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Autore: DoWhatThouWilt    29/01/2014    0 recensioni
Disteso sul suo lettino, Ronald sollevò un braccio a mezz’aria. Dal mare si era sollevato un vento tiepido e silenzioso… accarezzava la sua pelle, gonfiava il lenzuolo di cotone leggero. Mosse appena le dita. Il lontano gracchiare dei gabbiani riecheggiò nella stanza, seguito dal fracasso delle onde che si infrangevano contro gli scogli acuminati. Un fascio di morbida luce dorata tremolava sul suo ventre, spezzando la semioscurità. Era domenica. Il mare doveva essere formidabile…
‘’Siamo solo polvere di stelle, siamo solo sospiri nel vento…’’
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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''WHISPERS IN THE WIND''


''Who cares what came before?
We were only starlight...
One day then nevermore
Because we're whispers in the wind..
Once upon a time
The world was never blind like we are...''




Non c’era mai stato tanto silenzio come quel mattino, pensò, tentando inutilmente di sistemarsi meglio su quell’orrenda prigione che era diventato il suo letto. Non un silenzio qualunque, uno vuoto e freddo…che stordiva le orecchie e straziava il cuore… un silenzio che si trascinava dietro il pietoso fantasma della solitudine. Abbozzò un colpo di tosse, una fitta al torace lo fece irrigidire. Gettò la testa di lato. Su uno scaffale polveroso un vecchio orologio segnava le sette di sera… 16 maggio, se la memoria non lo ingannava. Non era stanco, solo stancato, che era diverso secondo la sua logica… logorato dagli scogli che rendono due anni di malattia dolorosi come fossero settanta. Nel primo periodo di convalescenza aveva abbandonato spesso la sua stanza per avventurarsi lungo la spiaggia, ma proprio come un albero che attraversi l'autunno, con il passare del tempo il suo corpo si era consumato, tanto che alle sue gambe si erano spesso sostituite un paio di vecchie stampelle. Una situazione temporanea, considerò con amarezza, dato che nel giro di poco più di un anno quel suo unico momento di libertà e di fuga dalla reclusione della camera si era trasformato nell'umiliazione di una sedia a rotelle e di un'infermiera che saltuariamente gli aveva concesso di accompagnarlo nelle sue tristi passeggiate. Ben presto quell'attività aveva finito per diventare ancora più sgradevole del letto stesso. Gettò uno sguardo assorto fuori dalla finestra. All’orizzonte, davanti a lui, un’immensa distesa di nuvole si stagliava contro un cielo rosato, nascondendo i raggi dorati del sole nascente. La città  non  era mai stata più bella di come lo era in quel momento, di come lo era nell’ attimo preciso in cui scivolava distratta dalla vita di Ronald… avrebbe voluto poter vivere altre cento vite per non perdersi un solo istante di quello spettacolo.
