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Autore: Shirangel    12/06/2008    3 recensioni
Il dolore che solo l’amore può causare. Il dolore che solo l’amore può lenire. Il coraggio di dire “ci sono anch’io” che solo l’amore può dare.
Quinta classificata al concorso MADE ABROAD di V@le
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Al tuo fianco. Sempre.

 

[ Keiner weiss, wies Dir geht ]

                             [ Nessuno sa cosa come ti senti ]

 

Sasuke non aveva la minima idea di cosa provasse Sakura. Non dopo che Itachi l’aveva lasciata, senza pensare ai quattro anni che erano stati insieme.

Senza pensare al figlio che cresceva nel grembo della ragazza.

Senza pensare che lei senza di lui non era niente.

Sasuke arrivò a credere che quel bastardo di suo fratello non pensasse affatto. Si era limitato a pagare l’affitto per il resto del mese, a scribacchiare un “addio” su un foglietto stropicciato attaccato sul frigorifero, e a dileguarsi. Puff. Come un mago, un mago capace di scomparire senza lasciare traccia. Ne un indirizzo,  ne un numero telefonico, o un recapito di qualsiasi tipo. Non aveva lasciato nemmeno i quattordicimila dollari che erano rimasti sul loro conto corrente.

 

Quando gliel’aveva detto, Sakura non piangeva. Fissava con occhi vuoti, leggermente increduli, quelle cinque lettere sul post-it azzurro trovato poche ore prima al posto del fidanzato.

“Se n’è andato.”

Una lacrima spuntò dai suoi occhi, come se averlo detto ad alta voce lo rendesse più vero. Sasuke la guardò. Sembrava stazionare in un universo parallelo, distaccata completamente dalla realtà, come se nulla la sfiorasse.

Splendida.

Pallida come la luna, splendente come un tramonto, intensa come un’onda; i capelli rosei ad incorniciare il volto niveo, le cui dolci linee erano valorizzate dai profondi occhi smeraldini, tanto belli quanto tristi.

Una creatura eterea, di un altro mondo; le sfiorò un braccio, quasi ad accertarsi che fosse davvero lì. Venne percorso da un brivido.

Era fredda.

Fredda come i ghiacci del nord, come solo un cuore impietrito dal dolor d’amore sa essere.

Un cuore che nasconde tutti i suoi sentimenti, reprimendoli gelosamente per non farli scoprire a nessuno, per non soffrire ancora.

No, Sasuke non sapeva cosa provava Sakura.

Arrivò a credere che non provasse nulla.

 

 

[ Keiner da, der Dich versteht ]

[ Non c’è nessuno che vorresti vedere ]

“Sakura” chiamò “Sakura, apri o sfondo la porta!”

Non ci fu risposta. Solo quella canzone -quella maledetta canzone- che lo stereo continuava a diffondere, attutita dalla porta ma sempre persistente. E lei che la cantava. Con una voce così struggente, spezzata dal pianto, debole e malinconica, ma splendida. La canzone con la quale Itachi l’aveva ammaliata, affascinandola e catturandola tra le sue spire. E come un dolce, letale veleno, l’aveva fatta precipitare nel tormentosa vortice dell’amore.

“Sakura, ti prego…”

Dopo lo shock iniziale, la ragazza si era rinchiusa nella sua camera, aveva messo sulla porta il cartello ‘Keep out’ e acceso lo stereo. Poi si era stesa sul letto, e si era messa a piangere. Sasuke l’aveva lasciata in pace, ma dopo ventiquattro ore non accennava ad uscire.

E quella maledetta canzone continuava ad andare, ancora e ancora, con il dito premuto sul tasto repeat della sua vita.

Dopo essere andato tre volte davanti alla sua porta, aver alzato una mano per bussare e poi essere tornato indietro per altrettante volte, Sasuke tornò lì per la quarta volta.

Pensò che lei non lo amava e abbassò la mano.

Poi pensò che nulla a lui impediva di farlo, e bussò.

Una, due, tre volte.

