Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: belongtomusic    01/02/2014    1 recensioni
E se per un giorno tutti i televisori, cellulari, computer, Smartphone, Android, Apple, I-Pod, I-Pad, I-Phone, I-Quello che ti pare, Mac, Notebook, Windows, Windows Phone, Tim, Wind, Vodafone, 3, Teledue, Telecom, Real Time e qualsiasi forma di tecnologia esistente smettesse di funzionare?
E se per un giorno l'intera umanità si trovasse ad urlare "e ora?"?
Cosa succederebbe?
Genere: Commedia, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NB: Innanzi tutto ci tenevo a precisare che questa è una cosa che ho scritto completamente di getto tra le undici e mezzanotte di domenica scorsa, quindi non saprei fino a che punto prendermi sul serio.
Non so nemmeno se quello che ho scritto fosse italiano, per questo mi scuso se ci sono eventuali errori grammaticali o di battitura o se non esiste una frase di senso compiuto.

Detto questo... Buona lettura! :D


Old times



«NON PUOI FARCI NIENTE? CHE CAZZO SIGNIFICA? IO HO BISOGNO DEL MIO COMPUTER, CAZZO MERDA PROPRIO OGGI!» Urlo disperato.
«Ben calmati. Si risolverà presto..» Sussurra il mio assistente. «Non dirmi di stare calmo, cazzo! Chiama qualcuno, oggi dovevamo firmare quel fottuto contratto! NON DIRMI DI STARE CALMO!»
Cammino freneticamente per tutto l'ufficio, non trovando pace. Sbuffo di nuovo, fiondandomi davanti al computer, sperando almeno in una minima scintilla, una vana speranza che le cose fossero tornate come prima.
Afferro la giacca, «Io ora esco, se al mio ritorno QUESTO FOTTUTO COMPUTER NON E' ACCESO IO TI LICENZIO! -mi calmo un attimo- non mi interessa come, ma chiama un fottuto tecnico. FA QUALCOSA.» Urlo di nuovo -e giuro di aver sentito il borbottìo dei miei colleghi cedere- lascio l'ufficio, sentendo un mormorio alle mie spalle, «i telefoni non funzionano.»
Serro gli occhi, questo è un incubo, deve per forza esserlo.
Ovvio, un incubo. Ora mi sveglierò e sarò nel mio letto, sarò sudato e poi guardderò l'ora sul mio amatissimo I-Phone, che funzionerà...
 
