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Autore: Amitiel    02/02/2014    0 recensioni
{ Ci sono troppe strade da percorrere. Troppi dolori da sopportare. Ho passato metà della mia a cercare di essere la donna che Lei avrebbe voluto che fossi. E quando ho perso anche lei ho perso me stessa. Perchè lei non era solo la Lupa. L’alpha! Lei era mia madre. Lei era tutto ciò che di buono c’era in me. Era la luna che risvegliava i nostri sensi cullandoci nel suo dolce abbraccio. Era la guida che ci insegnava che ogni morso era un dono0, ma che mordere tutti era dare vita a un martirio. Era l’odore di pino selvatico e viola che invadeva la casa. Era l’eco dolce di una risata, il porto sicuro. Lei era per me il significato più profondo della parola “Casa”! Io sono Laura Hale, sono la figlia di una donna straordinaria. Sono l’Alpha di un branco devastato. Sono la nipote di uno psicotico. Sono la sorella di due giovani lupi che cambieranno e riscriveranno la storia della nostra gente. E questa è solamente la storia di una lupa selvatica senza nome,età…un ombra!}
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Derek Hale, Laura Hale, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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sul sentiero del lupo
tra le scure foreste,
nelle notti di luna brillanti,
nel religioso silenzio di selvaggie creature,
il mio spirito sembra perdersi,
sensazioni primordiali tutt'intorno,
negli occhi del lupo c'è la verità.
Egli osserva me nel silenzio della notte.

Daniela Cesta



 







 

