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Autore: httpjohnlock    03/02/2014    4 recensioni
"Dà un'ultimo sguardo alla casa dove ha passato tanto. Ricorda ancora con un velo di malinconia tutti quei giorni passati a suonare qualche pezzo ascoltato dal bar lontano. Se gli avessero detto, a tredici anni, che sarebbe stato un cantante di fama mondiale, che si sarebbe fidanzato, non ci avrebbe creduto neanche se fosse stato pestato a sangue."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fortunè Penniman, Nuovo personaggio, Paloma Penniman, Yasmine Penniman, Zuleika Penniman
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' il 1996 quando Michael Holbrook Penniman Jr.
riceve come regalo di compleanno,
un quaderno che diventerà un diario segreto.

• • •

19 agosto 1996, ore 05:30mp

Caro diario,

ieri è stato il mio compleanno. Finalmente ho tredici anni!

C'è stata una piccola festa a casa nostra con quattro o cinque parenti. Paloma mi ha regalato questo quaderno. E' stata l'ultima a consegnarmi il regalo. E' venuta accanto a me e mi ha consegnato un pacchetto. Frettolosamente ho strappato – più che 'scartato' – la carta verde smeraldo per poi strappare l'involucro di cartone. Dentro c'era un quadernetto dalla copertina bianca. L'ho tenuto in mano una manciata di secondi e poi ho guardato mia sorella. “Non sapevo cosa regalarti così ho pensato ad un quaderno dove potrai scrivere i tuoi pensieri, le tue emozioni. Una specie di diario segreto.” Spiegò, poi ricominciò a parlare. “La copertina è bianca perché volevo che la decorassi tu, come più ti piace.” Ho aperto il quadernetto, era colmo di pagine vuote di un bianco quasi brillante. Sono stato davvero contento. Ho alzato lo sguardo e ho visto gli occhi di mia sorella luccicare così l'ho abbracciata forte, ringraziandola. “Sono felice che ti piaccia.” Esclamò ancora tenendomi stretto tra le sue piccole braccia.

Un'altro regalo importante è stato quello di mia madre.

Mi ero seduto sul pavimento marroncino a gambe incrociate con quel grande pacco sulle ginocchia. L'ho scartato e dentro c'era una scatola azzurra con i contorni rossi. L'ho aperta stando attento a non romperla. Sgranai gli occhi e son sicuro di esser stato una decina di secondi a bocca aperta. Non potevo crederci! Erano tre anni che chiedevo a mia madre di comprarmi una tastiera, ho sempre amato andare in montagna da mio nonno e guardarlo suonare delle dolci melodie semplicemente, quasi sfiorando con le dita dei tasti bianchi e neri. Ricordo ancora che chiudeva gli occhi, come per assaporare ogni nota, ogni accordo, ogni piccolo suono, ogni emozione. Io lo guardavo, sorridevo e spesso intonavo qualche canzone.

Allora? Ti piace?” Ha chiesto mia madre, unendo le mani e sorridendo. Con quello strumento tra le mani ho annuito con un cenno del capo. Ero davvero sbalordito. “G... Grazie, mamma.” Sussurrai. Lei si è abbassata e mi ha stretto forte.

E' stato davvero tutto bello e chissà quanto avranno speso per quei regali! A volte penso che vorrei fare qualcosa per riuscire a raccoglierei dei soldi per aiutare la mia famiglia ma non so mai cosa fare. Mia mamma non mi dice mai nulla sulla situazione ma io la vedo, la vedo discutere con mia sorella Yasmine sul fatto di ridurre le spese. La sento piangere, la notte.

Wow, ho già riempito due pagine di diario! Non riesco più a tenere gli occhi aperti, vado a dormire. Notte.

12 settembre 1996, 9:30

Caro diario,

è davvero da tanto che non ti scrivo e mi dispiace.

Oggi è stata una giornata davvero... brutta. E' stato il mio primo giorno di scuola media.

Sono entrato nel grande edificio, ero molto ansioso. Ero qualche minuto in ritardo e nel corridoio principale ho incrociato dei ragazzini della mia età che ridevano tra di loro. Io ero nella mia camicia azzurra, pantaloni rossi e scarpe nere, e tremavo. Tremavo perché avevo paura che anche questa volta non sarei riuscito a farmi degli amici, ad essere simpatico. Perché era questo che io volevo. Essere simpatico a qualcuno, avere degli amici con cui confidarmi e divertirmi ma per cinque anni alle elementari trovai solo due amici, erano cugini, si trasferirono in Canada e non li ho mai più sentiti.

Appena entrato in classe ho sentito delle risatine stridule provocate da alcune ragazzine. Le vedevo che mi osservavano e emettevano da quelle bocche carnose e colorate di un vivace rosso le stesse risatine. Mi son guardato intorno. Ai primi banchi c'erano tre ragazzi vestiti decisamente elegantemente per andare a scuola, avevano perfino il papillon! Più dentro c'erano cinque ragazzi e ragazze che chiacchieravano tra di loro, nelle file centrali c'erano quelle ragazze, nelle ultime file c'erano due ragazzi che giocavano con un cellulare, sorrisi divertito dalle loro 'teste'. Avevano tutti e due una cresta castana e ai lati erano rasati. Sembrano i classici 'bulletti'.

