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Autore: Nocturnia    31/01/2014    1 recensioni
Il sangue l'ha chiamato e lui ha risposto.
L'ha sfiorato con le sue dita rosse e ferruginose, tentacoli che l'hanno stretto avviluppato distrutto.
La città è sempre la stessa, eppure Tarrlok se ne sente soffocare, colori troppo vividi e menzogne troppo pallide per resistere ancora alla verità.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Amon, Tarrlok
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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hakkaffkj
Disclaimer: Tarrlok, Noatak e tutti gli altri personaggi appartengono a Michael Dante di Martino, Bryan Konietzko e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"L'anello più debole è anche il più forte, perché spezza la catena."

- Stanisław Jerzy Lec -



Sotto la neve


1.

Il sangue l'ha chiamato e lui ha risposto.
L'ha sfiorato con le sue dita rosse e ferruginose, tentacoli che l'hanno stretto avviluppato distrutto.
La città è sempre la stessa, eppure Tarrlok se ne sente soffocare, colori troppo vividi e menzogne troppo pallide per resistere ancora alla verità.

"E così il Concilio ha scoperto che sei un bloodbender, uhm?"

Era stata veloce a giudicare Korra, quasi imbarazzante nel suo vedere il mondo in bianco e nero, la forza dell'Avatar nel cuore di una ragazzina che raccoglieva ancora troppe illusioni.

"Sei il figlio di Yakone, vero?"
"Lo ero."

Il volto di Amon è una maschera impassibile, eppure nel calore delle sue dita nude - nel fremito che l'aveva attraversato come filo spinato - Tarrlok vede.

"No."

Il sangue vibra e abbraccia un carnefice che porta il suo stesso marchio - la sua stessa cicatrice: quella della sconfitta.

2.

"Il potere non si può togliere, non davvero; ma lo si conquista, pezzo per pezzo."

Tarrlok ricorda solo questo di Yakone, un uomo che si era portato dietro il vento caldo della città e tutti i suoi sporchi fantasmi.
Non ha più il dominio dell'acqua - e neppure quello del suo cuore, a giudicare da come rumoreggia nel petto - ma qualcosa di caldo ha preso il suo posto.
È un tepore che aveva dimenticato, umido sotto le ciglia e tragicamente simile all'effetto.

Corrosivo e appiccicoso, come le lacrime che non aveva mai pianto.

"Fratello."

No.

Riconoscere il rimpianto è il primo passo verso l'inevitabile.

3.

Korra è una ragazzina.
Korra è una femmina che gli ha dato più problemi che altro, immatura e testarda e così dannatamente lontana da lui da renderla irritante - incomprensibile, nei suoi moti e nei suoi umori.
Anche adesso, mentre lo fissa da dietro le grate della cella, Tarrlok non prova altro che disturbo, uno strisciare fastidioso sotto la pelle.
"Amon è mio fratello." è tutto quello che ha da dirle, le parole un'emorragia non controllata - non voluta.
L'Avatar annuisce, comprensivo, ma negli occhi di Tarrlok non c'è più alcuno spazio.
Quando storna lo sguardo, a Korra sembra di scorgere solo ghiaccio e neve in quella pupilla contratta e ferocemente attaccata alla vita; la desolante umanità di un uomo che non avrebbe mai capito davvero.

4.

Si è spento qualcosa in Tarrlok ed è questo che fa più paura a Noatak, una consapevolezza che lo stringe come una tagliola.
Non ha bisogno di essere caricato sulla barca, ma tra i lineamenti contratti - affaticati - scorge una determinazione assassina, l'impronta di una bestia che il suo castigo ha solo incatenato, non domato.
"Fratello?" lo chiama debolmente "Andrà tutto bene, te lo prometto."
La risata di Tarrlok assomiglia grottescamente a quella di Yakone.

5.

Tenzin ha visto l'esplosione mentre eseguiva una complicata mossa di dominio dell'aria e non ha avuto bisogno di chiedere per capire.

Tarrlok.

Il vento l'ha riportato al suolo, leggero come fosse fatto di carta e piuma.

Che cosa hai fatto?

Il silenzio del mare è una risposta più che sufficiente.

