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Autore: Super Mimi_    29/01/2014    3 recensioni
"Mi perdo ad osservare il paesaggio all'esterno della grotta; il cielo grigio è punteggiato da leggeri fiocchi di neve che, dolcemente, si lasciano cadere al suolo. Ancora non riesco a capacitarmi di come la natura sia in grado di compiere il suo regolare corso, incurante di chi rimane indietro. Semplicemente va avanti. "
[One Shot | ZoSan | Post-Timeskip]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji | Coppie: Sanji/Zoro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: One Piece ©1997 Eiichiro Oda

Sorriso

«Nevica.»
Alzo lo sguardo sulla tua espressione di ostentata neutralità, prima che tu mi dai nuovamente le spalle; quante sofferenze e sconfitte sono scivolate lungo
quelle fredde pareti senza intaccarne l'intonaco bianco? Sorrido amaramente: non siamo poi così diversi, noi.
Il tuo sguardo ritorna fisso sul mare, lo so anche senza poterti vedere, e ti sento ghignare. Quelle onde frizzanti e invitanti sono diventata la tua casa; così come è successo anche a me. Forse siamo persino uguali.
Premo con maggiore forza la mano sul mio fianco destro e boccheggio per qualche istante, avvertendo una serie di fitte lancinanti nella zona colpita. È finita, me lo sento.
Riapro lentamente gli occhi, accorgendomi solo ora di averli serrati a causa del dolore, e osservo la mia mano imbrattata di un liquido scarlatto e viscoso che mi nausea. Che orrore: le mani di un cuoco dovrebbero essere sempre linde e ben curate! Ancora faccio fatica a realizzare che sia veramente il mio sangue, forse è solamente un'allucinazione provocata dalla febbre alta.
Nonostante l'indignazione e la situazione, una risata secca e rauca si libera dalle mie labbra. Ti volti verso di me, per la prima volta da quando abbiamo trovato rifugio in questa insenatura nella montagna, e mi osservi stralunato. Non capisci, vero Marimo?
«Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe finita così.», tossicchio e, mentre le parole sfociano dalla mia gola, raschiandola, cerco di realizzare il vero significato della mia frase.
La tua espressione rimane immutata, fredda, inaccessibile. Riesco, però, a captare nei tuoi occhi una crepa che segna quel muro invalicabile.
Cerco di estrarre dalla tasca dei pantaloni il mio inseparabile pacchetto di sigarette – tutta questa tensione deve essere smaltita in qualche modo! –, ma il busto non risponde ai miei comandi: rimane immobile e formicola di dolore. Mi mordo il labbro inferiore fino a farlo sanguinare nel maldestro tentativo di ignorare le stilettate al fianco, e impreco contro l'idiota che mi ha sparato una pallottola dritta nel fianco.
Intanto, tu rimani immobile, come se stessi metabolizzando le mie parole, registrando ogni mio gesto. Reazione piuttosto insolita da una persona impulsiva come te.
All'improvviso, però, scatti. Scatti come una molla trattenuta e compressa fino al suo limite. Mi afferri il colletto della camicia, strattonandomi, incurante delle mie condizioni, ed inizi ad urlare. Mi sputi in faccia che non posso e non devo morire, che hai aspettato due fottuti anni per rivedermi e abbandonarti in quella grotta da solo sarebbe da bastardo – non che io non lo sia, commentiamo insieme, io nella mente e tu ad alta voce.
La mia mano si posa sul tuo polso, stringendolo lentamente e facendoti mollare la presa. Quando mi ritrovo adagiato di nuovo sulla fredda roccia, mi concedo un sospiro, mentre tu ti volti nuovamente sulla distesa schiumosa e irregolare che ci chiama, pari quasi ipnotizzato dal dolce sciabordare delle onde.
«Grazie.», biascico dopo qualche minuto, percependo la fronte madida di sudore.
Incredibile come sia capitato tutto in fretta: la battaglia, quel pirata armato che spara il colpo, la tua voce che urla il mio nome subito seguita da un ovattato susseguirsi di immagini confuse.
«Per tutto.», interrompo la tua sciocca domanda ancora prima che tu possa pronunciarla.
«Cosa sono questi discorsi da femminuccia?!», digrigni i denti, scuotendo la testa nell'inutile tentativo di smorzare la rabbia.
Imprechi, come sempre, come in ogni nostra lite quotidiana, come in ogni notte passata insieme, per poi piantare lo sguardo al suolo roccioso. Il silenzio che aleggia tra noi diventa pesante, scomodo, stretto. Gli unici rumori sono il gocciolio prodotto da qualche stalattite e il mio respiro reso affannoso dalla febbre. Mi perdo ad osservare il paesaggio all'esterno della grotta; il cielo grigio è punteggiato da leggeri fiocchi di neve che, dolcemente, si lasciano cadere al suolo. Ancora non riesco a capacitarmi di come la natura sia in grado di compiere il suo regolare corso, incurante di chi rimane indietro. Semplicemente va avanti. In quella pace, abbasso lo sguardo sulla ferita ed inorridisco: davvero brutta situazione. Impreco a mezza voce, faticando per riempire i polmoni di aria e, per la seconda volta, tento inutilmente di arrivare alla tasca dei miei pantaloni, ma una nuova serie di fitte blocca ogni mio intento. All'improvviso, avverto la gola bruciare e il palato venir solleticato da un sapore ferruginoso e sgradevole; tossisco, fissando poi disgustato le gocce di sangue che mi sporcano le mani. Sputo e mi ripulisco le labbra con la manica della camicia. Rilascio la testa all'indietro, nel vano tentativo di arrestare il continuo ed indolente pulsare delle tempie, ma avverto una pressione sulla gamba che mi fa rialzare di scatto il capo. Per un attimo, percepisco tutto vorticare attorno a me. Dopo il breve smarrimento, però, focalizzo un pacchetto di sigarette aperto dinanzi il mio viso. Lo osservo, fisso la tua mano e, in seguito ad un breve sguardo di riconoscenza, ne estraggo una. Me la porto alle labbra, girandomela tra i denti, e l'accendo – incredibile come tu conosca ormai bene le mie tasche; questo è ciò che penso, mentre blateri su una qualche mia morte prematura causata dal fumo, l'odore forte di tabacco mi inebria e le palpebre iniziano a pesare.

