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Autore: BurningIce    29/01/2014    4 recensioni
Anya Gold viene sbalzata in un mondo ostile e pericoloso, sull'orlo del caos, dove ogni luogo, anche quello più caro, non è quello che sembra.
Dovrà affrontare una lotta contro il tempo per scoprire perché ha acquisito l'inverosimile potere di sparire da un luogo e riapparire dovunque la sua mente la porti e dare una risposta agli altri inquietanti interrogativi.
Chi ha ucciso sua nonna? Come mai un misterioso ragazzo le telefona decine di volte al giorno?
E, soprattutto, perché sembra essere ricercata da mezza Londra?
Sceglierà di fidarsi dell'unica persona a cui non avrebbe mai pensato di affidare la sua stessa vita: Alexander Syle, compagno di scuola nonché figlio di una delle più potenti donne d'affari della City.
E mai scelta potrà essere più sbagliata di questa.
“Possedere una Forza è un privilegio, controllarle tutte significa potere assoluto."
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte Prima





Prologo



 
 
 
29 Gennaio 2002, Londra, Camden Town

Deforme. Vecchia. Emarginata dalla società. Ecco come appariva agli occhi di chiunque quella donna meschina, spesso ferma a guardare male i passanti – specialmente le belle ragazze alte e dritte – da un sudicio bar in decadenza, sola, sorseggiando un bicchiere di qualche sostanza alcolica particolarmente forte. Digrignava i denti giallastri, scrutava aldilà del vetro appannato e tornava a fissare lo sguardo sul suo bicchiere, mormorando parole sconnesse. Nessuno avrebbe potuto immaginare che fosse una Megera. Non ci riferiamo al suo aspetto fisico, per quanto ripugnante, ma al potere oscuro che essa, nella sua mediocrità, nascondeva.
Al calar della sera, la Megera spariva dal suo tavolo e i pochi passanti che si avventuravano per i bassifondi della città a quell’ora la vedevano infilarsi sempre nello stesso vicolo buio.
Se qualcuno avesse guardato meglio, l’avrebbe vista sparire nel nulla in un batter d’occhio dietro la porta di una grande casa abbandonata. Quella sera, la Megera sentiva addosso una strana esaltazione. Quando bussò per cinque volte, con una cadenza prestabilita, all’antico portone di quercia, l’adrenalina salì. Aveva una notizia sbalorditiva: le Sorelle sarebbero morte dall’invidia.
Era di quello che lei si cibava: l’invidia, la disperazione, la rabbia. Trascinava con sé le giovani anime in cui albergava questo sentimento, nell’attesa del suo trionfo. Le portava verso le Tenebre. E chi, per caso, inconsapevolmente, possedeva una forza interiore nascosta che avrebbe potuto in qualche modo ostacolarla, aveva un solo destino: la morte.
 


*

 
29 Gennaio 2002, Harbour Hill 

Pioveva. La pioggia cadeva fitta su Harbour Hill, nascondendo contorni e figure, scendendo con il suo grigiore sul paesino antico, battendo sui vetri delle vecchie case. Le pietre che ricoprivano le stradine tortuose, colpite dalla pioggia senza tregua, producevano un incessante ticchettio quasi ritmico. Le mura delle modeste abitazioni, scurite dalla pioggia, erano attraversate da grosse crepe che davano alle case l’aria di castelli di sabbia pronti a screpolarsi inesorabilmente sotto i primi raggi di sole.
Una di esse, in particolare, sembrava essere uscita direttamente da un qualche film Medievale. Grigia, bassa e con un grande portone in legno scuro, che sibilava minacciosamente ad ogni folata di vento. Nascosta dietro a quella porta, una bambina scrutava fuori dalla serratura, in pilico sulle punte per vedere meglio. Aveva lasciato cadere sulla poltrona il libro che leggeva con interesse fino a pochi minuti prima, per assistere a quello spettacolo consueto ma non per questo banale o scontato.
I libri sono i tesori più preziosi di un uomo, le ripeteva sempre sua nonna.
Ma in quel momento non poteva fare a meno di lasciare il volume consunto abbandonato su quella poltrona, rapita dalle grosse gocce d’acqua che non smettevano di cadere.
Ad Anya piaceva la pioggia.
Le sembrava che venisse da un altro mondo, che fosse qualcosa di inspiegabile e soprannaturale. Accertandosi che la madre non fosse nei paraggi, aprì con non poca fatica il grande portone ed uscì al freddo di novembre, beandosi dell’acqua che le cadeva addosso, sulle trecce scure, sui vestiti pesanti. Un lampo improvviso, seguito da un tuono agghiacciante, risvegliò la bambina dal suo stato di estasi.
Le sembrò di vedere qualcosa di strano in lontananza: due figure incappucciate la indicarono, per poi svanire in un istante, veloci com’erano apparse.
Spaventata, non esitò a correre a casa e a chiudersi il pesante portone alle spalle, il più velocemente possibile. Nei dodici, lunghi anni che seguirono, dimenticò completamente quelle due figure nere. Ma, senza che lei lo sapesse, il suo destino era ormai stato segnato. 
 

