Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: mizuki95    02/02/2014    1 recensioni
One-shot basata su Carla Jaeger e un giorno in particolare.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Carla Jaeger, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti. E' la prima volta che scrivo in questa sezione, e spero di non dovermene pentire. Ho scritto questa storia sia perché volevo parlare della madre di Eren, sia perché volevo raccontare una storia che non coinvolgesse sangue, drammi et similia. Una cosa assurda, penserete visto le vicende dell'opera, ma non per me. Mi vergogno di aver scoperto da poco il nome della signora Jaeger, ma questo è dato dal fatto che in tre volumi del manga non ho mai letto il suo nome o, se Hannes lo ha pronunciato, non me ne sono proprio accorta. Ho detto che il regalo era molto costoso perché, considerata la situazione e il fatto che la storia si svolge in una specie di medioevo alternativo, ho pensato che cose talmente futili come oggettini in vetro non fossero cose comuni in luoghi dove si cerca solo di vivere e sopravvivere, tranne ovviamente nella parte più interna del Wall Shina, visto che lì sono radunati re, nobili e dunque le frivolezze collegate a questi ultimi (basti pensare ai vestiti e ai gioielli apparsi in una scena dell'anime). Non sono informata su ogni minimo dettaglio pur avendo fatto del mio meglio, quindi spero che passerete oltre sui dettagli che sicuramente saranno sbagliati. So che un elastico pieno di fiori possa essere considerato un'idea "stupida" per una bambina riflessiva come Mikasa, ma l'idea mi piaceva e poi l'importante era regalare qualcosa fatto a mano che potesse piacere a Carla. Nell'idea originale, che prevedeva una drabble, c'era solo la parte finale di questa fic con annessi alcuni pensieri della donna; ma, dato che non so quasi nulla sul personaggio per il poco tempo in cui è apparso, ho preferito allargare il tutto per evitare di dire troppe idiozie. Ho messo l'avviso "OOC" perché sono convinta di aver manovrato male i personaggi, in primis la signora. L'ho scritta per diletto ma ho fatto il possibile perché non ci fossero strafalcioni ed errori grammaticali e strutturali nella trama, ma se qualcuno lo riterrà infantile e troppo semplicistico, non la prenderò a male. Ora vado, ma vi auguro una buona lettura e, se vi va, di lasciare una recensione! ^^
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Le piacevano le giornate di sole, perché i panni si asciugavano prima; al contempo, però, le dispiacevano, perché spesso rimaneva sola in casa. Il marito le faceva compagnia quanto poteva, prima di andare a far visita a qualche malato; i figli, ne approfittavano sempre per sgattaiolare e giocare fuori.
 
 La donna, preparata la colazione, si accinse a svegliare i bambini, quando la porta si aprì e comparve una tranquilla Mikasa. La bambina la salutò con un piccolo inchino – era una strana abitudine della sua defunta famiglia -, e dopo averla avvertita che Eren era in bagno, si sedette a tavola e attese gli altri familiari prima di iniziare a mangiare.
 
Gli uomini di casa arrivarono poco dopo, dunque mangiarono il pasto ancora caldo. Al termine della colazione, l’uomo uscì di casa per una visita, seguito poco dopo da Eren, che sussurrò qualcosa all’orecchio della sorella adottiva prima di uscire di casa.
 
Questa l’aiutò a pulire le stoviglie, e fu in quel momento che la donna se ne accorse «Che buon profumo di fiori…» esclamò sporgendosi verso la bambina, che sorrise e abbassò il capo in avanti. Appena ebbe svolto i suoi compiti, la piccola Mikasa la saluto e uscì fuori.
 
Passati alcuni minuti, Armin bussò alla porta, e la madre di Eren lo fece entrare in casa «Eren è già uscito e Mikasa è con lui» lo informò, ma il bambino non era lì per gli amici «Mi scusi per la richiesta, ma potrebbe prestarmi una cesta molto grande? Serve a mio nonno…» le spiegò, che prestò volentieri la cesta. Il bambino la ringraziò e se ne andò salutando, e lei rimase nuovamente da sola.
 

 
A metà mattinata, avendo già svolto i suoi doveri e volendo prendere una boccata d’aria prima di preparare il pranzo e ritirare i panni stesi, decise di fare due passi.
 
Per strada incontrò e si intrattenne con alcune vicine, ma l’incontro più interessante fu quello con il nonno di Armin, che ringraziò suo marito per aver curato la moglie, e per pura casualità il discorso cadde sulla creazione di oggetti in legno a cui il vecchio si dedicava nel tempo libero «A proposito, le è stata utile la mia cesta?» domandò la castana, che vide il viso dell’uomo assumere un’espressione stupita «Signora Jaeger, di che cesta parla?» «Ma come, questa mattina non ha mandato suo nipote da me per farsi prestare una cesta?»
 
«Mi perdoni davvero, signora, ma credo che ci sia un malinteso. Non ho mandato Armin da lei, né ho bisogno di una cesta, dato che in cantina ne possiedo alcune». La conversazione si era fatta imbarazzante, ma Carla riuscì prontamente a cambiare discorso e dopo una manciata di minuti i due si salutarono.
 
 La donna rimuginò un po’ su quell’episodio, ma presto quel pensiero e i suoi interrogativi furono sostituiti dalle faccende domestiche ancora da svolgere.
 

 
All’ora di pranzo, i bambini non erano ancora tornati, fatto insolito considerato che Mikasa si proponeva sempre di aiutarla, mentre Eren controllava sempre cosa avesse preparato prima di decidere se andare a nascondersi in qualche parte della casa.
 