{Drops of Past}

 
Ferma. Immobile dentro quell’auto che sfrecciava ad alta velocità sull’autostrada. Steven mi aveva caricato dopo gli interrogatori e mi aveva portato via da Beacon Hill. Lo stava facendo ma io mi sentivo vuota … priva di ogni sentimento che non fosse  connesso al vuoto o alla rabbia.  E sei consapevole che quel tipo di rabbia non puoi cancellarlo ne metterlo a dormire.  Ti si attacca alla pelle come un Virus letale.
Si insinua nel sangue peggio del cancro e va a corrode ogni cosa buona di te. Che sia il tuo carattere o che sia il tuo modo di vivere. Mi ero abbandonata  sul sedile, avevo portato le mie ginocchia contro il petto poggiando la suola delle converse sopra il sedile in pelle nera. Mi ero circondata in un abbraccio fittizio con le mie stesse braccia. Pallida e con gli occhi serrata coprivo il mio viso celandolo dietro la folta chioma ramata. Celavo le lacrime che ormai scorrevano lente sulle guancie rigandole e bagnandole. Gli davo le spalle eppure sentivo ancora il suo sguardo su di me. Sulla mia schiena incurvata e tremante. Avevo assunto una posizione fetale come se ciò potesse servirmi. Come fosse una protezione più che sufficiente per quello che mi stava accadendo.  Perché fuori potevo anche rimanere immobile e scossa da tremiti leggeri a intervalli regolari  ma dentro ero uno specchio frammentato. Una persona vuota che desiderava morire. Raggiungere le persone che amava. Volevo tornare a casa … Magari era tutto un incubo se mi fossi addormentata al mio risveglio mi sarei ritrovata scossa e sudata con il cuore in gola dentro il mio letto. Sarei scesa correndo e  sarei corsa dalla mia mamma ad abbracciarla. Mi sarei stretta a sorridendo come un ebete con gli occhi lucidi e avrei inspirato il suo profumo tranquillizzandomi.
Ma l’altra parte di me quella selvatica e più profonda , legata alla natura primordiale di tutte le cose mi ringhiava contro. Ululava vendetta. La esigeva. Voleva sporcarsi la bocca con il sangue degli Argent. Voleva commemorare la memoria dei caduti, far si che riposassero in pace bagnando le loro tombe con il sangue degli assassini.
La lupa si dimenava dentro il mio costato. Esigeva di uscire, si imponeva nei battiti cardiaci e dilaniava la mia pelle da dentro con i suoi artigli. Sentivo il calore del mio corpo crescere, aumentare d’intensità. Come una febbre  letale che infiammava troncando il respiro. Stavo soffocando e non potevo evitarlo. Il ringhio mi moriva in gola trattenuto da corde vocali troppo incline ed arrendevoli verso di lui per poterlo bloccare. Un brontolio cupo che nasceva dal petto.
«Laura?!Laura andiamo resisti. Non manca molto ok?Non trasformarti ora. Non cedere all’istinto se lo fai non tornerai più in dietro perché da Lupa smetterai di provare dolore. Lo sai che in quella forma le sfumature delle emozioni non esistono. Esiste il cibo e la rabbia.»
La sua voce calda e avvolgente non mi aiutava più. Non lo sentivo bene, era distorto come se fosse lontanissimo.  Ma sapevo bene cosa stava dicendo solo che non me ne importava nulla.
«Io non voglio provare più nulla!Voglio la mia famiglia Steve.Voglio dilaniare la gola di quel vecchio bastardo mentre grida e chiede una pietà che non gli sarà MAI concessa!» Mi rannicchiai di più perché la mia voce ora tremava, come ilo mio corpo. Mi stavo trasformando in Lupa.
Quel dono,quell’abilità rara che non tutti i lupi avevano io l’avevo ereditata dalla mamma.
«Non ti lascerò fare idiozie Laura!Non ti lascerò MAI scegliere la via più facile. Andiamo cazzo sei o no una Hale?Al tuo posto pensi che tua madre o tuo padre si sarebbero  lasciati andare alla commiserazione personale?o avrebbero reagito?»
«Sta zitto pezzo d’idiota!Ma cosa ne vuoi sapere tu?Li ha uccisi tutti .Non c’è più nessuno! Merita la morte anche lui … merita di perdere ogni cosa che ama e a cui tiene!»
Nella mia voce c’era veleno non lo guardavo ma già sapevo che lui invece stava guardando me. E sentivo la rabbia ribollire come lava sotto il terreno,sotto la mia pelle. Pronta ad eruttare. A riversarsi fuori e distruggere ogni cosa. Annegandomi nella sua impetuosità.
«Si ma tu ora non sei in grado di affrontarlo! Lo so io e lo sai tu. Dannazione Laura se ti  trasformi resterai tale non è vero?Non è vero?»
Strinsi di più gli occhi e portai le mani giù munite di artigli a coprirmi le orecchie .Mi stavo trasformando nella sua auto e sarebbe stata la cosa più sbagliata. Lo sapevo ma non volevo evitarlo.
«E’ l’unico modo che ho per distruggerlo! Perché cosi non c’è la faccio … fa male …»
