11.
IL SOGNO
Ero
immerso in una vasca piena di acqua profumata e due mani leggiadre
dietro di me massaggiavano le mie spalle, rilassando gentilmente i miei
muscoli tesi.
Sospirai soddisfatto reclinando la testa indietro poggiandomi sul petto della mia regina.
- -Dovresti cedere alle loro richieste. – la voce melliflua di Arya invase il mio orecchio.
- -Non posso. I Draghi non me lo permetterebbero mai. E, anche io, non riesco a credere che sia questa la strategia migliore.
- -È
l’unico modo per restare in vita. – la sua mano
scivolò in avanti e cominciò ad accarezzarmi gli
addominali, lasciandomi sfuggire un mugolio di piacere.
- -Forse,
ma preferirei morire che cedere la vita dei Draghi a quelle perfide
creature. – la mano continuò a salire seguendo il contorno
della mia clavicola.
- -Sarai
accontentato. – all’improvviso la carezza diventò
una stretta decisa e forte che mi bloccava il respiro e minacciava di
spezzarmi il collo. Cercai di girarmi sconvolto ma, la donna alle mie
spalle non era più la mia Arya, no, la donna che mi stringeva
spasmodicamente il collo era qualcuno che non aveva mai visto.
Mi svegliai di colpo ansimando spaventato. Mi toccai il collo agitato, trovandolo libero.
Era
stato un sogno, ancora quel sogno. Questa volta ero riuscito a vedere
il volto della donna però, anche se era inutile visto che non
l’avevo riconosciuta.
Piccolo
mio… devi smetterla di lasciare spazio nella tua mente a questo
sogno. Ti lascia ogni notte più spossato e inerme.
Devo
vedere come finirà, anche se non so che cosa voglia dire. Ogni
notte il sogno va un po’ avanti e scopro qualche particolare in
più.
Perché non racconti ad Arya di questi sogni, invece di tenerla a distanza?
Non la tengo a distanza.
Eragon…
Lo faccio per lei! Non voglio che questo sogno si avveri.
Non puoi essere certo che si avvererà.
Invece,
ne sono certo. Ho già avuto questo tipo di sogni e si sono
sempre avverati. Un sogno normale non mi assalirebbe tutte le notti e
non mi sembrerebbe reale come questo…non so come spiegartelo, ma
tu vedi come mi sento durante questi sogni, non puoi credere che sia
una cosa normale.
Ho paura che tu ti faccia del male.
Stai tranquilla, Saphira. Sognare non può uccidermi.
Ho una brutta sensazione.
Anch’io, ma devo capire di cosa si tratta.
Spero, almeno, che scoprirai qualcosa di piacevole la prossima volta.
- -Hai perso, Killian. -
La
spada gialla, luminosa come il sole, cadde rumorosamente a terra e il
suo proprietario venne minacciato da una spada violacea.
- -Rifacciamolo. – il ragazzo si rialzò da terra infuriato.
- -Adesso
no, Killian-vodrh. – Kalea gli sorrise accarezzandolo con lo
sguardo, risollevando notevolmente l’umore del suo amico.
- -Comunque per la cronaca ti ho lasciato vincere. –
- -Io
sono invincibile, Killian. Dovresti saperlo. – le loro risate si
levarono nell’accampamento, interrotte bruscamente dal suono di
una voce roca e ironica.
- -Non
mi dite, abbiamo un Cavaliere invincibile qui? – Murtagh era
comparso all’improvviso, sorprendendo i due cavalieri, Kalea si
chiese ancora una volta come facesse il cavaliere a mantenere le sue
difese mentali sempre così rigide, doveva richiedere una tale
concentrazione che le sembrasse impossibile che qualcuno le mantenesse
per tutto il giorno.
- -Io e Killian scherzavamo, Murtagh-elda. Non sono invincibile. Nessuno lo è. –
- -Sono
lo stesso deciso a sfidarvi. Vi tirate indietro? – il tono
canzonatorio convinse l’elfa a farsi avanti e a brandire la sua
spada.
- -Accetto
la sfida, cavaliere. – la rossa si avviò aggraziata con
lunghe falcate al centro del campo e guardando negli occhi il suo
avversario brandì la sua spada con un cipiglio sicuro.
Murtagh
la seguì soddisfatto e dopo aver smussato la sua lama,
cominciò a squadrarla di rimando. Kalea sapeva che il Cavaliere
Murtagh era conosciuto per la sua forza, era anche agile, ma lei
sperava non tanto quanto un elfo.
