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Autore: Ellis_    29/01/2014    4 recensioni
Alice, rinchiusa nella sua stanza d'ospedale al San Mungo, deve fare i conti con i vecchi ricordi che riaffiorano alla mente...
***
È una strana sensazione, è come se già avesse vissuto quella scena, ma non ricorda dove, quando e con chi.
Genere: Angst, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Frank Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Reminiscences of happiness
 
 

Londra, 1980 

«Che giornata! » Alice si accasciò sul divano, sospirando. «Neville è un amore, sul serio, ma non può essere sempre così affamato! Finirà per prosciugarmi!» Frank si appollaiò al suo fianco, trattenendo a stento una risata. «Oh, andiamo. Avrà pianto per l’ultima volta più o meno...»
«... mezz’ora fa, e quella prima, e quella prima ancora! Sono esausta.» Si lamentò lei, affondando la faccia tra le pieghe del maglione rosso e blu di suo marito. Era così stanca! Voleva solo andarsene a letto e non muoversi più per almeno dodici ore. Non che Alice non fosse contenta, anzi; la sua vita era assolutamente perfetta in quel periodo, –tralasciando naturalmente la guerra, le missioni per l’Ordine e l’ansia continua quando era costretta a separarsi da Frank– ma nessuno le aveva mai detto quanto fosse stancante occuparsi di un bambino così piccolo. «Hai proprio ragione» Disse Frank annuendo e strappandola dai suoi pensieri. Dopo aver riflettuto un momento, aggiunse «So io cosa ci vorrebbe per te.» Con un colpo di bacchetta azionò il vecchio carillon sul camino, quello di quando Alice era bambina, che conteneva un’unica, dolce melodia. Si alzò dal divano e fece passare un braccio intorno alla schiena della donna, per tirarla su e trascinarla verso il centro della stanza.
«Ma cosa... ?»
«Shhh.» La strinse più vicino a sé e cominciò a dondolarsi lentamente sul posto, inducendola a fare lo stesso. Alice sorrise e poggiò la testa nell’incavo della sua spalla, inspirando a fondo il profumo tanto familiare e ascoltando estasiata le parole che suo marito le soffiava nell’orecchio, mentre volteggiavano dolcemente nel salotto.

«Buonanotte, buonanotte fiorellino,
buonanotte fra le stelle e la stanza,
per sognarti, devo averti vicino,
e vicino non è ancora abbastanza.»


«E’ la mia canzone preferita» sorrise Alice.
«Lo so. Ti ho sentito mentre la cantavi a Neville, poco fa.»
«Già, lui l’adora! Quando la ascolta si rannicchia tutto felice e si tranquillizza subito.»
Ed era proprio come si sentivano anche loro in quel momento: innamorati, felici, al sicuro. Si sentivano meravigliosamente bene mentre continuavano a dondolarsi l’uno nelle braccia dell’altra, mentre si sfioravano delicatamente le labbra, mentre si amavano fino al mattino. E sapevano che finché fossero rimasti insieme, nulla di male sarebbe capitato, nulla sarebbe andato storto. Erano felici, semplicemente.




 

San Mungo, 1981

La stanza è piccola, intima, confortevole. Le pareti hanno un candore quasi accecante e quel lieve, ma continuo profumo di lavanda è capace di far girare la testa a chiunque entri nella stanza; chiunque che non sia costretto a passarci ventiquattro ore al giorno tutti i giorni, certo.
Alice è in un angolo, che fruga tra i mille oggetti contenuti in quel grande baule che l’infermiera gentile le ha portato proprio l’altro giorno. «Tieni» le ha detto «questi appartenevano a voi.» Al suo sguardo confuso ha aggiunto, sorridendo amorevolmente «E’ un regalo. » Alice non sa cosa voglia dire quella parola, per quanto si sforzi non riesce proprio a ricordarla, ma suona in modo così melodioso e il sorriso della donna è così dolce che non ha potuto fare a meno di sorriderle a sua volta, in quel suo modo un po’ buffo, arricciando il naso. Le sue dita adesso s’imbattono in un oggetto freddo e duro e lei, curiosa, lo porta all’altezza del suo viso: è di forma rettangolare e ha una superficie lucente, anche se un po’ arrugginita, che rimanda il riflesso di una giovane donna sciupata, invecchiata troppo in fretta, ma con due grandi occhi ancora accesi d’entusiasmo. Alice prova a metterlo in funzione, pigiando a caso sull’oggetto, e sussulta spaventata quando quello comincia a emettere una musica lenta, delicata. Lo scaglia lontano d’istinto, intimorita, ma poi si tranquillizza e, rapita da quella dolce melodia in qualche modo familiare, comincia a dondolarsi sul posto, con gli occhi chiusi. È una strana sensazione, è come se già avesse vissuto quella scena, ma non ricorda dove, quando e con chi. Alice continua a ondeggiare lievemente, immaginando nella sua mente rovinata irreparabilmente un ballo e una felicità passata che sembrano quasi reali, e all’improvviso comincia a sussurrare piano le parole di una canzone che non conosce, ma che le sembra davvero molto bella.


«Gli uccellini nel vento non si fanno mai male, 
hanno ali più grandi di me
e dall’alba al tramonto sono soli nel sole
buonanotte questa notte è per te.
»






 
[Citazioni tratte dalla canzone "Buonanotte fiorellino", De Gregori] 
  
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