avvicina e mi domanda cosa sia successo, perché mi vede sconvolta. Cerco di spiegare la situazione a entrambi e, con mia grande sorpresa, i miei nuovi amici decidono di aiutarmi.

Non so da che parte cominciare, perché non posso certo tornare indietro nel tempo per verificare le parole di Giac, ma posso cercare di capire come dimostrare l'avvelenamento di mio padre.

Decido di andare dal farmacista del paese, fingendo di avere paura di aver ingerito per sbaglio del veleno per topi; spero di scoprire così se provoca sintomi che potrei aver notato in mio padre nei suoi ultimi giorni di vita.

Dico alla matrigna di essere diretta dal droghiere per comprare dei salumi e, dopo aver sbrigato questa commissione, vado a porre i miei quesiti al farmacista.

Sono fortunata: l'uomo mi rassicura con fare paterno e mi dice che se avessi ingurgitato davvero quel veleno ora avrei le labbra blu, mentre le mie sono ancora di un bel colore rosato.*

Esco dalla farmacia con la gola secca, perché so cosa dovrò fare per verificare i miei sospetti e non vorrei mai farlo: devo disseppellire il cadavere di mio padre.

Mi rendo conto solo ora che la matrigna l'ha lasciato esposto agli sguardi di amici e conoscenti solo per poche ore dopo la sua morte, facendolo rinchiudere in una bara di legno più in fretta di quanto si usi fare normalmente.

Torno a casa per raccontare tutto a Giac e Mary. I due topini sono del mio stesso parere: bisogna assolutamente riuscire a vedere il corpo di mio padre, ma ho troppa paura per farlo.

So che dovrei penetrare nel cimitero di notte, di nascosto, e che se qualcuno mi scoprisse potrei anche finire in prigione. Inoltre, mi sembra di violare qualcosa di sacro, nel riaprire la bara di mio padre, e non saprei nemmeno come fare per richiuderla... Sono davvero confusa.

Giac decide di recarsi al cimitero la notte successiva, per controllare se sia sorvegliato da qualcuno e cosa dovrei fare per riuscire a entrarvi, mentre io cerco la vecchia vanga di mio padre e la nascondo sotto al letto in soffitta.

La notte non riesco a dormire; continuo a rigirarmi tra le lenzuola pulite, col pensiero fisso di ciò che dovrei fare per sapere la verità sulla morte di mio padre.

Poco prima dell'alba, Giac si arrampica sul copriletto e mi sussurra ciò che ha scoperto: il cimitero non è sorvegliato da nessuno e pensa che io possa agevolmente scalare il cancello, che offre numerosi appigli, dopo aver fatto passare la vanga tra le sbarre.

Ora resta da capire solo una cosa: avrò il coraggio di farlo?

Mi domando cosa farei se scoprissi che la matrigna ha davvero ucciso mio padre.

Penso che dovrei avvisare la polizia, ma cosa faranno quando vedranno che sono penetrata nel cimitero di nascosto e ho aperto una bara?

E se invece le labbra di mio padre fossero ancora rosa, come farei a sigillare nuovamente la cassa? Forse dovrei cercare dei chiodi e un martello...

Sì, penso che sia la cosa più intelligente da fare. Corro alla ricerca di ciò che mi servirà per aprire e richiudere la bara e decido di agire la notte seguente, perché non so per quanto tempo le labbra restino blu, dopo aver assunto del veleno.

Qualche ora dopo il tramonto, sono davanti al cancello del cimitero con Giac e Mary.

Sono ancora un po' indecisa, ma il pensiero che l'attuale proprietaria della casa di mio padre  potrebbe essere la donna che l'ha ucciso mi fa andare avanti.

Mi faccio coraggio e lancio la vanga, il martello e i chiodi sulla terra consacrata, prima di cominciare ad arrampicarmi sul ferro battuto.

Il topino aveva ragione: è facile da scalare.

Quando sono in cima al cancello salto giù, atterrando morbidamente sul vialetto d'ingresso.

Mi avvio verso la tomba di mio padre, che fortunatamente non è molto distante dall'entrata, e comincio a scavare sotto la semplice lapide di pietra che riporta il suo nome e le date di nascita e morte.

Dopo pochi minuti intravedo il legno della bara; non sono abbastanza forte per tirarla fuori dalla fossa, così ci salgo sopra e comincio a far saltare via i chiodi che la chiudono con un lato del martello. Questa operazione richiede parecchi minuti di lavoro, ma alla fine riesco a sollevare il coperchio della cassa.

La puzza che mi penetra nelle narici è insopportabile e sento il mio stomaco ribellarsi, lottando per far uscire ciò che ho ingerito a cena.

Mi copro il naso con una mano e mi chino per scrutare il viso di mio padre; sono fortunata, perché la luna piena rischiara il cielo limpido e mi permette di vedere bene anche al buio.

Mi ci vuole comunque qualche minuto per esserne certa, ma non ho dubbi: le labbra di mio padre sono blu.

Mi sento svenire, ma Giac e Mary cercano di farmi forza, suggerendomi di correre alla stazione di polizia più vicina.

Penso che lo farò, non mi importa delle conseguenze legali che ci saranno per me: la matrigna deve pagare per ciò che ha fatto.

Mi rimetto in piedi, esco dalla fossa e, mentre calde lacrime mi bagnano il viso, comincio a correre verso il cancello e poi, una volta scavalcato, per strada.

Raggiungo la stazione di polizia, in cui trovo un uomo dall'aspetto burbero che si rivela essere in realtà molto gentile.

L'uomo mi ascolta pazientemente, non fa domande a proposito di come mi siano venuti i primi dubbi e io evito accuratamente di nominare i miei amici topini, che, nascosti in una tasca del mio vestito sporco di terra e cenere, ascoltano ogni cosa.

Al termine del mio racconto, il poliziotto mi chiede di accompagnarlo fino alla tomba di mio padre, insieme a un collega; arrivati al cancello, riescono ad aprirlo con una chiave presa da un cassetto dell'ufficio, evitandoci così di doverlo scavalcare nuovamente.

I due uomini verificano il colore blu delle labbra di mio padre e poi richiudono la bara coi chiodi e il martello; infine, con la vanga rimettono a posto la terra e usciamo dal cimitero chiudendo il cancello alle nostre spalle.

I poliziotti mi dicono di stare tranquilla, che da quel momento in poi penseranno a tutto loro e che per me non ci saranno conseguenze; mi chiedono di consegnare a loro il flacone di veleno per topi ed io eseguo.

Passo il resto della notte a riflettere su quanto ho appena fatto.

Qualche giorno dopo, un poliziotto si presenta alla porta e arresta la matrigna, accusandola di omicidio e falsificazione del testamento di mio padre; nonostante io e le mie sorellastre siamo ancora minorenni, potremo continuare a vivere da sole nella casa che ora è di mia proprietà, perché i soldi lasciati da mio padre ci permetteranno di vivere agiatamente finché non troveremo marito.

 

* Per quanto riguarda il colore blu delle labbra dopo aver assunto veleno per topi, è una licenza poetica: so che alcuni tipi di veleno provocano davvero questo effetto, ma non so se il veleno per topi rientri in questa categoria, quindi non prendetelo come dato certo.

 
Note: in alcuni punti comincio delle frasi con una congiunzione, ma lo faccio solo all'interno di discorsi diretti o dei pensieri di Cenerentola, mai nella parte più "narrativa".
Il totale parole, escluse le note e il titolo, è di 2.000 precise!
  
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