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Autore: R e d_V a m p i r e     30/01/2014    2 recensioni
''...il mare è splendido qui, mi chiedo perché non ci siamo mai venuti prima. Dovreste farci un salto anche voi, sul serio. Se il Paradiso non è così, per l'Angelo, poco ci deve mancare. Sta andando tutto bene, tralascinado il fatto che Magnus abbia deciso di andare in giro con un gonnellino di paglia, dimenticandosi che non siamo alle Haw-''
«Oh, andiamo pasticcino! Hai deciso di voler rimanere seduto lì per tutta la vacanza?»
[15° - Malec ; End]
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nella vita non esistono cose piccole o grandi. Tutte le cose possiedono pari valore e pari misura.
De Profundis - Oscar Wilde



It's more painful to separate from those who know too little time.




L'Istituto di New York era decisamente diverso da quello di Giacarta, era stato il primo pensiero del bambino. Non era abituato a stare troppo tempo lontano da casa sua, anche se fin da piccolissimo i suoi non avevano fatto che sballottolarlo da Idris all'Indonesia. Non aveva mai capito perché i coniugi Bane avessero deciso di abbandonare la loro magione nei pressi di Alicante a favore della conduzione di quello che agli occhi dei mondani appariva come un vecchio edificio dismesso non dissimile dalla Cattedrale che dava asilo ai Cacciatori di quella città, ma probabilmente era solo la nostalgia della terra dove i suoi genitori si erano incontrati ad avergli fatto compiere quella scelta.
Del resto la sua famiglia non aveva mai avuto niente a che fare con il Circolo e dunque non poteva trattarsi di una punizione del Conclave, quanto più di una scelta personale. Quando era diventato abbastanza grande da poter ragionare con la sua testa, però, aveva trovato buffo come i suoi avessero deciso di andare a relegarsi dall'altra parte del mondo; bellissimo posto, questo è vero, ma di Shadowhunters da quelle parti ne giravano pochi.
Così lui non aveva avuto granché possibilità di relazionarsi con altri bambini che con lui condividevano il sangue benedetto dell'Angelo.
Forse per questo motivo aveva trovato affascinanti i figli dei Lightwood, anche se questo solo all'inizio. Gli era bastato passare più di dieci minuti insieme a quel Jace per capire che quel bambino era una mina vagante e priva del più basilare controllo. Nemmeno sua sorella Isabelle riusciva a tenerlo in riga, anche se non è che lei fosse da meno.
A pensare a quella bambina dai lunghi capelli neri e l'aria da smorfiosetta arricciava ancora il naso; aveva riso sadicamente, troppo per essere così piccola, quando il fratello gli aveva mostrato la sua incredibile mira facendogli spiaccicare una cucchiaiata di budino al cioccolato in piena fronte. Per questo covava il malcelato sospetto che Izzy fosse un demone.
Ovviamente questo ai suoi genitori non lo aveva detto. Conosceva la buona educazione, LUI.


