Anime & Manga > Nana
Ricorda la storia  |      
Autore: acchiappanuvole    10/06/2008    8 recensioni
Mentre la guardava Shin si era chiesto perché una donna del genere pagasse per avere ciò che con ogni evidenza avrebbe potuto facilmente trovare in un rapporto di scambio reciproco. Ed era arrivato alla conclusione che forse era un altro il motivo che l’aveva spinta a dargli dei soldi fondamentalmente non richiesti. Una sensazione improvvisa, non motivata da nulla che sia effettivamente accaduto. Eppure forte. Quante volte, incontro dopo incontro, il denaro era rimasto sul comodino come una realtà sempre presente e tuttavia non riconosciuta
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tokio è il cuore della leggenda dei sogni senza speranza. Come falene speciali attratte dallo scintillio della nichilista capitale, le persone senza talento o rimaste anonime vengono sputate nelle strade dalla leggenda del successo.

Sei venuto qui per vedere il tuo desiderio realizzato a tre dimensioni tra i fiori di loto; il mondo d'evasione dell'infanzia proiettato a ripetizione nell'età adulta (qualcosa di metaforico, come, ad esempio, tenerti per mano ad una madre immaginaria finché non hai scoperto la masturbazione); il miraggio che da così tanto tempo  prometteva l'invito allettante di riflettori e amplificatori di alto livello. -Insieme alle fontane di birra e al sistema divistico dal quale ti sei lasciato travolgere come un mozzicone di sigaretta inghiottito dallo sciacquone del cesso-  Un sole perpetuo, perfetto per nascondere la desolazione di un grigio inverno, perduto negli abissi della memoria sotto un pesante strato di neve. E in ultimo, l'invito verso una splendente libertà.

L'invito a disfarsi nell'oblio, a morire senza accorgersene, a diventare vecchi sembrando giovani, a spalancare le braccia credendo di aver raggiunto i confini del mondo, per poi scoprire che quello che ti è rimasto in mano non è altro che costosa polvere bianca e un vuoto incolmabile.

Un enorme cartellone pubblicitario va a coprire l'intera facciata di un edificio, colori sgargianti e abiti accattivanti per una nuova band lanciata ai fasti dei media, poco importano i contenuti, l'importante è l'immagine e l'inganno.

Withe Oleander.

Nome idiota per una punk band.

Ma forse anche il nome Trapnest era altrettanto idiota.

O meglio...

quel nome era chiaro come la scritta sulla porta dell'inferno dantesco. Sarebbe bastato prestarvi più attenzione.

Ma adesso non ha più nessuna importanza.

E' ciò che, quando sei arrivato, speravi ti avrebbe curato. Con cui speravi di essere curato venendo qui -vale a dire, è il caso di sottolinearlo, ciò per cui qualcun altro voleva farsi curare, poiché la tua malattia è stata la cura di qualcun altro-

La città freme nel traffico, nel vociare, nella frenesia di una società troppo di corsa, troppo caotica, troppo arresa.

Sulle prime sei deluso, perchè ti aspetti di vedere le stelle sopra la tua testa - le stesse con cui Reira desiderava giocare- ma le sole che vedi sono quelle plastificate appese ai lampioni che contornano i marciapiedi. Scintillanti di lustrini, le lunghe file di negozi e ristoranti self-service, bar e banchetti di hot dog Red Devil, cinema.... Ma non resterai deluso per molto, se scaverai sotto la superficie di queste strade rutilanti di luci al neon per turisti.

Di fronte il chiosco dei giornali, i professionisti dell'esistenzialismo, sfogliano libri tascabili e le checche s'inseguono davanti alle riviste di culturismo, mentre la signora dal trucco impeccabile che aspetta di partecipare a un congresso dell'associazione genitori-insegnanti, compra una rivista di moda lanciando occhiate significative ai teppisti delle superiori che fanno cagnara alle sue spalle. Parole tonanti come il tema senza musica di questa strada.

Facce imbambolate emergono dalle macchine parcheggiate nel buio: a prima vista sembrano vuote finché erompe la favilla di un accendino e di colpo ti rivela un paio d'occhi fissi nel volto ombreggiato dalla fiammella.

Forse quello che cerchi.

Sarà bene arrivare alla fine della strada, lontano dallo splendore fluorescente di luci pastello, per frugarsi nelle tasche dove gli spinelli di marijuana attentamente razionati per sogni artificiali non saranno mai un valido sostituto di quello che ti manca.

Una furiosa ricerca ancora insaziata. I sensi tesi come corde di violino, quasi fossi ubriaco senza aver bevuto. E ti riscopri a pensare che, spesso, senza preavviso torna il desiderio struggente di tornare a casa. La tua vecchia casa, stretta e spoglia ma affacciata sul mare, con la vasca da bagno e posacenere ovunque. Là dove tutto è cominciato. Là dove tutto è finito.

