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Autore: usagainst_theworld    29/01/2014    5 recensioni
Peeta ha tremendamente ragione. Sono orgogliosa, fredda, calcoltrice ed egoista. Forse prima il suo amore per me era talmente forte da giustificare tutti i miei difetti, ma adesso non è più così. Conosce la mia vera natura e no, non mi ama. Perché quando mi ha detto quelle cose era completamente lucido. Non è stata colpa dei flashback, i suoi occhi erano cristallini come al solito.
Peeta lo sa, non sono un ibrido. Si è finalmente convinto, ma questo non gli impedisce di avere brutti ricordi legati a me. Ma anch'io soffro, quando mi urla quelle cose che mi ricordano la nostra conversazione nel 13.
Allora perché sei qui, Katniss? Perché continui a fissare la sua casa dalla finestra senza il coraggio di fare nulla?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Là in fondo al prato

- Devo averti amata molto -
- È vero - la mia voce si spezza e io fingo di tossire.
- E tu mi amavi? - chiede
Tengo gli occhi sulle piastrelle del pavimento - Tutti dicono di sì. Tutti dicono che è per questo che Snow ti ha fatto torturare. Per spezzare me -
- Questa non è una risposta - replica lui - Non so cosa pensare quando mi fanno  vedere certi nastri. Come quella prima volta nell'arena, sembrava che cercassi di uccidermi con quegli aghi inseguitori -
- Stavo cercando di uccidere tutti voi - dico - Mi avevate bloccata su un albero -
- E dopo, c'è una gran quantità di baci. Non sembravano granché sinceri da parte tua. Ti piaceva baciarmi? - chiede.
- A volte - confesso - Lo sai che c'è gente che ci sta guardando, in questo momento? -
- Lo so. E Gale? - continua.
La mia rabbia sta tornando. Non me ne frega niente della sua guarigione, questi non sono affari dei tizi che stanno dietro lo specchio.
- Anche lui non bacia male - dico seccamente.
- E andava bene a tutti e due? Che tu baciassi l'altro? - chiede.
- No. Non andava bene a nessuno dei due. Ma io non vi chiedevo il permesso - rispondo.
Peeta ride di nuovo. Glaciale, sprezzante. - Be', sei una bella stronza, non ti pare? -
 
Ogni volta la stessa storia.
Viviamo insieme. Dormiamo insieme. Passiamo la maggior parte della giornata insieme. Dovrei essere felice, di averlo ritrovato almeno un po'. È tornato, per me. E adesso riusciamo a stare vicini senza che lui debba scappare a causa di un episodio. Beh, almeno quasi sempre.
È passato il periodo in cui sembravo un vegetale e lui doveva sforzarsi di starmi vicino, per farmi tornare a vivere. È passato il periodo in cui cenavamo tutti e tre, io Peeta e Haymitch, in silenzio, finché il ragazzo del pane non si trovava a puntarmi un coltello alla gola. Adesso ha ripreso a dipingere, perché le sue mani non tremano più. Occupa le sue giornate impastando una gran quantità di pane, anche superiore a quella che in realtà ci servirebbe. Mi ha spiegato che è l'unico modo per tenersi occupato e rimanere ancorato alla realtà.
A volte lo sorprendo ancora a guardarmi con quello sguardo pieno d'amore che mi ricorda i vecchi tempi. A volte mi riserva ancora quei sorrisi spettacolari ed è in quei momenti che riesco a leggergli dentro e vedere che il vero lui è ancora lì. Di notte, quando entrambi ci mostriamo fragili e bisognosi d'aiuto, le sue labbra incontrano le mie. Sta guarendo, indubbiamente. Il dott. Aurelius sta compiendo un vero e proprio miracolo. Ma i ricordi modificati da Snow non lo abbandoneranno mai completamente.
Vorrei che tornasse a fidarsi di me. Vorrei non dover fare rumore quando cammino per casa per avvisarlo della mia presenza. Vorrei che non vivesse con la paura che io possa avvelenare il suo piatto. Vorrei che non scapasse più, dopo un nostro litigio.
 
Sono tre giorni che non lo vedo.
Tutto è iniziato, ovviamente, da un suo episodio. Eravamo pronti per andare a letto quando, notando il fatto che erano giorni che non si toglieva la protesi, gli ho suggerito di poggiarla accanto al comodino. In quel momento si è girato verso di me, con gli occhi neri come due pozze di petrolio. Ha iniziato a urlarmi contro cose come "È colpa tua se mi ritrovo senza una gamba!" e "È un tuo piano per attacarmi e non farmi scappare, vero?" poi si era rilassato quando avevo premuto la mia bocca contro la sua nel tentativo di farlo calmare. Eppure, nonostante il peggio fosse passato, quella notte ha deciso di dormire sul divano. La mattina dopo sono scesa a svegliarlo ma lui era già in piedi per preparare la colazione. Pensavo volesse scusarsi con me, come fa sempre e invece, quando ci siamo ritrovati faccia a faccia, mi sono accorta che chiedermi scusa non rientrava nei suoi piani.
 