Poi 'ritorno in me'. Mi guardo le mani. Ero seduto in un banco verde chiaro, da solo con lo sguardo perso al di là dei vetri della finestra. Poteva essere una bella giornata: il sole splendeva in alto nel cielo, non c'erano nuvole. Se solo potessi essere come vorrei: estroverso, amichevole.. simpatico. Invece niente, sono timido, acido e sembro tutt'altro che simpatico.

Nulla, spero che che nei prossimi giorni riesco una volta per tutte ad uscire dal mio guscio.

17 settembre

Caro diario,

nulla, sono un caso perso. Sono giorni che non faccio altro che suonare qualche stupido motivetto alla tastiera e piangere, piango tanto.

In questi giorni a scuola non fanno altro che ridermi addosso, prendermi in giro chiamandomi “femminuccia”, “idiota” e così via. Mi dicono che sono strambo, forse è per i miei vestiti. Ma io sono così, mi piacciono i vestiti 'alternativi', colorati, divertenti. Ormai sono lo zimbello della classe e della scuola, nessuno si avvicina a me se non per fare delle battutine sarcastiche per niente divertenti su di me. Non so che fare, davvero.

A casa le cose non vanno molto bene, ieri sera, ad esempio abbiamo mangiato soltanto una fetta di pane e formaggio per ognuno di noi. Vorrei reagire ma non so cosa fare. Adesso vado a suonare qualcosa, mi distrae farlo, mi fa dimenticare di tutte le cose brutte della mia vita, mi rende felice.

23 settembre

Caro diario,

ho deciso: voglio che suonare e cantare diventi parte del mio futuro; no, voglio che SIA il mio futuro. Più suono più amo farlo, più canto più amo farlo. Ho deciso anche di chiedere a mia madre se posso andare a suonare davanti al museo della città.

7:10pm

mamma mi ha guardato quasi piangendo, mi ha accarezzato il viso e mi ha abbracciato. “Piccolo... non devi farlo, hai tredici anni, devi divertirti” mi ha detto. “Mamma, voglio farlo davvero, a me diverte cantare e suonare. Sarebbe bello portare anche dei soldi a casa, voglio rendermi utile.” Ho detto serio e con tono convinto. Lei mi ha baciato la guancia e ha annuito molto lentamente con la testa.

26 settembre, 10 pm.

Caro diario,

il mio 'spettacolo' è stato un successo! Ho guadagnato ben otto dollari! E' stato abbastanza stancante, ho suonato e cantato per quasi quattro ore ma ne è valsa la pena. Le mie sorelle e mia madre sono state felicissime del mio gesto. Sono davvero contento.

Intanto, ho riempito quasi tutta la copertina di questo quaderno. Mi piace come sta venendo, è molto colorato e al centro c'è scritto in grande 'Mika'. Ah, non te l'ho detto. Ho deciso di chiamarmi Mika, una specie di 'nome d'arte' di Michael.

Adesso vado a dormire, sono stremato.

• • •

E' il 21 giugno 2007, Mika ormai venticinquenne trova il suo diario. Lo aveva abbandonato nel suo cassetto a quindici anni credendo che non gli servisse più, che fosse una cosa inutile.

Prende quel quaderno ormai ricoperto da un involucro di polvere, lo apre ed è lì che ricorda quei giorni passati a scrivere su quelle pagine ormai ingiallite. Chiude per qualche secondo gli occhi e lo lancia con noncuranza sul letto ma esso cade di sotto.

Infila qualche altra maglietta nella sua grande valigia colorata di giallo, rosso, blu, verde e altri colori vivaci e brillanti per poi chiuderla. Sta per varcare la porta della sua stanza quando si blocca. Accosta la valigia con le rotelle alla porta di legno, si avvicina al suo letto, cerca il quaderno. Lo osserva e lo infila nella valigia.

Per quel giorno – triste per sua madre – le sue sorelle sono venute a salutare il ragazzo.

Piccolo mio” Esclama la madre, in lacrime per poi abbracciare il figlio ormai cresciuto. “Abbi cura di te, fratello” disse Fortuné accompagnando la frase con una pacca sulle spalle e un abbraccio affettuoso. Le sorelle lo abbracciarono forte, troppo emotive per dire qualcosa. Mika sorride rassicurando loro di tornare ogni tanto.