Nulla.

“Sakura, apri.”

Nemmeno una parola, un ‘vattene’ sussurrato a mezza voce.

 “Sakura!”

Solo quella canzone.

 

[ Ich will nicht störn ]

[ Non voglio causarti problemi]

“Non voglio darti fastidio…”

[und ich will auch nicht zu lange bleiben.]

[ e non resterò ancora a lungo ]

“… non ti scoccerò ancora molto.”

[ Ich bin nur hier um Dir, zu sagen: ]

[ Sono qui per dirti: ]

“Volevo solo che tu sapessi…”

[An deiner seite]

[ Sono al tuo fianco ]

“… che ci sono. Per qualsiasi cosa, io… ci sono.”

 

Finì quasi in un sussurro.

E quella porta ancora non si apriva, continuava a frapporsi tra lui e lei, a creare un muro indissolubile tra i due cuori.

E dopo, dopo un tempo che gli parve eterno, dopo aver aspettato, pensato, cercato di andarsene ed essere ritornato, gli apparve.

Così bella da mozzare il fiato, nel suo abitino leggero e delicato, che scivolava sul suo corpo come una seconda pelle, fasciando il busto snello e le gambe atletiche. E il viso arrossato dalle lacrime, i capelli leggermente spettinati e quell’aria da donna cresciuta troppo in fretta.

E quegli occhi.

Quegli occhi che parevano due pozzi di dolore, che lo fissavano talmente intensamente da trapassarlo da parte a parte.

Un albero di ciliegio, piegato dalla dura tempesta e che solo il sole può aiutare a riprendersi.

E Sasuke voleva essere quel sole.

“Sasuke…”

Così piccola e indifesa, sperduta nel labirinto di storie ed emozioni intrecciate l’une alle altre che è il mondo. Si perse nell’abbraccio del suo migliore amico, affondando il viso nel suo petto e stringendosi a lui, cercando disperatamente di lenire quel dolore che le dilaniava il cuore. Si alzò in punta di piedi e gli sfiorò le labbra con le sue, donandogli un bacio  casto e puro come l’amore che stava per nascere. “… grazie.”

 

 

 

 

[Dein Leben sinnentleert.]

[ La tua vita è insensata]

 

“Cosa vuoi fare?” Sakura si voltò vero l’amico [amante] e lo fissò. “Sai cosa intendo. Non puoi restare qui per sempre, l’affitto scadrà fra meno di due settimane. E con il bambino? Come farai? Vuoi tenerlo o no? E gli studi?” la ragazza si nascose il viso con le mani a quella pioggia di problemi, sperando di schivarli solo chiudendo gli occhi e non pensandoci.

 

[ Du machts die Augen auf, und alles bleibt gleich. ]

[ Riapri i tuoi occhi, ma nulla è cambiato ]

 

Ma tutti quei casini c’erano, e premevano su di lei come un macigno opprimente e pesante.

Non sapeva dove andare, non sapeva se tenere il figlio di Itachi, avrebbe dovuto abbandonare il liceo, l’accademia e tutti i suoi sogni, per andare a lavorare e pagarsi l’affitto. Le lacrime premevano dietro le sue palpebre cercando di uscire, ma lei le cacciò indietro. Non voleva piangere. Non più.

“Senti Sakura, se vuoi puoi venire ad abitare da me.” Borbottò Sasuke, strusciando a terra la suola delle scarpe. “Sia chiaro, non pensare che io… ecco… bhe, hai capito no? Insomma, visto che è colpa di mio fratello tutto questo, pensavo che potessi riparare al suo errore… sempre se ti va…” finì, farfugliando.

“ Tu... mi stai chiedendo di vivere con te?”

“Ecco, si. Ho un sacco di stanze libere, e vivo da solo, quindi mi faresti anche compagnia.” Bofonchiò lui, senza alzare gli occhi dal pavimento. “Almeno potresti anche continuare a frequentare il liceo. E l’accademia, ovvio.”

