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Autore: _ M i r a i _    03/02/2014    2 recensioni
[tratta da "Demons" degli Imagine Dragons][GouFUbu][per favore, fate come se non conosceste i personaggi(?)][dovrebbe essere ambientata circa in GO, però i personaggi hanno sui venticinque anni]
*** *** ***
When you feel my heat
Look into my eyes
It’s where my demons hide
It’s where my demons hide
Genere: Angst, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel/Shuuya, Shawn/Shirou
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I want to hide the truth
I want to shelter you
But with the beast inside
There’s nowhere we can hide



Il bianco dell’ospedale stava iniziando a stressarlo seriamente. Così puro, appariva senza macchie o imperfezioni; sembrava tutto appena lucidato e pulito.
Secondo Gouenji troppo; per lui sapeva come di candeggina.
Non era abituato ad un ambiente così uniforme, troppo spento e noioso. Anche se non era mai stato uno di quei ragazzi che amavano vestirsi o circondarsi con ogni colore possibile e immaginabile, aggiungendo accessori e oggetti che rendevano il tutto ancora di più un miscuglio informe, però tutto quel bianco era davvero soffocante. Come se già il fatto di trovarsi in un ospedale non lo agitasse già abbastanza.
Che poi, quello non era nemmeno un vero ospedale. La clinica Takayuki era una specie di manicomio, solo che li invece di rinchiuderli i pazzi si cercava di curarli, aiutati da psicologi e dottori vari. La clinica era famosa per aver curato casi particolarmente difficili; ogni persona con problemi mentali risolvibili veniva mandata lì.
Shuuya si sentiva fuori posto in quel luogo. Lui non si sentiva un pazzo -che poi, chi si sentirebbe di per sé un pazzo?-, ed era sicuro di quello che pensava. Ad esempio, non diceva parole senza senso, non gli apparivano visioni e non saltava e urlava da una parte all’altra della stanza. Ripensò alle parole del suo dottore:
“signor Gouenji, lei non è pazzo. Semplicemente non riesce a controllare le sue emozioni negative, come la sua rabbia e la sua gelosia” aveva detto. E dire che è stato proprio lui a mandarlo in quella clinica. E ora era seduto su quel letto bianco, in una stanza bianca e vuota, aspettando che un’infermiera lo portasse dallo psicologo che avrebbe seguito il suo caso.
Dopo pochi minuti la porta si aprì dolcemente e una ragazza dai lungi capelli neri vestita da infermiera entrò. Non doveva avere più di vent’anni all’incirca, aveva dei lineamenti giovanili e, in confronto a lui, era abbastanza minuta.
-il dottor Fubuki è arrivato e può riceverla. Prego mi segua- disse. Il biondo si alzò dal letto e seguì la ragazza, ringraziando il cielo: non ne poteva più di stare in quella stanzetta e sperava di cuore che il resto della clinica non fosse totalmente bianco.
Il suo desiderio fu esaudito, almeno parzialmente. Le pareti dei corridoi erano bianche, con una striscia indaco coprente quasi metà dei muri. Qua e là vi erano delle poltrone in pelle nere -alcune, notò Shuuya, mezze distrutte-; da un lato del corridoio delle finestre davano sulla periferia di Tokio, un posto non molto popolato come la metropoli. Il cielo era grigio cenere, in alcuni tratti più scuro. Probabilmente sarebbe piovuto.
Arrivarono davanti ad una porta, anch’essa guarda caso bianca, e l’infermiera gli disse di entrare, per poi sparire in un altro reparto.
Il biondo era impaurito dal tipo di persona che si fosse trovato davanti. Già lui stesso non era un tipo socievole; non gli piacevano affatto le persone che ti mettono il fiato sul collo, come i dottori. Poi, si sa, a stare con i pazzi ci si aggrega a loro. Forse il dottor Fubuki -da come aveva capito si chiamava così- a stare troppo tempo con i malati di mente era diventato anche lui un po’ matto, anche se ancora quasi del tutto cosciente. Cercò di non pensarci e aprì la porta.
-permesso…- sussurrò entrando e chiudendosi la porta alle spalle. Lo studio era nei toni del marrone, con i muri bianchi e qua e là delle sfumature verde scuro e nere. Non vi era molta luce: la maggior parte di essa entrava dalla grande finestra dietro la scrivania, esattamente difronte a sé. Sopra questa, ordinatamente divise, pile di documenti si ergevano, lasciando poco spazio per vedere attraverso.
“Evidentemente ha un po’ di lavoro arretrato” pensò. Solo in quel momento si accorse di non vedere il dottor Fubuki.