Bussano alla porta, è Andrew venuto a prendere il suo fidanzato. Mika lo accoglie con un dolce bacio a fior di labbra. Il ragazzo saluta tutti i presenti e abbraccia la madre di Michael. “Sei pronto?” Domanda quel ragazzo di media altezza, con un ciuffo castano spostato all'indietro e quei penetranti occhi azzurri che tanto fanno impazzire a Michael. Annuuisce passandosi una mano tra i suoi ricci un po' spettinati. La madre corse in camera piangendo. In fondo, suo figlio dopo aver vissuto ventiquattro anni nel suo 'nido' stava per andare a vivere a Londra, in una casa con un'altra persona. Michael sta per correre da sua madre ma Paloma lo ferma mettendogli una mano sul petto. “Non preoccuparti, andrò io a parlarci. Tu sbrigati, altrimenti perderai l'aereo” esclama sorridendo.

A presto, ragazze, vi voglio bene.” E' questa l'ultima frase che arriva come un sussurro dalla bocca del riccio.

Da un'ultimo sguardo alla casa dove ha passato tanto. Ricorda ancora con un velo di malinconia tutti quei giorni passati a suonare qualche pezzo ascoltato in lontananza da qualche bar o negozio. Se a tredici anni gli avessero detto che sarebbe stato un cantante di fama mondiale, che si sarebbe fidanzato non ci avrebbe creduto neanche se fosse stato pestato a sangue.

E invece tutti i suoi sogni si erano avverati.

Il ragazzo dal ciuffo quasi d'oro dalla luce del sole prende per mano il suo ragazzo. Il riccio si volta verso di lui e sorride dolcemente.

Spesso, tra due persone che si vogliono molto bene basta anche un semplice sguardo, un piccolo gesto, un sorriso per far star bene l'altra persona, per rassicurarla. Ed era ciò che provava Michael quando stava con Andrew. Un mix di emozioni. Sarebbe durata per sempre, gli diceva il ragazzo e loro ci credevano. Credevano al fatto di restare per sempre insieme, perché il loro era vero amore.


Era il cinque maggio 2090 quando Aaron salì in soffitta. Aveva deciso di entrare dopo tanto tempo in quella casa, la casa dei suoi genitori. Gli mancavano così tanto.

Decise di pulire un po' la soffitta dato che sua moglie Ariel era a lavoro.

Dopo una ventina di minuti trovò, in fondo, un baule impolverato. Si mise in ginocchio e lo aprì. Dentro c'erano dei giocattoli vecchi e altre piccole cose ma ciò che lo colpì fu una copertina di un quaderno ormai rovinato. Lo prese e iniziò a sfogliarlo.

Una lacrima calda scese sulla sua guancia fredda quando capì che era un quaderno di quando suo padre, Michael, aveva tra i tredici e i quindici anni circa.

Passò ore a leggerlo. Scoprì tantissime cose: era preso di mira dai suoi compagni, soffriva di attacchi di panico ed era povero. Un mix di emozioni lo travolsero: rise, pianse, si rattristò, ma soprattutto: non fu mai così fiero di suo padre come quel giorno.

Era orgoglioso perché dopo tutto quello che aveva passato era riuscito a coronare i suoi sogni, ad essere finalmente felice.

Il ragazzo biondo aveva soltanto voglia di riabbracciare il suo eroe. Perché era vero, Michael Holbrook Penniman Jr. era il suo eroe.

Forse, forse, pensò, è vero quando la gente dice che una persona capisce l'importanza quando la si perde. Perché lui aveva l'impressione di aver abbracciato troppe poche volte i suoi genitori ma ora era troppo tardi per rimediare.

Decise anche lui di scrivere un suo quaderno. Magari così, i suoi futuri figli un giorno lo prenderanno e lo leggeranno.

Si alzò, spolverò con le mani quel quaderno prezioso e lo baciò chiudendo gli occhi, come se fosse il viso di suo padre. Quel viso sempre sorridente, quel viso che lo rassicurava sempre.

Si alzò, indossò una maglietta pulita, indossò le sue scarpe preferite e uscì di casa. Corse, corse fino ad un negozio e non gli importava se la gente lo prendesse per pazzo.

Guardò tutti i quaderni che quel negozio possedeva ma nessuno lo convinceva. Andò a riflettere in un parco, quel parco. Quel giorno non c'era nessuno, c'era solo lui e il vento che gli scompigliava i ricci biondi. Vicino ad un corso d'acqua vide un quaderno dalla copertina rossa, lo raccolse. Sentiva qualcosa dentro di se, sentiva che era quello giusto.

Guardo il cielo celeste e forse era la sua mente ma gli sembrò di vedere il sorriso e i ricci mori del padre.
Si alzò, poggiò quel quaderno sulla parte sinistra del petto e alzò lo sguardo al cielo.

Grazie, papà.” Sussurrò mentre la prima delle tante lacrime gli attraversava il tenero viso.

Ehilà beddi!

Non scrivo da tanto, 'mazza.
Oggi, avendo il pc mezzo rotto e non sapendo cosa fare mi è venuta in mente questo schifo... questa cosa... *tossisce* questa os.
Boh, l'ho scritta quasi di getto, quindi: a voi l'ultima parola.
Niente, spero vi piaccia e che il finale non vi abbia deluso.
Aspetto delle recensioni, sia positive che negative. c:
Un kizz a tutti voi :***

  
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