Lei non sarà lì ad aspettarti. Lei sembra non esserci più da nessuna parte.

 

Lei..

 

Sfiori il lucchetto che ti ostini a portare al collo.

 

Quei giorni..

 

Butti giù pasticche alla cieca, passate da una persona all'altra con più noncuranza di una sigaretta. E poi sai come proseguirà. Come sempre. Snifferai allineando strisce sottili sul lavandino di qualche cesso pubblico, e al risveglio, ovunque sarai, invariabilmente sentirai un'apprensione improvvisa, perchè dovrai affrontare lo specchio che ti fisserà livido, e tu cercherai Qualcuno; eppure non vedrai chi vorrai vedere, bensì, in quell'ora mattutina -l'ora del risveglio, che sia pomeriggio o sera- uno strano volto accusatore.. Te stesso. Con occhi consapevoli e vacui che giudicherai non essere più tuoi: una faccia violentata dalla sua consapevolezza.

Tornerà l'immagine di quel qualcuno che hai perduto o smarrito da qualche parte nei ricordi labirintici che riportano a una finestra serena... Ma nonostante questo tu sai, naturalmente, che non sei più un "ragazzo" . Sei ancora giovane, certo, ma dentro è come se si fossero snodate migliaia di anni da quando hai lasciato quella finestra per salire su quel treno.

Staccandoti dallo specchio ti sentirai trafitto dalla colpa.  Una nuova pasticca ti aiuterà a formulare una nuova domanda.

Ma quale colpa? Forse la tua colpa è un modo contorto di chiedere scusa per vivere in un mondo di cui non ti senti  responsabile.

E un altro giorno sarà trascorso. Ma a che serve che un giorno trascorra così facilmente, quando d'improvviso c'è il sole divorante e un altro giorno, un'altra vuota distesa di tempo prima che tu possa di nuovo nasconderti?

E' meglio svegliarsi di notte, così da non dover snebbiare gli occhi e il tuo io oscuro per adattarli al sole.

In quel sole dove ricomincerà di nuovo il tentativo di riempire il nulla con qualcosa, con qualunque cosa!

 

Ti trascini di nuovo per le strade. Ancora tra le orde di persone e alle loro voci ovattate, come un vinile che gira lento e sregolato su di un vecchio giradischi anni 70. Nessuno sembra riconoscerti. Nessuno sembra fare caso a te. Se non qualche perbenista in giacca e cravatta che scuote contrariato la testa al tuo passaggio.

Da uno dei locali, affollato della più disparata umanità, il tuo orecchio distingue bene  la radio ad alto volume e la voce del dj (uguale a quella di mille altri dj) che commenta il pezzo di un band sulla quale i riflettori si sono spenti già da tempo.

-Se non li ricordate vi rinfrescherò la memoria, questi sono i Trapnest con Wish-

Che beffa. E sogghigni divertito dell'ironia del destino mentre la voce magnifica di Reira ti accompagna ancora per qualche metro.

E mentre ascolti le parole di quella canzone che tu hai scritto, sopra i rumori della città e lo strepitio delle strade, hai l'improvvisa sensazione di aver sognato per lungo tempo. O meglio, di essere stato nel sogno di qualcun altro.

E in quanti altri sogni?

Eri un figo raffigurato in centinaia di poster, la posa da duro, lo sguardo incurante eppure ardente. La tua immagine appesa in chissà quante stanze di eccitate ragazzine che avevano scritto di te, del loro idolo sul loro diario. In questo modo hai invaso i sogni degli altri, quelli che cercavano in te non ciò che sei veramente ma ciò che loro volevano trovare.. Sei esistito solo come un aspetto di quei sogni inesauditi.

Le loro vite, i loro desideri che durano giorni, anni, e continuano molto dopo che ne sei uscito, tu che sei stato presente solo in una minuscola capocchia di spillo della loro vita che sta proseguendo senza di te, ora che non sei più nessuno.

Già, perchè come sarà ricordato Ren dei Trapnest? Se mai lo sarà, da quelle centinaia e centinaia di voci adoranti in quel lungo addio in cui si trasforma la vita?

Sei semplicemente passato come una folata di vento.

 

Nana, se mi lascerai morire allora tu morirai con me

 

Il tuo dito è premuto al campanello. Una strada buia, deserta. L'ostinazione ubriaca che non ti fa desistere dal tuo intento. Forse sta dormendo. Forse è con qualcuno. Forse hai sbagliato casa, hai sbagliato quartiere, hai sbagliato tutto. Stai sbagliando tutto. Ancora e ancora.

 

di nuovo il tentativo di riempire il nulla con qualcosa, con qualunque cosa!

