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Autore: Alwaysniansring5    03/02/2014    0 recensioni
Nina è al terzo anno di Liceo e condivide un sogno con le sue tre migliori amiche Morgana, Cloe e Viola, quello di diventare cantanti e di poter cantare con i suoi idoli: gli One Direction.
Non aveva previsto però l'arrivo di un ragazzo nella sua vita, un ragazzo che stravolgerà tutto. Sarà però questo ragazzo e l'amore che prova nei suoi confronti a portare Nina fuori da tutti i suoi problemi.
Ma potrà mai tornare tutto come prima?
Dal testo:
[...]
"Devi scegliere tu, è la tua vita. Sappi solo che io sarò sempre qui e che ti amerò sempre."
[...]
Per la prima volta mi sento felice, davvero felice.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Moments in time 



Tu non sai di essere bella.
(What Makes You Beautiful)


Tolgo le cuffie del mio IPod che sta riproducendo What Makes You Beautiful mentre esco dall'aeroporto di Londra per l'ennesima volta e mi dirigo verso il SUV nero che mi sta aspettando.

“Bentornata signorina Nina, vuole che le sistemi le valige?” mi chiede molto gentilmente Roger, il mio autista.

“No Roger, ho una borsa leggera. Faccio da sola, grazie.” gli rispondo sorridendo.

Una volta che ho sistemato la borsa nel bagagliaio, Roger si dirige verso la portiera dei posti dietro e me la apre. Sorrido nuovamente all'idea di essere finalmente tornata a casa e salgo in macchina facendo un cenno con il capo verso Roger in segno di ringraziamento.

“Ha fatto buon viaggio, signorina?” mi chiede Roger una volta che siamo partiti.

“Si, un ottimo viaggio. Ma adesso l'unica cosa che voglio è tornare a casa e passare l’intera estate con la mia famiglia senza viaggi di lavoro.” rispondo guardando fuori dal finestrino e rimettendomi le cuffie.

“Siamo molto felici che lei sia tornata, signorina, tutti noi.” dice Roger scrutandomi dallo specchietto retrovisore e sorridendo.

“Anche io lo sono, Roger, anche io lo sono…” rispondo sospirando.

L'IPod sta ancora riproducendo What Makes You Beautiful e io mi perdo nelle meravigliose parole che quei cinque angeli cantano.

Dopo una mezzora arriviamo sul vialetto di ghiaia, costeggiato da pini che conduce alla mia villa, io stoppo la canzone e guardo sospirando l’edificio: la casa è antica ma prima di andarci a vivere abbiamo risistemato quasi tutto lasciando però invariata la struttura Medioevale all’interno e i mobili vecchi, ma comunque in ottime condizioni, che erano già presenti al momento della vendita; la bandiera Italiana che io e la mia famiglia abbiamo appeso al cornicione del balcone è già chiaramente visibile. L'Italia è il nostro paese d'origine quindi ci è sembrato un gesto carino ricordarla in questo modo.

Roger si ferma sulla parte di vialetto davanti all'enorme giardino della villa e mi fa scendere per poi ripartire e portare la macchina in garage. Appena scendo dalla macchina i miei due figli Mia e Peter mi corrono in contro, per salutarmi seguiti da mio marito…

*1O ANNI PRIMA*

“Viola, quando ti deciderai ad indossare vestiti normali?!” strilla Cloe mentre con Viola e Morgana attraversiamo il giardino del nostro liceo ed entriamo dal portone principale.

“Cloe quando capirai che i ‘vestiti normali’ non sono solo quelli nel tuo armadio?” le risponde Viola alzando gli occhi al cielo.

“Mi sembra evidente che non hai mai visto il mio armadio, ho vestiti da tutto il mondo e...” comincia a rispondere Cloe atteggiandosi ma viene interrotta subito da Viola che controbatte sarcasticamente.

“Vuoi dire la stanza che usi come armadio e che contiene vestiti che provengono solo da Inghilterra, Francia e America?” La risposta dell'amica irrita Cloe che arriccia il naso e non controbatte.