Già, l’accademia di danza. Ballava da una vita, Sakura. Da quando riusciva a tenersi in piedi sulle sue gambe, in effetti; i suoi l’avevano iscritta ad un corso di danza moderna, e a lei piaceva da morire e loro ne erano orgogliosissimi. Ora i suoi non c’erano più, ma lei continuava a varcare quella porta in mogano tutti i giorni, con il suo borsone vecchio e consumato, da almeno quindici anni anni. Ora di anni ne aveva diciotto, e l’innocenza con cui era entrata per la prima volta in quella scuola l’aveva perso quando i suoi genitori erano morti, quando aveva dovuto cominciare a tirare avanti da sola. Poi era arrivato Itachi, bello, ricco e intelligente, e l’aveva tirata fuori dai guai; aveva quattordici anni e lui diciotto, ma non le importava la differenza di età. Aveva conosciuto anche il fratellino del fidanzato, suo coetaneo, ed erano amici per la pelle; sembrava andare tutto a meraviglia, aveva tutto ciò che voleva. Studiava, ballava, amava ed era amata, e non doveva preoccuparsi dell’affitto. Ma in seguito era andato tutto a rotoli; Itachi aveva problemi con il lavoro, tornava sempre più tardi e sembrava sempre più preoccupato. Da cosa, poi, non lo sapeva. Lo tartassava di domande, e lui continuava a negare tutto, e lei insisteva, e lui la baciava e le diceva di non preoccuparsi. La tensione però restava, ed ebbe una paura immensa quando gli comunicò che era incinta di tre mesi. Lui non aveva detto nulla, l’aveva guardata e basta. Non aveva sorriso, ne si era arrabbiato. Non aveva reagito. Semplicemente, si era alzato ed era uscito. Sakura l’aveva aspettato alzata quella sera, ma crollò dal sonno prima che rincasasse; quando si svegliò lui non c’era e neanche i suoi abiti e le sue cose. Era corsa fuori, e non c’era nemmeno la macchina. Non c’era niente che glielo ricordasse, solo la foto scattata insieme qualche mese prima. Quella non l’aveva presa, a pensarci bene non aveva preso nemmeno un’immagine, o un ricordo della fidanzata; pareva volesse dimenticarla.

 

Era andata a vivere con Sasuke. Si controllava ogni giorno la pancia, ed ancora non si vedeva la prominenza tipica delle donne incinte. Ancora non sapeva cosa fare; ne aveva parlato con il ragazzo e lui affermava che doveva fare ciò che riteneva giusto, lui l’avrebbe sostenuta e aiutata comunque. I soldi ce li aveva, frutto dell’eredità dei genitori, e poteva tranquillamente mantenere tutti e tre; l’azienda che Itachi aveva tirato su con la sua parte di denaro, invece, era fallita pochi giorni dopo la sua scomparsa. Insomma, non c’erano problemi: la gente avrebbe chiacchierato un po’, ma non le davano fastidio i pettegolezzi.

La cosa che la preoccupava era che avrebbe dovuto abbandonare la danza.

Ne sarebbe stata capace?

Ballare per lei era vivere.

 Solo quando era su un palco a muoversi seguendo il ritmo della musica, chiudendo gli occhi e lasciandosi trasportare dalle note emesse dallo stereo vecchiotto ma funzionante dal maestro Kakashi, si sentiva viva.

Non era pronta a dire addio a tutto ciò che l’aveva fatta andare avanti durante i momenti bui.

Ed allo stesso tempo non poteva dire addio a suo figlio.

E non poteva avere entrambi.

O almeno, così credeva finché due settimane dopo Sasuke non l’afferrò per un braccio e la trascinò nella sua macchina, sordo a tutte le sue domande. Dopo mezz’ora non erano ancora arrivati, ma finalmente il ragazzi si decise a rispondere.

“Provino. Importante. Per la Dance’s School. Fra 45 minuti minuti, e a un’ora da qui.” Mugugnò, sorpassando un bus e passando con il semaforo rosso. Un vigile si annotò la sua targa, ma lui nemmeno ci fece caso.