Rimase a fissare il cielo annegando in quella magnifica sensazione d’ ebrezza, stupendosi, all'improvviso, di come assorbisse ogni cosa tutt' attorno. Forme, colori… sembravano confondersi delicatamente tra le trame di quell'infinito drappo luccicante. Un’espressione a metà tra l’amaro e il divertito si stampò sul suo viso. Edward aveva telefonato il giorno prima, con la promessa di tornare a trovarlo. Sapeva che doveva costargli davvero tanto partire da New York per andare a salutarlo. Insomma... lasciare la famiglia, il lavoro... e tutto ciò che comportava... solo per un povero vecchio. Ricordava con rammarico l'ultima visita di Edward, a Marzo. Aveva ascoltato i medici parlare con il suo amico, mentre lui, Ronald, disteso nel suo letto con gli occhi socchiusi, aveva finto di dormire. Quello era stato il giorno in cui aveva davvero iniziato a realizzare quale fosse la realtà dei fatti. Si era sentito arrabbiato, ma anche umiliato... tradito da tutti quei ''guarirai''… ''starai bene''… ''ti rimetterai''. ''Torneremo a pescare assieme'', lo aveva ripetuto spesso durante gli ultimi due anni. Si passò una mano tremante sugli occhi. Quando erano scesi al molo assieme per la prima volta, Edward era poco più che un ragazzo: Un timido accenno di barba che gli inaspriva il volto, un ciuffo di morbidi capelli castani agitati dal vento che nascondeva appena due occhi vivaci e luminosi...lo specchio delle utopie di un venticinquenne ancora troppo ingenuo. ''Avanti Ronnie, sbrigati, il sole tramonta!'' aveva gridato il suo figlioccio correndo a piedi nudi sulla sabbia. Ronald gli aveva sorriso con l’affetto di un padre, spingendo in acqua una timida barchetta, mentre verso ovest il sole era ormai scomparso al di là della montagna. Una luna di seta accompagnava il loro piccolo veliero, che scivolando sull’immobile velo corvino, spingeva i due amici lontano dalla costa. Per dodici anni ancora erano tornati a percorrere assieme la rotta delle loro piccole avventure, ogni domenica sera, quando il crepuscolo lasciava il passo alle tenebre. Scendeva lentamente le scalette di pietra che gettavano sulla riva, accarezzando con due dita la parete di roccia ruvida. Edward era sempre lì prima di lui...non appena oltre il filo dell'orizzonte iniziava a calare l'ombra bruna del vespro, abbandonava i suoi sandali logori e andava ad aspettarlo, con le gambe ciondolanti dalla scogliera e le piante dei piedi che sfioravano appena la superfice increspata dell'acqua.  Socchiudeva gli occhi e aspettava di sentire i suoi passi lungo il pontile scricchiolante... gli sorrideva, come un figlio sorride al suo vecchio padre. il sole scagliava ovunque i suoi ultimi lamenti, dardi di un biondo splendente che trafiggevano la superfice del mare. Tremolanti riflessi rossastri lambivano il corpo esile di Ronald...il suo volto e due occhi che brillavano più del sole, che bruciavano più dell'orizzonte di fuoco. E c'era una luce che sfolgorava in quello sguardo, che Edward non aveva trovato simile neppure a quella delle stelle... Ronald si, aveva occhi d'arcobaleno. Edward non aveva mai considerato i loro momenti assieme come una routine, possedeva infatti il vantaggio di un temperamento sul quale l’abitudine agiva in modo distruttivo. E lui dal canto suo se ne teneva ben lontano. Non era qualcosa che dava per scontato, né che pensava gli fosse dovuto. Era un momento che aspettava tutta la settimana… ed era bello avere qualcosa per cui aspettare. Il loro era un patto, un patto d’amicizia e di fiducia, tant’è che Edward, a quasi quarant’anni, ancora si logorava i pantaloni sulle vecchie travi scheggiate del pontile. Erano trascorsi parecchi inverni dal 1996. La gelida brina aveva abbandonato più e più volte le membra della terra arida e vedova, sollevandosi in dolci spirali di vapore evanescente. E come la brina, anche l’innocente giovinezza di Edward era fuggita veloce in un soffio di vento. Sua moglie aveva smesso di fare domande. Sapeva dove andava, sapeva di non avere motivo di preoccuparsi. Edward non diceva una parola, non si lasciava scappare un