Girava per il cortile dell'edificio da un po', ormai, alla ricerca dei due Lightwood. Nonostante fosse abbastanza grande per avere i primi marchi, non lo era abbastanza per poter assistere alle discussioni dei grandi. Questo era davvero noioso, e considerato mortalmente ingiusto dall'altezza dei suoi undici anni, così lui e gli altri due bambini avevano deciso di andare a giocare - anche se in realtà era più corretto dire che erano stati sbattuti fuori dalla Biblioteca da Maryse e Jun. Ma adesso i fratelli non si vedevano più da nessuna parte e nemmeno lui, considerato un indiscutibile asso a nascondino - gioco mondano che aveva appreso dai bambini del suo quartiere - era riuscito a trovarli. E dire che era la prima volta che entrambi giocavano a quel gioco che fino a mezz'ora prima avevano considerato assolutamente ridicolo!
«Uff, la fortuna del principante»
Con un broncio il piccolo si lasciò cadere su una panchina di pietra, all'ombra di un grande albero - un faggio, forse, o un acero - riversando il capino moro e scarmigliato all'indietro ed agitando le gambe per sottolineare ancor di più quanto fosse scocciato. Il sole non gli dava fastidio, c'era abituato e lo sottolineava la sua pelle dolcemente brunita, ma riusciva in ogni caso ad impigrirlo nemmeno fosse stato un pacioso gatto più che il ragazzino asiatico dai furbi occhi verdi che era.
«Jaaaace, Iiiizzy» riprovò, con voce acuta e strascicando volutamente le vocali, anche se non sembrava davvero interessato ad una risposta «Su, uscite fuori, avete vinto voi!»
Quanto odiava dover dire quelle parole! Ma non ci teneva davvero a farsi un altro giro del perimetro dell'Istituto con quel caldo, soprattutto perché sapeva perfettamente che quei due dovevano conoscere posti segreti dove infilarsi che lui non avrebbe trovato se non a mettersi di buona lena per cercarli. E ci sarebbero voluti come minimo tre giorni. Un tempo infinito, che tra l'altro non aveva. L'indomani sarebbero tornati a Giacarta.
 «Waah, che antipatici quei due! Spero che un demone rasi a zero Isabelle nel sonno.» si soffermò a pensarci giusto un attimo «E anche Jace.»
«Perché un demone dovrebbe rasare qualcuno nel sonno?»
La domanda lo colse impreparato e lo fece sobbalzare e quasi rischiare di cadere dalla panchina. Sgranò gli occhi, mettendosi immediatamente seduto e girando il capo a destra e sinistra, comicamente, per cercare la fonte di quella voce.
La ritrovò in un giovane che era appoggiato al tronco dell'albero alla sua destra e che era del tutto sicuro non ci fosse stato fino a cinque minuti prima.
«Ah, ecco...»
Doveva avere un'espressione davvero buffa, perché il ragazzo increspò le labbra sottili in un sorriso leggero ed impalpabile come fumo. Il piccolo Cacciatore dovette ridurre a fessura gli occhi per poter sincerarsi che non fosse solo frutto di un gioco di luci.
Così facendo poté guardarlo meglio. Non doveva avere più di vent'anni, ed era indubbiamente molto bello. Gli ricordava un po' la raffigurazione degli Angeli. Ma non un Angelo guerriero e ardente come Jace, quanto più un Angelo... triste. Ecco, quel ragazzo aveva un'inspiegabile aria malinconica anche mentre sorrideva.
Era ammantato di nero, indossava un lungo cappotto dal bavero rialzato anche se erano in pieno Luglio, e aveva dei capelli ugualmente nerissimi. A Magnus ricordarono le piume del corvo di Hodge. Ma la cosa che lo stupì fu l'innaturale pallore della sua pelle.
«Sei un vampiro?»
La domanda ingenua gli constò uno sguardo perplesso da parte dell'altro.
«Se fossi un vampiro non potrei stare qui. E' suolo consacrato»
«Potresti» ribatté con un sorriso furbetto il più piccolo, guardandolo con quegli occhi intelligenti «Se fossi una Proiezione. Ho sentito dire che alcuni di loro sanno farlo.»
L'altro increspò le sopracciglia, come riflettendoci, poi abbassò di poco il viso nascondendolo fra i lembi del giubbotto. Forse per celare il sorriso che si era fatto un po' più esteso sulle labbra ugualmente chiare.
«Alcuni, sì. Sei un tipetto sveglio. Però no, non sono un vampiro.»
Il Nephilim osservò per qualche altro istante lo sconosciuto, sgranando gli occhi quando si accorse di un particolare che non aveva notato prima. Un fascio di luce era riuscito a penetrare fra le fronde del vecchio arbusto e in quel momento colpiva dritto in viso il ragazzo. Quegli occhi. Erano occhi di un azzurro impossibile, luminoso e troppo acceso per poter essere naturali; sembravano catturare la luce e rimandare tante sfumature di blu al contempo cosicché era difficile poter affermare con certezza di che colore fossero.
«Tu... sei uno stregone»
Il Nascosto incrociò le braccia al petto, facendo un unico piccolo cenno affermativo col capo in risposta. Sembrava in qualche modo a disagio, come se il sentire sbandierare la propria natura fosse un problema.
Effettivamente, nonostante gli Accordi, che lui si trovasse lì era strano - ragionò velocemente il giovane Cacciatore.
«Cosa ci fai qui? Insomma sei un Nascosto - e non ho niente contro i Nascosti ma sai, mamma e papà dicono di non fidarsi e non sono del tutto sicuro che la signora Maryse sarebbe contenta di vederti nel suo giardino e mi sembra che il signor Robert-»
«Frena, frena... ti hanno mai detto che parli troppo, piccoletto?»
Il ragazzino avrebbe dovuto arrossire, come buona educazione imponeva, ma invece rivolse soltanto un sorriso birichino e solare al suo interlocutore.
«Non sa quante volte, signor stregone!»
Il Figlio di Lilith si ritrovò a distogliere lo sguardo e sbuffare, rassegnato.
«E sei anche troppo diretto.»
Il bimbo inarcò le sottili sopracciglia scure, ingenuamente perplesso.
«Ed è un male?»
L'altro sembrò rifletterci su, picchiettando la punta di uno stivale per terra «Non sempre»
«Signor stregone come ti chiami?»
«Non chiamarmi ''signor stregone''»
Il bambino arricciò il naso, risentito, gonfiando appena le guance e piazzando i pugni sulle ginocchia.
«Ma se non mi dici come ti chiami come faccio a non chiamarti signor stregone? E poi sei uno stregone, scusa, non è che sei un kelpie e ti chiamo stregone, anche perché non avrebbe sens-»
«Alec» sbottò, alla fine, esasperato il Nascosto. Tutto pur di farlo stare zitto.
Il piccolo Nephilim sorrise con aria angelica, vittorioso.
«Alec come Alexander?» chiese poi, dopo averci riflettuto un poco su.
«Alec come Alec»
Fu la risposta lapidaria, forse un po' troppo brusca, dell'altro ragazzo che sembrò deciso a trincerarsi nel silenzio per i minuti successivi.