“Cosa?!”

“Dio Sakura, non distrarmi o ci sfracelleremo contro un camion.” Imprecò lui, sterzando bruscamente per evitare un motorino. La ragazza obbedì, scossa. Fra sei mesi sarebbe nato suo figlio, e Sasuke voleva farla entrare nella Dance’s School? La scuola più importante e rinomata di tutto il Giappone?

“Non posso, Sasuke. Come faccio con il bambino?” il moro non rispose, limitandosi a lanciare qualche parolaccia a un guidatore lì vicino e a darle un paio di buste.

“Leggi.” Borbottò, perentorio. Sakura le voltò e vide che erano entrambe datate recentemente; una era addirittura del giorno prima. Notò che una era la copia di una lettera inviate dal ragazzo; aprì quella, inviata il giorno dopo che era andata a vivere con lui.

 

26 aprile

Egregia Signora Godaime,

le scrivo per richiedere un provino d’ingresso alla Sua scuola di danza, sapendo che in questo periodo sono aperte le audizioni. La mia fidanzata, Haruno Sakura, vorrebbe entrare nella Dance’s School, ma la sua situazione è un po’ particolare.

È incinta di tre mesi, e ha diciotto anni. Vorrei sapere se potrebbe avere comunque qualche possibilità di fare il provino e, se ritenuta adatta, tenersi da parte un posto per l’anno prossimo.

Grazie della cortese attenzione,

Sasuke Uchiha

Post Scriptum: Allego un video di una sua performance di qualche mese fa.

 

“C-che video hai mandato?” chiese, con un fil di voce, incapacitata dal credere a quello che stava leggendo.

“Family Affaires” Rispose lui, accelerando di botto. Era una coreografia difficilissima, l’aveva eseguita alla spettacolo della scuola. Lei aveva insistito fino all’ultimo per non farla, ma Kakashi era stato irremovibile. L’aveva ballata, e l’aveva ballata da Dio. Senza avere il coraggio di pensare a cosa ci fosse scritto, aprì la lettera di risposta, spedita il giorno prima ma ricevuta solo poche ore fa.

 

10 maggio

Carissimo Signor Uchiha,

ho sottoposto il video da Lei mandato alla commissione interna della scuola e abbiamo decretato che potremmo essere interessati alla ragazza. Comprendiamo la Sua situazione, e siamo disposti a riservarLe un banco nella scuola per l’anno prossimo, dato che comunque per quest’anno siamo al completo e Haruno è un po’ troppo giovane. Non è un college, gli studenti non vivono all’interno dell’istituto e potrà occuparsi di Suo figlio attivamente; le lezioni durano complessivamente quattro ore al giorno, due la mattina e due il pomeriggio. Prima di assegnarle un posto però preferiremmo accertarci delle Sue capacità dal vivo. PresentateVi domani alle ore 9.00 di mattina. Non si accettano ritardi, pena la squalifica.

Cordialmente,

Tsunade Godaime

 

Ore 8.40

“Sasuke, torniamo indietro. Non lo voglio sostenere questo provino! Non sono all’altezza!” gemette Sakura, coprendosi il viso con le mani. “Farò una bruttissima figura, non ho nemmeno preparato una coreografia!”

“Non ti preoccupare” la esortò il fidanzato “Puoi ballare London Bridge, no?” lui assisteva a tutte le lezioni della ragazza, sostenendola sempre e comunque.

“Ma non l’ho finita, e lo sai benissimo!” protestò lei, tormentandosi le mani.

“Improvvisazione Sakura, improvvisazione.” Commentò lui, pacato.

“No! Ti prego, torniamo a casa!” lo implorò la ragazza.

“Sakura, ascoltami.”

 

[ Wenn Du die Welt nicht mehr verstehst,

und jeder Tag im Nichts vergeht.

und Du die Nacht nicht mehr erträgst.