6.

Noatak vorrebbe che i ricordi fossero come i domini; facili da strappare e da comandare.
Sfiora la plancia dei comandi con la punta delle dita, chiedendosi se abbia mai avuto la possibilità di amare ridere soffrire come tutte le persone normali.

No.

"Metterò tutto a posto, vedrai; saremo di nuovo una famiglia."

No.

"È da tanto che non sentivo pronunciare il mio vero nome: è bello."

Mi dispiace.

Vorrebbe dire a Tarrlok che sì, non si può mentire a un bloodbender, perché il sangue non racconta menzogne, neppure nei momenti peggiori.
Vorrebbe dirgli che gli dispiace, che non era sua intenzione lasciarlo solo, che se potesse tornerebbe indietro, che...

"Sarà come ai vecchi tempi."

Noatak si stupisce di saper ancora piangere.

7.

Il dominio non è una cosa che si possa spiegare, ma solo vivere e sentire.
Ruggisce nelle tue vene e monta come un mare in tempesta, una simbiosi assoluta e quasi malata.
Non si dominano gli elementi, perché essi rispondono come una seconda natura, una pelle che deve ancora crescere e mostrare la sua vera forma.
Si può ricoprire di cicatrici, lasciare buchi aperti e infetti, oppure ribellarsi persino, ma non ti abbandona mai, non veramente.
Tarrlok ricorda ancora il brivido gelido che gli percorreva la schiena quando l'acqua gli sfiorava le mani, un orgasmo diverso dalla carne e dal sangue.

Perché non è completarsi, ma semplicemente essere, divenire e infine morire.

Lo ricorda e forse potrebbe anche riuscire a perdonare suo fratello, ma il dolore - la sensazione di essere un involucro rinsecchito in balia del vento - è troppo forte - troppo vivida.
Quando raccoglie il guanto dei Paritari, non c'è alcuna paura nei suoi occhi: nel suo cuore, tutto il peso di una storia che non gli aveva mai regalato niente.

8.

È possibile pentirsi di essere ciò che si è?
È possibile cambiare un destino che è riuscito a braccarti per tutta la Repubblica?
Noatak non lo sa e non crede neppure che riuscirà mai a scoprirlo, non quando il fuoco lo divora come una mantide carnivora e impietosa.
Ha sentito il corpo di Tarrlok schiacciarsi contro il proprio nello scoppio del serbatoio e d'istinto l'ha stretto a sé, in un abbraccio che voleva essere l'ultimo, patetico, tentativo d'essere una famiglia unita.
Non ha voluto guardare (anche se l'ha fatto fino a quando la vista delle piaghe non è diventata insopportabile) e gli ha passato una mano tra i capelli, affondandoci poi il viso, come facevano quando erano piccoli e dormivano vicino per proteggersi dal freddo di quegli inverni inclementi.
Neppure le fiamme sono in grado di coprire il suo odore, neve e ghiaccio: la quotidianità di un passato chiamato casa.

9.

"Io non userò il dominio del sangue su mio fratello!"
"Fallo!"
"No. Io non farò del male a Noatak; mai."

Tarrlok sta morendo e la sensazione è così paradossale che gli viene quasi da ridere.
Noatak lo abbraccia e il suo calore viene sventrato da quello delle fiamme, crudelmente più vorace.

"Io non farò mai del male a mio fratello; mai!"

Strano davvero che ora siano qui, su questa pira funeraria anticipata.
Strano e tremendamente giusto, orribilmente scritto nel loro sangue e nelle loro azioni.

"Io non farò..."

Ma se ne erano fatti di male invece, menzogne e sentimenti che avevano ferito più di una lama - racchiusi nel palmo di una mano che ora lo stringeva come il commiato che non aveva mai potuto dargli.

"Addio, fratello mio."

La guerra li inghiotte entrambi come nemici e guerrieri, maschere ed eredità troppo pesanti da portare da soli - per così a lungo, per così tanto tempo.
Al cielo - tra i primi nembi del tramonto - la polvere di due bambini che non hanno mai smesso di cercarsi, di volersi e di appartenersi.
L'acqua cancella ogni altra colpa. 
   
 
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