Le due ragazze vivono in due mondi completamente diversi.

Cloe abita in una villa lussuosa poco fuori città con solo il padre, sua madre è morta due anni fa di cancro al seno, che però spesso è in viaggio per affari e la lascia sola a casa. Porta esclusivamente capi firmati, che le porta il padre, provenienti da tutto il mondo - o come aveva detto Viola solo da Inghilterra, Francia e America -, i suoi capelli lisci, scalati e neri come la pece le scendono fino a poco sotto le spalle e i suoi occhi azzurri luccicano come diamanti.

Viola invece abita in un piccolo appartamento con la madre. I suoi vestiti sono quasi tutti molto larghi e comodi e con colori sgargianti. Ha una chioma di capelli corti, biondi, ricci e spesso disordinati ma sono i suoi occhi che attirano sempre l'attenzione di tutti, difatti ha gli occhi grigi.

Le mie amiche litigano continuamente perché Viola non sopporta i modi da 'principessina', come li chiama lei, di Cloe e quest'ultima non sopporta essere contraddetta ma alla fine lasciano cadere il litigio dopo 3/4 minuti che va avanti. E se non smettono di loro volontà ci pensa Morgana a sistemare tutto, con un richiamo.

“Dico solo che…” ricomincia Cloe.

“Ragazze ora basta! Siete stressanti a lungo andare voi due.” Interviene, appunto, Morgana sbuffando.

“Parliamo di cose più importanti, a che ora ci troviamo questo pomeriggio per le prove?” chiede Morgana stringendo i libri che ha in mano al petto e sorridendo.

La mia terza amica ha un carattere completamente diverso sia da Cloe sia da Viola.

Lei adora o meglio ha bisogno di avere tutta la situazione sotto controllo, sempre. Morgana per quanto riguarda il guardaroba è abbastanza neutrale, vestiti semplici e assolutamente non vistosi ma comunque che mettono in risalto tutte le sue forme e la sua bellezza. Ha i capelli castani chiari, mossi che gli scendono fino al fondo schiena ed i suoi occhi sono davvero speciali, al naturale sono color nocciola ma quando piange o con i riflessi del sole diventano quasi completamenti verdi. Morgana è una tipa con i piedi per terra e per questo forse è la persona con cui mi sento più a mio agio, a cui posso dire tutto.

Sento che le mie tre amiche cominciano a discutere sull'orario ma io non sto seguendo il discorso. Sono persa tra i miei pensieri che riguardano una persona sola.

Matteo.

Il ragazzo dai capelli lisci e biondi, gli occhi castani, l'aria tenebrosa e il fisico perfetto da cui sono affascinata da quando ho varcato per la prima volta il portone della mia scuola.

Mi è appena passato di fianco con la sua solita camminata veloce e lo sguardo dritto di fronte a se, come se il mondo intorno a lui non esistesse.

Come sempre non mi ha notata.

Matteo è in cima alla gerarchia scolastica, in poche parole è il ragazzo più popolare in assoluto. Non che lui faccia chissà cosa per farsi notare ma semplicemente ignora quasi tutti, atteggiandosi e sentendosi, probabilmente, superiore.

Ha quella cerchia di amici che, come lui, occupano posti parecchio in alto nella cosiddetta gerarchia e passa tutto l'intervallo con loro, appartato in fondo al cortile della scuola a fumare.

Ha un anno in più di me e si vocifera che a scuola sia abbastanza bravo, non è un gran sportivo anche se so che non se la cava male a calcio e che frequenta regolarmente la palestra. D’altronde quel bel fisico in qualche modo lo dovrà conservare!

Il suo grado di popolarità induce quasi tutte le ragazze della scuola a cercare di farsi notare, spesso solo per competizione e non per vero interesse. Lui, ovviamente, ne è felice e quando trova una ragazza che rientra nei suoi standard – magra, alta ma più bassa di lui, bionda, con gli occhi azzurri e popolare – comincia a frequentarla e a trattarla come la sua ragazza finché non si stanca e la lascia, da un giorno all’altro senza apparire il ben che minimo preoccupato dei sentimenti della povera malcapitata.