-ah… sono qui!- sentì, una voce amichevole e stranamente dolce.
Scorse dall’altro lato della scrivania, dietro a tutte quelle pile, una mano che tentava di farsi notare, dimenandosi. Gouenji aggirò la scrivania e vide, inginocchiato per terra, un uomo che avrebbe dovuto avere circa la sua età, se non più giovane. I capelli grigio chiari erano rivolti all’insù, con ciuffi più alti e altri a ricadergli sugli occhi. Essi avevano un colore grigioblu intenso, che avevano subito colpito Shuuya. Le labbra erano incurvate in un sorriso imbarazzato e la carnagione chiara dava al volto un’aria gentile e cortese. Per terra erano sparsi alcuni documenti, probabilmente erano sfuggiti di mano  all’albino e ora li stava rimettendo in ordine.
-vuole una mano?- chiese cordialmente Shuuya e l’altro rispose di sì, ringraziandolo.
Dopo aver raccolto tutti i fogli caduti, i due si rialzarono in piedi e li poggiarono sulla scrivania. Il biondo notò che Fubuki era più basso di lui di circa una mezza spanna.
-ha molto lavoro , vedo- osservò ironico. L’altro fece un piccolo sorriso e rispose cordialmente.
-in realtà sono arrivato in questa clinica da circa un mese. Non ho ancora finito di compilare alcuni moduli, sa, lauree, dottorati eccetera. Quelle sulla scrivania invece sono tutte cartelle cliniche dei miei pazienti, che purtroppo non ho ancora riordinato per bene-.
-se vuole potrei darle una mano. Ho preso il diploma in medicina, forse potrei esserle di aiuto- propose il biondo.
-oh, non si preoccupi. Infondo sono io il dottore e lei il paziente, è lei che ha bisogno di essere aiutato no?- fece una timida risata. Dopo porse la mano verso di lui.
-io sono il dottor Shirou Fubuki, molto piacere- si presentò.
-Gouenji Shuuya, piacere mio- disse stringendo la mano, più calda di come se la aspettava giudicando il colore della pelle, e accennando un sorriso. Shirou lo invitò a sedersi su un divanetto verde scuro e lui si sdette su una poltrona accanto.
-allora Gouenji-san, cosa le è stato diagnosticato?- chiese gentilmente scrivendo qualche appunto su una cartella. Il biondo guardò dritto davanti a sé, perdendosi per un momento a fissare la parete bianca. Quanto odiava quel colore.
Ricordò quello che era successo: aveva perso il controllo, aggredito persone, perfino il suo vecchio ragazzo e aveva lasciato un graffio a sua sorella. Aveva portato Yuuka dal padre, per impedire che, se gli fosse successo ancora, non avrebbe potuto ferirla. Quanto a Toramaru, doveva essere felice. Lo aveva tradito con Tobitaka lui, non si è fatto molti problemi; questo lo aveva fatto impazzire.
-io… a volte non riesco a controllare la mia rabbia- mormorò con aria assente. Non aveva voglia di raccontare tutto quel che era successo, specialmente ad una persona che conosceva appena.
Eppure… non sapeva il perché, però sentiva che poteva fidarsi di Fubuki. Quando gli parlava, col suo tono dolce e gentile, sentiva un forte calore crescere sempre di più, all’altezza del petto. Si girò verso di lui, che fece un sorriso amichevole.
-va bene. Se non se la sente di dirmi altro fa lo stesso- disse. Shuuya spalancò gli occhi di poco: non è che gli leggeva il pensiero?
-ma come ha fatto a…?-.
-vede, a volte una persona affronta prove nella vita che lo rendono più forte oppure più sensibili per certi versi. Ho perso i miei genitori e mio fratello in un incidente, ho sofferto molto. Forse è per questo che ho deciso di diventare medico: evitare che altre persone soffrano come ho fatto io…- sul suo viso era apparso un sorriso amaro. Il biondo aveva ascoltato con attenzione le parole di Shirou, provando un forte dispiacere per lui. Quando l’albino si accorse di quello che aveva appena detto arrossì di botto: non si era mai espresso così apertamente e di certo quello non era l’ambiente adatto.
-mi perdoni, non siamo qui a parlare di me. Sono mortificato, io non…-.
-non si agiti- disse per calmarlo -sa, invece vorrei conoscerla di più. Iniziamo non dandoci del lei par favore, non ci sono abituato- sorrise.
Il ragazzo più giovane si rallegrò subito, non sentendosi più in imbarazzo. Gouenji gli sembrava un tipo simpatico e cordiale; non aveva affatto l’aria di una persona che ha bisogno di un dottore. Lo avevano colpito subito i suoi occhi color cioccolato e la sua gentilezza fin da subito.
-come vuoi tu, Gouenji-san-.