Apro gli occhi, ma quello che trovo davanti a me non è il buio della stanza, bensì il sole che mi acceca e la vista di gente che cammina istericamente ovunque, con mattoncini in mano. Inciampano, sbattono tra loro, non si chiedono scusa, anzi, si arrabbiano ancora di più. Giuro di aver sentito qualcuno urlare "aiuto".
Prendo il mio telefono, e solo ora mi rendo conto di essere nella merda più totale. Non posso cercare su Google la risposta, non so cosa fare, dove andare a sbattere. Per la prima volta in vita mia non so cosa sta succedendo.
Nero, nero lo schermo del computer, nero lo schermo del telefono. A me non è mai piaciuto il nero, non è per niente rassicurante.
Mi passo di nuovo la mano tra i capelli,
Invasione aliena? La luna ha forse cambiato il suo fottuto movimento?
Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo, cazzo. Credo che sto per avere un attacco di panico.
Perché?!
Fermo bruscamente un ragazzo con gli occhiali, occhiali corrisponde a nerd, giusto?
«Che cazzo sta succedendo?!» Urlo spazientito. «Se lo sapessi sarei qui? Amico ma che cazzo di problema hai?! Siamo tutti nella merda! Dopo mesi quella figa mi ha accettato la richiesta di amicizia, stavo per mettere mi piace alla sua foto profilo ma poi si è spento tutto!»
Stavo per tirargli un pugno, quando la mia coscienza mi ricorda che è solo un ragazzino.
Respiro profondamente, stringendo ancora di più la giacca.
Quanto cazzo siamo dipendenti?
No, non siamo dipendenti, noi ABBIAMO bisogno della tecnologia, con questa ci lavoriamo, ci teniamo in contatto, amiamo, facciamo di tutto!
"E poi, siamo nel 2014, siamo in progresso, e la tecnologia sta a base di tutto, come la scienza e la matematica, in pratica! No?!"
Devo allontanarmi, ma più cammino e più sembra infinito il delirio dell'umanità. Ho l'ansia, non so che succede adesso. Non c'è Google a rispondere alle nostre domande, non c'è la televisione a rassicurarci.
Cammino davanti all'ennesimo bar, non trovando una folla impazzita. Mi fermo, e vengo spinto da centesimo coglione che non ha alzato gli occhi dal suo cellulare. Entro, trovando quattro coppie che gustavano un frappè ed un pretzel. Ci sono anche due famiglie, con bambini che mangiavano dei muffin più grandi dei loro visi.
Più in là c'erano degli anziani, che onoravano i giorni di gloria.
Scuoto la testa, chiudendo la porta che delineava il confine con la pazzia. Arrivo al bancone, guardando il cameriere che asciugava un bicchiere annoiato. «Acqua tonica» dico, lui annuisce allontandosi da me.
Mi guardo intorno, e riesco a tranquillizzarmi. Non avevo mai notato questo bar, -normale credo, essendo cliente abituale del miglior bar di tutta la città- e queste persone sono così serene... felici forse?
Non saprei dire, in ventotto anni, non ho mai capito cosa fosse la felicità. Ho provato a chiedere a Google, ma le risposte non erano chiare.
Ma a loro non interessa di essere irraggiungibili? Insomma, non hanno un lavoro? Qualcuno dovrà pur cercarli. E a loro non interessa? Nessuna e-mail?
Porto gli occhi infondo all'angolo del bar, dove vi era una panca e lì, appoggiata c'era una ragazza insulsa.
Bionda, leggeva un libro con un misero vestito floreale e un cardigan nero.
Non di certo il mio tipo, insomma, io sono abituato a tailleur e Victoria's Secret.
Cosa siamo, nel mondo delle favole?
Non troverebbe mai lavoro, o almeno, io non la prenderei mai a lavorare. Sbatto nervosamente il piede destro, e continuo a guardare la biondina che si gira una ciocca di capelli tra le dita.
«Ecco la sua acqua.» Dice il cameriere, risvegliandomi.
Prendo il bicchiere e lo mando giù di fretta, porto lo sguardo all'angolino, magari potrei scambiare due chiacchiere con lei. Non c'è niente meglio da fare, infondo.
Mi mordo un labbro, e mi alzo, accorgendomi soltando ora che non ho niente da dirle.
Non sono capace di parlare e mi viene in mente mio nonno, che ogni volta mi raccontava di come ha faticato per conquistare mia nonna.
«Ai miei tempi, caro Benjamin, non c'erano tutte queste diavolerie qui. Non c'erano i cellulosi! -cellulari, nonno!- Per conquistare una donna, dovevi saper parlare, guardare e ballare. Ora siete così avvantaggiati! Avete tutti i mezzi possibili per comunicare con una persona, ma non avete i sentimenti, non sapete parlare! Ahi, ahi, come rimpiangerete le vecchie epoche!»
Sorrido tra me e me, quanto cazzo aveva ragione il nonno. Vorrei avergli chiesto la frase che usò per rimorchiare la nonna, credevo di non averne mai avuto il bisogno. Ma mi sbagliavo.
Respiro profondamente, "andiamo Benjamin, la città è in delirio, domani tornerà tutto com'era, non hai niente da perdere".
Mi avvicino alla panca, dov'era seduta la biondina. Mi siedo, un po' riluttante. I suoi occhi si alzano per un attimo verso di me, è un accenno di sorriso quello?
I suoi occhi verdi risplendono come pietre e noto qualche lentiggine sulla pelle porcellana. Sorrido, involontariamente. «Bella giornata oggi, vero?» Dico, ma mi sento un emerito coglione.
Andiamo, quale sfigato direbbe una cosa del genere! Distolgo subito lo sguardo, aspettando una risata.
«Hai proprio ragione, il sole splende e la gente è in delirio! Proprio le mie giornate preferite!» La sento rispondere, aggiungendo poi una risatina leggera. Mi sento sollevato e volto lo sguardo verso di lei, ha chiuso il libro e mi dedica tutta la sua attenzione.
Sorrido, «che leggi?» Le chiedo, «che leggevi? Mi correggo.»
Lei fa spallucce, porgendomi il libro. «Mhh, no non conosco quest'autore.»
In realtà, non credevo nemmeno che le persone leggessero ancora i libri, ma tengo questo commento per me.
«Tu leggi?» Mi chiede, deglutisco. «Le e-mail di lavoro valgono?»
Scuote la testa, desolata. «Lo sapevo, sei il solito agente super ossessionato del lavoro... Come mai non sei insieme a tutti gli altri?» Chiede.
Porto gli occhi verso il basso, «ho bisogno di una pausa dalla pazzia, troppo stressante, sai...» Mi ritrovo a gesticolare.
«C'erano persone che si stavano azzuffando, e qualcuno che domandava disperatamente se la sua faccia piacesse!» Aggiungo.
Lei ride, una risata cristallina, pulita, e mi sembra che il sole sia più caldo.
«Comunque mi chiamo Ben, Ben Whitely.»
«Candace, Candace Alridge.»
 