Io non assomiglio neanche lontanamente al suo tipo di ragazza e per questo preferisco stare in disparte e reprimere i miei sentimenti.

“Nina te cosa ne pensi?” chiede Morgana girandosi verso di me e riportandomi sulla terra.

“C-cosa?” rispondo alzando lo sguardo e sbattendo le palpebre come appena risvegliata da un sogno.

“Non stavo seguendo, scusate ragazze.” mi giustifico sperando che non mi facciano domande riguardo quello su cui stavo fantasticando.

Morgana mi guarda di sottecchi come se stesse cercando di capire e appena prima che possa aprire bocca per pormi la domanda che si è insinuata nella sua testa Viola mi salva.

“Stavamo discutendo su quando fare le prove oggi” mi aggiorna la mia amica, poi continua “Il tuo voto è decisivo.”

Prendo fuori dalla borsa l'agenda e consulto il giorno di oggi.

Devo studiare - come al solito - e ho anche il lavoro serale allo ShamRock.

“Direi che si fanno dalle cinque e mezza alle sette e mezza più o meno, se per voi va bene.” è la mia sentenza.

“Perfetto! Però non venite prima della cinque e mezza perché la prof. di matematica ci ha dato una tonnellata di compiti e io sono più lenta di voi.” si lamenta Cloe sbuffando al pensiero di tutti i compiti che avevamo da fare quel pomeriggio.

“Tranquilla Clo saremo da te alle cinque e mezza, non un minuto di più, non uno di meno.” la tranquillizzo sorridendo.

Stiamo passeggiando tranquillamente per il corridoio chiacchierando e ridendo quando all'improvviso suona la campanella e noi ci lanciamo un'occhiata allarmata, il nostro liceo è enorme e siamo completamente dall'altra parte rispetto al laboratorio di fisica che dobbiamo raggiungere in una ventina di secondi.

“Sapete cosa ha fatto il prof. Amanti alle ultime ragazze che sono arrivate in ritardo in laboratorio?” chiede Viola mentre cominciamo a correre.

“No cosa?!” chiede spaventata Cloe, schivando per un pelo un ragazzino di prima.

“Ha messo uno zero spaccato a tutte! Sapete quanto ci mettiamo a recuperare uno zero?!” urla Viola accelerando e rischiando di andare a sbattere contro una professoressa.

“Contando che poi siamo a fine anno sarebbe davvero impossibile!” ansima Morgana, evitando all’ultimo una colonna.

“Non volete zero ragazze? Allora mettiamo in pratica le lezione di educazione fisica. Su, meno parlare e più marciare!” le incito scoppiando, poi, a ridere e seguita dalle mie amiche.

Raggiungiamo il laboratorio di fisica in contemporanea al professore, ma entriamo prima di lui quindi teoricamente non siamo in ritardo.

Il prof. ci lancia un’occhiata di disappunto e noi ricambiamo con una sguardo supplichevole. Fortunatamente, alla fine, Amanti ci manda a sedere, siamo salve!

Ci sediamo ai nostri soliti posti, infondo alla classe, e appena il prof. ebbe sistemato la borsa sopra la cattedra la lezione comincia.

Io e le mie tre amiche frequentiamo la 3°D al liceo scientifico, ci siamo conosciute il primo giorno del primo anno e abbiamo subito scoperto di avere una passione in comunque: la musica.

Da lì in poi siamo state inseparabili.

Può sembrare strano ma suoniamo e cantiamo tutte e quattro: Viola suona il basso, Morgana il pianoforte, Cloe la batteria ed io la chitarra.

Io ed Viola siamo le voci principali soprattutto perché possiamo muoverci liberamente non avendo strumenti fissi ma comunque anche Morgana e Cloe hanno dei microfoni vicino a loro per cantare.

Quasi ogni pomeriggio dopo scuola ci troviamo a casa di Cloe – la quale ha una sala musica all’interno della sua enorme villa che comprende amplificatori, batteria, tastiera e microfoni - per provare le canzoni che scriviamo.