fiato. Infilava il cappotto pesante, prendeva la canna da pesca e usciva di casa, un bacio veloce, un saluto sussurrato a fior di labbra e poi al vecchio molo, ad aspettare. Era una cosa di Edward, sua e di Ronald. Il 13 Luglio del 2008 era ancora lì. Erano dodici anni che aspettava. Semidisteso lungo la scogliera, fissava l’orizzonte immobile costellato delle accecanti luci della città. La notte attirava il golfo nel suo gelido abbraccio già da diverse ore. Niente passi sul vecchio pontile. Era una sensazione nuova per lui, si chiamava… ’’delusione’’. Il telefono squillò un paio di volte quella notte, era l’ospedale. L’alba danzava tristemente sulle onde del mare, mentre Edward calava in acqua il piccolo vascello di legno per l’ultima volta. Il vento sospirava stanco oltre la collina, spingendo verso l’oceano un uomo in lacrime. Quando otto mesi dopo Edward aveva scelto di seguire la moglie e i figli a new York, Ronald non gliene aveva fatto una colpa. Aveva rifiutato la sua proposta di seguirlo negli States e Edward se ne era andato, con la magra promessa di tornare a trovarlo ogni volta che ne avesse avuto la possibilità. Forse era giusto così. Forse sarebbe stato meglio che Edward si fosse dimenticato del suo vecchio amico Ronnie… che non fosse più tornato, che avesse iniziato a preoccuparsi della sua vera famiglia. E lui sarebbe morto, soffocato più dal dolore che dal cancro. Forse sarebbe stato più giusto. Forse quei due anni avrebbero avuto un senso. Disteso sul suo lettino, Ronald sollevò un braccio a mezz’aria. Dal mare si era sollevato un vento tiepido e silenzioso… accarezzava la sua pelle, gonfiava il lenzuolo di cotone leggero. Mosse appena le dita. Il lontano gracchiare dei gabbiani riecheggiò nella stanza, seguito dal fracasso delle onde che si infrangevano contro gli scogli acuminati. Un fascio di morbida luce dorata tremolava sul suo ventre, spezzando la semioscurità. Era domenica. Il mare doveva essere formidabile… ‘’Siamo solo polvere di stelle, siamo solo sospiri nel vento…’’. Lasciò scivolare le braccia lungo il sostegno al lato del letto. Con gli occhi lucidi e lo sguardo fisso davanti a se, prese un respiro profondo, spingendo le spalle con tutte le sue forze. Emise un gemito di dolore, tremando per la fatica. Sporse il viso oltre l'orlo del letto ansimando. ''Se i sogni fossero aquile... quanto in alto voleresti..?''. Gettò via le coperte madide di sudore. ''...sospiri nel vento...''. Puntò i piedi a terra, aiutandosi con le braccia. Si diede una spinta e cadde sul pavimento con un tonfo sordo. Il respiro iniziava ad affannarsi. Si trascinò verso il fondo della stanza, sussultando ad ogni centimetro che percorreva. Con la fronte e le mani poggiate al muro, sotto il davanzale della finestra, premette i piedi sul pavimento freddo. Si lasciò sfuggire un grido sofferente, mentre si sollevava a poco a poco, vacillando pericolosamente. Aggrappandosi con le braccia alla finestra, si tirò su del tutto, gettando il petto oltre la soglia dell'apertura. Un soffio di vento gli accarezzò il viso, agitandogli i capelli, sfiorandogli gli occhi colmi di lacrime…                Il vecchio portone di legno tremò sotto i colpi del suo pugno. ''Signor Simmons...''. Rispose alla donna con un sorriso, mentre gli faceva strada verso la stanza di Ronnie. Edward picchiò dolcemente tre dita sul battente, girando la maniglia dorata. Non ci volle che qualche secondo, prima che i suoi occhi si abituassero alla semioscurità della stanza... il letto era vuoto. Una pioggia sottile iniziò a scivolare dal cielo bruno. Aveva il respiro affannato... i polmoni si accartocciavano nel suo torace, incapaci di dargli ossigeno. Gettato su due stampelle tarlate, sotto la pioggia che iniziava a battere più forte, Ronald iniziò ad annaspare. Davanti a lui, nel mare all’orizzonte, le onde si frustavano l'una con l'altra… la spiaggia era un campo di battaglia. Un grido di dolore lo scosse, mentre incollato alla ringhiera di metallo, tentava di scendere le ripide scalette di pietra. Incespicò sulla rena più volte, inzuppandosi capelli e