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Autore: Shainareth    27/01/2014    7 recensioni
Ching aggrottò le sopracciglia scure, indispettita. «Che cattivi, che siete», esordì, chiudendo le mani a pugno e puntellandole sulle anche. «Se non lo sai, Garu, Pucca è a letto con la febbre alta.»
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abyo, Altri, Ching, Garu, Pucca
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tormento




Fischiettando allegro, le mani nelle tasche dei pantaloni, Garu se ne andava a spasso per le vie del villaggio con il piccolo Mio sulla sommità della testa. A dispetto del cielo plumbeo e dell’aria fresca, quel giorno era stato abbastanza sereno, anche perché, per sua fortuna, Pucca non si era fatta vedere e lui aveva avuto tutto il tempo per rilassarsi ed allenarsi senza la minima seccatura.
   «Ciao, Garu!» Quel saluto lo indusse a fermarsi e a voltarsi, scorgendo Abyo e Ching venirgli incontro. Ricambiò quella gentilezza con un sorriso. «Cos’è quell’espressione felice?» volle sapere Abyo. Solitamente non era tanto perspicace, ma la tranquillità dell’animo di Garu era talmente evidente che persino lui non poté non accorgersene. «Scommetto che sei così allegro perché oggi hai potuto allenarti senza scocciature.»
   Il ragazzino annuì, serafico. Dopotutto, non era mica un mistero che reputasse Pucca una distrazione non da poco.
   Ching aggrottò le sopracciglia scure, indispettita. «Che cattivi, che siete», esordì, chiudendo le mani a pugno e puntellandole sulle anche. «Se non lo sai, Garu, Pucca è a letto con la febbre alta.» Lui spalancò gli occhi, battendo le palpebre un paio di volte di troppo, a testimonianza che no, non era a conoscenza della cosa. Ching sospirò. «I cuochi hanno detto che gli è salita ieri sera tardi. Ecco perché non si è fatta viva, oggi.»
   Garu sentì il buonumore sparire di colpo: per quanto potesse trovare Pucca fastidiosa, non le avrebbe mai augurato nulla di male.
   Un lampo illuminò il cielo attraverso i nuvoloni scuri, inducendoli ad alzare i nasi per aria. Pochi secondi appena, e un tuono si propagò tutt’intorno, facendo miagolare Mio, che cercò riparo fra le braccia del suo padroncino.
   «Sta per iniziare a piovere», mormorò Abyo con una smorfia. «Sarà meglio tornare a casa o ci ammaleremo anche noi.» Ching concordò con lui, perciò furono costretti a salutarsi in fretta e a dividersi nuovamente.
   Mentre loro si allontanavano, Garu rimase fermo ad osservarli, senza riuscire a ritrovare il sorriso. Si voltò verso il Goh-Rong che poteva scorgersi in lontananza, in fondo alla via, ed avvertì le prime gocce di pioggia scendere giù dal cielo. Mio miagolò ancora, lamentandosi per quel tentennamento da parte sua, e Garu prese la sua decisione.