*

 

17 Ottobre 2013, Motorway M1, Londra

«Syle» La voce terrorizzata di Anya lo chiamò ancora una volta.
«Temo che ci stiano seguendo.» Il ragazzo gettò uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore.
«Cazzo» Mormorò. «Cazzo.» Ripetè, livido in volto.
«In che cazzo di guaio mi stai trascinando?» Sbraitò con una vocina stridula che non si addiceva affatto al suo aplomb.
«Sei ricercata da Scotland Yard o cosa?» Continuò, zigzagando tra gli altri veicoli. Gli tremavano le mani.
«Non ne ho la più pallida idea» Immaginò che in quel momento dovesse essere pallida proprio come la suddetta idea.
Il bus della scuola si avvicinò pericolosamente alla macchina che li precedeva e Anya riprese a urlare come un’ossessa. Tendeva a prendersela con l’essere vivente più vicino nei momenti di tensione e, ad essere sincera, le dispiaceva quasi sempre per la povera vittima di turno.

«Diamine, Syle, accellera!»
«Sto già andando a centosettanta» Protestò lui, terrorizzato. Una pioggia leggera cominciò a battere contro il finestrino, celando in parte il paesaggio mozzafiato del Tamigi dal colore metallico in lontananza.
«E allora vai più veloce!» Anya aveva perso il controllo. Era stata attaccata dalla sua professoressa di letteratura, era sprofondata nelle nevi siberiane e al momento era coinvolta in un inseguimento con l’autista del bus scolastico, il tutto in meno di due ore. E adesso la pioggia battente impediva loro di vedere la strada. A proposito, il ragazzo che aveva temporaneamente ingaggiato come autista non sapeva ancora dove erano diretti… quella era un’impresa disperata.
«Tu sei completamente pazza!» 
Probabilmente aveva ragione.

«Incapace! Dovevi girare, dovevi girare prima del…»
Ma Alexander Syle non seppe mai quale fosse la strada che aveva clamorosamente mancato. Una luce lampeggiante sfrecciò alla loro destra, superandoli di qualche metro e spegnendo l’invettiva di Anya a velocità impressionante. Era una macchina della polizia – la situazione non poteva essere peggiore di così.
Anya scoprì ben presto di doversi ricredere: lo spartitraffico incombeva davanti a loro, un biglietto di cemento per Morte Sicura. Si aggrappò con forza al sedile, pur sapendo che era inutile.

«Gold, se moriamo non la passi liscia, sappilo.» Sussurrò Syle a denti stretti.
Il muretto era a pochi metri da loro, l’impatto inevitabile era solo questione di secondi…e poi la sentì. Il mondo al di fuori della macchina sembrò essere cancellato con un unico colpo di spugna: nessun rumore assordante delle sirene, nessun autobus mastodontico a minacciarli, nessun ostacolo letale sul loro cammino.
Nella sua testa, chiara e forte, la voce di sua nonna ripeteva le parole di quella mattina, che assumevano un significato nuovo, più sensato.
“E quando avrai bisogno di me, di casa, di spiegazioni, torna qui. Ovunque tu sia.”  
L’immagine della sua casa si stagliò netta contro ogni altro pensiero e prese il sopravvento. Come era successo nel corridoio, il mondo esplose in una miriade di coriandoli variopinti.

«Ma che…» Syle urlò solo due parole prima che l’oscurità li inghiottisse, per poi riaprirsi sul rassicurante viottolo che portava al portone di casa sua. La macchina colpì il suolo con violenza e i finestrini posteriori si frantumarono.
Anya si accorse di essersi rannicchiata contro il sedile solo quando ebbe la necessità di guardare cos’era successo. Era praticamente impossibile che un urto del genere li avesse lasciati illesi, che tutto si fosse risolto solo con qualche vetro rotto. Alzò la testa cautamente e si girò verso il posto di guida. Syle era terrorizzato. Guardava continuamente il volante, lei e il parabrezza, con gli occhi sgranati. Solo quando realizzò che l’autostrada era effettivamente sparita e che casa sua era realmente davanti ai suoi occhi capì lo sgomento del ragazzo.
Come c’erano arrivati?