 

Rinunci traendoti da parte contro il muro della palazzina, sentendoti spezzare da un’ondata di depressione; una depressione resa cento volte più spaventosa dal fatto che ha a che vedere con la vulnerabilità. –come le mille paure senza nome sperimentate nel buio quando sappiamo che qualcosa si acquatta lì in agguato-

Chiudi gli occhi alla nebbia fitta che li invade.

-è molto che sei qui?-

Quando li riapri vedi in piedi davanti a te un ragazzo capace sempre di sorprendere per la bellezza che lo caratterizza. Ha le mani affondate nelle tasche e non sembra per nulla sorpreso di trovarti lì.

Ma dopotutto ha imparato a non sorprendersi più di nulla già da parecchio tempo.

-ho suonato il campanello- dici massaggiandoti gli occhi –non rispondevi-

-probabilmente non lo hai notato ma non ero in casa. Le riprese sono finite mezzora fa e sono arrivato adesso- e estrae le chiavi di casa da una delle tasche. Il portachiavi è un semplice filo di raso rosso che le tiene unite. Fa scattare la serratura d’ingresso. Due rampe di scale per arrivare all’appartamento. Nessun ascensore.

-ce la fai a salire le scale?- ti lancia un’occhiata ironica

-ovvio- ti concedi un sorrisetto.

Fuori, un furgone di hot dog fuma sinistro come un relitto dell’inferno.

 

Le persone con cui vado, forse saranno frivole, ma sono anche incredibilmente sole. Due corpi che si scaldano a vicenda danno l’illusione di due anime che si toccano. Poco male se è un inganno. Illudersi alle volte è una buona medicina.

 

 

Provato dalla risoluta eiaculazione, giunta dopo che l’avevi trattenuta fino al momento vero e proprio della liberazione, in spasmi doppiamente orgasmici, quasi avessi cercato di prosciugarti di qualcosa che andava oltre il mero sperma, ti sei disteso sul letto e ti sei addormentato all’istante. Svegliandoti con la stessa subitaneità –vigile, come se qualcuno ti avesse chiamato- lo vedi ancora disteso sull’altro lato del letto, intento a guardarti con gli occhi azzurri freddi come schegge di vetro. Occhi di chi ha visto e vissuto troppo e troppo in fretta.

-Sono così interessante?- allunghi le braccia fino a toccare la spalliera del letto scuro, fuggi lo sguardo rifugiando gli occhi sul soffitto scrostato.

-dovresti dare un’imbiancata qui dentro- commenti senza pensare, portandoti una sigaretta alle labbra –sembra la tana dell’uomo ragno-

-Aveva uno tana? Comunque non ne varrebbe la pena, non ci starò ancora per molto- porta  il braccio verso di te, nella sua mano brilla un accendino. E’ davvero sobrio e differente da quello che una volta  portava al collo.

-ah no? Hai deciso di migrare?- il fumo azzurrognolo si solleva sopra la tua testa

-più che altro ho esaurito i soldi per l’affitto- seguita a guardarti, ti sta studiando. Lo fa ogni volta. La capacità di Shin nel cogliere le più varie sfumature dell’animo umano si è affinata negli anni. Così come l’arte di inventare se stesso e chiudere a scompartimenti le emozioni perché, ormai, il suo animo ha decisamente troppe cicatrici per permettersi la debolezza di procurarsene delle altre.

- mi è spuntato un brufolo da qualche parte?- ironizzi incrociando il suo sguardo – è per questo che mi fissi?-

-no- dice svogliato – e per rispondere alla tua prima domanda: non sei affatto interessante-

-grazie tante- l’ultimo sbuffo di fumo, l’odore a mischiarsi con quello del sesso

-nonostante tu sia sempre fatto, la strada per arrivare fin qui la trovi- e non c’è nulla di particolare nel suo tono, è solo una constatazione.

-In compenso non ricordo mai dove abito io- le crepe sul soffitto ti rendono davvero malinconico – o magari non voglio ricordarlo. Credo che presto nemmeno io sarò più in grado di pagare l’affitto-

In fretta, ti drizzi a sedere tra le lenzuola arruffate e tendi la mano verso i vestiti sparsi sul pavimento

-hai notato che tra tutta la roba che finisce per terra le mutande sono sempre le più difficili da ripescare?-

-questo perché presti poca attenzione ai dettagli. E’ sempre stato un tuo vizio-

-Mh, è strano sentirsi criticare da uno che una volta vedeva in me un obbiettivo da raggiungere-

- Peccato che chi volevo raggiungere fosse portato alla distruzione tanto quanto il sottoscritto- ti tende un’altra sigaretta, ben conscio di come il colpo sia andato a segno. Non puoi ribattere ma solo constatare che Shin ti ha fatto nuovamente oltrepassare lo spartiacque sicuro costruito dalle pastiglie, dalla coca e dall’alcool. La pacatezza della sua voce, la sua calma, ti porta sempre ad entrare in una marea di follia. Non c’è nulla di razionale in quello che fate. L’unione dei corpi è solo ricerca di una liberazione reciproca. Poco importa il limite dell’entità sessuale o della morale. Sono cose di cui non ti è mai fregato niente. Le limitazioni non si adattano certo all’anima randagia e irragionevole di un musicista. Se ancora puoi considerarti tale.

