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Autore: Nero inchiostro    02/02/2014    1 recensioni
Tutto comincia da un'opera d'arte, ogni capitolo è una storia fantasiosamente costruita sui sentimenti che quella particolare opera d'arte ha suscitato in me. E' una raccolta, non è indispensabile leggerne ogni capitolo, si può scegliere in base all'opera che più vi aggrada o leggerli tutti.
1- Il bacio di Hayez
2- Ritratto di donna di Picasso
3- (a breve) Gabrielle et Jean di Renoir
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come l'amore, l'arte non è piacere, ma passione.

André MalrauxLe voci del silenzio, 1951



Piccola introduzione alla serie di flash fiction: Questa sarà una raccolta di piccoli racconti ispirati alle mie opere d’arte preferite. So bene che dietro ad ogni quadro c’è una storia, io voglio immaginare la mia dietro queste splendide opere. Studio l’arte da cinque anni e ho sempre immaginato un gioco di storie celate dietro ad ogni dipinto o scultura, be’ ho deciso di raccontarvi i frutti della mia immaginazione. Buona lettura.


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CAPITOLO UNO – IL BACIO DI HAYEZ

Dolce, amaro, addio.

 

 

Erano anni che lui provava il mio amore testandone la mia resistenza con la mancanza. Erano anni che il nostro paese era devastato dalle guerre e lui, come eroe della nazione e del mio cuore, partiva sempre volontario per difendere la patria. Era l’orgoglio, era il patriottismo, era la fama, la gloria, era tutto ciò che lo spingeva a partire e lasciarmi sola con il mio dolore con la promessa di un ritorno, con un bacio come addio. Un giorno morirò per il dolore. Quel giorno sentirò una fitta al cuore e cadrò in battaglia, per raggiungerti.

Ed allora lo attendevo, infreddolita nel mio vestito di raso azzurro, per ricevere il mio bacio prima della sua ennesima partenza. Era un rito speciale fra di noi, quando lui partiva io fuggivo, nel cuore della notte, e lo raggiungevo per il nostro dolce, amaro, addio. Era una fuga al di là delle regole impostemi da mia madre, era un brivido che mi percorreva la schiena dalla paura che sapevo sarebbe stata risanata dai suoi occhi, era una lunga, malinconica attesa che precedeva la lunghissima e mesta mancanza.

Riuscii ad uscire evitando i domestici e già la carrozza mi attendeva al di là dei cancelli. Leonardo, il mio cocchiere, mi attendeva con il solito sorriso.

“Un giorno mi farete licenziare, signorina.”

“Non ti preoccupare Leo, combatterei con tutte le mie forze per impedirlo, lo sai.” Gli sorrisi dolcemente mentre lui, con aria ilare, faceva segno di no con la testa, corrucciando le labbra. In realtà non si chiamava affatto Leonardo, ma il suo aspetto, la barba lunga e bianca, gli occhi intelligenti lo facevano rassomigliare al grande Da Vinci. In realtà non ricordavo il suo nome, ma lui stava sempre al gioco e, da quando ero bambina, riservava per me una dolcezza speciale, tanto che da piccolina a volte lo chiamavo nonno, mentre mia madre mi congelava con lo sguardo e lui sorrideva sotto i baffi, rimproverandomi.

Arrivammo al luogo prestabilito con qualche minuto di anticipo, lui non era ancora arrivato. Scesi dalla carrozza aiutata da Leo che, con aria mesta mi disse: “sia prudente, signorina, e non si lasci sopraffare dal dolore.”

A testa bassa mi avviai vicino alla scalinata e mi sedetti su di essa. Il cuore mi batteva ad un ritmo impressionante, risuonava nel mio petto come volesse essere un richiamo. Immaginai i suoi passi ad ogni mio battito, immaginai la sua espressione del volto, scura sotto il cappello, immaginai tutto ma, è risaputo, quando si immagina qualcosa non sempre essa va come la si era vista nella propria mente.

Persa nei pensieri mi accorsi appena del suo arrivo. Non appena alzai lo sguardo ed incontrai il suo, un brivido mi percosse l’anima e mi alzai, pronta a stringerlo in un lungo abbraccio.

Non volò nemmeno una parola tra di noi, parlavano bene gli sguardi, i sorrisi, le carezze. Parlavano le lacrime che ad ogni abbraccio si fondevano insieme. Mi carezzava le guancie, mi prendeva la mano e se la portava al petto, sentivo il suo cuore ribellarsi al nostro addio. E poi mi prese il viso tra le mani, si avvicinò lentamente, guardandomi negli occhi, li chiusi all’istante avvicinandolo ancora a me per suggellare ciò che tra noi non veniva detto con un lungo, dolce, amaro, bacio.

Erano anni che lui provava il mio amore testandone la mia resistenza con la mancanza. E più gli anni passavano più mi convincevo di essere forte, di essere sana, di resistere alle intemperie del mio fragile cuore. Più gli anni passavano, più mi convincevo che ogni lacrima era giusta. Ed ogni sorriso, ogni sorriso era un fiore sulla sua tomba. Da quella battaglia lui non tornò mai. Dolce, amaro, addio. 

   
 
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