vestiti di un miscuglio di pioggia e sabbia. Senza più un briciolo di fiato iniziò a trascinarsi verso la battigia, crollando sulla sabbia fradicia, una mano sul cuore dolorante e il braccio stretto sui polmoni. Si accoccolò piangendo con il viso rivolto verso il mare... si sentiva soffocare. Edward correva come un dannato sotto la pioggia gelida. Il vento gli frustava il volto, le lacrime gli accecavano la vista... ''RONALD!'' il suo grido riecheggiò lungo tutta la baia, sopraffacendo il feroce ruggito del mare. Gettò il cappotto zuppo di pioggia, iniziando a correre più velocemente. Due stampelle logore al lato del marciapiedi attirarono la sua attenzione. Fece scattare la testa di lato, verso la spiaggia... una sagoma biancastra se ne stava rannicchiata immobile, appena appena sferzata da qualche sporadica onda. Il suo cuore perse un colpo. Un grido bestiale gli squarciò la gola mentre si precipitava giù dall'erta scalinata. i suoi piedi affondavano nella sabbia resa molle dall'abbondante pioggia... non aveva più un filo di voce... non aveva più un respiro da esalare. La pioggia si era fermata, lasciandosi alle spalle un cielo terso e un mare silenzioso, illuminato dagli ultimi tizzoni della fiamma del tramonto. Edward si gettò su di lui con le mani tremanti... cercava il suo viso, le sue mani... cercava il suo cuore, i suoi occhi, sperando di trovarli ancora luminosi come un tempo. Gli sollevò il busto, adagiandolo sulle sue gambe. Era leggero come un fuscello. Ronnie aprì gli occhi e i loro sguardi si incontrarono. ''Sei venuto... alla fine...'' un filo di voce emerse dalla sua bocca, incurvata in un sorriso commosso. Edward gli passò un braccio sotto le gambe e fece per sollevarlo ma Ronald lo fermò. Gli sfiorò le guance con una mano ossuta, scuotendo impercettibilmente la testa. Edward lo adagiò di nuovo sul suo corpo, abbandonandosi in un pianto silenzioso. Poggiò una mano su quel cuore malandato... lo sentiva appena... batteva così dolcemente. ''Perché vuoi portarmi via... guarda com'è bello qui...''.  La linea del cielo si confondeva delicatamente con la superfice dell'acqua, solcata da pennellate di un dorato splendente. Avvertì sul viso la rassicurante sensazione del calore del sole, un bagliore che lo costrinse a socchiudere gli occhi, ridotti a due fessure. ''Ronnie...'' solo una parola, poi Edward si zittì di colpo, come rendendosi conto di qualcosa di infinitamente ovvio. Lasciò che il viso di Ronnie scivolasse sul suo braccio, perché i suoi occhi potessero incontrare l’azzurro diafano dei suoi. ''Edward...'', la debole mano dell'uomo gli si posò sul petto. ''...questa è la tua vita...'', le onde all'orizzonte ripresero ad agitarsi pigre, ''... fa' che sia magica.'' ‘’Sei stato un bravo papà…’’ Edward lo strinse al suo corpo e Ronald non disse più una parola. Sotto le dita di Edward le deboli onde avevano cessato di agitarsi...







*Spazio autrice*
Salve, non mi dilungo ulteriormente in spiegazioni e considerazioni, per il semplice motivo che credo (o almeno spero) che da questo breve racconto sia emerso l'amore immenso che provo nei confronti di quest'artista, di quest'uomo unico e meraviglioso che fu Ronald Padavona, cui devo davvero moltissimo :'). Credo che si capisca che la vicenda è del tutto decontestualizzata... in altre parole il personaggio di Ronald è inserito in un luogo fittizzio, o meglio, un luogo che non ha avuto in realtà nulla a che vedere con il Nostro, ma che è semplicemente un bellissimo paese di cui sono innamorata nei pressi della mia città. D'altra parte anche il personaggio di Edward è completamente inventato e lo stesso vale per le vicende che ruotano attorno ai due amici. Ho cercato di immaginare il momento... ''finale''... descrivendolo in chiave malinconica, triste... ma sono certa che il vero Ronnie sia scomparso circondato dall'affetto dei suoi cari. Questo racconto non ha pretese, voleva essere solo un piccolo tributo, un piccolo sfogo, tutto qui. <3

''Do what thou wilt, shall be the hole of the law.''
M.

 
  
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