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Autore: Harryette    30/01/2014    9 recensioni
E Hyden odia ancora quando le dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima, perché gli occhi non specchiano un'emerita minchia e l’anima probabilmente non esiste nemmeno.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Mentre sfiorisci.'
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SALUTANDOTI AFFOGO
 
Io sono qui. Qui e adesso.
In ogni istante, con tutto me stesso.

L’orologio mezzo rotto è una consolazione.
Quando Hyden ha l’impressione che i giorni siano troppo lunghi, che le lacrime siano troppo salate e il cuore troppo pieno d’acqua, guarda l’orologio rotto sul camino di legno di casa di Harry e si consola. La psicologia umana è la più contorta del mondo, effettivamente.
Questo spiegherebbe perché rimane stesa sul letto ad aspettare il suo ritorno, per giorni e giorni. Questo spiegherebbe perché rimane sveglia la notte quando sente che lo sognerà. Questo spiegherebbe anche perché continua ad andare a casa sua quando lui non c’è, solo per sentire il suo profumo. Che poi, forse, è proprio vero che è rimasto impregnato nei cuscini. Forse non se lo sta immaginando.
O forse si è immaginata proprio tutto, ogni frase ed ogni ‘ti amo’. Forse quell’orologio mezzo rotto è lei, spezzata, graffiata, ma funzionante, con le pile troppo stanche per girare ma abbastanza cariche per continuare a farlo ancora.
Con un ticchettio monotono e stancante.
Tic, toc.
Tic, toc.
Tic, toc.

L’ha rotto lei quell’orologio di rame? Quando? Come? Aveva tante domande in testa, non sapeva che cosa significasse smettere di pensare per un attimo. A casa mia, ho staccato la piastra dalla corrente? Ho spento la stufa? Dove ho messo il mio elastico verde? Domani ci sono lezioni all’università? Jillian verrà a trovarmi stasera? Che cosa cucino? Ho fatto il letto? Dove ho buttato la coperta gialla, l’unica che mi tiene calda?
Hyden aveva tantissime cose a cui pensare, si distraeva, non pensava mai a lui. Neanche quando era a casa sua. Devo chiamare l’idraulico? Devo fare la spesa? Dove ho lasciato il libro di filosofia? Che devo fare per domani? Quand’è il prossimo esame? Ho pagato le bollette? E il gas? E l’acqua reflue? Ho sistemato camera mia? Quando ha detto che sarebbe venuta a farmi visita mamma? Quand’ho l’appuntamento con l’estetista? Di che colore pitturo le unghie? Lunghe o corte? Tonde o quadrate?
Dove sei?
Porca puttana, Harry, dove cazzo stai adesso?
Ti odio come solo una persona che si ama si può odiare. Ti odio come il diavolo odia l’acqua santa, come tu odi i pistacchi e io le mandorle. Ti odio come la terra odia i rifiuti, come un uomo odia la suocera, come un cane odia un gatto. E ti odio come Dante ama Beatrice, come Petrarca ama Laura, come Ungaretti ama Ermione, come Leopardi ama il pessimismo e vaffanculo muori.