«E tu come ti chiami?»
Il ragazzino alzò sorpreso lo sguardo, osservando il ragazzo che era rimasto appoggiato per tutto quel tempo contro l'albero senza spiccicare parola. Quando aveva capito che non avrebbe più ricavato una sillaba da lui si era deciso a rinunciare alla ricerca dei due - pseudo - amici e si era sdraiato sulla panchina.
«Io?»
La lieve ruga d'impazienza che si stava formando fra le sopracciglia scure dell'altro lo convinse a non tergiversare con altre domande stupide e rispondere infretta.
«Magnus. Magnus Bane.»
Lo stregone lo fissò indeciso «Che nome ridicolo»
Per l'ennesima volta il più piccolo si armò di quel broncio indispettito, assumendo una posa speculare a quella dell'altro ed incrociando le braccia al petto.
«Non più di Alec»
Il diretto interessato roteò gli occhi, che baluginarono di azzurro nell'ombra. Sembravano quasi fatti di fiamme, come fossero fuochi fatui intrappolati da quelle ciglia scure.
«Irriverente, anche! Per Lilith, voi Cacciatori siete insopportabili fin da bambini.»
«E voi stregoni avete tutti la puzza sotto il naso?»
La domanda suonò innocente, ma lo sguardo del bimbo diceva tutt'altro. Alec si irrigidì, ricambiando con un'occhiataccia. Quel tipetto era davvero irritante. Eppure qualcosa in lui lo attirava. Nessuno aveva mai avuto l'ardire di rispondere a lui, il Sommo Stregone di Brooklyn, così.
«Non mi hai detto perché sei qui» gli ricordò dopo qualche istante il ragazzino.
Il Nascosto scosse il capo, riprendendosi dai suoi pensieri ed alzando lo sguardo sulle mura dell'Istituto. Aveva in viso un'espressione indecifrabile e i suoi occhi incredibilmente azzurri si erano rabbuiati. Adesso ricordavano il mare in tempesta, pur tendendo al blu elettrico.
«Mi hanno convocato loro. Hodge e gli altri. Ovviamente non posso dire di no ad un ordine diretto del Conclave» aggiunse, e l'astio era palpabile nella sua voce.
«Tu invece cosa ci fai qui?»
Magnus inarcò un sopracciglio sentendosi rimbalzare la propria domanda e finalmente le sue guance si accesero di una sfumatura rosata a stento distinguibile col suo incarnato.
Non ricevendo risposta lo stregone abbozzò un sorrisetto saccente.
«Sei troppo piccolo per le questioni dei grandi, eh?»
«Non sono piccolo! Tra un mese compio dodici anni!»
Si difese, con rinnovato ardore, il bambino. Il ragazzo addolcì il sorriso, decidendosi finalmente a staccarsi dal tronco che sembrava quasi poterlo inglobare, continuando a starci appoggiato così, e si avvicinò a passi calmi alla panchina.
«Hai ragione» mormorò, allungando una mano verso il suo viso.
Magnus colse distrattamente il particolare delle unghie dello stregone, lunghe più di cinque centimetri ed affilate simili ad artigli, ma non se ne preoccupò. Rimase tranquillo mentre quello gli stringeva il mento fra pollice ed indice con delicata fermezza, sollevandogli il viso per poterlo studiare.
Sostenne testardamente lo sguardo del Figlio di Lilith, catturato da quel bagliore mutevole di fuoco azzurro, ma altrettanto sembrò fare il più grande.
Alec osservava gli occhi del piccolo Cacciatore affascinato, stupendosi di non aver notato fino a quel momento come il verde possedesse un'ombra iridescente di dorato, pagliuzze che potevano essere notate attorno all'iride solo quando la luce le colpiva in un modo particolare. Come in quel momento.