 
When you feel my heat
Look into my eyes
It’s where my demons hide
It’s where my demons hide



Non era ancora stato deciso per quanto tempo sarebbe dovuto rimanere nella clinica. La sua permanenza all’inizio sarebbe dovuta durare qualche settimana, poi un mese e infine tre. I dottori che seguivano Gouenji non riuscivano a capire cosa ci fosse di sbagliato in lui: era un venticinquenne normalissimo, eppure i diversi episodi di rabbia incontrollata che gli erano accaduti non erano per niente normali. Le persone che aveva aggredito avevano subito gravi lesioni, la maggior parte era pure innocente -lui non era cosciente mentre attaccava le persone, come in uno stato di trans- e avevano detto di aver visto un paio di occhi rossi, poi dolore. I medici avevano deciso di studiare più a fondo il suo caso, quindi facendolo rimanere nella clinica, sia per questioni di sicurezza che per fargli degli esami.
A Shuuya però non importava più di tanto, anzi, era quasi felice di rimanere lì ancora per un po’. Da quando aveva conosciuto Shirou i due erano diventati amici: scherzavano, parlavano e si confidavano a volte. Il biondo ormai aveva detto il motivo del suo arrivo lì, senza escludere dettaglio alcuno. All’inizio l’albino era dispiaciuto per le persone che l’altro aveva ferito; se possibile, però, gli venne ancora più voglia di aiutare Shuuya. Il che confortò molto il biondo, che seppe di avere una persona su cui contare e che non lo avrebbe abbandonato.
Mentre accadeva questo, il calore che Gouenji provava dentro al petto verso Shirou cresceva sempre di più. Non sapeva da cosa era generata quella sensazione; era piacevole, lo rendeva felice e aumentava quando parlava o solo vedeva l’albino. Per un momento pensò fosse amore, quello che provava, poi però scacciò via dalla mente quei pensieri, troppo imbarazzato per affrontarli. Un giorno però, camminando per un corridoio dell’ospedale aveva sentito due infermiere parlare riguardo a Fubuki.
“Hai presente quel dottore arrivato da poco, forse due mesi? Il dottor Fubuki?”.
 “Sì, è davvero carino e gentile! Non mi stupirei se avesse una ragazza!”.
 “Beh, sai una cosa? Ultimamente parla solo di un suo paziente… un certo Gouenji se non sbaglio. Dice di volerlo aiutare a tutti i costi con il suo problema, ma secondo me, da come parla di lui, non lo fa molto per lato professionale…”.
 “Vuoi dire che…?”.
“Non ne sono sicura, però credo proprio che il dottore si sia preso una cotta per un paziente!”. Dopodiché scoppiarono in una risatina da oche starnazzanti e pettegole.
Per un momento Shuuya pensò che quelle due infermiere non avessero di meglio da fare che sparlare dei pazienti e dei dottori tutto il giorno. Poi, ripensando alle loro parole, si chiese se fosse vero quello che avevano detto; se davvero Shirou era innamorato di lui… il cuore iniziò a battergli più forte. Non aveva più dubbi.



 
They say it’s what you make
I say it’s up to fate
It’s woven in my soul
I need to let you go
Your eyes, they shine so bright
I want to save their light
I can’t escape this now
Unless you show me how