Hyden non aveva mai creduto alle promesse, ai giuramenti, al sangue che scorre e alle parole che volano. Non aveva mai creduto a tante cose, Hyden. Però credeva che un’anima non restasse mica a prendere la polvere sulla terra.
Credeva anche che presto la regina Elisabetta sarebbe crepata una buona volta, che sarebbe finito il mondo nel 2050 e addio, banda di deficienti. Non credeva agli occhi, Hyden, a prescindere dal colore. Non li leggeva, nemmeno si sforzava, nemmeno ci teneva.
Credeva ad Harry, però.
Ci aveva sempre creduto. Ci crede ancora, per la verità.
Hyden è stesa sul materasso di Harry, una domenica mattina uguale a tutte le domeniche mattina del mondo, mentre fissa il soffitto e pensa. ‘’Magari dovresti pensare di meno’’ la derideva sempre lui. ‘’Pensare fa venire i brufoli’’. E ‘’vaffanculo cretino’’, ma ti amo lo stesso.
Sotto strati di coperte Hyden non piange più, non trema più, non scuote più la testa, non pensa neanche più ai brufoli. Non spera nemmeno. E’ tutto un sospirare, uno scrollare le spalle, un al diavolo tutto il genere umano, che finisce con una bestemmia- un ma che cazzo me ne frega. Tanto non torna. E se torna non resta.
E tutto un rimuginare sui tatuaggi di Harry. Sulla sua iniziale incisa sul cuore, che le aveva mostrato dopo una delle loro tante serate insieme. ‘’Ti sei tatuato un’H sul petto?’’ aveva sgranato gli occhi lei. ‘’Lo sai che è indelebile?’’
‘’Male che vada, dico che è l’iniziale del mio nome’’ l’aveva stretta a sé. ‘’E anche tu sei indelebile. Sei sotto la mia pelle, sei la mia pelle’’
E lei gli aveva baciato la pelle arrossata, quasi come fosse martoriata da lividi. E ‘’grazie, ti amo’’ anche se non diceva mai nessuna delle due cose, e lui la conosceva meglio di se stessa.
E Hyden odia ancora quando le dicono che gli occhi sono lo specchio dell’anima, perché gli occhi non specchiano un emerita minchia e l’anima probabilmente non esiste nemmeno. E perché la parola ‘occhi’ le riporta inevitabilmente in mente Harry, così come la parola ‘amore’, o la parola ‘cuore’, o la parola ‘braccia’, la parola ‘gambe’, la parola ‘tavolo’, ‘mensola’, ‘strada’, ‘sole’, ‘scuola’, ‘broccoli’.
E avrebbe voluto strappare tutto, esattamente tutto, ma le mancava il coraggio perché Hyden non è mai stata coraggiosa. Anche quando crede che lo sia, non lo è. Hyden è tutte le fotografie, tutti i regali, quel ciondolo della metà di un cuore - Harry che fine ha fatto la tua parte?-, tutti i petali di rosa che ha conservato fra le pagine di Cime Tempestose, tutti i ricordi, tutte le macchie e tutti i grumi del passato che rimangono là- immobili e fissi.
Indelebili come l’H che si era tatuato Harry secoli prima, e che alla fine non è più l’iniziale del suo nome. Immobili come quell’orologio sul camino di legno di casa di Harry che- dopo due settimane- ha smesso di girare e si è fermato.
Ed Hyden vorrebbe essere capace di accatastare tutto nell’angolo più remoto della sua mente, dimenticare le cose belle perché alla fine sono le cose belle che ti fanno soffrire. Ricordare solo il peggio di Harry.
Ricordarsi di quando litigavano e lui le urlava ‘’ma non lo capisci che, con il carattere che ti ritrovi, allontanerai tutti?’’, anche se poco dopo le diceva ‘’io non me ne vado’’.
Ma te ne sei andato, Harry. Te ne sei andato e ti sei portato via tutto quello che mi restava.
E Hyden vuole urlare. Vuole urlare perché così si sentirebbe viva, si sentirebbe parte di qualcosa anche se è caos.
E vuole strapparsi il cuore dal petto, perché pensa che così farebbe meno male. Magari. Forse. Chissà. Hyden stende le gambe di fronte a sé, su quel letto che le sembra sempre più vuoto e sconosciuto, e porta in alto le braccia. Sente l’aria diventare man mano più pesane e chiude gli occhi, perché basta non voglio pensare.
E quando li riapre è ancora lì, più simile ad una piuma nel vento che ad una ragazza di venti anni. E pensa di nuovo, perché proprio non può farne a meno. Dovrei cambiare le batterie dell’orologio?
L’orologio mezzo rotto, dopotutto, è una consolazione.
E in quella domenica mattina identica a tutte le domeniche mattina del mondo, Hyden si alza dal letto di Styles e mette l’orologio a pendolo in quella borsa verde ed enorme, che Harry chiamava ‘’la borsa di Mary Poppins’’.
Forse sorride o forse no, Hyden è un po’ un mistero per tutti.
Decide che, stesso quella mattina, andrà a comprare un paio di batterie nuove e porterà quell’orologio a casa sua. Così forse inizierà a pensare che l’orologio mezzo rotto è una consolazione, ma nel suo letto e fra i suoi profumi. E Hyden si ripromette che, almeno per quella domenica, penserà un pochino di meno perché ‘’Pensare fa venire i brufoli’’ la derideva sempre lui.
E anche perché ‘’vaffanculo cretino’’ ma ti amo lo stesso.

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Ho ritrovato questa os sul computer, che risale ai bei tempi dell'estate in una notte insonne ((come molte altre))
Ho deciso di postarla principalmente perchè ho scritto pochissime os, e rileggendola e correggendola
mi piangeva il cuore a lasciarla lì.
Per scriverla ricordo di aver ascoltato 'here without you' dei 3 doors down, e vi consiglio
di ascoltarla. E nada, ditemi che ne pensate anche se non è nulla di che.
Harryette
  
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