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Autore: nightswimming    03/02/2014    6 recensioni
Valeva la pena provare.
(Post-His Last Vow)
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: non mi appartengono, non ci lucro sopra – ci piango solo sopra – e tutto ciò è false as false falsely can be.
Dedicata a Cey e Monica che me l’hanno praticamente promptata davanti al cinema. <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
We were ready to behave
But there’s no freedom without a cage
Whatever you think you’ve become
Don’t worry, baby
It’s where you’re coming from
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
John glielo comunicò un martedì mattina, a Baker Street, mentre stavano studiando i particolari di un caso sul computer.
Sherlock immaginò che il suo tono fosse molto simile a quello che usava per i dispacci di guerra in Afghanistan, quando portavano buone notizie.
Come il ritrovamento di un disperso. O la fine di un conflitto.
“Mina” disse John, il viso illuminato dallo schermo del pc. Sherlock lo guardò annuire come per confermare a sé stesso l’appropriatezza del nome. “Mina Amanda Watson.”
Sherlock continuò a guardarlo. John sorrise quasi timidamente e solo dopo secondi interi incontrò i suoi occhi.
Mary non si vedeva più i piedi oltre la pancia. La bambina sarebbe nata fra un mese.
John era di nuovo a Baker Street, seppure fuggevolmente. Sherlock era di nuovo a Londra, e per restarci.
L’aveva potuto rivedere. Solo questo aveva importanza; che fossero ancora in grado di condividere una stanza, una conversazione, un silenzio che valeva più di mille parole.
Sherlock sapeva che sarebbe venuto un tempo in cui lo status quo non gli sarebbe bastato più, perché non era un uomo né paziente né timido – sapeva che il sollievo provocato dall’essere di nuovo insieme presto si sarebbe trasformato nell’acuto dolore di un insieme che per lui era da tempo insufficiente.
Ma per il momento si scoprì capace solo di sorridere e di dire: “Sì”.
era tutto quello che intendeva dire a John Watson, ora che ne aveva di nuovo l’occasione.
 
*
 
“A-man-da” scandisce pomposamente Mycroft, battendo la punta dell’ombrello a tempo.
Sherlock rotea gli occhi e tenta di ignorare quella tortura cinese che è la musica assolutamente demenziale dei negozi di giocattoli per bambini.
“Gerundio del verbo latino amare” continua Mycroft seguendolo per corridoi infestati da dinosauri che straripano dalle mensole e bambole intrappolate nelle loro prigioni di plastica. “Significa ‘colei che deve essere amata’. Molto grazioso.” Una breve pausa. “E molto adatto per un figlio concepito in tempi di… mare mosso, se così si può dire. Immagino che la signora Morstan voglia prendere precauzioni anche linguistiche.”
 “Risparmiati lo sproloquio” ringhiò Sherlock occhieggiando con impazienza gli scaffali del reparto neonati. “C’è un motivo per cui ho rimosso il latino dal mio Mind Palace.”
“E sarebbe?” indagò Mycroft, sollevando un porcospino di peluche a mo’ di teschio amletico.
“Inutile” liquidò secco Sherlock. “La sovrabbondanza di cattivo gusto presente in questo negozio è nauseante” cambiò poi discorso con un sospiro irritato.
“Tsk tsk” lo rimproverò mutamente Mycroft. “Male, molto male. Sapere la provenienza delle parole è fondamentale. Significa afferrare la radice più profonda di tutto.”
Sherlock sollevò un sopracciglio polemico. Mycroft ghignò.
“Pensa, mio caro fratello. Pensa a… cose mai concluse.” Indicò con la punta dell’ombrello la cima di uno scaffale. “A proposito di conoscenze utili che hai rimosso dal tuo Mind Palace, quello mi sembra oltremodo adatto.”
“Mycroft, cosa stai-” cominciò Sherlock in tono infastidito. Poi il suo sguardo si posò sull’oggetto scelto da suo fratello, e per un attimo dimenticò tutto, e sorrise.
 