In ventotto anni, non avevo mai conosciuto la serenità. Cioè, mi spiego, non avevo mai conosciuto la serenità con un'altra persona. Credevo che per essere sereni bastasse essere soli. Ma a quanto pare, oggi sbaglio su tutto.
Forse ho sempre sbagliato.
Passare due ore con Candace non è stato forse produttivo sul piano lavorativo, in due ore non abbiamo mai parlato di lavoro.
Ci siamo ritrovati a parlare dei ricordi, dei calzini caldi e delle notti d'estate. Abbiamo parlato degli anni precedenti, delle forme di comunicazioni, delle lettere, dell'eccitazione nel guardarsi negli occhi.
Io mi sono eccitato varie volte guardando, forse non proprio gli occhi però.
«Io voglio essere guardata Ben, capisci?» dice, «voglio essere guardata mentre qualcuno dice di volermi. Voglio leggere i suoi occhi, il suo imbarazzo, la sua vergogna, la sua esitazione, il suo volersi mettere in gioco. Voglio essere imbarazzata, voglio uscire da un locale e saltellare dalla gioia perché mi ha chiesto un appuntamento. Significa che lo vuole davvero. -prende un respiro, portandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio- voglio le sue lettere, voglio essere pensata, con tutte le mie forme, e non vista attraverso un pc. Non voglio che mi rifili quelle due frasi attraverso un sms. Voglio gli occhi Ben, la carezze, gli abbracci. Che me ne faccio di cinque parole sulla memoria di un cellulare?»
La guardo, affascinato. Come ho potuto definirla insulsa?
Credo si sia fatta più carina mentre l'ascoltavo, o forse lo è sempre stata?
«Scusami,» dice poi «sembrava me la stessi prendendo con te.»
Scuoto la testa, incantato.
«No, anzi mi hai fatto riflettere.» Sussurro. «Quindi, mio caro Ben, se tu hai qualcuna a cui tieni, vai e diglielo negli occhi.»
Annuisco, avvicinandomi al suo volto. «Riesci a scorgere il mio imbarazzo? Perché sto per chiederti di uscire, e non l'ho mai fatto...» dico, «guardandola negli occhi, intendo.»
Lei ride, di nuovo con quella risata cristallina. «Mi farebbe piacere, Ben.»
 