-Sei sempre un cecchino impeccabile- ti lasci cadere di nuovo sul letto a simulare un uomo colpito a morte. Non è distante dalla verità.

-come mai..- non lo guardi –.. nel momento in cui l’orgasmo è finito, o nel momento in cui non se ne ha memoria.. come mai le persone vogliano andarsene, quasi volessero dimenticare con qualcun altro quello che è successo fra loro, e che succederà ancora e ancora, e di nuovo dovrà essere dimenticato?-

-oh, questo è un chiaro riferimento?- Shin apre una birra riesumata da sotto il letto – una domanda di un ex musicista ad un ex boy toy, dovrò trovare una risposta soddisfacente-

-Non ti sto chiedendo nessuna risposta, Shin. Per la maggior parte delle cose le risposte valgono poco-  lo guardi sottecchi, il profilo ormai adulto, i capelli castani tenuti lunghi a solleticare le spalle nude. Un gioco di luce per un attimo te lo fa riapparire ragazzino, capelli azzurri e un audace pearcing  (che hai sempre giudicato pericoloso) a caratterizzarlo. E più di tutto non puoi scordare gli sguardi d’ammirazione incondizionata con il quale ti accoglieva in passato. Anche quelli sono soltanto un pallido riflesso in iridi troppo azzurre da sostenere con lo sguardo.

-boy toy?- esclami poi sorridendo

- sono mai stato qualcosa di diverso?- Shin sorride della bugia che è stata la sua  vita e quel sorriso è molto più simile ad una smorfia

- un musicista-

-uh uh-

-dico davvero-

-lo so- ti bacia e senti il liquido ambrato della birra invaderti la gola – un musicista e un boy toy. Non me ne vergogno di certo. Ho avuto più donne di quanto ne potevi vantare tu alla mia età-

-che ne sai! Vuoi che ci mettiamo a fare i conti?!-

-ti batterei su tutta la linea, Ren-

Ridi – sei agguerrito. Ma adesso sei a letto con un uomo..- lo canzoni e vorresti un altro goccio di birra. Shin ti passa la lattina prima di avvolgere stancamente le braccia intorno al cuscino e lanciare uno sbuffo divertito.

-Non fa una gran differenza. Il sesso è sempre sesso. E poi ho sempre creduto nella necessità di rimuovere la vergogna legata alla sessualità e ai limiti dell’appartenenza sessuale. Se fossi stato appresso alle limitazioni mi sarei già suicidato da tempo- chiude gli occhi ma non per la stanchezza.

-come siamo profondi-

Le labbra abbozzano un sorriso – forse mi sto solo tutelando- il tono di voce basso – come se ne avessi davvero bisogno. Se fossi stato un cultore del moralismo non avrei mai potuto fare il boy toy e andare con donne più grandi di me, ti pare?-

-Non c’è dubbio. La penso esattamente come te,amico- lanci la lattina ora vuota da qualche parte nella stanza, il tuo obbiettivo era il cestino accanto al televisore, ma hai sbagliato di molto la mira.

 

 

di nuovo il tentativo di riempire il nulla con qualcosa, con qualunque cosa!

 

 

-perché lo facevi?- ti riscopri a domandare d’un tratto. Figurandoti l’immagine di un quindicenne tanto abile come amante da suscitare l’interesse di un numero indefinito di donne pronte a mettergli un pacchetto di soldi in tasca per elemosinare piacere o, a volte, illudersi di possedere qualcosa.

-i soldi sono un buon motivo- risponde incolore, eppure sapete entrambi che ti stai avventurando su un sentiero molto più irto di quel che può sembrare. Per cosa, poi? Hai ottenuto la tua ora di roseo limbo, ora potresti benissimo tornartene in strada e darci dentro di nuovo, sballarti con la buona probabilità di finire addormentato  da qualche parte, magari sopra i sacchi della spazzatura e rischiare di non svegliarti più. Sempre più spesso l’idea ti sembra la soluzione finale ad ogni cosa.

Shin ha gli occhi nuovamente aperti ma non sta guardando te. Sta guardando il suo passato, gli scorre davanti come una pellicola vista e rivista di cui conosce a memoria ogni fotogramma,l’amara certezza di non poterne tagliare o modificare nemmeno uno.