*
 
John fece lentamente girare con un dito la luna e i pianetini appesi sopra la culla.
“Morire ha migliorato il tuo senso dell’umorismo” disse con un sorriso.
Sherlock si strinse nelle spalle.
“Sono stato costretto a imparare. Risorgere ha un suo prezzo.”
John smise di sorridere. La cameretta era buia, illuminata solo un piccolo abat-jour rosa intonato alla carta da parati e alle lenzuola della culla.
“Già” disse infine John. Sherlock deglutì e si fece immobile.
La data di nascita della bambina era prevista fra tre settimane.
“John-” cominciò il detective con voce incerta.
“No” lo interrompe John con voce tremante di rabbia. “La mia bambina non è un prezzo. E’ la mia bambina. Nient’altro.”
Le spalle di Sherlock si incurvarono sotto il peso di un grande sospiro.
“Non mi sono mai sognato di considerarla in altro modo” disse, sfiorando con un lungo indice pallido la luna appesa sopra la culla. John sospirò a sua volta e fece dondolare piano il sole con un colpetto d’unghia.
“Non ti chiedo di amarla” disse. “Ti chiedo solo di aiutare me e Mary a proteggerla.”
“Sai che odio ripetermi, John” sussurrò Sherlock. Il loro tono di voce si era abbassato, come se avessero paura che orecchie indiscrete potessero udirli. Ma Mary stava dormendo al piano di sotto, e per il resto la casa era vuota. “Ho già fatto questa promessa.”
“Bene” replicò John, più calmo. “Bene.” Si girò per guardarlo negli occhi e gli sorrise debolmente.
Per qualche ragione nessuno dei due riuscì più a parlare.
Pensa, mio caro fratello.
Sherlock batté piano le ciglia e si massaggiò una tempia. John continuò a fissarlo con l’aria quietamente rassegnata di chi, avendo ormai mostrato le proprie carte, non aveva più niente da perdere.
Pensa a… cose mai concluse.
Sherlock  inspirò bruscamente e sgranò gli occhi.
William Sherlock Scott Holmes.
John gli strinse delicatamente gli avambracci e fece un passo in avanti.
Se avete bisogno di idee per il nome.
“Risorgere ha davvero un suo prezzo, allora” sussurrò sulle sue labbra con un sorriso che Sherlock decise di custodire come ultima immagine da proiettare sulle sue palpebre chiuse prima della morte. “Sei diventato lento.”
Scostò il copriletto rosa della culla. Sul bordo delle lenzuola si leggeva, ripetutamente ricamato a punto croce: W. A. W.
“Ce l’ha fatto la signora Hudson” disse John in tono affettuoso. Poi, distogliendo la sguardo dal suo viso incredulo e pallidissimo: “Capirai che Wilhelmina per intero è un nome un po’ desueto. Bisogna pensare ai compagni di scuola, alle prese in giro – è un po’ da nonna, senza offesa. Però Mina mi piace davvero e allora pensavo, cioè, pensavamo -”
Sherlock si divincolò da quello che era diventato ormai un abbraccio e uscì dalla stanza quasi correndo, senza voltarsi indietro.
John non fece nulla per fermarlo. Ormai non potevano più fare nulla per fermare alcunché.
Valeva la pena provare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: il girandolino col sistema solare è un piccolo omaggio alla bellissima fic che earlygrey ha dedicato alla-prossimamente-sui-nostri-schermi infanta Watson. Non ricordo il titolo, ma la trovate su A03, ed è semplicemente bellerrima.
Questa è la mia versione, à la Johnlock, ovviamente, perché se non slashi godi solo a metà.
Le parole in introduzione sono prese dalla bellissima “Becomes The Color” di Emily Wells.
P.S. Amanda è un nome che per il suo significato mi è sempre piaciuto moltissimo, e beh, visto che the universe is rarely so lazy, non vi devo dire che è una coincidenza che mrs. Abbington si chiami proprio così. Seppelliamo l’ascia di guerra, tesoro, che le facce buffe che facevi in TSO3 quando bevevi il vino schifido scelto da te mi piacevano davvero. Se scleri di meno tu scleriamo meno tutti. <3
   
 
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