Shuuya diede uno sguardo all’orologio elettronico appeso sulla parete. Le undici e ventiquattro, era meglio andare. Tra pochi minuti, alle undici e mezza, sarebbe dovuto andare nello studio di Shirou, come sempre. Guardò anche la data: ormai era in quella clinica da due mesi e mezzo. Restò per un momento immobile a fissare fuori dalla finestra -il tempo lì non cambiava mai, che tristezza, pensava. Ormai aveva capito i veri sentimenti che provava verso l’albino, però perché doveva sempre sentirsi così agitato ogni volta che anche solo lo pensava? Lo trovava un po’ esagerato, eppure gli piaceva quella sensazione calda che partiva dal cuore e andava in tutto il corpo.
Si tirò su dalla sedia dove era seduto e uscì dalla stanza. Attraversò i corridoi della clinica fino all’ospedale; ormai non faceva più caso al bianco che costituiva la maggior parte dell’edificio. Forse, addirittura, il bianco iniziava a piacergli. Gli ricordava tanto Fubuki, che aveva detto essere dell’Hokkaido. L’indaco del muro, invece, somigliava tanto al colore dei suoi capelli, solo più scuro. La cosa che gli piaceva di più però erano gli occhi: così profondi e dolci, come quelli di un cucciolo, apparentemente pronti a rilasciare calde lacrime. Ecco, era di nuovo arrossito; possibile che ogni volta che ci pensava aveva questa reazione? Sembrava una ragazzina di seconda media.
Svoltò l’angolo e si diresse verso l’ascensore. Prima di premere il pulsante, però, notò Shirou dalla parte opposta alla sua, mentre parlava con qualcuno. Si appostò in modo da non farsi vedere e osservò, cercando anche di sentire qualcosa del discorso. Il ragazzo con cui parlava Fubuki era di carnagione scura, molto più alto di lui e aveva i capelli corti e rosa. A Gouenji pareva si chiamasse Someoka, ma non ricordava molto. Gli sembrava fosse anche lui un paziente dell’albino.
-non capisco che ci trovi in lui di così bello. È un asociale e risponde pure male quando gli parli- disse Someoka -e poi i medici hanno detto che è pericoloso quando si arrabbia-. Shirou abbassò gli occhi e sorrise timidamente.
-con me non è così. È gentile, simpatico e inoltre con me non è mai stato violento. Gouenji è una persona normale a mio parere, e credo che il parere di un medico sia quello più importante-. Dopo sorrise dolcemente. Sul volto di Ryuugo invece apparì un ghigno, che a Shuuya non piacque affatto.
-sai una cosa? Penso che ci sia qualcuno migliore di Gouenji, come me ad esempio…- gli si avvicinò pericolosamente al viso, il biondo non riuscì a trattenersi oltre. Uscì da dietro l’angolo e si diresse verso di loro; l’albino stava inutilmente tentando di respingerlo. Gli occhi di Shuuya si incendiarono di rosso.
-ehi tu! Lascia stare Shirou!- sbraitò. Il rosa si girò con lo stesso ghigno e si scrocchiò le nocche.
-ah sì? Vediamo se sei così pericoloso quanto dicono!-.
Shuuya non resistette più e il suo istinto omicida prese il sopravvento. Si lanciò su Ryuugo e iniziò a graffiarlo, pendendolo a pugni e facendo la lotta. Tra i due scoppiò una vera e propria rissa, con sangue che schizzava sui muri e tutte le persone sconcertate e impaurite a fissarli. Shirou rimase scioccato per qualche istante dal comportamento di Gouenji: non lo aveva mai visto così fuori di sé, quello non era il vero Shuuya. Quegli occhi rossi pieni di sangue e rabbia non erano i suoi, del biondo che conosceva e che era certo non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Prese Shuuya per un braccio, prima che potesse finire Someoka, cercando di fermarlo.
-ti prego Gouenji, non farlo! So che non sei tu in questo momento!- gridò, ma l’altro lo scacciò via in malo modo. Ancora sul punto di dare il colpo di grazia al rosa, qualcosa lo fermò. Un calore improvviso gli avvolse il corpo, facendogli sgranare gli occhi.
Fubuki lo stava abbracciando, cingendogli la vita con le sue esili braccia.
-tu… hai solo bisogno di amore. Non lasciarti sopraffare dalla rabbia, altrimenti farai male a te stesso, agli altri. E anche a me…- mormorò l’albino. Gli occhi rosso sangue man mano si dissolsero, lasciando spazio a quelli cioccolato del vero Shuuya. Da essi caddero dolci lacrime che finirono sui graffi che aveva in volto, provocandogli un lieve dolore. Si girò, puntando il suo sguardo in quello di Shirou. I suoi occhi che grondavano lacrime erano così belli. Non avrebbe mai potuto distruggerli.
Ricambiò l’abbraccio e baciò appassionatamente l’albino.
-l’ultima cosa che vorrei fare è ferirti- disse stringendolo forte a sé.

 

Don’t get too close
It’s dark inside
It’s where my demons hide
It’s where my demons hide

 




Chi se ne importa Eleven del calcio di Inazuma! Livello: GouFubu senza capo né coda -.-
…trucidatemi.
No, ok. Ho scempiato il fandom varie -troppe- volte, ma questa è una delle peggiori damn. Cioè, perché non ho fatto fare a Shuuya il dottore, visto che pure suo padre lo voleva nell’anime?! Perché quello con crisi d’identità (?) non l’ho fatto fare a Shirou, che aveva pure l’anima di suo fratello dentro sempre nell’anime?! Perché?!! T^T
È che leggendo la traduzione del testo ho pensato che lo psicopatico con crisi d’identità (?) sarebbe tato meglio farlo fare al biondo, visto che il testo dice una roba tipo “ voglio salvare quegli occhi”, che ovviamente è riferito a quelli di Fubuki da parte di Gouenji. Perché poi diciamolo tutti, Gouengi è il seme e Shirou l’uke. Questo ormai lo sanno anche i muri (come dice la mia prof).
E poi Shirou vestito da dottore è troppo secsi <3 *noseblood*
ah, la clinica Takayuki è di pura fantasia, se esiste davvero io non lo sapevo. Gli avevo dato un nome a casaccio XD
era da un po’ che non  scrivevo sulla GouFubu, mi mancava :’)
le critiche se devono esserci fatele costruttive pls
Lula           




 
  
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