Notando
la sua espressione pensosa, Murtagh fece la prima mossa, avventandosi
su di lei cercando di coglierla di sorpresa. Lei, però
riuscì a difendersi in un lampo e cercò di fermare il suo
assalto con la guardia della sua spada. Il rosso della spada del suo
avversario sembrava sangue fresco tanto era brillante. Il viso di
Murtagh a pochi centimetri la distraeva e la rendeva nervosa, non aveva
mai visto così da vicino i suoi occhi. Erano grandi e scuri,
lucenti e profondi.
- -Murtagh!
Kalea! – la voce di Eragon li raggiunse facendola allontanare
velocemente, sotto l’occhiata insieme divertita e irritata
dell’uomo – hanno risposto al nostro messaggio. –
tutto l’Ordine si stringeva intorno al cavaliere per saperne di
più. Kalea guardò curiosa il biglietto, voleva andare da
Eragon, era curiosa di sapere cosa avevano risposto quelle strane
creature e poi…il suo maestro l’aveva chiamata e per
quanto si sforzasse obbedire a quello che le chiedeva Eragon era
più forte di lei e di tutti i suoi allievi. Eragon era una guida
buona, giusta ed era impossibile non stimarlo o amarlo, ma Murtagh
continuava a guardarla con il suo sguardo canzonatorio in attesa della
sua prossima mossa e lei non voleva essere la prima ad abbandonare il
campo.
- -Il tuo maestro ti ha chiamato, non corri come sempre ad eseguire i suoi comandi? –
- -Eragon-
elda ha chiamato anche suo fratello – il mio tono di voce era
più tagliente di quanto volesse, ma non era riuscita a
trattenersi - dopo di te. – il cavaliere scoppiò a ridere
di fronte alla mia espressione offesa, anche se cercavo di nasconderlo.
Non mi piaceva pensare che qualcuno credesse che io corressi come un
semplice servo ogni volta che Eragon comandasse qualcosa.
Semplicemente, lo stimavo e fin quando avrei creduto nella
veridicità delle sue parole e nelle sue buone intenzioni lo
avrei seguito in capo al mondo, come forse neanche per la mia regina
avrei fatto. Io e lei eravamo troppo simili, era impossibile per me
affezionarmi a lei e la cosa credevo fosse reciproca, eppure la stimavo.
- Bene,
allora rendiamo contento mio fratello. – Murtagh si esibì
in un ridicolo inchino indicandomi di precederlo, gli lanciai
un’occhiata raggelante, nascondendoli un sorriso e cullata dal
suono della sua rauca risata ci avviammo verso Eragon e il gruppetto
che stava contemplando il messaggio.
Quel
palazzo era così grande che per tornare nelle sue stanze Arya
perdeva almeno dieci minuti camminando velocemente, l’unica cosa
positiva era che Fìrnen poteva attraversare quei grandi corridoi
con lei. La parete del corridoio dove si trovava la loro stanza insieme
a quella di Eragon e Saphira era decorata da dipinti bellissimi che
raffiguravano appieno la bellezza e la grandezza dei Draghi e dei loro
Cavalieri. Mentre passavano accanto alla stanza di Eragon, la porta
semiaperta e una strana luce all’interno attirarono la sua
attenzione, facendola sostare per un lungo momento davanti alla porta
incerta. Dopo che si erano baciati, Arya aveva pensato che tutto
sarebbe andato alla perfezione, ma quel momento di idillio non era
durato nemmeno un giorno intero. La mattina dopo, inspiegabilmente, lei
aveva avvertito che c’era ancora qualcosa di non detto tra di
loro, e quando aveva provato a fare qualche domanda al cavaliere, lui
le aveva svincolate tutte e aveva trovato sempre nuove scuse per non
restare solo con lei. Si sentiva ferita e, anche se cercava di non
pensarci, offesa. Non capiva cosa avesse sbagliato. Maledicendosi mentalmente
per non saper resistere, si appiattì contro la porta e
intrufolò la testa dentro la stanza. La camera di Eragon era
disposta come la sua, ma mentre la sua era spoglia e anonima, quella di
lui portava chiaramente il segno dei molti anni che lui aveva passato