Ich bin da wenn Du willst,]

[ se il mondo ti confonde  

e ti sembra di perdere i tuoi sensi

e tu non sai proprio cosa fare

guardati intorno, io sono qui ]

 

“Tu devi sostenere questa audizione. Sei una ballerina eccezionale e puoi dimostrarlo a tutti. Non avere paura, io sarò li con te! Sarò an deiner seite, al tuo fianco, come sono sempre stato. Se ti senti persa, se pensi di non farcela, voltati. Voltati e guardami, io ci sarò.”

 

Ore  8.45

Sakura non sapeva cosa fare. Era tutto così… strano, così diverso. Quasi irreale. Non riusciva a credere che lei, comunissima diciottenne sognatrice, stesse per sostenere un provino alla Dance’s School, scuola che anche solo per fare un’audizione dovevi fare i salti mortali. Aveva fantasticato così a lungo  su quel momento. E adesso che stava per viverlo, Itachi non c’era. Si era immaginata lui alla guida, non Sasuke. Si era immaginata che lui la rassicurasse, la spronasse, le sorridesse e le dicesse che non l’avrebbe lasciata sola. E invece, a fare tutto questo, c’era Sasuke.

E, a dirla tutta, non le dispiaceva.

 

Ore  8.50

Cominciava ad avere paura però, mancavano quattro minuti. Come aveva detto Tsunade? Non si accettano ritardi, pena la squalifica. Cadde nel panico. Era a un passo dal realizzare il suo più grande sogno, ma il tempo stava per distruggere tutti i suoi desideri. Fissò i numeretti fluorescenti sul cruscotto. Forse facevano in tempo…

 

Ore  8.56

Quattro minuti. Dai che ce la facciamo, dai!

 

Ore  8.57

Era tardi ormai. Oddio non ce la facciamo, non ce la facciamo!

 

Ore  8.58

Due minuti. La scuola ancora non si vede…

 

Ore  8.59

“Siamo arrivati!” Sasuke la prese per un braccio e la trascinò fuori dalla macchina, senza nemmeno chiudere a chiave. Entrarono nell’imponente edificio addentrandosi nella moltitudine di corridoi, aule e spogliatoi, e seguendo il cartello ‘provini’ arrivarono in una saletta d’attesa dove aspettavano una decina di ragazzi, dai venti ai venticinque anni. Diede il suo nome e la fecero accomodare dentro; Sasuke non entrò, lì potevano aspettare solo i candidati.

“Ci sarò quando sarà il tuo turno, te lo prometto.” Le sussurrò, abbracciandola.  Le giovani ballerine la squadrarono dall’alto in basso, fasciate nei loro completino firmati, mentre lei si lisciava nervosa i calzoni un po’ lisi comprati alla bancarella all’angolo di fronte a casa sua.

Ma che ci faccio io qui? Si domandò disperata. Queste paiono tutte professioniste, ricche sfondate! Sono così calme, sembra che sappiano già di avere la vittoria in tasca.

“Quanto si deve aspettare ancora? E dov’è il bagno?” le chiese una biondina alta e con un fisico perfetto. Cosce snelle, seno piccolo e proporzionato, linee del corpo dolci. Danza classica, di sicuro. Sakura la guardò senza capire.

“Io… “ poi tutto le fu chiaro, e avrebbe dato qualsiasi cosa per scomparire. L’aveva scambiata per un’inserviente della scuola. “Io non lavoro qui.”

“Ah.” Fece quella, stupita. Le voltò le spalle, tornando a chiacchierare con le sue amiche, ridacchiando. La ragazza si precipitò fuori dalla stanza, fiondandosi tra le braccia di Sasuke.

“Portami via” singhiozzò “Queste sono tutte perfette, e io sono così insignificante…”

“No, Sakura. Le altre saranno perfette, ma tu sei meravigliosa. Loro sono tutte uguali, tu splendi nella tua originalità. Abbi il coraggio di importi, perché sei la migliore e puoi farglielo vedere!”

