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Autore: lady_cocca    28/01/2014    2 recensioni
"Non ti sembra che Klaus stia un po' esagerando, ultimamente?", le aveva domandato Elijah. Rebekah lo aveva liquidato con una risata, facendogli notare come Klaus non si fosse mai particolarmente distinto per il senso della misura.
Tuttavia, a partire da quel momento, non aveva potuto fare a meno di prestare maggiore attenzione al comportamento del fratello, e dovette ammettere che negli ultimi tempi la scia di sangue che da sempre seguiva Klaus si fosse fatta più spessa ed evidente, ma non se ne stupì troppo.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus, Rebekah, Mikaelson, Stefan, Salvatore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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N//A: Ambientata negli anni '20, ma ispirata dalla scena tra Marcel e Klaus nella 1x11 di The Originals.

Killing this pain that makes me ill.

"In the days after I left this city, I thought you were dead. It was years before I could speak your name, so keenly did I feel that loss." (Klaus)

"Non ti sembra che Klaus stia un po' esagerando, ultimamente?", le aveva domandato Elijah. Rebekah lo aveva liquidato con una risata, facendogli notare come Klaus non si fosse mai particolarmente distinto per il senso della misura.
Tuttavia, a partire da quel momento, non aveva potuto fare a meno di prestare maggiore attenzione al comportamento del fratello, e dovette ammettere che negli ultimi tempi la scia di sangue che da sempre seguiva Klaus si fosse fatta più spessa ed evidente, ma non se ne stupì troppo. D'altronde, non era raro che accadesse, specialmente negli anni in cui era più annoiato o più di cattivo umore - e l'ultimo caso, lo sapeva bene, era più frequente di quanto avrebbe voluto.
Fu solo dopo qualche tempo che notò un particolare: prima di uccidere qualcuno, Klaus gli domandava il nome. All'inizio, pensò fosse una stravaganza momentanea, un modo per aumentare il divertimento, e non gli diede peso. Ma poi la faccenda continuò a ripetersi sistematicamente, di settimana in settimana e di mese in mese, fino a diventare un'abitudine consolidata; e prima di allora Klaus non aveva mai mostrato interesse per l'identità delle sue vittime, perciò fu costretta a convenire che dovesse esserci un'altra spiegazione.
Mentre il fratello avvicinava i canini alla carotide del barista, Rebekah trattenne il fiato e strinse istintivamente la mano di Stefan.
“Come ti chiami?”
“Marcel”, rispose quello, ostentando calma e controllo di sé.
L'espressione di Klaus si congelò in un attimo. Allentò la presa sul braccio di Marcel e con un cenno del capo lo congedò.
“Per oggi la festa è finita,”, annunciò. Rivolse un sorriso a Stefan. “Stanotte lasciamo tutto il diletto a te. Io e Rebekah torniamo a casa”.
Stefan lo fissò disorientato, ma prima che potesse dire qualcosa, Klaus se n'era già andato, trascinandosi dietro la sorella.
Quando furono in strada, Rebekah si liberò con un movimento secco del braccio dalla stretta del fratello intorno al suo gomito.
“Elijah aveva ragione”, sussurrò stupita. “C'era qualcosa di strano in te”.
Klaus la guardò come se stesse delirando. “Si può sapere cosa vai farneticando?”
“Non l'ho capito subito. Avrei dovuto immaginarlo, ma non pensavo-”, si interruppe e lo guardò trionfante. “Tutto questo”, disse indicando il locale da cui erano appena usciti. “I banchetti tutte le notti e i continui cambi di città, Chicago e Stefan... sono per via di Marcel, non è vero?”
Klaus si voltò e proseguì per qualche passo con decisione. “Torniamo a casa, Rebekah”, le intimò.
Rebekah si materializzò davanti a lui, bloccandolo. “Prima, ho soggiogato quel tizio e l'ho obbligato a credere che il suo nome fosse Marcel”.
Klaus le afferrò la gola e avvicinò i loro volti. “Cos'hai fatto?”, sibilò soffiandole su una guancia.  
“Volevo provare di aver ragione”, annaspò, tentando di allontanare le dita del fratello.
Klaus la lasciò andare, spingendola a terra. Strinse i pugni e le rivolse uno sguardo carico d'odio. “Alzati e andiamocene, prima che perda davvero il controllo”, la minacciò.
Gli occhi di Rebekah si fecero lucidi. “Tutto questo è perché non hai il coraggio di affrontare la verità e ammettere che stai soffrendo come tutti. Scommetto che non hai nemmeno mai pronunciato il suo nome, da allora. Sei solo un codardo, Nik”, sputò. Si accorse che Klaus si era mosso solo quando sentì la guancia bruciare. Si portò una mano al volto, incredula e ferita. “Non sei l'unico a cui manca, Nik”, dichiarò trattenendo a stento le lacrime, per poi scomparire in un battito di ciglia.
Klaus tirò un pugno sulla porta di un palazzo, sfondandola, e gridò con tutta la rabbia che aveva in corpo. Poggiò la fronte contro la superficie fredda di un muro di mattoni e affondò il volto tra le mani.
“Va tutto bene?”
“Torna dentro, Marcel”.
Stefan ebbe appena il tempo di realizzare che Klaus si era irrigidito e aveva spalancato gli occhi, prima di ritrovarsi solo nel mezzo della strada; confuso e con il sangue che gli colava sul colletto bianco.


   
 
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