in quel palazzo. La prima cosa che le saltò agli occhi fu
l’enorme mappa che ricopriva un intera parete fino al suo
soffitto. Rappresentava Alagaesia in tutto il suo splendore, tutto
l’Impero, la Du Weldenvarden, il Surda, i Monti Beor e Carvahall,
la città era rappresentata prima della sua distruzione. Da
quella immagine radiosa del villaggio velata di malinconia Arya
riconobbe subito la mano di chi l’aveva disegnata. Il tocco non
era esperto, ma trasudava emozione da ogni pennellata. Doveva aver
preso lezioni da Kalea. Una stoccata di gelosia l’avvolse a quel
pensiero. Forse, era per questo che Eragon l’aveva allontanata,
dopo averla baciata si era accorto che, in realtà, era
innamorato di un’altra donna. L’improvviso bagliore delle
luci che per prima l’avevano attratta all’interno della
stanza, la guidarono verso un angolo dell’enorme stanza. Qui,
accerchiato da luminose fiammelle azzurre sedeva Eragon su un grazioso
tappetto, che sembrava fatto con foglie e arbusti, circondato da
morbidi cuscini. Stringeva spasmodicamente un pezzo di giada tra le sue
mani e lo fissava intensamente come se ne andasse della sua vita. Si
perse nel contemplare il suo profilo, così aggraziato e fiero,
come non aveva mai fatto per paura di essere scoperta. Un improvviso
suono rauco attrasse la sua attenzione sul soffitto altissimo della
stanza, dove un paio di occhi azzurrissimi la inchiodarono alla porta
colta in fragrante. La dragonessa la guardò a lungo come se
cercasse di sondarle l’anima, poi le parlò.
Fai quello che credi, Arya Drottning.
Ti ringrazio, Saphira Squamediluce.
Si
avvicinò ancora di più, ormai metà del suo corpo
era visibile dall’interno, ma Eragon, fortunatamente, era troppo
intento a guardare quella misteriosa lastra per prestare attenzione a
quello che lo circondava, lo accarezzava come se fosse una persona.
Si
concentrò sul pezzo di giada e riuscì a distinguere le
figure di due donne. Facendosi coraggio si raddrizzò fieramente
e come se niente fosse cominciò ad avanzare verso Eragon,
l’improvvisa apparizione di una nuova presenza lo riscosse dai
suoi pensieri, e lo fece puntare sorpreso gli occhi su di lei. Prima
che avesse modo di parlare, Arya si sedette vicino a lui, attorno a
quelle numerose fiammelle azzurre che rendevano lo sguardo di Eragon
quasi metallico.
- -Arya,
cosa…? – il suo tono di voce stupefatto, la fece sorridere
imbarazzata. Anche lei non sapeva perché si stava comportando
così. Lei non entrava di nascosto nelle camere degli altri, non
spiava le persone che amava e non le interrompeva nei loro momenti
privati, eppure, non era riuscita a trattenersi e in fondo non sentiva
di aver sbagliato. Voleva conoscere tutto di Eragon, e soprattutto
voleva scoprire il motivo della sua tristezza.
Gli
accarezzò una guancia dolcemente, come se questo fosse
sufficiente a rispondere ai suoi interrogativi, poi con una semplice
parola nell’antica lingua afferrò la lastra dalle sue mani
e la scrutò con attenzione.
Era un fairth. O meglio, erano due fairth uniti.
Il
primo rappresentava una donna bionda, vestita con abiti da battaglia,
ma con un espressione dolcissima in volto, che accarezzava una rosa e
l’ annusava. Era molto bella. Così bella, in effetti, che
un lampo di gelosia l’avvolse. Non conosceva quella donna e non
sapeva che Eragon avesse una tale affezione per qualsivoglia donna che
non fosse lei. Il fairth vicino, però, la calmò in parte.
C’era una nave come sfondo e un elfa dai lunghi capelli neri e il
mantello svolazzanti a causa del vento sorrideva tristemente verso
l’orizzonte. Era lei, Eragon doveva aver fatto quel fairth quando
lei, Roran e Fìrnen avevano accompagnato lui, Saphira e gli
altri ai confini di Alagaesia, lungo il fiume Edda.
- -Eragon. – assaporò quel nome, cercando di imprimervi in esso tutte le sue sensazioni.