- Non puoi costringermi a starti vicino! Non lo vedi che sto soffrendo? Certo che no, sei troppo occupata a pensare a te stessa! C'eri anche tu in quella prigione a farti torturare? No, tu eri protetta dai ribelli, al sicuro nel Distretto 13. Non puoi neanche immaginare cosa io abbia passato! Ma cosa te ne importa? Sono io a doverti consolare, io! E credi di essere libera di baciarmi quando ti pare e piace! -
- Peeta, io... -
-No, stai zitta! Ti piaceva baciare entrambi? Adesso prova a restare sola! -
- Ti prego, basta... -
- Vattene! Anzi no, me ne vado io! -

 
Peeta ha tremendamente ragione. Sono orgogliosa, fredda, calcoltrice ed egoista. Forse prima il suo amore per me era talmente forte da giustificare tutti i miei difetti, ma adesso non è più così. Conosce la mia vera natura e no, non mi ama. Perché quando mi ha detto quelle cose era completamente lucido. Non è stata colpa dei flashback, i suoi occhi erano cristallini come al solito.
Peeta lo sa, non sono un ibrido. Si è finalmente convinto, ma questo non gli impedisce di avere brutti ricordi legati a me. Ma anch'io soffro, quando mi urla quelle cose che mi ricordano la nostra conversazione nel 13.
Allora perché sei qui, Katniss? Perché continui a fissare la sua casa dalla finestra senza il coraggio di fare nulla?
Dovrei aprire quella dannata porta e correre a chiedergli scusa. Annullare la distanza fisica, e non solo. Ho il potere di farlo, ma il mio stupido orgoglio mi tiene ancorata qui.
 
Avevi promesso di aiutarlo e invece stai soltanto peggiorando la situazione.
Dovresti allontanarti in modo definitivo da lui.
Egoista, egoista, egoista.
Meriti di stare da sola per il resto della tua vita.
Egoista, egoista, egoista.


Ma mentre la mia coscienza ripete queste parole io mi ritrovo inspiegabilmente davanti alla porta di casa sua.
Tre giorni sono troppi anche per il peggiore degli incubi, mi dico. C'è solo un semplice pezzo di legno a separarci. Respiro a fondo, pensando che in realtà non so bene cosa gli dirò. Poi giro la maniglia, ma ad accorgliermi c'è solo il silenzio. Peeta non è in casa.
Dopo una breve tappa dal mio ex mentore, che ovviamente ubriaco mi risponde con battute squallide e volgari, decido di cercalo per il distretto. Mezz'ora che giro a vuoto e sono al punto di partenza. Sto iniziando a preoccuparmi, quando lo vedo. È seduto a gambe incrociate al limitare del bosco, dove una volta c'era la recinzione. A dividerci soltanto il Prato, sotto il quale giacciono le ossa dei nostri morti. Lo raggiungo a grandi falcate e mi siedo accanto a lui.
 