 Il marito si era già seduto a tavola, ma dei figli non c’era traccia. Allora decise di andare a controllare se si fossero appisolati ai piedi del grande albero vicino alle mura, e come previsto li trovò lì.
 
Però non stavano dormendo, né erano persi in qualche conversazione tipica dei bambini: erano a gambe incrociate – tranne Mikasa, seduta composta sulle ginocchia, scuri in viso, i vestiti un po’ stropicciati. Le espressioni sul loro viso erano contrasti: Armin aveva le lacrime agli occhi, Mikasa era alterata, Eren furente e mandava fulmini e saette dagli occhi.
 
Mentre si avvicinava a questi, sentì il figlio esclamare «La prossima volta che li incontriamo, ci vendicheremo!» «Che fate ancora qui?» domandò retoricamente «Il pranzo è a tavola e si sta raffreddando». I bambini abbassarono il capo e, avvicinandosi, Carla scoprì che avevano più ferite di quelle che aveva visto da lontano «Ditemi che vi è successo!» ordinò preoccupata, ma nessuno di loro aprì bocca.
 
La donna ripeté l’ordine con un tono di voce più alto, e solo allora il biondo disse, tra i singhiozzi «N-noi volevamo farle un regalo… ma ce lo hanno rotto…» e mentre diceva ciò, nascose un sacchetto dietro la schiena «Perché un regalo? Cosa c’è da festeggiare?» domandò stupita, per poi sedersi sull’erba davanti ai bambini.
 
Questa volta fu la bambina a parlare, mentre Armin si asciugava gli occhi «Volevamo farti un regalo per quello che fai ogni giorno... » «Ci abbiamo pensato tutti insieme» la interruppe Eren, con lo sguardo rivolto verso l’erba «Io ho avuto l’idea, Mikasa ha pensato a cosa potesse piacerti e Armin a come pagarlo». Seguì un secondo di pausa, poi, a turno, le spiegarono che avevano lavorato per il signor Iobe, il fruttivendolo del mercato, raccogliendo mele e altri frutti per lui «Ecco perché Armin mi ha chiesto la cesta» pensò la donna. In seguito, appena avuto la somma necessaria per il regalo, lo presero in un negozio dall’altra parte di Shinganshina.
 
Ma sul tragitto verso casa, mentre il regalo era nelle mani di Armin, dei bambini loro conoscenti attaccabrighe lo avevano spinto malamente, facendo cadere a terra il prezioso oggetto che si era così frantumato. Eren e Mikasa, furenti, avevano risposto alla provocazione, e questo spiegava le ferite e il labbro spaccato del figlio.
 
Al termine del racconto, l’unica cosa che disse Carla fu «Fatemi vedere questo regalo, allora» «M-ma è rotto!» esclamò Eren, finalmente guardando la madre in faccia, ma ella insistette e dunque Armin le diede il sacchetto. Come le era già stato detto, il regalo era a pezzi ed era impossibile capire cosa fosse (e non volle informarsi perché sarebbe stato molto indelicato), ma comprese che, qualunque cosa fosse, era fatta col vetro soffiato, dunque un oggetto di grande valore. Per quanto tempo avevano lavorato a sua insaputa, si domandò la donna, per quanto tempo avevano raccolto frutti per poterglielo regalare? Sicuramente molto, concluse, perché quel tipo di oggetti erano più unici che rari nelle città al di fuori del Wall Shina.
 
Ma questo non spiegava il profumo di fiori che emanava Mikasa.
 
 Lo sguardo dei tre cadde sulla bambina, che chinando la testa svelò il mistero «Ho fatto un altro regalo per la zia, ma non è bello come quello… ». Ma Carla espresse il desiderio di vederlo, e la piccola le porse il contenuto della tasca del suo vestito, ovvero un elastico per capelli circondato da svariati tipi di fiori, di tutti i colori e grandezze.
 
Allora la donna si sciolse i capelli e, mentre se li legava nuovamente con quello floreale, li rimproverava «Siete troppo piccoli per lavorare. Se volete fare qualcosa, allora aiutatemi in casa. Tranne te, ovviamente, Armin, ma non non dire più bugie. E tu, Eren, devi capire che non si risolve tutto con la vendetta, né con le botte. Però…» e li accolse insieme in un grande abbraccio «Apprezzo davvero quello che avete fatto. Ma, davvero, non c’era bisogno che faceste questo per me». I piccoli ricambiarono l’abbraccio, e rimasero in quella posizione per un po’ di tempo.
 
Fu il marito a chiamarli, e tornarono a casa. Dopo pranzo e dopo averli medicati, Eren e Mikasa iniziarono ad aiutarla in alcune faccende domestiche, e si unì a loro anche Armin, che si sentiva ancora in colpa per il regalo.
 
Dopo aver raccolto un po’ di legna per la sera, aiutarono Carla nel ritirare i panni stesi, anche se il biondo si lasciava rubare i vestiti dal venticello che soffiava ed Eren si divertiva a fare il fantasma con le lenzuola per poi rincorrere gli amici. Carla era felice di vivere in quel piccolo angolo di paradiso.
 
 Tenne con sé l’elastico anche dopo che i fiori essiccarono, perché era la dimostrazione dell’affetto che la figlia adottiva provava per lei, oltre che del pensiero che i tre bambini avevano avuto per ringraziarla di qualcosa che, però, lei non reputava nulla di speciale. Ogni tanto le capitò di annusare l’elastico, perché il profumo dei fiori era rimasto.
 
Sì, era davvero felice della sua vita.
 
 Di cui fu privata pochi mesi dopo, mentre i figli in lacrime la vedevano sparire tra le fauci di un gigante.
 
 
THE END 
  
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