Non abbiamo mai avuto un vero e proprio ingaggio, a dire la verità non ci siamo mai esibite davanti a persone che non siano i nostri genitori, ma amiamo suonare e non ci fermeremo davanti a nulla.

Il suono della campanella che segna la fine della lezione, è musica per le mie orecchie un po' meno per il professore di fisica che è indietro con il programma e borbotta qualcosa sul fatto che la prossima settimana ci interrogherà tutti ma io non me ne curo tanto, voglio solo che il tempo da lì alle 17.3O passi il più velocemente possibile.

Esco con le mie amiche dalla porta principale del mio liceo e arrivate nel giardino ci abbracciamo e ci salutiamo.

Cloe va verso la Lamborghini che la sta aspettando, Emma invece prende la bici mentre io e Morgana ci incamminiamo a piedi.

Morgana abita 5oo metri avanti a me quindi facciamo spesso la strada insieme e durante il tragitto parliamo di tutto.

“Sai già cosa faremo oggi come brani?” mi chiede Morgana mentre camminiamo tranquillamente sul marciapiede che costeggia la serie di case di cui fanno parte le nostre.

“Diciamo che ho un'idea ben precisa e che c'è anche una sorpresa.” rispondo con un tono lievemente misterioso e con un ghigno spavaldo stampato in faccia.

“Che sarebbe...?” mi incita la mia amica curiosa e speranzosa.

“Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa.” le rispondo facendole l'occhiolino, poi continuo “Le cose come vanno a casa?”

I genitori di Morgana sono in crisi e lei sospetta che presto il padre se ne andrà di casa.

“Non troppo bene, i miei continuano a litigare...” risponde lei abbassando lo sguardo, cupa. “Tua madre come sta invece?” mi chiede dopo pochi secondi di silenzio cercando di cambiare discorso.

Quando alza lo sguardo verso di me mi accorgo che ha gli occhi lucidi e con delle sfumature verdi quindi non infierisco e rispondo alla sua domanda.

“Bene, ha deciso di spostare la sua camera nella camera degli ospiti e la camera degli ospiti in camera sua e io la sto sostenendo anche in quest'ultima pazzia.” le rispondo sorridendo leggermente, cercando di non entrare troppo nello specifico neanche io.

Mi fermo davanti al cancelletto di casa mia e saluto Morgana “Ci vediamo dopo, chiama se hai bisogno.” le dico apprensiva.

“Anche tu, a dopo.” mi risponde sorridendo come per convincermi che andava tutto bene.

Morgana riprende a camminare verso casa sua e io la osservo da dietro pensando a quello che sta passando.

Io avevo subito la stessa sorte - mia madre e mio padre infatti non stavano più insieme - ma il fatto è che i miei genitori non si erano separati perché litigavano ma semplicemente perché mio padre appena nacqui non ci pensò due volte a prendere un borsone e scappare di notte lasciando mia madre da sola ad occuparsi di me. Non avevo mai visto mio padre se non in foto, lui non voleva avermi nella sua vita, era chiaro, e io non avevo intenzione di cercare qualcuno che mi aveva abbandonata.

Il mio flusso di pensieri viene interrotto da Artù, il mio cane, che arriva correndo e mette le zampe anteriori sul cancello, scodinzolando e ansimando con la lingua di fuori.

Apro il cancelletto e me lo chiudo subito alle spalle per non far uscire Artù dal giardino. Il mio cane ha poco più di 5 mesi ed un Barnese Mountain di razza pura.

Appena entro lui comincia a girarmi intorno per attirare la mia attenzione, io lo saluto facendogli un po' di carezze e dandogli un bacio sul muso poi attraverso il piccolo giardino ed entro in casa.

Entrata trovo mia mamma intenta a portare tre scatoloni in una volta da camera sua al giardino sul retro.

“Mamma, vuoi una mano?” gli chiedo appoggiando la borsa per terra.

