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Autore: ISI    12/06/2008    3 recensioni
"In un attimo il vapore bollente che aveva appannato lo specchio, s’impossessò completamente dell’intera stanza e con il suo danzare verso l’alto lento e voluttuoso andò a sfocare leggermente i tratti di quel suo eros.
Il respiro s’attardava in gola e gli usciva frammentato dalle labbra aperte appena, mentre qualcosa in lui si contraeva provocandogli un’arsione interna che pareva dovesse bruciarlo fino ad incenerirlo completamente."
Queste romanticherie non sono da me, lo ammetto, ma è un po’ di tempo che non posso fare a meno di scriverne...
Ogni commento sarà ben gradito. Buona lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Sete

Sete

 

Convincere i propri genitori, ma soprattutto i suoi genitori a partire per le vacanza in montagna senza di loro, nonostante fossero entrambi maggiorenni, non era stata una cosa semplice, tutt’altro, ma, certamente ne era valsa la pena, in quanto, ogni qual volta ripensava che avrebbe passato ben quindici giorni insieme a lui, senza familiari pedanti ed indiscreti a fare da terzi incomodi, si sentiva letteralmente rinascere. I giorni che avevano preceduto la tanto agognata partenza delle due famiglie erano stati piuttosto caotici ma, alla fine, due macchine stracolme per lo più di cose inutili e di cianfrusaglie di ogni genere, oltre che di peluche e giochi vari appartenenti a frignanti fratelli e sorelle minori, meglio conosciuti come ‘piattole’, s’erano avviate, a passo spedito, su di un autostrada che li avrebbe portati fra metri e metri di neve, a ferire un freddo barbino quando lui se ne sarebbe rimasto a casa, con il suo fidanzato, al calduccio e con la tessera del videonoleggio vuota a causa della pila di dvd , tutti esclusivamente film dell’horror che avrebbero fatto venire la pelle d’oca al diavolo in persona, appoggiata sul tavolino da caffè del salotto.

Sarebbero stati i quindici giorni più belli della sua vita quelli, ne era certo.

Muovendosi cauto avrebbe fatto un equilibrista sul filo, appoggiò i cartoni della pizze bollenti, che fino ad allora aveva tenuto  con la mano destra, sopra la colonna sconnessa di libri di storia e di filosofia presi in prestito dalla biblioteca in vista del sempre più temuto e, purtroppo, anche sempre più vicino esame di maturità e, in precario equilibrio com’era, si sfilò le chiavi dalla tasca dei jeans per poi aprire la porta ed entrare nell’appartamento, che conosceva forse anche meglio del proprio, del suo ragazzo.

Abbandonò le pizze sul tavolo della piccola, ma accogliente cucina; gettò con malagrazia i libri su di una poltrona e fece per stendersi sull’invitante sofà quando, rompendo il silenzio e la quiete in cui tutto era avvolto, il rumore intenso e continuo dello scrosciare di un getto d’acqua attirò la sua attenzione. Conosceva bene quel suono e sicuro del fatto che non fosse quello del cadere della pioggia, si diresse verso il reparto notte dell’abitazione, dove a destra delle camere da letto, quella del suo ragazzo e quella dei suoi genitori, s’apriva un piccolo bagno che tante e tante volte, da tre anni a questa parte li aveva visti diventare una cosa sola nell’ingenuità e nella purezza di un amore che possono provare due persone così giovani, così ancora poco avvezza, ma, nonostante ciò, già vittime dell’ingratitudine di una vita che sembrava chiedere loro sempre il meglio, senza dare in cambio neppure la certezza di un futuro stabile o comunque dignitoso. Quelle quattro mura, magari senza neanche volerlo, erano diventate per loro le pareti di uno scrigno, uno dei pochissimi punti di riferimento al quale rifarsi in quel loro caos di precarie certezze.

Ora però, ora che tutti se ne erano andati, ora che erano rimasti soli loro due, ora che, almeno temporaneamente,non avrebbero più avuto bisogno di nascondersi, ora lo scrigno non era stato chiuso a chiave come al solito e dalla porta leggermente dischiusa della stanzetta filtravano una striscia di luce e l’invitante odore dell’altro mischiato a quello dolce del bagnoschiuma.

Simone non potè in alcun modo resistere e piano, stando bene attento a non fare il benché minimo rumore, spinse avanti la porta, aprendola quanto bastava per dare un’occhiata e solo allora s’accorse che al rumore del getto d’acqua s’era sostituito un gocciolio ben più tenue e lento.