«Magnus, MAGNUS!»
Le urla di Jace, provenienti dall'altro lato del giardino, sembrarono ridestare il Nascosto dalla contemplazione. Lasciò velocemente il mento del bambino, indietreggiando di qualche passo.
Colui che veniva chiamato a gran voce arricciò ancora una volta il naso, facendo sorridere di riflesso chi lo stava guardando.
«Quel Lightwood è una palla al piede!»
Alec sgranò impercettibilmente gli occhi, a quelle parole, irrigidendo le spalle e volgendosi per poterle dare al più piccolo.
«Bene, io ora devo andare.»
«Aspetta, Alec!»
Lo stregone si ritrovò a guardare sorpreso le piccole mani scure e segnate da rune e fievoli cicatrici argentee - così piccolo e già ne aveva! - stringere con forza una delle sue. Il contrasto era netto, sia per dimensioni che per colore. Ma non era spiacevole.
«Che c'è?» chiese, un po' più bruscamente di quanto volesse.
Nello sguardo felino del ragazzino passò un'ombra di delusione, ma il sorriso non si spense su quelle labbra.
«Ci rivedremo, vero?»
Lo stregone allora sorrise, liberando cautamente la mano dalla morsa per poi posarla sul capo scuro del Cacciatore e scompigliargli con un accenno di affetto i capelli.
«Chi lo sa...»
«Magnus! Allora sei qui! Per l'Angelo, sono secoli che ti cerchiamo!»
La vocetta acuta di Isabelle fece voltare infastidito il ragazzino, scoccandole un'occhiataccia.
«Non vedi che sto parlando con qualcuno? Impara l'educazione, Lightwood!»
«...parli da solo, Mag?»
Chiese Jace, tra il perplesso ed il divertito, sbucando alle spalle della sorella e guardando alle spalle del Bane.
Il più grande fra i tre sgranò gli occhi, compiendo una veloce piroetta su se stesso e rimanendo a fissare il vuoto dove prima c'era lo stregone.
«Ma... ma... io, lui, era qui...»
I fratelli Lightwood si scambiarono un sorrisetto saputo e poi si affrettarono a prenderlo a braccetto, uno per lato, iniziando a trascinarselo di gran carriera verso il portone.
«Certo, certo, niente storie su amici immaginari, Bane. Abbiamo indiscutibilmente vinto noi»


Dietro il vecchio cancello in ferrobattuto - se lo si guardava con gli occhi dei mondani, ovviamente - Alec scosse il capo, seguendo con lo sguardo i tre bambini fino a che non furono spariti, inghiottiti dal pesante portone dell'Istituto.
Si sistemò il bavero del cappotto, prima di incamminarsi lungo le stradine affolate di New York per tornare alla sua Brooklyn.
«Magnus... eh?»
Per essere solo un moccioso saccente e dalla parlantina un po' troppo vivace, gli sarebbe decisamente mancato. I coniugi Bane sarebbero ripartiti il giorno dopo per tornare al loro Istituto, in Indonesia e non l'avrebbe certamente rivisto per molto tempo. Forse mai più.
Ma chissà.
In tanti secoli aveva imparato a non dar mai nulla per scontato.


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»Angolino di Red«


Shot decisamente molto più lunga del mio solito. E' una what if...? molto what if...? se non si era capito, al punto da rasentare l'AU. Ma l'idea mi frullava in testa e mi intrigava. Uno scambio di ruoli. Un Alec stregone e un Magnus cacciatore bambino, per una volta.
Non so se sono riuscita a mantenere il carattere dei personaggi, nonostante fossero in panni diversi dai loro. Ma c'ho provato.
Ah, giusto una spiegazione veloce veloce: Alec è sempre un Lightwood ma non è figlio di Robert e Maryse come si può ben capire, ma un loro antico antenato (pur essendo uno stregone, sì). Si intuisce che però i rapporti non siano proprio idilliaci con la sua ''famiglia''. Max non c'è semplicemente perchè non è ancora nato, e Jace è arrivato da un anno in famiglia.
Non so quanto possa servire, ma è sempre meglio mettere in chiaro le cose.
Detto questo, ringrazio chi sta seguendo questa raccolta. E, come sempre, se volete darmi un parere questo è ben gradito.
See ya!

Red
   
 
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