Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: xsmjle    28/01/2014    1 recensioni
[TRADUZIONE.]
Sophia Linde decise di dedicare la sua estate per completare un elenco di 100 cose che sentiva il bisogno di dover fare. Senza aver fatto quelle cose, la sua vita non sarebbe stata completa. Per lei, si trattava solo di un'avventura da affrontare da sola.
Ma per lui, era una possibilità di conoscere una bella ragazza.
Con novantadue compiti svolti, e otto compiti ancora da portare a termine, Sophia prende un peso indesiderato, di nome Justin Bieber.
Ma Sophia ha un segreto, una ragione per continuare tutto questo da sola. Lei riuscirà ad allontanare Justin prima che lui scopra tutto?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Jeremy Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potresti leggere le note d'autore, una volta finita la lettura del capitolo, per cortesia? E' importante. Grazie.

ONE.
Oggi era il numero ottantacinque, ed ero emozionata. Questa sarebbe stata una delle cose più emozionanti della lista: Vedere uno dei miei artisti preferiti in un concerto.
Mentre scrivevo la lista, avevo deciso che qualsiasi concerto sarebbe stato più vicino al numero ottantaquattro della lista, era il luogo dove mi sarebbe piaciuto andare. Avevo appena finito di visitare New York, e di mangiare un hot dog da uno dei venditori sulla strada, e il concerto più vicino era quello di Justin Bieber nel New Jersey.

A quanto pare il mio tempismo fu perfetto, perché quella era la sua ultima data del tuor per l'estate, e lui era sicuramente uno dei miei cantanti preferiti. Ma, perché era tutto all'ultimo minuto, avrei dovuto pagare cifre esorbitanti per ottenere il biglietto un prima fila ed il pass per il backstage. Avevo messo grandi risparmi da parte per quest'avventura, non sarebbe stato questo ciò che mi avrebbe impedito di andarci.

Appena finì di mangiare il mio hot dog, andai all'aereo porto e prenotai il primo volo per il New Jersey. Ero arrivata con il tempo sufficiente per noleggiare una macchina, e poter arrivare al concerto con mezz'ora di anticipo.

Saltai fuori dalla macchina con la mia borsetta in spalla, e chiusi le portelle con la sicura, e mi diressi verso l'esercito di persone in marcia verso l'entrata. Aspettai in fila dieci minuti, ascoltando l'emozione delle metà ragazze della mia età, che esplodeva al solo pensiero di vedere Justin Bieber in un concerto. Sorrisi ai loro atteggiamenti spensierati, e avrei voluto tanto seguire il loro esempio. Questo era lo scopo della mia avventura, dopo tutto, di dimenticare tutto, e fare tutto le cose che ho sempre desiderato fare.

La sicurezza raccolse il mio biglietto e mi consegnarono ad una donna con un blocco per gli appunti, quando notai di essere nel backstage. Aveva più o meno la mia stessa altezza, vestita con una gonna a matita e una elegante camicia. Non riuscivo a definire di che colore fossero i suoi capelli, ci trovavamo nella penombra dello stadio, né potevo sentire la sua voce sopra le urla delle adolescenti ragazze intorno a me. Dopo pochi secondi in cui cercai di gridare sopra tutto quel rumore, lei rise e mi fece segno di seguirla.

Deviammo fra la folla, e mantenni i miei occhi concentrati sulla sua gonna nera, sperando di non averla sciolta durante il cammino. Dopo pochi minuti di slalom intorno alla gente, arrivammo dinanzi ad una porta enorme, custodita dalla sicurezza. Lanciò uno sguardo alle sue spalle, e fece segno che io ero con lei. Annuirono seccamente, e aprirono le porte che ci permisero di entrare dentro.

Non appena le porte furono chiuse dietro di noi, sembrò che ci fosse un completo silenzio. Era stato solo il contrasto dei volumi che mi fece sentire in quel modo, perché se ascoltai attentamente, potei sentire le ragazze ancora in preda dalle urla lì fuori, ma veniva tutto attutito.

La donna mi sorrise e cominciò a parlare, la sua voce rimbalzò contro le pareti del corridoio vuoto "Mi dispiace", rise sommessamente, "Sono Rose, il manager dietro le quinte" mi porse la mano.

La strinsi educatamente, un sorriso conquistò la mia faccia "Non è che potevi farci molto, non c'è bisogno che tu mi chieda scusa. Sono Sophia".