Senti la sua mano che sfiorava i miei capelli e rapida mi  afferrava per il collo .Dita forti che mi stringevano trascinandomi verso di lui. Nel suo abbraccio. L’unico profumo che aveva ancor al’abilità di mettermi a cuccia. Ironicamente parlando. Se mi fossi trasformata tra le sue braccia lo avrei dilaniato lo sapevo io. Lo sapeva lui.
«Sei pazzo!Fammi scendete Steve..FAMMI SCENDERE!» Ringhiai verso di lui ottenendo in cambio una stretta più ferrea in torno al collo.
«NO!Non importa quanto tu opponga resistenza. Non costringermi ad usare lo strozza lupo Laura! Guardami..GUARDAMI!»
E lo feci alzai gli occhi di scatto e lui fu inglobato interamente nelle mie iridi azzurre che mutavano scemando in un oro intenso,liquido e profondo. La belva lo guardava in attesa che le sue labbra pronunciassero quelle parole  di cui avevamo bisogno. Era la nostra Guida ora. Solo lui cosa sarebbe accaduto se lo avessimo ferito?
«Se ti trasformi ora mi ucciderai!Se ti trasformi ora dimenticherai chi sei, la tua famiglia. Vuoi forse dimenticare tua madre e tuo padre?Cora ?Derek?Vuoi d’avvero dimenticarli tutti??» L’auto si era fermata e i sensi non lo avevano captato. Lo fissavo e ripensai al sorriso della mamma, gli abbracci di papà. Ripensai a Cora in camera mia al suo primo giorno di scuola e io che gli acconciavo i capelli e lo consideravo un grande onore che mi riempiva di gioia perché di solito li portava sempre sciolti e guai a chi glieli toccava. Quel giorno il nostro legame divenne più profondo e non la vidi più come la sorellina rompiscatole  che rompeva i miei giochi  ma come“la mia persona”. Qualcuno da proteggere, custodire e aiutare nelle difficoltà di ogni giorno e presi a portarla sempre con me quando potevo. E rividi Derek nella memoria, mi ricordai che quando ancora era nel grembo della mamma io fissavo in continuazione il suo pancione e volevo sempre stare attaccata con l’orecchio per sentirlo scalciare. Mi ricordo che  fremevo ogni giorno di più perché io volevo vedere il volto del mio fratellino. Volevo conoscerlo e quando  mamma tornò dall’ospedale con quel fagotto fu per me l’amore. Quello a prima vista. Quello che provi per un fratello e sai già che tra morsi,graffi e urla lui ci sarebbe sempre stato. L’ometto di casa. Il mio migliore amico. L’unica persona tra tante altre che mi avrebbe conosciuta meglio di me stessa giorno dopo giorno. La mente iniziò a correre nei ricordi,la lupa scattava da un flash all’altro.  Si soffermò su uno in particolare eravamo entrambi seduti sul portico lui era devastato dalla perdita di Paige e i suoi occhi erano di un blu intenso. Eppure mamma aveva ragione era bellissimo lo stesso,non c’era differenza. Lui aveva ucciso un innocente solo per risparmiargli una morte dolorosa .Lo aveva fatto per amore. Aveva perso la sua ragazza e rimaneva ancora in piedi perché noi gli avremmo sempre impedito di cadere. Di arrendersi,ma in verità da quel punto di vista lui era il più forte di noi. Teneva tutto dentro e  ne faceva la sua forza. Era cosi determinato il mio fratellino… Aveva lo sguardo perso tra gli alberi e l’orizzonte, fissava il vuoto e fischiettava la canzone che Paige suonava sempre con il violoncello.Io ero uscita in veranda sentendolo e mi ero seduta in silenzio vicino a lui appoggiando la testa sulla sua spalla l’avevo abbracciato in silenzio. “Non piangere, lei non lo vorrebbe lo sai no?”Smise di fischiettare guardandomi con gli occhi lucidi e lo attirai  verso il mio petto abbracciandolo. Stringendolo con forza a me  gli celai i miei occhi lucidi. Perché la sua perdita, il suo dolore erano anche i miei. Era sempre stato cosi, ma mai una volta che glielo rivelassi. Mai. Io dovevo dimostrare di essere quella fredda e distaccata da tutto. Quella che un giorno in caso di necessità si sarebbe presa cura di loro. Cosa ora mai impossibile. Lo strinsi come quando da bambini  i temporali ci spaventavano e ci rifugiavamo sotto le coperte vicini lui aggrappato a una torcia inutile io che gli raccontavo storie assurde per distrarci. E rimanemmo cosi per un po’ prima che  Cora arrivasse e si unisse a noi  iniziando a  trascinare Derek perché voleva aiuto con i compiti. Una stretta al cuore mi tolse il fiato. Dio …. loro non c’erano più e i loro visi erano la mia unica salvezza. Loro erano la mia Ancora. E ringhiai dimenandomi graffiai Steven che mi tenne salda. Il suo cuore accelerò di botto e fu quello a placarmi. La sua paura frenò l’eccesso della mia ira, ma non placò il dolore. Nessuno lo avrebbe placato mai. E rimasi immobile tremando tra le sue braccia mentre cadevo in un sonno tormentato e lui riprendeva a guidare con un battito che si stava calmando. Soddisfatto di avermi impedito il peggio. Di dimenticare chi ero. Il mio lato umano. 




 





 







 

 

 
  
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