Una settimana esatta dopo, le chiesi nuovamente di uscire. Mi trovavo così bene in sua compagnia, mi sentivo sereno... Felice?
Mi guardo freneticamente allo specchio -mio nonno sarebbe così fiero di me, Ah!-. Mi sentivo una mandria di elefanti nello stomaco, ma che svanivano non appena immaginavo i capelli biondi di Candace.
I telefoni non sono ancora tornati con noi, la città oggi è più tranquilla. Ho contato più di cinquanta coppie questa mattina mentre facevo colazione all'aperto! Non riesco a credere che tutta questa gente è innamorata!
Cammino verso il posto che avevo prenotato per due, aspettando con pazienza. Sento bussarmi alla spalla, e girandomi trovo un sorriso sincero. Si lancia in un abbraccio, il suo profumo mi investe.
E' il tipo di profumo che vorrei sentire la mattina appena sveglio, mischiato a quello di caffè. «Prima di sederti e mangiare, ti va di fare una passeggiata?» Le chiedo. Insolita come proposta, ma da una settimana a questa parte non è successo niente di ordinario.
Lei annuisce e ci ritroviamo a camminare sul marciapiede, illuminati dalla luna e dai lampioni. La vista del lago è da mozzare il fiato, e lei sembra notarlo.
Mi sento nervoso, e gioco con le mani per distrarmi un po'. «Tutto bene?» Chiede, e i suoi occhi verdi mi guardano, in attesa di una risposta.
Sospiro, «è da ieri in realtà che avevo voglia di farlo, ma non l'ho fatto, perché se l'avessi fatto sarebbe risultato strano. Ma da una settimana non mi succede niente di normale. Insomma, tu, tu non sei il mio tipo di ragazza! Stampe floreali, colori, nono! Ma stanotte ti ho immaginata, -in senso buono, non fraintendere!- con le tue forme, e pensavo alle tue parole e che preferisco i tuoi occhi verdi piuttosto che il nero del mio telefono.»
Un mio difetto? La parlantina, soprattutto quando sono nervoso.
«Ben..» Dice, sono stato poco chiaro?
Mi avvicino, fino a sentire il suo respiro che sapeva di menta, fresco, come una boccata d'aria. Come se dopo anni, finalmente uscissi dalla mia armatura, per godermi quel raggio di sole che Candace emanava.
Sto per posare le mie labbra sulle mie, quando sendo il mio telefono squillare. Spalanco gli occhi, e stringo le mani di Candace. Avevo paura che come un sogno lei fosse sparita, e che io, dopo questa breve boccata d'aria tornassi nel buio della mia quotidinità.
Prendo il mio I-Phone e lo lascio cadere nel lago.
Lei ride, porto la mia mano sulla sua guancia e la bacio, sentendo gli altri intorno a me gioire, sollevati di tornare a nascondersi dietro uno schermo.




_____________________________________________________________________________________________________

Per chiunque fosse arrivato fino a qui volevo dire... Grazie!
E che questo è solo un piccolo sfogo scatenato dal mio "ex", che non ha mai avuto le palle di parlarmi e di guardarmi negli occhi. Anyway, questo sfogo mi ha fatto porre la domanda "E se per un giorno i telefoni non funzionassero più?" e, morale della favola: esistono sempre più modi per comunicare, ma non esiste più la comunicazione.
E cosa c'è di meglio se non scriverci una one-shot su?
Spero vi sia piaciuta, non è nulla di impegnativo, appunto solo una cosetta per fare due risate e beh, un piccolo tributo a Ben Affleck che in questi giorni da inferma mi ha tenuto compagna (peccato che lui lo devo guardare per forza attraverso uno schermo, SIGH).
Vi ringrazio, un bacione grande grande <3

 

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: belongtomusic