Lasciò cadere la mano, "Piacere di conoscerti, Sophia". Si voltò e cominciò a camminare lungo il corridoio "Iniziamo a camminare ed a parlare". Iniziai a camminare dietro di lei e continuò: "Ora, cosa ti piacerebbe fare, incontrare Justin rapidamente ora, andare al tuo posto, e poi ritornare e rivederlo?".

Non risposi, ero troppo impegnata a girare la testa ed osservare tutte le porte che passammo, vedendo vestito dopo vestito, persona dopo persona. Non potei fare a meno di mettere in discussione che tutto questo era per un ragazzo diciottenne.

Nonostante il mio silenzio, Rose proseguì, "O puoi guardare il concerto da dietro le quinte. Potresti anche sceglierlo di non incontrarlo adesso, e vederlo dopo. Davvero, spetta tutto a te".

Scossi un pò la testa per scacciare quei pensieri, avrei dovuto smetterla di cercare di assorbire ogni esperienza e viverla un pò di più "Uhm, penso di volerlo incontrare ora, vedere il concerto da dietro le quinte, e poi rivederlo dopo" dissi "Se questo non è male".

Lei mi sorrise "Buona scelta. Quindi mi limiterò a farti da guida verso il suo camerino, allora".

Continuammo a camminare lungo il corridoio per altri due o tre minuti, prima che Rose si fermasse davanti ad una porta e dolcemente bussò e disse con voce giocosa "Sei decente?".

La risposta soffocata dall'altro lato della porta era una voce più profonda, che sembrava un pò agitata "Sì, Rose".

Lei rise sommessamente di nuovo prima di parlare di nuovo, con lo stesso tono di voce, "Decente a sufficienza per un estraneo?".

Lo scambio di flirt mi fece dubitare che questi due non avessero qualcosa sotto, confermandola; sembrava esserci una chiara differenza di età fra di loro. Rose si lasciò sfuggire una risatina timida, che più o meno confermò i miei sospetti, e aprì la porta.

Il signor Bieber era vestita con dei jeans attillati bianchi, una felpa viola e una giacca bianca, un vestito abbastanza familiare per me, come avevo visto nei suoi annunci TV e quant'altro. Lui mi sorrise educatamente. Rose parlò: "Questa è Sophia. Ha solo il pass per il backstage stasera. Potrà stare con te fin quando non dovrai andare sul palco".

Lui annuì a lei, dicendole di aver capito "Perfetto, grazie, Rose."

Lei sorrise e cominciò a chiudere la porta dietro di lei mentre usciva, "Nessun problema".

La porta si chiuse e Justin concentrò la sua attenzione su di me. Era molto bello, il modo in cui la sua mascella era impostata, e il colore dei suoi capelli e gli occhi quasi dorati. Si avvicinò e mi porse la mano "Ciao, io sono Justin".

Gli strinsi la mano e sorrisi, "Sophia. Come è stato detto prima" le sue mani erano callose, segno di un vero musicista. Questa piccola osservazione mi ha fatto pensare al numero novantadue della lista: Imparare a suonare la chitarra.

Lui sorrise e chiede "Eccitata per lo show di stasera?" la questione sembrava molto di routine, come se avesse detto ciò un milione di volte, ad un milione di ragazze diverse che avesse incontrato nel backstage, e probabilmente era così.

Annuii "Molto. Sono stata ad un sacco di concerti, ma non ne ho mai visto uno da dietro le quinte".

Le sue sopracciglia si piegarono insieme, confuso dal mio commento, "Hai deciso di guardare da dietro le quinte? Si ottiene una miglior vista dalla prima fila".

Mi strinsi nelle spalle "Come ho detto prima, sono stata a molti concerti. Gli ho visti in tutto il mondo da ogni angolazione dello stadio. Non ho mai guardato da dietro le quinte. Sarà un'esperienza nuova".

Le sue sopracciglia si spostarono dal loro luogo di confusione, ad una piega di curiosità, "Quanti di questi concerti sono stati miei?".

Mi misi a ridere sommessamente perché ero un pò in imbarazzo dalla risposta che gli avrei dato, "Mi dispiace, ma nessuno. Questo è il mio primo concerto di Justin Bieber".

Lui sorrise e sembrava quasi sollevato che io non fossi una grande, pazza, fan. "Allora, di chi sono quei concerti, quindi?".