- Ciao - gli dico.
- Ciao - mi risponde con tono piatto, inespressivo. Si volta verso di me e posso vedere le sue iridi azzurre allargarsi per poi scomparire nel nero delle sue pupille. Però noto una cosa strana, che non è successa mai prima d'ora. Peeta sta piagendo.
- Che ci fai qui? - mi chiede sempre con lo stesso tono, ma capisco che sta cercando di trattenersi.
- Ti stavo cercando... e invece tu? - continuo a guardarlo negli occhi, ma lui distoglie lo sguardo e lo fissa in un punto indefinito davanti a sè. Le lacrime continuano a rigargli le guance.
- Volevo vedere cosa si prova a stare qui. Guardare il Distretto da questa angolazione. Come devono essersi sentiti quelli che sono riusciti a scappare, arrivati a questo punto? Spaventati? Impotenti? Avevano le fiamme dietro di loro e il bosco davanti. Non deve essere stata una scelta facile. Ma ti giuro Katniss, io sarei tornato indietro e sarei morto in quell'inferno, pur di salvare più vite possibili. - lo vedo stringere il pugno attorno a un ciuffo d'erba e però, allo stesso tempo, prendere la mia mano con la sua libera. Chiude gli occhi e resta in silenzio a lungo. Io non ho niente da dirgli, non so neanche se adesso crede che sia stata io a uccidere la nostra gente. In un certo senso è così. È colpa mia. Non dico nulla però, per non peggiore la situazione. L'aria intorno a noi è carica di tensione. Il silenzio non è di certo piacevole, ma opprimente.
- Mi scoppia la testa - dice prima di stendersi e poggiare la sua testa sulle mie gambe. I suoi occhi pian piano tornano normali e i muscoli del suo corpo si rilassano. Inizio ad accarezzargli dolcemente i capelli per poi passare al viso. La sua espressione è seria, ma lo sguardo meno tormentato di prima.
- Tu che avresti fatto? - mi chiede, ritornando a socchiudere le palpebre.
- Lo sai benissimo, Peeta. Io non sono come te - gli spiego, sperando che lui capisca la mia risposta.
- Ma non l'hai uccisa tu tutta quella gente. Vero o Falso? - domanda ancora.
- Vero - i sensi di colpa mi corrodono, anche se in fondo non sto mentendo. Di certo non sono stata io ad ordinare di sganciare le bombe sul mio Distretto - però Peeta... - lui riapre di colpo gli occhi e li fissa nei miei. Mi zittisce posandomi un dito sulle labbra - Shh, stai zitta - sussurra, con un tono ben più dolce di quello che aveva usato qualche giorno fa - Mi basta sapere questo -
- Sono confuso - continua - molto confuso, ma voglio fidarmi di te. Lo sai che oggi sarebbe stato il compleanno di mio padre? E l'altro giorno, quando abbiamo litigato, il giorno della mietitura, quella che ci ha portato per la prima volta nell'arena. – i suoi occhi si inumidiscono ancora.
- Ah - commento, con la mia solita loquacità.
- È da tre anni che ormai non festeggiamo insieme. Prima perché, beh, eravamo in viaggio per Capitol City. Quest'anno invece... - non completa la frase, non ce n'è bisogno. Di nuovo il senso di colpa ritorna, anche più prepotentemente di prima.
- È tutto ok, Katniss? -
Annuisco debolmente. Smetto di accarezzarlo per un po' e mi scopro ferma ad osservare i tratti del suo volto, finalmente rilassato come non lo vedevo da tempo. Peeta mi riporta alla realtà dicendomi: - Canti per me? -
- Soltanto se mi prometti di non scappare mai più, perché io ho bisogno di te - confesso.
- Anche io ho bisogno di te - si alza portando il viso alla mia altezza e lasciandomi un leggero bacio, quasi impercettibile, sulle labbra.
Ed è allora che capisco. Fin'ora io non ho vissuto. Sono un'esperta di sopravvivenza, certo. Ma la vita, quella vera, è tutta un'altra cosa. Devo inziare a vivere, per Prim, per Rue, per Finnick, per papà e per tutte le persone che ho perso. Devo farlo per loro, nonostante io non merito tutto quello che ho. Come non merito Peeta. Eppure quella strana forza che qualcuno chiama destino ha legato me e Peeta, il giorno in cui mi sentì cantare in classe la canzone della valle, e, nonstante tutte le avventure che abbiamo vissuto, non ha mai avuto intenzione di dividerci definitivamente. E se il mio futuro adesso mi appare come qualcosa di fugace e inafferabile, gli occhi finalmente sorridenti del ragazzo del pane sono ancora una volta la mia ancora di salvezza.
 Prendo un po’ di fiato e quasi in un sussurro inizio a cantare.
 
Là in fondo al prato, all'ombra del pino
c'è un letto d'erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.

Là in fondo al prato, nel folto celato c'è un manto di foglie di luna illuminato.
Scorda le angustie, le pene abbandona.
Quando verrà mattina, spariranno a una a una.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.

Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare qui è il luogo in cui ti voglio amare.

 
- Katniss, le senti? -
- Sentire cosa, Peeta? -
- Le voci di coloro che sono sepolti sotto questo Prato. Stanno cercando di dirci qualcosa -
- E cosa dicono? -
- Mmm... dicono che dovremmo essere felici per loro... - spiega Peeta, portandosi a cavalcioni su di me, distesa sull'erba - ... e che farei meglio a baciare Katniss Everdeen! -
- E questo lo dicono loro? - domando divertita, spostando la testa quando Peeta cerca la mia bocca. Il ragazzo si ritrova a baciare il terreno e tra le risate, commenta: - Ordini dall'alto! Non vorrai mica farli arrabbiare? - ma poi, invece di baciarmi, inizia a farmi il solletico per tutto il corpo.
Restiamo là in fondo al prato tutto il giorno, finché i raggi del sole non lasciano posto alla luce candida della luna. Prima di addormentarmi sul suo petto, lancio uno sguardo al cielo limpido pieno di stelle che mi sovrastra, pensando che lassù non dovrà mai più comparire il volto di un tributo.
Angolo dell'autrice:
Heeey!
Ho avuto quest'idea in mente e avevo voglia di scriverla... In realtà all'inizio doveva essere una drabble ma poi... ok forse mi sono dilungata troppo! Non ha un momento preciso da collocare tra l'ultimo capitolo e l'epilogo del libro, è in primavera comunque (riferimento agli Hunger Games) e sicuramente dopo il "Sei tornato" (ma và?) e il "Tu mi ami. Vero o Falso?" Spero qualcuno perda un po' di tempo per leggerla e magari anche per recensirla. Mi farebbe molto piacere sapere le vostre opinioni. Notte xx
 
   
 
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