-mi aggrappavo a loro- esordisce, ancora con lo sguardo distante mille miglia, come stesse parlando più con se stesso che con te. – Loro mi cercavano, mi pagavano, ed io mi sentivo desiderato. Credevo che il fatto di andare con donne più grandi dipendesse solo da un fattore economico. Una della mia età non avrebbe mai potuto pagarmi, giusto? E io avevo bisogno di soldi. Però…- sembra farsi più piccolo tra le lenzuola, la frangia a velare occhi indefinibili – forse non era solo per questo. Avrei potuto trovare un lavoretto normale, anche se minorenne qualcosa da fare l’avrei trovato comunque. Ma non ci ho mai minimamente pensato. Forse è per questo che sono finito in galera così facilmente- scosta i capelli dalla fronte, tu seguiti a guardarlo, ad attendere il seguito come se tra il suo passato e il tuo ci fosse una correlazione simile al filo rosso che tiene unite le sue chiavi di casa, o, ancora più sconvolgente, simile al lucchetto che porti al collo.

-talvolta ho pensato che dipendesse da mia madre- sembra arreso al suo stesso pensiero –  roba freudiana, ti pare? Magari andavo con donne più grandi per rievocare un calore materno mai conosciuto. Quando il sesso finiva mi abbracciavo a loro e mi sentivo bene. Mi piaceva il calore protettivo dei loro corpi, le loro braccia avvolte intorno a me. Come se i ruoli si fossero improvvisamente invertiti. Poi però quando riaprivo gli occhi mi rendevo conto della verità, come un ubriaco che smaltisce la sbornia. Quindi non mi facevo più alcun problema ad accettare i loro soldi e a spenderli nei miei capricci adolescenziali-

Vi guardate per un lungo istante. Siete cresciuti entrambi in fanghi troppo densi per poter provare compassione l’uno per l’altro. E’ un sentimento che non vi è mai appartenuto. Ed è questa la prima cosa che vi rende simili.

Shin si rigira nel letto. Gli occhi puntati al soffitto, le braccia allargate come fosse stato crocifisso, le dita sottili della mano destra a sfiorarti appena la spalla.

-Abbiamo avuto tutti e due un sacco di donne, Ren- commenta poi, come stesse parlando del tempo –ma tu a differenza mia ne hai avuta una che ti ha amato-

T’irrigidisci e l’effetto che ti ha fatto quella frase ti lascia in balia di pensieri troppo cupi per avere il cuore di manifestarli.

Shin intanto continua a guardare il film della sua vita, proiettato sul soffitto scrostato. “Un film di terza categoria, con attori troppo prevedibili” pensa, mentre le sue iridi si ingrandiscono sotto il peso dei ricordi.

 

“Una lussuosa camera d’albergo, una donna di una bellezza intensa, lo sguardo vivace e il sorriso di bambina.. Mentre la guardava Shin si era chiesto perché una donna del genere pagasse per avere ciò che con ogni evidenza avrebbe potuto facilmente trovare  in un rapporto di scambio reciproco. Ed era arrivato alla conclusione che forse era un altro il motivo che l’aveva spinta a dargli dei soldi fondamentalmente non richiesti. Una sensazione improvvisa, non motivata da nulla che sia effettivamente accaduto. Eppure forte. Quante volte, incontro dopo incontro, il denaro era rimasto sul comodino come una realtà sempre presente e tuttavia non riconosciuta..

-Ti amo, Shin-

E’  stata una bella bugia, Reira”

 

 

 

-Lo hai fatto ancora- esordisci e riporti Shin accanto a te, al presente. Per quanto sfasciato possa essere.

-cosa?-

-lo sai-

-oh- e ti guarda con un’ironia rimproverante mentre tu prendi l’ennesima sigaretta, ricordandoti poi che hai ancora qualche canna nella tasca della giacca e che forse il rimedio sarebbe più efficace, tanto più che non hai accanto un bambino per  cui preoccuparti di dare cattivo esempio.

-non parlarne risolve tutti i tuoi problemi, Ren?-

-magari non li risolve ma di certo ne contiene la valanga- sei stizzito, vuoi l’accendino ma Shin ci giocherella passandoselo fra le dita e sembra non avere intenzione di accontentarti.

-infatti basta guardarti-

Gli strappi l’accendino di mano e ruggisci un –finiscila- che non lo scompone.

- Continuando a scappare e a ridurti una larva le cose secondo il tuo punto di vista si sistemeranno?-

-nessuno ti ha chiesto di preoccuparti della mia vita, ragazzino-

-la storia del “ragazzino” non attacca più da un sacco di tempo- scandisce bene le parole e tu sei combattuto tra il prendere ed andartene o il restare e vedere stavolta dove ti trascinerà la marea.