Mi morsi il labbro cercando di ricordare la maggior parte di essi. Mio padre mi aveva portato a quasi tutti i concerti, insegnandomi il suo gusto musicale. Sentii una fitta improvvisa di tristezza, appena pensai a mio padre, e rapidamente allontanai quei ricordi. Il punto di questa avventura è quello di essere felice. "Sono stata a un bel paio di concerti di Paul McCartney, e a pochi di quelli dei Rolling Stone. Uno o due concerti di Aretha Franklin".

Alzò le sopracciglia per la sorpresa, "Sei andata a quei concerti di tua volontà?".

Risi alla sua incredulità "No, mio padre mi ci ha portata, nella speranza che volessi sviluppare il suo stesso gusto musicale".

"E ci sei riuscita?"

Mi morsi il labbro, "In un certo senso. L'unica musica che ho amato molto che lui mi ha mostrato era dei Beatles".

Lui sorrise "Beh, se non ti piacciono i Beatles, non hai neanche un cattivo gusto, basta non avere assolutamente nessun gusto per una musica qualsiasi".

Risi alla sua affermazione, "Definitivamente".

Ci fu un leggero bussare alla porta, aveva la stessa tenerezza che Rose aveva usato quando aveva bussato a sua volta. Mi chiedevo perché tutti bussassero così tranquillamente. Forse perché avevano paura di disturbare qualunque cose lui stia facendo. Questo è quello che i colpi creano in me, la paura.

"Vieni dentro" chiamò Justin.

Un uomo che evidentemente era poco più che ventenne, dal modo in cui i suoi capelli erano alzati a spillo e i jeans che si aggrappavano alle gambe, aprì la porta e disse: "Cinque minuti di tempo, Justin" capì che era anche in possesso di un blocco note,  e mi chiesi quante persone in realtà lavoravano dietro questi concerti.

Sospirai mentre me lo chiedevo. Era stato così da quando avevo iniziato il mio piccolo viaggio. Era come se il mio cervello avesse voluto spremere ogni piccola informazione, prima che fosse finita.

Justin fraintese il mio sospiro e disse subito "Non preoccuparti, ci rivedremo per rilassarci dopo il concerto".

Sorrisi alla sua pensiero, credeva che mi fossi già attaccata a lui e che il solo pensiero di dover terminare la nostra conversazione mi aveva fatta sospirare malinconicamente. Sapevo che non voleva suonare con arroganza, inoltre, come avrebbe potuto sapere ciò che stava accadendo nella mia testa? Decisi di assecondarlo, con un sorriso gli chiesi: "Promesso?".

Il sorriso che gli si dipinse il volto in quel momento era genuino. Era felice che io volessi parlare di più con lui. Il mio sorriso rispecchiava il suo, come capii, ero felice che lui fosse felice. Aveva un certo fascino, ci avrei giurato sopra.

"Promesso" disse, col sorriso ancora intonacato sul suo volto, mostrando i suoi denti bianchi come delle perle. Camminò in avanti ed aprì la porta per me. Chi aveva detto che la galanteria era morta?

Continuammo a camminare lungo il corridoio, il forte brusio delle urla si fece più forte. Potei quasi sentire l'emozione strisciare attraverso l'aria e nel mio corpo. Guardai il volto di Justin, avevo un'espressione che non avevo mai visto prima. Era un misto di shock e di eccitazione.

"Come ti senti in questo momento?" chiesi, dovendo urlare leggermente sopra al rumore. Fu un caso, una domanda di punto in bianco, probabilmente personale. Ma, mi ero smessa di preoccupare su ciò che avrei detto circa tre mesi fa.

Tutto ad un tratto, sorrise e cominciò a saltare su e giù sul posto. Si rivolse a me e disse, "Adrenalina" poi corse sul palco. Le urla diventarono incredibilmente più forti, come le ragazze che mostrarono il loro amore eterno.

Guardai da dietro le quinte mentre volava sul palco, cantando dal cuore e suonando almeno quattro diversi strumenti. Si muoveva come se fosse nato per essere lì, e lui doveva esibirsi con tutto il cuore e rimanere lì.

Da qualche parte in mezzo a tutta la folla, tirai da fuori la mia tasca la mia lista. Spiegai la carta e la stracciai con delicatezza, non volevo strappare un pezzo senza lo scotch vicino. Sorrisi alla pergamena usurata, rendendomi conto di quante cose avevo fatto da quando avevo lasciato casa un mese e mezzo fa. Avevo altri otto compiti di svolgere, in un mese. Era perfetto.