- -Mi
dispiace Arya. Non avrei dovuto permettermi evocare la tua immagine, ma
eri così bella in quel momento e il mio stato d’animo era
così triste. Non sapevo quando ti avrei rivisto, anzi non sapevo
se ti avrei rivisto mai e la cosa mi distruggeva. –
- -Non
devi chiedere scusa, Eragon! Sono contenta che tu abbia voluto portare
un’immagine di me, anzi la cosa mi lusinga. – gli sorrise
leggermente imbarazzata, davanti all’espressione
all’improvviso serena e amorevole di lui. – l’unica
cosa che non capisco e chi è quest’altra donna. Non mi
avevi detto di avere una tale amicizia. – le ultime parole le
uscirono più dure di quanto volesse non voleva sembrare gelosa,
ma davvero, chi diavolo era quella donna! E perché lui teneva la
sua immagine accanto alla sua? Sorpresa si ritrovò a pensare a
quanto era diventata gelosa dei sentimenti del Cavaliere, era sempre
stata l’unica, al di sopra di tutte e altre ed era decisa a
mantenere la sua posizione, non poteva sopportare l’idea di
essere soppiantata da qualcun’altra.
- -Arya, lei è…mia madre. – la sua voce commossa confermarono la sua affermazione.
- -Non
l’avevo mai vista. Era molto bella. Sono contenta che tu abbia
avuto modo di vederla, anche se solo in un fairth. –
- -Anch’io,
così sono riuscito a dare un volto ai sogni che faccio su di
lei. È bello sapere che faccia ha tua madre. –
Senza
dire niente, Arya poggiò per terra la lastra e si
avvicinò ancora di più al Cavaliere fino ad arrivare ad
abbracciarlo. Dapprima sorpreso il Cavaliere si rilassò subito,
sospirando e ricambiando l’abbraccio.
L’elfa si ritrovò a
cullarlo come un bambino. Sapeva che Eragon aveva una grande nostalgia
dei suoi genitori. Ogni volta che pensava alla sua situazione, era
grata per tutti gli anni che invece lei aveva potuto passare con i
suoi, e rimpiangeva amaramente quelli passati lontano da loro.
- -So
che stai cercando di evitarmi, Eragon. – il suo sussurrò
accarezzò lento l’orecchio leggermente a punta di lui
riscuotendolo.
- -Mi
dispiace, Arya. È che…ho fatto un sogno, o meglio
è da un po’ che faccio lo stesso sogno. Ci sei anche tu e
bhè…ho paura. Paura che questo sogno si avveri per questo
evito di restare solo in tua compagnia. Se può consolarti, ho
scoperto che è maledettamente difficile farlo. –
- -Fare cosa? –
- -Restarti lontano. Per me è la peggiore delle torture. –
- -Non infliggertela da solo, allora. –
- -Voglio proteggerti.-
- -Non puoi combattere contro il destino, Eragon. –
- -Se il destino vuole la nostra separazione, allora, lotterò anche contro di esso.-
- -Bhè…allora
– l’elfa avvicinò il suo viso a quello del Cavaliere
poggiando la sua fronte contro quella contratta di lui –
lotteremo insieme. –
Eragon
respirò profondamene, odorando l’intenso profumo di pino
selvatico dell’elfa rinfrancato. Arya aveva ragione che senso
aveva lottare contro qualcosa che non potevano evitare, perché
non si godeva invece quei momenti con lei. Adesso che finalmente
entrambi volevano la stessa cosa.
Delicatamente strinse tra le sue forti mani il viso leggiadro dell’elfa scrutandola ammirato.
- -Sei
così bella. – poggiò le sue labbra su quelle
perfettamente arcuate di lei e la baciò dolcemente. – sono
stato un pazzo se ho pensato di poter stare lontano da te e dalle tue
labbra. –
- Sono
contenta che tu sia rinsavito. – risero insieme, abbracciandosi
più stretti e allungandosi sui morbidi cuscini avvolti dalle
minuscole fiammelle azzurre, accarezzandosi dai loro sguardi.
Non avevano bisogno di nient’altro.
NOTE DELL’AUTRICE
Ciao
carissimi, allora, questo è un capitolo di passaggio. Volevo
introdurre il sogno di Eragon, che spero vi sia piaciuto, il continuo
consolidamento del rapporto con Arya e un piccolo sprazzo
Murtagh/Kalea. Spero vi piacciono come coppia perché credo che
per la fine della storia li vedrete insieme. Mi dispiace per il
ritardo, ma davvero ho fatto il prima possibile! Grazie per tutti
quanti voi che continuate a recensire la mia fic mi riempie di gioia e
mi sprona ad andare avanti. Ringrazio anche tutti quanti quelli che
mettono la storia tra i preferiti e le seguite continuate a crescere e
questo mi riempie di gioia! Ringrazio anche i lettori silenziosi, se
avete del tempo lasciatemi un vostro piccolo giudizio! Detto questo, UN
BACIO ENORME A TUTTI! A presto!
_Mollica_