Un fremito mi fa ridestare e di scatto sbarro gli occhi: non posso cedere.
Leggo lo smarrimento nelle tue iridi, lo stesso che, lo so bene, si riflette nelle mie. Scuoto leggermente il capo, inutile cercare di fuggire al Fato quando questo ha già scoperto le sue carte. Conosco le mie e, nonostante la strana ansia che mi attanaglia lo stomaco, le accetto.
Deglutisco e focalizzo, per quanto mi è possibile, lo sguardo su di te.
«Non starai per metterti a piangere, vero Marimo?», sussurro, ridacchiando per averti colto in flagrante.
Strano, folle come tutto ora mi appare diverso, più importante o magari terribilmente più superfluo. Forse ho troppo da perdere; ecco perché questa insolita sensazione di terrore mi abbraccia, ci abbraccia.
«Stronzo-Sopracciglio-riccioluto.», sibili, per poi sbuffare stanco, arreso.
Non vuoi ammetterlo, ma lo sappiamo entrambi che questa è la fine; la fine di ogni occhiata furtiva, di ogni battibecco, di ogni sorriso malcelato in ghigno, di noi.
Abbassi lo sguardo nel goffo tentativo di celare gli occhi lucidi. Siamo sempre stati simili su questo aspetto: nonostante ciò che abbiamo condiviso, non riusciamo neppure ora ad ammettere il sentimento che veramente ci lega – ben differente dall'odio.
Sento una fitta che, dal fianco, mi percorre tutto il corpo, serro i pugni convulsamente e impreco, sentendo le forze venir meno e il respiro mancare.
«Realizza il tuo sogno, promettimelo.», boccheggio velocemente, quasi non avessi più tempo, mentre altro sangue mi riempie la bocca e le tenebre cominciano a calare.
«No!», sbotti, afferrandomi una mano e stringendola, come a volermi trasmettere le tue energie, la tua ostinata determinazione – a volte irritante, ma era questo che riusciva a farmela amare.
Lente, delle lacrime iniziano a bagnarti il viso e quel solido muro si spezza, crolla sotto questo cupo macigno. Lo sento pesare, schiacciarci, ma tu non ti devi mai arrendere.
Gli occhi bruciano, la gola brucia, i polmoni bruciano, tutto il mio corpo brucia. Arde come una fiamma sul punto di estinguersi, di venir soffocata. La tua mano, questo mi concede di strappare all'Eternità qualche altro breve istante.
«Ti amo, idiota.», sussurro, mentre una lacrima solitaria mi bagna il volto, portandosi dietro una scia di gelo.
Sorrido al tuo viso che urla di dolore, alla tua voce disperata che giunge ovattata alle mie orecchie, alla tua mano che si aggrappa alla mia, e scivolo via.Sorrido a te, Marimo.











Note d'Autrice
 Premetto dicendo che non ho nulla contro Sanji.
 Salve ^^ Vi starete chiedendo perché scrivere questa cosa deprimente proprio su loro, il motivo non lo so neppure io. Mi sono chiesta come sarebbe stata la morte di uno dei due - perdonami, Sanji!! T^T - e come avrebbe reagito l'altro; così ne è uscita questa shot. Spero vi sia piaciuta :D 
Siccome è la seconda volta che scrivo su questa coppia - e sue questi due tipetti -, non sono sicura che siano IC, perciò vi chiedo di segnalarmi eventuali errori nella caratterizzazione dei personaggi. Inoltre, non uso spesso - praticamente mai- la narrazione in prima persona, quindi diciamo che è un esperimento xD . Ringrazio chi ha letto *^* e vi chiedo di lasciarmi un commentino, mi farebbe molto piacere :) Accetto critiche e consigli, purché costruttivi.
Alla prossima,

Mimi

  
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