- di cosa vuoi che ti parli, Shin? C’è ancora qualcosa che potrei fare o dire che potrebbe cambiare la situazione? Mi pare di no. E tu sei l’ultima persona che può permettersi di farmi la paternale-

-Tu dici? Io non ho nessun problema a parlare di Reira, se è a questo che ti stai riferendo. Non ho nessun problema ad ammettere che sto ancora soffrendo, così come potrei ammettere molte altre cose più pesanti sul mio conto. Ma così ti darei solo delle scusanti per non esporti. Quella tra te e Nana era una cosa diversa-

-E questo ti da un diritto in più nel giudicarmi?-

-Non ho quasi mai giudicato nessuno Ren, non inizierò a farlo ora. Sto solo guardando la persona che ho davanti e non posso fingermi sordo e cieco-

- Se era un sermone quello di cui avevo bisogno sarei andato da Yasu- sbotti rinunciando ad accendere la sigaretta. La mano trema troppo, hai bisogno di un po’ di polverina. Solo un po’.

 

Posso smettere quando voglio

 

 

Shin scuote lentamente il capo –non andresti mai da Yasu-

-ah no?-

-no perché ti vergogni-

Touché. Scoppi in una risata liberatoria, tutto quello che hai ingoiato sembra volersi sfogare a questo modo.

-hai ragione- confermi sprofondando la faccia nel cuscino – mi vergogno, e non sopporterei il suo sguardo. Non sopporterei nemmeno la sua voce. A volte l’amore e l’ammirazione che provo per Yasu si trasformano nei loro esatti opposti. La gelosia è un sentimento abbietto, dicono-

- dicono- anche lui ride, e sai che Shin ha provato un sentimento comune.

-e constatato questo, Shin, dove vogliamo arrivare? Sarei il mio redentore?-

-non ti servirebbe a nulla, e sono ben poco adatto. Nobu non te lo ha mai detto? Ho la lingua pronta e una mente svelta, ma la mano troppo scivolosa per poter tenere quella di qualcun altro-

Ti concedi un ghignetto e con una mano sotto il lenzuolo gli sfiori la gamba – Nobu non ha mai detto niente del genere. E’ un pensiero troppo contorto per una mente ingenua come la sua-

-forse-

-e allora se non vuoi salvarmi, perché mi accogli nel tuo letto, Shin?-

-per lo stesso motivo per il quale tu ti ci infili con tanta disinvoltura-

 

 non avrei mai voluto nascere

 

Ti sporgi, gli afferri i capelli per la nuca e porti la tua bocca alla sua. Gusto di tabacco, alcool e lacrime mai versate. E’ una miscela intensa, abbastanza potente da far fluire la marea del dolore.

Il punto che vi accomuna. Due randagi e il loro dolore.

Lo spingi sotto di te, e non hai mai voluto chiederti perché si lasci sottomettere così, benché il suo corpo sia ora più robusto del tuo e le sue gambe forti e perfettamente in grado di disarcionarti. Forse è perché Shin ti vede. E vedere è diverso dal guardare. Shin vede, si accomuna a te, l’idolo della sua adolescenza che per un sacco di tempo ha desiderato emulare, e per questo ti concede un appiglio. Un rifugio caldo dopo riversare te stesso e il grido della tua anima che ha il suono acuto e stridulo di una gibson che è stata messa a tacere. Shin accompagna i tuoi movimenti e non ti chiede perché tra tante porte hai scelto la sua.  Lo sa già. L’ha saputo fin dalla prima volta. Quando negli occhi non avevi altro che un mondo opaco come un vetro sporco, le braccia formicolanti e il corpo instabile nei movimenti. Quando lo hai preso senza rendertene conto e lui ti ha lasciato fare per quella tacita sofferenza che comprende. In fondo, non aveva più nulla da perdere. Shin ha lasciato la stima di se stesso in una scatola di giochi per bambini. La tua invece… quale treno ha preso?

 

“Ti stai sbagliando Ren, tu non sei assolutamente una persona gelida. Man mano che le nostre vite vanno avanti i nostri cuori sono costretti a reggere pesi più grandi e questo ci porta a non comportarci come vorremmo. Ecco perché è necessario trovare qualcuno che ci aiuti a sopportare quei pesi.

Non può essere così con lei?

 

No.”

 

Ancora una volta i pensieri convergono in un sentiero pericoloso. Le mani di Shin ti arpionano le spalle, senti le sue dita premere forte sulla pelle e questo ti costringe a guardarlo negli occhi. E’ come tuffarsi nel mare, arrivare ad una profondità inaudita e non avere più aria nei polmoni per poter tornare in superficie.

Dio, ma sono solo!