Potevo svolgere questi con facilità, con tutto il tempo che avevo a disposizione.

Tirai dalla tasca posteriore la penna e sbarrai il numero ottantacinque, con un sorriso in volto. Appena finii me la rinfilai in tasca, non pensando neanche minimamente al fatto che potessi perderla.

Justin finì la sua ultima canzone e si diresse verso le ali, soffiando baci e salutando i suoi amati fan. Sorrise educatamente quando i suoi occhi incontrarono i miei, "Ti è piaciuto?".

Sorrisi, "E' stato fantastico. Sei davvero bravo a fare quello che fai".

Il suo sorriso si ingrandì, "Grazie. Torniamo nello spogliatoio prima che le persone comincino a chiedermi di fare delle cose".

Lo seguii lungo il corridoio, "Che genere di cose?".

Si strinse nelle spalle con una risatina, "Doccia, cambiarmi, sai, cose che dovrei fare".

Mi lasciai sfuggire una risata a quello che sperai fosse uno scherzo. Voglio dire, speravo che nessuno dovesse dirgli di farsi una doccia. Raggiungemmo la porta e l'aprì per me, ancora una volta, facendomi pensare alla sua galanteria che non fu costretta, ma più naturale.

Mi lasciai cadere sul divano al lato della stanza, e Justin posizionato su un'altro al lato apposto. Ci fu un silenzio confortevole per alcuni secondi prima che Justin parlasse, "Sei davvero carina, lo sai?".

Sorrisi alla sua sfrontatezza, "Alla gente normale non è concesso dire qualsiasi cosa gli venga in mente, lo sai?".

"Ma che fai?" mi sfidò, consapevolmente "Sembri chiedere semplicemente qualsiasi cosa ti venga in mente, senza paura."

"E..?"

"Ed è interessante".

Mi strinsi nelle spalle "Perché perdere tempo a preoccuparsi di quello che la gente può pensare? Perché avere domande senza risposta nella propria mente, se c'è qualcuno che è in grado di rispondere loro?".

Lui sorrise, "Sono d'accordo". Risposi solo un con un grande sorriso. Parlò di nuovo, "Per quanto tempo sarai qui?".

Merda. Che mi aveva ricordato, avrei dovuto prendere un aereo. Mi morsi il labbro, "Circa per un'ora".

Inarcò le sopracciglia con aria interrogativa, "Perché per così poco?".

Sorrisi, "Ho alcune cose da fare".

"Quali cose?".

"Otto cose".

Si accigliò, "Volevo davvero portarti a cena o qualcosa del genere".

Sorrisi per scusarmi, "Devo proprio fare queste otto cose".

Lui alzò un sopracciglio, "Questa sembra una scusa in modo che non ci sia bisogno di uscire con me".

Risi alla sua accusa, "Non sto mentendo, lo giuro. Mi piacerebbe di sicuro andare a cena con te se non avessi avuto da fare queste otto cose".

Rimase in silenzio per qualche secondo, prima che un sorriso si insinuasse sul suo volto "Posso aiutarti con queste otto cose, allora?".

Battei le palpebre, "Io non ti conosco".

"Ma tu sei vuoi puoi farti aiutare con le cose" egli disse, con un sorriso giocoso dipinto sul viso mentre camminava vicino a me.

"Non mi puoi aiutare con le cose" dissi, severamente. A nessuno avrei permesso di aiutarmi con le cose.

Si lasciò cadere sul divano accanto a me, "Perché no? Se questa non è solo una scusa, allora, perché no?".

Sospirai pensando alla vera ragione del perché nessuno avrebbe dovuto aiutarmi in questo viaggio. Questo viaggio è un viaggio da sola, per tanti motivi. Non ho accettato aiuti per molti motivi. "Perché il primo è in Nuova Zelanda".

Strinse gli occhi, "Non ti credo".

"Beh, non è proprio il primo. E' più come, il prossimo".

Scosse la testa con una risata, "Io non ti credo".

Mi strinsi nelle spalle, "Non importante se mi credi o no. Tu non hai davvero nessuno motivo per credermi".

Si morse il labbro, probabilmente in discussione con la mia legittimità "Dov'è il biglietto, allora?".

Alzai gli occhi al cielo, ma non potei fare a meno di non gestire un sorriso. Scavai nella mia borsetta blu scuro finché le mie dita non incontrarono la carta. Tirai fuori il biglietto e glielo porsi trionfante, "Eccolo".

Lo afferrò e lo guardò attentamente, "Va bene, ti credo".