«Io… tu… la macchina…» Balbettò Syle, gesticolando freneticamente. Aveva un brutto taglio sullo zigomo destro, ma per il resto sembrava star bene, a parte il chiaro stato di shock.
«Sei una strega!» Esclamò ad un tratto, quasi ficcandole un dito nell’occhio.
«Oppure una di quelle robe strane dei telefilm, sai? Oh mio Dio, sto parlando come un nerd… non sembro un nerd, vero? No, perché…»
«Vuoi stare un po’ zitto?!» Sbottò Anya, colpendolo non troppo delicatamente alla spalla. Miracolosamente, Alexander si zittì. Quel silenzio sembrò innaturale e inquietante, confrontato con i rumori assordanti dell’inseguimento in autostrada. Aprì la portiera con cautela e si rimise in piedi; le sue gambe tremavano. Si guardò intorno, temendo che l’autobus o la Silver potessero sbucare fuori da uno dei vicoli da un momento all’altro. Non successe niente. Solo la pioggia continuava a cantare la sua triste melodia, cogliendola inerme sotto di sé. Il rombo di un tuono in lontananza risvegliò Anya dalla sua momentanea paralisi, le entrò dentro, la fece rabbrividire e riempire di una sensazione che aveva ormai imparato a riconoscere come pericolo.
Ricordò improvvisamente che, anni prima, in uno scenario straordinariamente simile a quello, aveva scorto due figure nere osservarla in lontananza. Ricordò anche l’autentico terrore nelle parole di sua nonna e… sua nonna.  

«Gold, si può sapere dove siamo finiti?»
Alexander era sceso dalla macchina e le si era affiancato senza che lei se ne accorgesse. Lo aveva coinvolto in una faccenda che poteva essergli letale, lo aveva portato inconsapevolmente a casa sua e doveva spiegargli perché. Aveva diritto a delle risposte, ma non era quello il momento.
«Stammi a sentire, Alexander» Sussurrò Anya, guardandolo dritto negli occhi. Erano talmente vicini che poteva sentire il respiro irregolare del ragazzo e vedere ogni gocciolina che scendeva dai suoi capelli resi più scuri dalla pioggia. Era attanagliata da un terribile presentimento.
«Se non dovessi più uscire da quella porta, chiama la polizia. Harbour Hill, Rain Street, 20. E scappa il più lontano possibile.»
Alexander non osò obiettare con una delle sue battute squallide; in realtà non fiatò. Si limitò a guardarla, sempre più confuso.
«Non seguirmi. Non entrare in quella casa. Aspettami fuori.» 
Si allontanò di qualche passo, poi corse verso lo spesso portone di legno, il cuore che sembrava doverle uscire dalla gola da un momento all’altro. La luce accecante di un fulmine riempì la collina di un bianco spettrale per qualche istante. Anya rovistò disperatamente nelle tasche in cerca della sua chiave, trafficò con la serratura e spinse in avanti il portone con tutta la sua forza.
Abbassò lo sguardo e dovette reggersi alla porta per non cadere.
Sul tappetino beige dell’ingresso si allargava una pozza di un liquido rosso scuro.
Stesa sulla pozza, esanime, c’era sua nonna.




Buonasera! 
Non potete immaginare quanto io sia emozionata. Questa è la mia prima originale e non so dove mi porterà questo progetto. (Hai sentito, Flaqui, PROGETTO) In realtà è pronta da tipo mesi, ma oggi ho detto: ehi, perché deve rimanere tra i meandri del mio computer semidistrutto? Postiamola qui! E così ho condiviso con voi il mio ennesimo delirio. Perché di un delirio si tratta. 
Devo ringraziare, prima di tutto, la mia adorata Flaqui e i suoi consigli. Ti adoro, ti adoro, ti adoro. 
Ma è un obbligo ringraziare anche la mia non proprio adorata ex prof di italiano. Mi ha ispirato lei, sapete? 
Ero così arrabbiata per una delle sue uscite da stronza che ho cominciato a scrivere della Megera pensando proprio alla cara prof nana e tarchiatella. Quindi, grazie, Professoressa, mi è stata molto d'aiuto! 
Detto ciò, passiamo ai tre frammenti completamente scollegati. Vi giuro che avranno un senso, nei prossimi capitoli, anche se magari adesso non sembra. Ma io amo i prologhi misteriosi, quindi beccatevi questo, muahahahah! 
Grazie per essere arrivati fin qua (se qualche avventuroso si è spinto fino a questo punto), grazie per aver letto questa piccola follia. E, se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate, beh, fatelo... vorrei davvero capire se sono in grado di scrivere un'originale come si deve. (No, non quell'originale - KLAUS TI AMO!) Ok, torno seria, veramente. 
Io e Anya vi mandiamo un grande bacio. Alexander si dissocia perché non ci sta capendo proprio niente in tutta questa faccenda, povero. Ma si sa, i ragazzi sono sempre un po' tardi! 
Bene, con questa massima di saggezza io vi saluto e vi auguro una splendida serata! 
Sperando che la storia vi piaccia,
-Iv.

 
  
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