Lo pensi d’improvviso e guardi stupito il suo viso, mentre i vostri corpi sono ancora allacciati e l’affanno del respiro è l’unico suono che anima la stanza. Shin ti guarda a sua volta come se per una via segreta avesse condiviso quella fantasmagoria inquietante di volti che tenti inutilmente di cancellare con volti nuovi, le facce che continuano ad assillarti come volessero punirti per non aver dato veramente, o non essere stato in grado di dimostrarlo veramente.

Nana

Il suo egoismo

Il tuo egoismo

 

“Sposiamoci”

 

Ti abbracci a Shin come un bambino, e la fottuta debolezza che hai sempre nascosto sotto un’aria spavalda alla Sid Vicius, una maschera perfetta, ritorna, rompe le barriere e scivola dai tuoi occhi. Non vorresti piangere, ma al diavolo ormai ogni più inutile forma di orgoglio. Sei rotto in pezzi e nessuno potrà mai aggiustarti, perciò, al diavolo ogni cosa. Spinto fino a questo punto, impulsivamente, non hai più bisogno di curarti di quanto hai rivelato di te stesso.

-Non vuoi più provare nessun tipo di emozione?- con le mani ti circonda il viso, come un fratello maggiore che consola il più piccolo dopo un incubo troppo lungo e spaventoso. Ma il maggiore dovresti essere tu.

Valuti quello che ha appena detto e non riesci a risponderti. Come se dentro di te fosse stato premuto un bottone che impedisce l’evolversi dei pensieri, stagnanti come acqua ferma.

-Io la pensavo così- continua Shin – quando lei ha scelto, mi sono detto che non avrei mai più voluto provare emozioni per nessuno-

 

Sai Reira, se ora mi dicessi che ti senti sola, volerei a Londra in un battibaleno. Andrei ovunque se questo servisse a scaldare il tuo cuore e il tuo corpo, non tanto, ma almeno quanto un raggio di sole scalda il mare freddo d’inverno. Dicendo queste cose mi sento più bambino che mai, ma per me ora tu sei la cosa più importante. Non so cosa mi porterà il domani ma non ho paura. Perdonami se sono un egoista”

 

-Anche quando mia madre morì pensai la stessa cosa. Mi dissi: Non ho mai amato nessuno. Per non soffrire. Ma questo era davvero infantile. Le cose da cui scappi prima o poi ti raggiungono. Sempre.-

Riprendi il contegno, il controllo dei nervi. Ti rendi conto che sei ancora dentro di lui e che lui continua a tenerti il viso tra le mani. Forse ha paura che una volta lasciato di sbriciolerai come creta grezza.

 

Ren, ti voglio chiedere una cosa. Se io morissi, tu moriresti insieme a me?

 

-l’ho già fatto- rispondi alla voce indimenticabile che echeggia nella mente. Shin non capisce. Tu scuoti il capo, di nuovo prendi le sue mani e le appoggi sul tuo corpo. Sono fredde, molto fredde. Il tuo peso a premere su di lui.

Tutto finito. Gli orgasmi hanno nuovamente separato le due dimensioni. Tu e Shin, anime che sono arrivate a conoscersi fin troppo intimamente, scavando troppo a fondo e trovando troppa parte del mondo disprezzato in ciascuno.

-ciò che ti lasci alle spalle ti raggiunge sempre?- chiedi prima che l’oblio del sonno vi colga entrambi, complici e cospiratori della vostra disfatta. Shin annuisce, scostandoti i capelli neri e sudati dalle tempie.

- e allora rispondi a quest’altra domanda, Shin- fuori lo scrosciare improvviso d’un acquazzone, l’acqua battente, furiosa sui vetri.

-un uomo può continuare a vivere senza volontà? Senza un cuore, senza uno scopo. Un uomo che si trascina vuoto, non è forse morto?-

-sei morto, Ren?-  ti chiede serio, le sue mani ti abbandonano e la mancanza di quel contatto è nostalgica e liberatoria al contempo.

Fissi i suoi occhi, scruti la tua piccola immagine riflessa in essi e la risposta ti è chiara.

-sì- rispondi –sì-

Hai mantenuto fede alla tua promessa.

Shin distoglie lo sguardo ma non sembra sorpreso dalla risposta. La conosceva già. E fin dal principio non ha mai avuto la pretesa di cambiare la situazione. Osserva curioso le gocce d’acqua scivolare lungo la superficie liscia del vetro, intravedendo, attraverso le tende sottili della palazzina di fronte, sagome riflesse nel chiarore azzurrognolo da acquario dei televisori.

-resta qui a dormire, sta diluviando- lo dice pur sapendo che la cosa non t’importa. Non farebbe differenza vagare sotto la pioggia per te. Nessuna differenza. Ma annuisci e resti accanto al suo corpo, il solo calore umano che ti concedi da quell’estate lontana.

