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Autore: Jennifer Demon    11/06/2008    4 recensioni
Jennifer Demon (personaggio inventato.. che mi rappresenta) scrive una lettera a Severus. E' la mia prima FF, siate clementi XD
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Serpeverde, Severus Piton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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‘Perché così perfetto? Mi fa male guardarti. Mi fa male pensare a te. Non posso impedirmelo.
Oscuro. Cattivo. Gelido. Insensibile.
Eppure ti amo…
Tu, che come un’ombra ti aggiri per la scuola, mi hai rapito il cuore. E non posso riprenderlo. Non posso barattarlo con il tuo. Perché tu non puoi amarmi. Non potrai amarmi. Non potrai baciarmi. Non potrai abbracciarmi. Non sono alla tua altezza. E sono troppo piccola.
Ma cos’è? Nessuno l’ha scritta, questa regola. Non esiste. Ma tu la vuoi seguire.
“Sì?” Solo questo hai detto dopo che ti ho dichiarato il mio amore. Sei rimasto annoiato, come sempre. Lì, seduto alla scrivania, mi hai guardato un istante. Nessuna emozione. Nessuna espressione. Nessun interesse. Te ne sei semplicemente fregato, vero? I tuoi occhi sono rimasti spenti. Come sempre.
Neanche quando ti ho detto che da lì a un giorno mi sarei unita a Lui hai fatto qualcosa. Impassibile. O realmente disinteressato. Mi hai detto che lo sapevi. Anche io sapevo che tu sapevi, ovviamente: difficile che tu non ne fossi a conoscenza, essendo il suo Mangiamorte prediletto. Ma niente nella voce. Freddezza. Solo quella.
Ma cosa ti ho fatto? Sono la più brava, la più bella. Forse questo di dà fastidio. Forse mi odi perché tu non eri considerato il migliore. Ma non è colpa mia.
“C’è altro, signorina Demon?”. E lì sarei morta. Mi hai preso il cuore e l’hai rotto. L’hai distrutto. Ma non riesco a non amarti.
Ti amo lo stesso. Più di questo. Più di tutto.’

Jennifer non riuscì a concludere la lettera. Lì, di notte, da sola nella Sala Comune dei Serpeverde, scoppiò a piangere. E non era da lei. Non le succedeva praticamente mai, troppo presa a copiare il carattere che reputava perfetto dell’uomo che amava.
Strinse a se il cuscino verde, di seta, guardando le braci del fuoco. Come faceva a non considerarla, a farla soffrire in quel modo? La sua infanzia, forse, o il suo carattere, o il fatto che non volesse attaccarsi a niente e a nessuno. O il fatto che non la amava. O il fatto che fosse una sua alunna.
Il rumore del passaggio segreto che si apriva la distrasse da quei pensieri cupi. Non se ne preoccupò. Afferrò solo la lettera, aspettando l’entrante.
Capì ovviamente subito di chi si trattasse. Dal fruscio del mantello. Nuove lacrime le percorsero il viso. Ma non fece alcun rumore. Non si mosse.
Piton si guardò intorno. Gli occhi neri si bloccarono a fissare la ragazza. Ma non parlò. Fece solo un passo verso di lei, sebbene la distanza al divano fosse ancora di almeno un metro. Anche Jennifer posò lo sguardo su di lui. Si osservarono.
“Come mai ancora sveglia, signorina Demon?” chiese l’uomo incrociando le braccia.
Lei sorrise. Un sorriso freddo. Forzato. Finto.
“Come mai qui, Professore?” chiese a sua volta, debolmente.
Piton raggiunse la poltrona davanti a lei. Si sedette, senza smettere di guardarla. Le strappò il foglio di mano. Jennifer rimase immobile. L’uomo lesse. Poi gettò a terra la pergamena.
“E pensava di consegnarmela?” domandò.
Lei annuì.
“E pensa che mi possa importare quello che ha scritto?”
La ragazza negò.
Un ghigno apparve sulle labbra di Piton. Ma non era un ghigno. Era un sorriso. Vero.
“Le risposte sono l’esatto opposto. Non puoi mentirmi. Io a te sì.”
La afferrò per le spalle e la tirò verso di se. La fece sedere sulle sue gambe.
Jennifer non capiva. Era impossibile che stesse succedendo: non era qualcuno a caso, qualcuno disposto a mostrare liberamente i propri pensieri… Era Piton!
Lo guardava, sempre più confusa dalla situazione.
“Jennifer…” mormorò l’uomo.
Il tono era mutato. Troppo. Non era la realtà. Non stava accadendo. Era quasi dolce.
Le prese il braccio sinistro e alzò la manica con un solo, leggero movimento. Poi alzò anche la propria. Accostò i due segni indelebili che erano impressi nella carne. I due Marchi Neri.
“Sei tu che non capisci…” le sussurrò all’orecchio. Poi le baciò la mano.
Jennifer la ritrasse di scatto, come se si fosse scottata. Lui la guardò stranito, alzando una sopracciglia. Si sfiorò le labbra con un dito, come a controllare un’eventuale stranezza che potesse esservi posata sopra.
“Sto dormendo. E questo è un sogno.” affermò la ragazza.
Piton tornò a sogghignare e ammiccò con uno sguardo particolarmente provocante.
“Può darsi.”
Poi la baciò. 
  
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