“Ma io…”

“Anche se non ti prendono non fa nulla. Vuol dire che non capiscono un cazzo, questi professori, se non riescono a comprendere la tua bravura. E poi chi se ne frega, ci sono tante scuole nel mondo.” Le fece l’occhiolino. “Torna dentro e fatti valere!” la ragazza lo strinse ancora una volta.

“Ti amo. Lo sai, vero?”

“Si.” Sorrise lui, baciandola. “Vai, ora.” La ragazza annuì, timidamente. Gli diede un ultimo bacio a fior di labbra e tornò nella sala d’aspetto, tenendo lo sguardo alto. Avrebbe ballato, lo avrebbe fatto per lui.

Lui che la amava.

Lui che credeva in lei.

Lui che era al suo fianco.

“Yamanaka Ino” Una ragazza mora venne a prendere la biondina che l’aveva scambiata per una dipendente. La vide alzarsi dalla sua sedia, superba, seguendo la segretaria con fare altezzoso e guadagnandosi occhiate di apprezzamento da parte di tutti i maschi della sala. Sakura si mise in un angolino, ad aspettare ansiosa. Si ripeteva le parole di Sasuke cercando di tranquillizzarsi, ma era nervossissima. Ino tornò dopo venti minuti. Aveva ancora la sua aria orgogliosa, ma adesso era anche infuriata. Evidentemente, ‘qualcuno’ si era sentito dire “le faremo sapere”. E Sakura sapeva che quella frase voleva dire che non ti avrebbero preso. Ne ora, ne mai. La bionda prese le sue cose e se ne andò, sbattendo la porta. La segretaria chiamò una ragazza. Poi un ragazzo, poi un altro e poi una ragazza. E poi…

“Haruno Sakura.”

Shizune si chiamava la segretaria, a quanto era scritto sulla tessera plastificata che portava appuntata sul petto.  Lei e Sakura si incamminarono per un corridoio buio. Appesi alla pareti c’erano quadri raffiguranti scene di danza e attestati vari dei professori che insegnavano lì. Trovò molti dei suoi ballerini preferiti; su una coppa dorata spiccavano i nomi di Kurenai Yuhi e del partner Asuma Sarutobi, professionisti di danza classica. Inoltre un attestato dichiarava che Minato Namikaze aveva vinto una gara di break dance, e la moglie Kushina Uzumaki una di danza moderna. E poi ovviamente Tsunade Godaime, specializzata in tutti i tipi di danza, aveva una varietà immensa di premi e certificati.

“Tu sei la ragazza incinta, vero?” domandò Shizune, poi senza aspettare risposta continuò. “Ho visto il video. Non dovresti preoccuparti, sei abbastanza brava per gli standard di questa scuola.” Lei avvampò.

“Io… grazie…” balbettò. Shizune le sorrise, comprensiva.

“Buona fortuna.” Le indicò una porta nera. “Devi entrare lì, ti aspetto la commissione dei professori.

“O-ok. Scusi se glielo chiedo, ma… potrebbe entrare anche il mio ragazzo? Se non può non importa, è solo che mi piacerebbe che assistesse anche lui, che mi vedesse…” Shizune sorrise di nuovo.

“È già dentro che ti aspetta.”

Sakura ringraziò ed entrò.

Salutò i professori con un stretta di mano e incrociò lo sguardo di Sasuke.

An deiner seite, Sakura.

La ragazza aveva in tasca due CD. Su uno c’era London Bridge, mancava solo un otto, poteva benissimo improvvisare senza problemi per gli ultimi secondi.

Sull’altra c’era la canzone.

La canzone sua e di Itachi.

La canzone che era diventata sua e di Sasuke.

Non sapeva che passi inventarsi; non l’aveva mai ballata, ma farlo significava dire a Sasuke quanto teneva a lui.

Mise il secondo CD.

E ballò.

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con questa fic mi sono classificata quinta al concorso MADE ABROAD di V@le ** sono molto contenta del risultato ^w^

spero vi piaccia! un bacio e lasciate un commentino =* ah, la canzone è An Deiner Seite de Tokio Hotel <3

   
 
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