– Hachi mi ha chiesto se ci sarai alla stanza 707 per andare a vedere i fuochi sul fiume tutti insieme..- sei grato di quel tentativo d’ingenuità da parte sua. Gli sfiori una guancia e poi indichi il vetro. –non ci saranno fuochi d’artificio-

Shin arriccia le labbra in uno strano sorriso, l’ultimo degli innumerevoli che ti ha concesso in questa nottata che per il resto del mondo risulterebbe priva di senso, ma che per voi, chiusi in una dimensione senza più giudizio, ne ha avuto molto più  di quanto voi stessi riusciate a concepire.

 

Nel buio, nel respiro regolare di chi dorme accanto a te, pensi che forse domani ci sarà il sole. Che forse i fuochi verranno fatti ugualmente, e Yasu t’accoglierà con un sorriso e tornerà ad essere la figura paterna alla quale ti sei troppo spesso aggrappato. Magari riuscirai a buttare la roba nel cesso. Anche solo per un giorno senza sentirne il bisogno. Riuscirai a non investirti di colpe. Della colpa. E scherzerai con Nobu come una volta, entrambi fingendo che tutto possa tornare a posto. Guarderai gli occhi di Shin ogni qualvolta i tuoi nervi staranno per cedere e sorriderai raggiante ad Hachi e al suo matrimonio fallito, non badando all’anello di diamanti che si ostina a portare al dito, proprio come fai tu con un lucchetto ormai vecchio di secoli.

 

Lo stesso anello.

 

Sì, forse ce la farai.

Sperimentando quell’unica vera morte, che è la morte dell’anima. La morte dell’anima, non del corpo, a creare gli spettri, e tu ti senti uno spettro, prosciugato di tutto ciò che rende sopportabile questa viaggio senza salvezza. La tua mano si ferma sul cuore. Un cuore freddo perché a un passo dalla resa, anche se ignori il suo grido di cibo, da qualunque fonte provenga (ma forse non è proprio così, altrimenti non saresti sdraiato su questo letto) per sostentarsi nell’attimo prima che la scintilla morente venga soffocata.

Chiudi gli occhi all’oscurità, ricerchi ancora il calore del corpo vicino al tuo. Per farti male di più, puoi immaginare che sia lei, che il respiro che ti solletica l’orecchio sia il suo. Ma preferisci chiudere gli occhi e “tornare” a casa, a un magazzino scalcinato che ti è stato dimora per tanto tempo.

Qui, presso un’altra finestra, ti volterai a guardare il mondo e cercherai di capire.. Ma forse, misteriosamente, tutto è al di là di ogni spiegazione. Forse è altrettanto futile che tentare di catturare la pioggia o il vento.

E piove, ancora,qui.

Per quanto serri le finestre o tiri le tende o cerchi di nasconderti o di ripararti, la pioggia è lì. Impossibile sfuggirle.

La senti ancora cadere. Sai che sta sempre lì. In attesa.

Realizzi.La soluzione non esiste. Un cerchio che si avvolge su se stesso senza principio, senza fine.

Le nuvole si precipitano rabbiose per il cielo nero. Si lanciano l’una contro l’altra come a darsi battaglia. Ogni anno, dopo la neve d’inverno e la pioggia, si ha la consapevolezza sbalordita che presto arriverà la primavera e l’estate, con le foglie verdi sugli alberi scheletrici, lasciando presagire una rinascita potenziale.

Ma una nuova sferzata di pioggia contro il vetro, soffoca questa illusione.

E allora capisci che quello che ancora non è successo non succederà mai.

Che quella speranza è un fine in sé.

 

Sentiti libera di vivere come preferisci

 

Sentiti libero di morire come preferisci

 

 

 

*********************************************************************************************************************************************************************************************************

 

Note: era da qualche giorno che mi ronzava in testa l’idea di scrivere qualcosa sul caro signor Honjo, e questo ne è stato il risultato.  La cosa che più mi è piaciuta è stato farlo interagire con Shin e aprire così due finestre sulle loro rispettive vite. Detto questo il mio intento non era certo quello di creare una storia d'amore tra i due (diciamo che la cosa è nata dopo aver letto il 13 v della Nana colletion dove i due amoreggiano seppur in ironia) , e nonostante l'atto fisico penso di aver un po' reso quanto invece siano soli con i loro pensieri. Per questo non ho messo l'avvertimento shonen ai. Infatti se per Shin sarebbe stato più possibile accantonare Reira in un angolo del cuore, per Ren trovo sia praticamente impossibile togliere Nana. Fatto sta che adoro Shin e Ren e mi piacerebbe portare avanti ancora qualcosaltro su di loro. Chissà. 

 

 

Intanto mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questa ficcina ^^

 

(ve ne sarete già accorti da soli ma le frasi in corsivo sono per la quasi totalità prese dal manga)

 

see ya

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Nana / Vai alla pagina dell'autore: acchiappanuvole