Affatto stupito, si scoprì a mantenere il respiro quando vide il suo adorato Leo uscire dal box della doccia: l’acqua aveva giocato con i suoi bellissimi e lunghi capelli biondi scurendoli ed attaccandoli alla pelle lattea e liscia del dorso che, intrisi com’erano, avevano imperlato di gocce impertinenti le quali, inconsapevoli della fortuna toccata loro, scivolavano lascive seguendo il filo della colonna vertebrale giù lungo la schiena perfetta e delicata, sino ad insinuarsi tra i piccoli glutei eburnei che avrebbe baciato sino a consumarsi le labbra, per poi continuare il loro meraviglioso viaggio sulle cosce nude e toniche, sui polpacci e, infine, sui piedi nervosi. Altre gocce, non meno intraprendenti si liberavano dalla prigionia delle ciglia per accarezzargli il volto dai lineamenti delicati, il collo sensibile ed il petto glabro proseguendo lungo gli addominali ed il pene.

Anche volendo, non avrebbe saputo immaginarsi niente di più bello, niente di più dannatamente perfetto.

In un attimo il vapore bollente che aveva appannato lo specchio, s’impossessò completamente dell’intera stanza e con il suo danzare verso l’alto lento e voluttuoso andò a sfocare leggermente i tratti di quel suo eros.

Il respiro s’attardava in gola e gli usciva frammentato dalle labbra aperte appena, mentre qualcosa in lui si contraeva provocandogli un’arsione interna che pareva dovesse bruciarlo fino ad incenerirlo completamente.

Leonardo sussultò spaventato, quando due mani tremanti d’eccitazione, da dietro, gli si posarono sui fianchi ancora umidi e bagnati, mentre un paio di labbra desiderose di essere dissetate gli si appoggiavano poco sopra l’incavo dei glutei a succhiare con avidità quelle gocce che per un attimo s’era ritrovato ad invidiare con tutto se stesso.

-Simone, ma che fai?- gli chiese il biondo sorridendo divertito e fissando le proprie iridi adamantine in quelle di nero ebano dell’altro.

-Ho sete...- si giustificò semplicemente quest’ultimo, in ginocchio, mentre le sue mani lo stringevano possessive andando a stuzzicarne la virilità.

C’era chi gli aveva dato dell’illuso, in parecchi l’avevano fatto, ma lui lo sapeva, ne era certo: Leonardo sarebbe stato sempre al suo fianco, pronto a togliergli la sete, il desiderio di lui che lo bruciavano neanche avesse l’intero inferno dentro.

Il respiro del biondo, da calmo com’era inizialmente si fece sempre più concitato, mentre le labbra dell’altro lo baciavano ovunque, soffermandosi sui capezzoli inturgiditi e sulle cosce tese, risalendo su, come una goccia che sfidi la forza di gravità, verso la bocca morbida e rosea che, rialzatosi, gli occupò con un lungo, interminabile bacio pregno di emozioni.

Lo sconvolgeva, non ci sarebbe stato modo alcun modo di fermarlo, ma andava bene così, gli piaceva, l’adorava.

Simone lo sollevò di peso e lo portò in camera dove un letto da una piazza e mezzo accolse i loro corpi eccitati premuti l’uno contro l’altro. Le mani esili di Leonardo s’accanirono, contratte da spasmi di piacere sempre più forti, contro i vestiti dell’altro che in un attimo furono lanciati da qualche parte nella stanza.

Come aveva visto fare a quelle gocce impertinenti anche Simone cominciò a scivolare su di lui, ad assaggiarlo piano, con lentezza e poi sempre più forte, fino a sentirlo tremare tra le sue braccia, fino a sentirlo implorare di entrare in lui, di renderlo felice, di amarlo e lui obbedì.

Entrò in lui con delicatezza, senza fargli male, per poi prendere sempre più slancio e velocità, raggiungendo quel particolare ritmo che apparteneva solo a loro e che sapeva portarli in paradiso; s’impegnò più che potè nel renderlo felice, promise a se stesso che avrebbe continuato a farlo sempre e con il massimo impegno e non per ultimo, l’amò.

L’amò per quello che era, per quello che sarebbe stato, per le gioie ed i dolori che gli avrebbe causato, per tutte le volte che lo avrebbe fatto sentire vivo; l’amò in tutti e per tutti i suoi pregi ed in tutti e per tutti i suoi difetti; l’amò con ogni cellula del proprio corpo ed ogni fibra della propria anima, quasi fino a farsi male; l’amò fino a sciogliersi, fino a sentire la sete che aveva provato dentro spegnersi come un rogo che ormai avesse compiuto il proprio dovere.

Simone ricadde sfinito sul materasso e subito le sue mani si volsero alla ricerca dell’altro che pochi secondi dopo si ritrovò stretto tra quelle braccia belle e forti che lo stringevano calde e protettive.

-Hai ancora sete?-

 

 

Fine.

 

Queste romanticherie non sono da me, lo ammetto, ma è un po’ di tempo che non posso fare a meno di scriverne...

Anche se non è un gran che vorrei sapere che ne pensate, anche per ricevere qualche consiglio (quelli servono sempre)...spero vivamente che, nonostante gli errori che sicuramente, nonostante la rilettura saranno presenti nel testo e per i quali chiedo immensamente perdono, la storia sia stata di vostro gradimento...che altro dire...

Baciotti, vostra Isi.

  
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