“No, no tesoro faccio da sola… Ma sei già a casa??” mi chiede fermandosi in corridoio dove mi sto togliendo le All Star bianche panna.

Io alzo lo sguardo. “Si, te l'ho detto ieri che oggi mancava la prof. di Filosofia quindi tornavo a casa prima.” le rispondo.

L'espressione di mia madre cambia velocemente da 'in difficoltà ma tranquilla' a 'in difficoltà ed allarmata'.

“Oddio mi sono completamente scordata! Non ti ho preparato nulla da mangiare.” dice cominciando ad agitarsi e cercando di correre verso la cucina, che è a metà corridoio, scordandosi di avere gli scatoloni e, ovviamente, quelli cadono. Io corro verso di lei per aiutarla e insieme cominciamo a rimettere le cose dentro le scatole.

Mentre sistemo delle vecchie foto di famiglia ne noto una di mia mamma al suo matrimonio e la prendo.

Guardo mia mamma, era così giovane e i suoi capelli erano di un rosso molto più acceso rispetto ad ora, sembrava felice nel suo meraviglioso abito di pizzo bianco.

Poi guardo l'uomo che è di fianco a lei, penso al fatto che seppure sia mio padre il suo volto, i suoi capelli neri e i suoi occhi castani scuro non mi dicano niente.

“Eravate così giovani e così felici…” commento sbadatamente a voce alta sempre guardando la foto.

Mia mamma solleva lo sguardo, mi strappa la foto di mano e la butta nella scatola con le altre. Si alza in piedi e mi guarda accigliata, raccoglie gli scatoloni e va in giardino senza proferir parola.

Io mi alzo, resto un po’ lì a guardare mia mamma che esce dalla porta-finestra che conduce al giardino sul retro. Dopo qualche secondo mi riprendo scossando la testa e torno verso la porta d’ingresso, raccolgo la mia cartella e salgo le scale arrivando alla mia camera.

Apro la porta e mi fermo qualche secondo all’entrata a guardare tutti i poster che ho attaccato alle pareti.

Sorrido.

Sorrido sempre quando guardo quei poster.

Lascio cadere lo zaino vicino alla scrivania, che è proprio di fianco alla porta, e vado verso l'armadio, in fondo alla stanza, per scegliere i vestiti per le prove di quel pomeriggio. Opto per una canottiera semplice color rosa antico e degli short bianchi con delle finte borchie che costeggiano le tasche. Appoggio il tutto sulla sedia lì vicino e mi butto sul letto che è di fianco all'armadio.

Fisso il soffitto per un po' poi guardo la mensola sopra il letto in cui tengo tutte le mie foto: ce ne sono con mia mamma, con le mie amiche, con Artù e addirittura con la scuola ma nessuno ritrae me e mio padre.

Quel giorno mi era capitato troppo spesso di pensare a quell'uomo, infondo che senso aveva stare a rimuginare su qualcuno che mi aveva abbandonata e che non mi aveva mai più cercata?

Non c’era niente da dire, niente da chiarire.

Anche se, nel profondo, avrei voluto incontrarlo, solo per chiedergli per quale motivo aveva fatto quello che aveva fatto.

Per sapere se era fuggito perché aveva paura di essere padre, perché non si sentiva pronto o se era perché mi odiava così tanto da non volermi neanche conoscere.

Il mio pensiero viene scacciato da mia mamma che urla “Nina! Il pranzooo!”

Mi alzo dal letto sbuffando e vado verso la porta, involontariamente passo davanti allo specchio - che è dalla parte opposta della stanza rispetto alla scrivania - e mi fermo a guardarmi: i miei capelli lisci e castani si sono allungati parecchio dopo che li ho pareggiati un mese fa e ora sono circa 15 cm più corti di quelli di Morgana il che vuol dire che sto riuscendo nel mio scopo di farli crescere il più possibile, il mio viso è pallido e così i miei occhi castani scuro risaltano di più. Sfortunatamente continuo a guardarmi allo specchio e fisso il mio corpo: quella pancia, quei fianchi, quelle cosce.

