28/01/2014
0 recensioniIl Nido della Pernice
Questa stanza dovrebbe essere sempre in ordine impeccabile.
Ma nulla mi sembra stabile.
Perché le cose si muovono sotto i miei occhi?
Perché sembra che nulla possa stare qui fermo e non rotolare via?
“Lavori fino a tardi, Isa, non hai un posto a cui fare ritorno?”
Isa rifletté per un tempo che gli sembrò spropositatamente lungo. Ah, è così facile pensare che sia un’altra persona!
Rispose. “No”
“Sei solo? La tua famiglia?”
“Non ho una famiglia”
Tutto ciò che ho è qui dentro. E fuori di qui non c’è nessuno che mi aspetti.
“Povero Isa! Dovresti venire con me ragazzino!”
“Va bene così. Finisco questo lavoro. Buonasera professore”
“A domani, Isa”
La porta si richiuse senza fare rumore.
Ora capisci perché ogni tuo passo mentre varchi la soglia del laboratorio è un’iniezione di veleno?
Ho lasciato cadere le provette, le penne, le carte, sto camminando sul lavoro di una vita.
Come tu ti sei trascinato giocosamente verso la morte, lasciandomi cadere nell’oblio. E forse avevi ragione. Forse avrei dovuto mollare tutto.
Sarei dovuto andare con te.
È troppo tardi.
Ho cambiato il mio nome. Ma è ancora difficile immaginare che tutto ciò non mi appartenga.
In questi ricordi quasi non vedo me stesso.
Mi ero reso conto che il mio nido eri tu.
E ora questa stanza vuota sembra un universo estraneo da quando hai lasciato lì il camice e non ci sei più.
Ma nulla mi sembra stabile.
Perché le cose si muovono sotto i miei occhi?
Perché sembra che nulla possa stare qui fermo e non rotolare via?
“Lavori fino a tardi, Isa, non hai un posto a cui fare ritorno?”
Isa rifletté per un tempo che gli sembrò spropositatamente lungo. Ah, è così facile pensare che sia un’altra persona!
Rispose. “No”
“Sei solo? La tua famiglia?”
“Non ho una famiglia”
Tutto ciò che ho è qui dentro. E fuori di qui non c’è nessuno che mi aspetti.
“Povero Isa! Dovresti venire con me ragazzino!”
“Va bene così. Finisco questo lavoro. Buonasera professore”
“A domani, Isa”
La porta si richiuse senza fare rumore.
Ora capisci perché ogni tuo passo mentre varchi la soglia del laboratorio è un’iniezione di veleno?
Ho lasciato cadere le provette, le penne, le carte, sto camminando sul lavoro di una vita.
Come tu ti sei trascinato giocosamente verso la morte, lasciandomi cadere nell’oblio. E forse avevi ragione. Forse avrei dovuto mollare tutto.
Sarei dovuto andare con te.
È troppo tardi.
Ho cambiato il mio nome. Ma è ancora difficile immaginare che tutto ciò non mi appartenga.
In questi ricordi quasi non vedo me stesso.
Mi ero reso conto che il mio nido eri tu.
E ora questa stanza vuota sembra un universo estraneo da quando hai lasciato lì il camice e non ci sei più.