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Autore: DarciaSama    10/06/2008    2 recensioni
è una storia particolare, dove l'amore sboccerà tra un fragile Genjo Sanzo Hoshi, appena disceso dal tempio di Kinzan e ancora sconvolto per la morte di Komyo Sanzo, incontrerà un disorientato ragazzino mezzo demone appena sfuggito alla morte...ma tutto questo verrà ostacolato da dei corrotti e consumati dalla piattezza di una vita senza fine...
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi, Sha Gojio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ecco a voi una fanfic KoryuXGojyo. Lo so. È un pairing molto particolare, ma è ispiroso…..spero vi piaccia

PIOGGIA, SANGUE E LACRIME

Nuvole, ci sono solo nuvole in questo dannato cielo candido di un’uggiosa mattina d’estate.

Una goccia, poi un’altra, ed infine la malinconica melodia della pioggia prende vita.

Un bambino sta piangendo sotto il freddo tocco di quelle note bagnate che gli ricordano che è vivo, ma solo grazie al sacrificio del suo maestro Komyo Sanzo.

Era successo due giorni prima, in una sera di pioggia: il suo maestro lo aveva convocato nelle sue stanze per dargli il nome buddista di Genjo Sanzo Hoshi e nominarlo suo successore.

Subito dopo la sua investitura un demone aveva fatto irruzione nella stanza , aveva rubato il Maten kyomon e poi aveva puntato su di lui, ma il suo maestro gli aveva fatto da scudo con il suo stesso corpo ed era morto per salvarlo.

Koryu era di nuovo orfano. L’assassino era scappato e lui era rimasto a vegliare tutta la notte su quella persona così importante per lui, rammentando i suoi insegnamenti e promettendosi di rispettarli per tutta la vita.

La notte seguente il piccolo Koryu era partito dal tempio di Kinzan per recarsi in quello dello Shayoden, ed ora, dopo tanto cammino è lì, seduto in quel boschetto inondato di luce candida che un cielo nuvoloso e ormai prossimo all’alba scaturisce. Egli sta contemplando il cielo col suo triste sguardo d’ametista, mentre una pioggia leggera e tiepida gli sferza il volto candido.

Un mite venticello ruba i petali ai fiori di un ciliegio lì vicino e li porta con sé spargendoli per tutto il bosco. Koryu, o per meglio dire, Sanzo, li osserva vorticare, anche se la loro danza sul fragile filo dell’aere è resa difficile dall’acquerugiola.

Uno di quei petali color aurora scende ondeggiando dolcemente verso Sanzo che, tendendo una mano, lo accoglie nel suo palmo.

Il ragazzino fissa quel piccolo e delicato oggetto ripensando al suo tutore…Quante volte avevano fatto una passeggiata nel bosco di ciliegi del tempio, quante volte si erano seduti sotto uno di questi a parlare…

Sanzo stringe, con forza, la mano in cui ha il petalo, in un pugno tremante e poi, stanco di tenersi tutto dentro, scoppia in lacrime cingendo le ginocchia con le braccia.

Moltitudini di pensieri affollano la mente del biondino. Si sente colpevole della morte del suo maestro. Sente ancora le mani sporche di quel liquido viscido e scarlatto che gli imporporava le mani.

Sanzo alza la testa e si guarda le mani temendo di vederle ancora macchiate di sangue.

Dai suoi occhi arrossati sgorgano cristalli di dolore che vanno a bagnare il terreno assieme alla pioggia, e poi, alzando lo sguardo, urla contro il cielo il nome di colui che vorrebbe ancora accanto.

Ora il suo petto è scosso da singhiozzi incontrollabili, ma che non riescono a sovrastare un rumore sommesso che, a poco, a poco, si fa sempre più vicino.

Sanzo, istintivamente, fa tacere il suo rantolo per mettersi in ascolto dello strano suono:sembrano passi affrettati e singhiozzi. Qualche attimo dopo scorge, da dietro l’ansa del sentiero, un ragazzino. Sta correndo a perdi fiato: i pugni stretti, i denti digrignati, gli occhi socchiusi da cui sgorgano piccoli bagliori, ma il particolare che salta più all’occhio sono i suoi capelli cremisi.

Sanzo lo vede passare davanti a sé, il rosso non sembra essersi accorto della sua presenza, e nemmeno di una voluminosa radice che affiora dal terreno, infatti la prende dentro e cade rovinosamente sulla terra umida.

Il piccolo monaco buddista decide di andare a vedere le condizioni di salute di quel ragazzino, anche se non sarebbe affar suo. Si asciuga le lacrime e si avvicina alla povera creatura chiedendo – tutto bene?-

Il ragazzo si volta di scatto con sguardo impaurito, ansante per la corsa e lo spavento, cercando di retrocedere.

I due si osservano per qualche secondo. Sanzo nota che il ragazzino che si trova davanti, che dovrebbe avere più o meno la sua età, ha due squarci profondi sulla guancia sinistra che sanguinano copiosamente e, per la violenza della caduta, molte gocce di sangue si sono sparse sul selciato.