Sono magra, me lo dicono tutti.

Eppure io continuo ad odiare il mio corpo, mi sembra sempre troppo.

Scuoto la testa e faccio un sorriso malinconico abbassando lo sguardo poi esco sempre con lo sguardo basso.

Appena entro in cucina trovo mia mamma che sta rovesciando della pasta in un piatto per poi aggiungerci del sugo e grattugiarci sopra un poco di parmigiano. Il mio stomaco brontola e decido di non farlo aspettare oltre, mi siedo e comincio a mangiare.

Mia madre è silenziosa quindi cerco di iniziare una sorta di conversazione per alleggerire la tensione che si è creata per la storia della foto.

“Oggi io e le ragazze abbiamo rischiato grosso, stavamo per arrivare in ritardo in laboratorio e beccarci uno zero spaccato in fisica.” le dico ridacchiando.

“Ah davvero? Interessante tesoro...” risponde lei con noncuranza mentre apre il messaggio che le è appena arrivato.

“Chi è?” chiedo non sicura di voler sapere la risposta.

“Michele.” taglia corto mia madre mettendo via il telefono, dopo aver risposto, e uscendo dalla cucina.

Capii che la nostra conversazione era terminata.

Michele è l’uomo con cui mia mamma esce. Lui lavora per un giornale e scrive articoli sullo sport, per questo si considera il migliore in tutto e la mia cara madre non lo aiuta certo ad essere più modesto. Lei lo riempie continuamente di complimenti per il suo nuovo articolo o per il nuovo taglio di capelli, ogni volta che mi parla di lui lo descrive come un uomo fantastico che sa quello che vuole dalla vita.

Io lo vedo più come una persona troppo piena di sé che sta con mia madre solo perché è una bella donna che lo adula e che pensa di impressionare le persone dicendo che lavora per un giornale giorno e notte.

L’unico effetto che ha su di me però è il disgusto.

È il classico tipo di persona che mi piacerebbe non avere mai nella mia vita e invece mi tocca sorbirmelo tutte le volte che la mamma lo invita a cena. L’unica cosa che penso in quei momenti è che vorrei scomparire, soprattutto quando si crede parte della famiglia e fa battutine su come sono vestita o mi chiede come sono andata a scuola quel giorno.

Ma la cosa che detesto di più è che mia madre è così in astinenza d’amore che quando c’è lui o si parla di lui o anche solamente sta pensando a lui io sparisco. Divento invisibile. Non sono più sua figlia che ha bisogno di tutte le attenzioni che una madre le può dare, divento un’ombra.

Finito di mangiare salgo in camera mia e guardo l’orologio appeso sopra la scrivania che segna l'una e mezza. Ho ancora un po’ di tempo prima di andare a casa di Cloe così decido di mettermi un po’ a studiare.

Faccio i 20 esercizi di matematica, le 10 frasi da tradurre di latino, finisco il disegno di arte e studio inglese.

Mi alzo dalla scrivania alle quattro e comincio a prepararmi. Indosso i vestiti che avevo preparato, mi trucco e mi spazzolo i capelli legandoli poi in uno chignon alto e lento.

Scendo con la chitarra in spalla e indosso il mio solito giubbotto di pelle. Quando annuncio a mia madre che sarei uscita lei non mi risponde neanche, si limita a darmi un veloce bacio sulla guancia e a tornare in cucina dove il messaggio di Michele la sta sicuramente aspettando.

Esco di casa sbuffando e sbattendo la porta piuttosto forte, saluto Artù ed esco chiudendomi anche il cancelletto alle spalle.

Casa di Cloe è a 4O minuti da casa mia, guardo l’orologio che segna appena le quattro e un quarto.

Prendo fuori dalla borsa l’IPod e le cuffie e faccio partire il lettore in riproduzione casuale poi lo infilo in tasca e mi incammino tranquillamente.

In questo momento voglio abbandonare i pensieri su mio padre, su mia madre e Michele, sulla scuola e concentrarmi su quello che è la mia passione.

La musica.

 

 
  
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