Si presentò all’entrata posteriore del ristorante e quando Zio Raviolo aprì la porta, lo trovò già quasi zuppo d’acqua. Subito si scostò per farlo passare, mentre anche Mio balzava giù dalle sue braccia e correva ad acciambellarsi in un angolo caldo e asciutto del locale.
   «Aspetta, ti porto un asciugamano», iniziò l’uomo, ma Garu lo fermò con un gesto e, prendendo coraggio, gli mostrò ciò che aveva in mano. Zio Raviolo sorrise. «È in camera sua, credo stia riposando.» Vide il ragazzino abbassare lo sguardo al pavimento e la sua espressione preoccupata lo intenerì. Volse la propria attenzione ai suoi fratelli, impegnati in cucina, e anche loro sorrisero.
   Linguini fece un cenno verso il piano superiore. «Magari è sveglia», suggerì. «Sarebbe contenta di vederti.»
   Garu arrossì e, di conseguenza, esorcizzò l’imbarazzo aggrottando le folte sopracciglia scure e piegando la bocca all’ingiù. «Vieni, ti accompagno da lei», si offrì Zio Raviolo, facendogli strada verso la camera di Pucca.
   Fu lì che, una volta fermo sulla soglia, il piccolo ninja avvertì uno certo pudore. Non era mai stato nella stanza della sua amica, ma non era davvero questo ad inibirlo. Probabilmente, si disse, era colpa del tiro che in quel momento gli stava giocando il destino: senza Pucca, si era illuso di provare una sensazione di libertà; eppure, adesso che aveva saputo che era malata, si sentiva legato a lei molto più di prima. Sarebbe mai riuscito a spezzare la catena oppure, come temeva, prima o poi il suo cuore avrebbe finito con l’arrendersi all’evidenza?
   Il leggero movimento che fece Zio Raviolo per schiudere la porta, distolse parzialmente Garu da quei pensieri, portandolo a cercare con gli occhi la figura dell’amica all’interno della camera, immersa nella semioscurità. La vide sotto le coperte, infagottata e rannicchiata su se stessa al punto da non scorgere quasi nulla di lei, a parte la fronte e una lunga banda di capelli neri, lasciati sciolti per consentirle di riposare con maggiore comodità.
   Facendogli segno di fare piano, benché in effetti non ve ne fosse bisogno, viste le sue abilità di ninja, Zio Raviolo lo invitò ad avanzare nella stanza insieme a lui. Garu lo seguì, ma rimase più indietro quando lui si fermò al capezzale della nipotina. Lo sentì sussurrare il nome di lei, che però non si mosse, a testimonianza che era immersa in un sonno profondo. L’uomo si volse nuovamente verso Garu, rammaricato di non poterlo aiutare più di così.
   Seppur dispiaciuto lui stesso, il ragazzino non protestò e si avvicinò al comodino dell’amica, lasciando lì ciò che le aveva portato: un fiore. Lo aveva colto poco prima di arrivare al ristorante, perché non voleva andare a trovarla senza un pensiero per lei. Non era bravo in quel genere di cose, ma Abyo gli diceva sempre che tutte le donne amano i fiori. Anche a Pucca sarebbe piaciuto? Se avesse avuto più soldi o più tempo per cercarne una, Garu avrebbe provato a portarle una rosa; invece, con una certa mortificazione, si era dovuto rassegnare a regalarle soltanto una margherita di campo.
   Occhieggiò nella sua direzione. Un vago imbarazzo lo colse quando si rese conto che, accanto a sé, Pucca aveva una bambolina di stoffa che gli assomigliava parecchio. Cercando di non pensarci, il ninja la scrutò meglio, quasi avesse bisogno di imprimersi nella mente la sua immagine. La ragazzina dormiva con le labbra schiuse. Le sue lunghe ciglia scure erano visibili persino nella semioscurità e il viso, benché sciupato, aveva un colorito roseo sulle guance e sul naso, probabilmente dovuto alla febbre. Ma almeno riusciva a riposare tranquilla, e questo era già qualcosa.
   Davvero non poteva fare altro, per lei, che portarle uno stupido fiore? Fu questo che si domandò Garu, sorprendendosi a fissarla con fin troppa insistenza. Se ne vergognò, non trovandolo giusto, e spostò lo sguardo su Zio Raviolo che, sorridendogli di nuovo, gli fece cenno con il capo di uscire con lui fuori dalla stanza per lasciarla dormire in pace.
   Il ragazzino obbedì, ma prima di chiudere nuovamente la porta, sbirciò un’ultima volta nella direzione di Pucca, augurandole silenziosamente di rimettersi in salute al più presto: non era affatto vero che le giornate senza di lei erano tranquille; al contrario, lo tormentavano non poco, facendogli riscoprire quanto in realtà le volesse bene.












Penso siano cose come questa che ti fanno davvero capire quello che hai nel cuore. :)
A presto, spero!
Shainreth





  
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