Il biondo gli volta le spalle e, con voce fredda, esclama – Alzati! Se vuoi che ti medichi! –

Il rosso rimane un po’ sbigottito, ma infine lo segue fino a dove aveva lasciato le sue cose.

Sanzo estrae dalla sacca dei cerotti e un unguento a base di erbe che applica sulle ferite del ragazzino. “ Ma che diavolo sto facendo? Perché lo sto curando?” si chiede il piccolo bonzo mentre finisce di mettere i cerotti. – Come ti chiami? – chiede il biondino. – Sha Gojyo… – risponde timidamente l’altro. – Come mai correvi in quel modo? Stai scappando da qualcuno? –

Gojyo gli spiega di essere scappatoia casa sua dopo che il fratellastro Jien aveva ucciso la sua matrigna che, a sua volta, voleva ucciderlo perché figlio illegittimo di suo marito ed un’umana.

Finito di spiegare, Gojyo gli chiede a sua volta il nome. –Kor…Genjo Sanzo Hoshi. –

- Piangevi? – chiede il mezzodemone. – Mh? – Mugugna interrogativo Sanzo. – Stavi piangendo prima, non è così? – domanda il rosso. – Tsk! Che sciocchezze vai dicendo? Stupido! – Allora perché hai quegli occhi arrossati? –

Gli occhi di Sanzo abbandonarono per un istante quell’espressione fredda e severa per far spazio ad un’insicurezza poco consona al suo carattere. Ponendo lo sguardo triste altrove, gli rispose con un poco convincente – Ti sarai sbagliato. –

La pioggia comincia ad aumentare di intensità e il bonzo sfrutta l’occasione per cambiare discorso. – Sta cominciando a piovere più forte. Io mi cerco un riparo. Se vuoi seguimi, sennò fa’ come credi! – Sanzo gli volta le spalle e si incammina.

Gojyo lo sta a guardare e poi lo raggiunge.

Il rosso non vuole essergli d’intralcio, ma non ha una casa dove tornare, e poi, con quel ragazzino dai curiosi e stupendi occhi viola, si sentiva, in qualche modo, protetto.

Dopo circa mezzora riescono a trovare una grotta. Fradici e infreddoliti, si spogliano dagli abiti bagnati accendendo un focolare a fatica, dato che i ramoscelli portati dal vento nella grotta sono umidi.

Gojyo guarda Sanzo seduto di fianco al fuoco intento a scaldarsi e, senza accorgersi, dedica particolare attenzione al corpo del tredicenne: un corpo sottile ma muscoloso, poi lo sguardo va a posarsi sul volto, notando un’espressione triste e pensierosa da cui traspare sofferenza; i sui occhi stanno guardando la pioggia, come se fosse legata a qualche brutto ricordo; i capelli biondi, le labbra rosee e gli occhi ametista lo fanno sembrare una creatura angelica…nonostante il suo carattere burbero e rude. Infatti Gojyo ha scorto in lui una dolcezza malcelata.

Il mezzo demone, vedendo in quello stato il suo salvatore, gli sorge spontanea una domanda. – Come mai sei così triste? – Non sono triste, idiota! Sto solo pensanso. – Ribatte il biondo.

- Non puoi mentire con me. Lo conosco bene quello sguardo. È lo stesso di quando mi guardo allo specchio maledicendo la mia nascita…Nonostante la tua espressione fredda, i tuoi occhi sono tristi…-

Sanzo, a quelle parole, si volta verso il compagno di sventura guardandolo con espressione sbigottita.

Questo bambino è più saggio di quanto da a vedere.

Il bonzo si ricompone e rimane silente parecchi minuti, mentre il rosso gli si avvicina e, a poca distanza dal suo viso, gli ripete: - I tuoi occhi sono tristi, non mi puoi mentire… -

La reazione del bonzo non si fa attendere: Sanzo lo respinge scaraventando il povero ragazzino dalla parte opposta della caverna…Una forza che mai nessuno avrebbe pensato potesse scaturire da braccia così esili e delicate.

Sanzo si alza in piedi, ergendosi in tutta la sua statura(dato che qui sono più piccoli, ho immaginato che Sanzo fosse più alto di Gojyo nda) e guardandolo col suo sguardo più furente e glaciale, estrae la sua pistola dalle vesti e gliela punta contro esclamando: - Cosa credevi di fare, moccioso? Se ti azzardi ad avvicinarti di nuovo a quella maniera a me, non vedrai l’alba di domani! –

Gojyo lo guarda, ancora accasciato contro la parete: i suoi occhi scarlatti si stanno riempiendo di lacrime. Si avvicina gattonando al piccolo bonzo e, prendendo al canna della pistola, se la punta alla fronte. – Ti prego, finiscimi! Finisci dove mia madre aveva iniziato! Se lo fai tu, non avrò ripensamenti. –

A questa affermazione il biondo libera la pistola dalla presa del ragazzino. Non riesce a credere che in quei meravigliosi occhi ci sia così tanta voglia di lasciare questo mondo.