Sorrisi, "Bene".

Stemmo seduti in silenzio per qualche secondo, cercando di capire cosa dire. Ruppi il silenzio con una domanda che era spuntata nella mia mente, "Da quanto conosci la signora Rose?".

Justin sollevò rapidamente le sopracciglia per la sorpresa, la bocca leggermente dischiusa, "E' come, un centinaio di anni".

Misi una mano sul viso per soffocare la risata, "Difficilmente, Justin! E' come, nei suoi trent'anni, se anche questo vecchio!".

Il suo viso si contorse in un espressione di disgusto, "Questo è come chiedere se sto uscendo con una delle amiche di mia madre".

Il mio sorriso si contorse in un espressione giocosa. Il modo in cui lui mi guardava arrabbiato era qualcosa di adorabile. Aveva le sopracciglia piegate a metà, creando quelle piccole linee sulla fronte, eppure, in quel momento desiderai di rimanere lì per sempre "Questo non risponde alla mia domanda".

"No!" esclamò in fretta, "Non sto uscendo con la signora Rose. Lei è una dei direttori di scena. Perché dovresti pensare questo, comunque?".

Il mio sorriso scese leggermente, quando capì che era ignaro, "Stava flirtando con te, molto. Era ridicolo".

Lui ridacchiò, "No, non lo era", alzai gli occhi al cielo alla sua chiara negazione. Lui rise di nuovo, "Non alzare gli occhi al cielo con me!".

"Alzo gli occhi al cielo con chiunque voglio" dissi con una risata morbida.

Stava guardando dritto verso di me, quando il suo volto diventò improvvisamente una maschera di smarrimento, "Hey" disse piano, come se, se lui avesse parlato più forte, avrebbe disturbato qualcosa, "Abbiamo gli occhi in corrispondenza".

Prima che potessi ottenere una buona guardata ai suoi occhi, per vedere se erano davvero in corrispondenza ai miei, mi aveva già tirato verso lo specchio sul lato opposto della stanza, che rese i nostri occhi luminescenti.

Era vero, entrambi avevamo gli occhi di un marrone così leggero, che sarebbe potuto essere quasi d'oro. Sorrisi mentre guardavo i suoi occhi, e sentì uno strano senso di familiarità. Continuavo a guardare avanti ed indietro, dai miei occhi ai suoi, confrontandoli. Il marrone sembrava essere più leggero su di me, a causa del contrasto che avevano le mie lunghe ciglia brune, al contrario delle sue bionde. In qualche modo, sentivo come se gli occhi si adattassero più a lui. Sorrisi e dissi con calma, "Sembrano star meglio su di te".

Lui rise e si voltò, allungando una mano per toccare la mia guancia, "Non è vero".

Il mio sorriso mi rimase dipinto sul volto, ma dissi "Devo davvero andare. Ho un aereo da prendere".

Il suo sorriso si trasformò in uno triste, e il mio cuore affondò, "Va bene" prese un respiro profondo e lo lasciò andare fuori lentamente, "Vorrei davvero aver avuto modo di conoscerti, Sophia".

Il mio sorriso rispecchiava il suo, e dissi "Anch'io, Justin. Anch'io".

NOTE D'AUTORE.
Ciao, grazie per aver letto il capitolo!
Allora, volevo iniziare dicendo che questa è una traduzione.
Nulla di questo che state leggendo l'ho scritto io.
Io mi occupo solo di tradurre tutto ciò dalla lingua madre, ovvero l'inglese.
Spero di tradurre in modo decente, oltretutto.

Allora, cosa ne pensate?
Mi scuso per eventuali errori di battitura o di traduzione.

Ah, ed inoltre volevo informarvi che non ho tempi precisi per l'aggiornamento. Siccome i capitoli sono mooolto lunghi (come avete potuto vedere), credo siano più di 3.000 parole per capitolo,  ho bisogno di tempo per tradurre e, diciamocelo, il tempo di questo periodo si trova poco.
Tenterò comunque di tradurre tutto il prima possibile, tranquilli.

Bene, a questo punto vi chiedo solo di recensire, mi sentirei ricompensata per la traduzione, in un certo senso (?).
Grazie a tutti voi per aver letto, ancora.

 
Con tutto l'amore,
Niky.


Se eventualmente avete bisogno di contattarmi per chiedermi qualsiasi cosa,
mi trovate su Twitter come 'Hesmydopredriu'.

 
  
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