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Autore: Ioamoilcalcio    29/01/2014    0 recensioni
Ricercava se stessa nel suo essere cosi imperfetto. Trovava risposte a domande ignote.
Aveva semplicemente capito che il problema di fondo era lei, lei che credeva di perdere un secondo a giro mentre gli altri erano fenomeni ma non era cosi era soltanto colpa sua!
Voleva stare bene, sorridere e finire di sentirsi incerta e in cerca di una luce, aveva sentito dire che nel buoi la luce aveva un altro colore e che prima o poi qualcuno si sarebbe perso insieme a lei!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Perdere un secondo giro e non capire!

Prologo

 
Era seduta lì, sull’orlo del possibile e dell’immaginabile con i capelli che le coprivano il viso che con non curanza nascondeva, quei capelli di lunghezza media l’accarezzavano dolcemente e l’impedivano di farsi guardare diritta negli occhi cosa da lei tanto odiata, ormai stanchi e privi di gioia avevano trovato dimora su un filo che a malapena manteneva attaccati i suoi sogni, lei aveva deciso di lasciarli all’aperto anziché rinchiuderli in un cassetto che con il tempo avrebbe preso le sembianze di vecchio, di passato o meglio di dimenticato; La polvere, le ragnatele e i ragni si sarebbero appropriati di quel cassetto e lei non avrebbe fatto niente per impedire ciò.
Stava li, alle volte canticchiava vecchie canzoni altre volte invece semplicemente diceva parole a caso: "Buccia", "macchia", "trottola". Le persone subito gli attribuirono l’autentico marchio di “pazza”, ma ogni parola che usciva dalle sue tenere labbra sembrava toglierle un peso dallo stomaco, non faceva altro che questo.
Pensava di avere il dono dell’invisibilità e aveva ragione, si era circondata di persone cieche dentro, evitando di farsi vedere realmente.
Aveva creato distanze ben precise, limiti e altrettante stronzate per proteggersi.
Possedeva  un sorriso strano, quasi insensato sorrideva solo per provare la brezza di farlo, ma non la provava mai quella sensazione di essere fottutamente eterna e felice, per non parlare dei suoi occhioni altrettanto strani, non per il colore erano semplicemente più arancioni del normale castano, ma per la paura che emanavano al solo sguardo, erano freddi. Distanti.
Aveva un giro abbastanza ristretto di amici per lo meno cosi lei diceva in giro. Ogni volta che si fidava di qualcuno restava amaramente delusa. Cominciò a percepire strane idee pensando che forse era lei che non andava, forse chiedeva troppo, oppure era semplicemente diversa e la pensava in maniera opposta.
Aveva troppa fiducia nelle persone, era riuscita a pensare che le persone le volessero perfino bene spontaneamente e bla bla bla ma dopo lunghi e discrete discussioni e film mentali riuscì finalmente a trarre delle conclusioni: "L’umanità è fottutamente bastarda". Questo cambiò quel suo essere dolce e sensibile.

Trascorreva un’altra estate e come suo solito fare non decideva mai qualcosa, qualsiasi frivolezza senza far una polemica.
Si odiava, amava poche cose ma soprattutto la capacità dire a se stessa di potercela fare sempre e comunque, era perennemente legata al pessimismo tranne in questa situazione prendeva la vita come una sfida solo cosi riusciva in qualcosa, non di sicuro per sua spontanea volontà.
Non sapeva cos’era l’amore o forse sapeva bene cosa fosse e l’evitava in tutti i modi, riusciva sempre in un modo o nell’altro a dir di "NO" a qualsiasi ragazzo, non voleva nessuno al suo fianco, secondo la sua mente perfida e ingenua solo lei era in grado di gestire se stessa e nessun altro poteva intromettersi!
Sembrava la ragazza più dolce al mondo e lo era ma cercava di negarlo in tutti i modi perfino a se stessa.
Si guardava spesso allo specchio con aria curiosa e poco distratta, trovando dei particolari e dei difetti che l’avrebbero condotta sull’abisso dell’anormalità, toccava le sue guancette gonfie quasi ridicole con un dito quasi sempre privo di unghia, avevano un colore pallido, molto più scuro del bianco e molto più chiaro del dorato, ma in viso, sul suo viso il sole recava intolleranza.
Aveva qualche cicatrice in più che mostrava con orgoglio; Erano le vittorie che portava sempre con se e le sconfitte che non riusciva a mandare giù avevano un sapore cosi amaro per lei.
Continuava a fissarsi lasciando da parte il suo corpo e mettendosi a tu per tu con il suo ego e con la sua fantasia, cercava di far uscire il più possibile ma una volta distolto lo sguardo da quello specchio tutto ciò che era uscito anche solo per un nano secondo era ritornato al suo posto.
Dentro di lei, aveva un paese con cinema e centri-commerciali a disposizione, aveva le fontane costruite a mano dagli operai con le pietre trovate per strada, dentro essa vi erano i pesci rossi alcuni magri altri troppo grassi ma vivi per miracolo, in poche parole aveva una popolazione intera e ognuno di loro aveva qualcosa da dire per questo aveva sbalzi di umore alle volte, spesso, va bene sempre.
Si odiava quando non riusciva a superare gli ostacoli e diveniva triste e non sopportava neanche l’idea di fallire.
Aveva un cuore cosi grande da spaventare lei medesima.
Perdeva sempre e comunque qualsiasi cosa che sia un cellulare o un quadernino oppure  pezzi di cuore li lasciava cosi per strada come se fossero pezzetti di carta con scritto un niente, vuoti e senza valore.
Voleva cambiare il mondo ma sapeva bene che era l’esatto contrario era il mondo che stava per cambiare lei e cosi accadde.
  
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