Sanzo gli tira uno schiaffo e calde lacrime cominciano a scorrere sulle sue pallide guance. Indugia, e poi crolla sulle sue stesse ginocchia nascondendo l’angelico volto tra le mani.

Gojyo, con gli occhi arrossati, gli posa una mano sulla spalla, ma un secondo dopo si trova, con sua grande sorpresa, tra le braccia del bel monaco.

I capelli morbidi di quell’ultimo accarezzano la guancia di Gojyo e questo provoca in lui un brivido che gli sale lungo la schiena, ma la sensazione più piacevole la percepisce quando, tra un singhiozzo e l’altro, Sanzo gli sussurra: - Non puoi morire. Sono già rimasto da solo una volta, non voglio esserlo di nuovo… -

Il mezzo demone ricambia l’abbraccio posando le mani sulla pelle morbida della sua schiena.

Il biondino, intanto, sbalordito dal suo stesso comportamento, sente crescere una strana sensazione di calore provocata dalla vicinanza di quel ragazzino dai capelli rossi.

Egli sta ancora singhiozzando sulla spalla del rosso e quell’ombra di autocontrollo che è rimasta grida alto tradimento alla promessa che aveva fatto al suo maestro e a sé stesso. Non può farci niente. ha bisogno d’affetto e si sente così fragile ora che suo padre è morto.

Sanzo sente una mano di Gojyo posarsi su una sua guancia portandolo ad alzare il volto incontrando i meravigliosi occhi scarlatti dell’altro, poi una coltre di capelli cremisi e dolci e morbide labbra premute contro le sue…ed infine l’annullamento.

Così Sanzo decide di buttar via il suo autocontrollo e il suo estremo pudore prendendo in mano la situazione baciando ripetutamente e penetrando quelle labbra carnose in un infuocato e prepotente bacio.

Nessuna paura e nessun dubbio gli divide più dal prender coscienza dei loro sentimenti.

Sanzo ora ha adagiato il piccolo Gojyo sotto di lui, sul pavimento della grotta, cominciando a baciargli il collo, scendendo sempre più.

Il corpo del rosso è scosso da fremiti ogni volta che viene sfiorato dalle labbra, dalla lingua o dalle mani del bonzo.

Arrivato all’ombelico del mezzo demone, Sanzo arresta la sua discesa abbracciando la vita di Gojyo come se fosse l’ultimo appiglio di un naufrago in mare aperto.

Quando Gojyo si sente stringere così spasmodicamente, mosso da tenerezza, affonda le dita nei setosi capelli d’oro del compagno.

Entrambi i ragazzi hanno finalmente trovato un compagno con cui condividere le proprie frustrazioni, pretendendo l’uno dall’altro, l’affetto che a entrambi manca.

Sanzo si stacca dal bacino di Gojyo -che nel frattempo si era beato a vedere quel bel musetto triste mutare in un’espressione più serena ad ogni sua carezza- e, piantando i suoi occhi viola in quelli cremisi del Kappa, gli sussurra: - Gojyo, io non voglio andare avanti con questo gioco. Quello che voglio è una cosa solo…Gojyo, tu mi vuoi bene? – Il rosso rimane sbigottito, ma poi abbraccia teneramente il ragazzino più grande e gli risponde: - Sì –

I due ragazzini si addormentano uno abbracciato all’altro e le labbra giunte in un dolce bacio.

Entrambi sono ignari della macchinazione degli dei che si oppone al loro amore.

Non possono restare insieme, gli dei non lo hanno previsto.

Il mattino seguente il biondino apre i suoi occhi sul mondo: è ancora lì, sotto la tenue pioggia e la luce candida di un’uggiosa mattina d’estate.

Dov’è Gojyo? Dov’è la grotta?...forse era un sogno…ma era così reale!

Gli dei riescono a fargli credere che Gojyo sia stato solo un desiderio folle della sua mente di avere ancora qualcuno accanto a cui dare e da cui ricevere affetto, qualcuno con cui condividere i dubbi e le paure...qualcuno da amare…

Il rosso, invece, è ancora nascosto nella foresta che circonda la sua casa natale…di nuovo solo, di nuovo impaurito, con un dolore ancora più grande nel cuore al pensiero che l’angelo biondo dagli occhi viola sia stato uno sfuggevole e incorporeo sogno infranto dalla crudeltà degli dei.

Sempre più e sempre più tristi diventeranno gli animi dei due ragazzi nel cammino delle loro fragili vite distrutte dalla corruzione e dall’egoismo di un regno logorato dalla piattezza e dalla noia, abitato dalle entità celeste che guardano divertiti le sofferenze dei mortali dall’alto del Tentai.

*owari*

  
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