Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: Melie Devour    03/02/2014    2 recensioni
Piccola storia di un incontro. Sognata e sperata seduta sulla metro.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ispirata alla Entry Smarp del 12/02/13, 17:03.

 

La sciarpa sulla bocca, di comodo per più ragioni. Mani nelle tasche mentre scende velocemente i gradini che portano al binario. Naso in su, “Victoria Lane”, direzione giusta? Direzione giusta. Quella giornata è continuata tanto stressante quanto si era preannunciata al suo inizio. Un po’ alleviato dal freddo pungente che attanaglia Londra da un giorno o due, estrae la mano per grattarsi una tempia, per poi strusciare le lunghe dita flessuose lungo tutta la fronte, portando poi all’indietro i capelli tagliati di recente. Controlla quella volta di troppo il cellulare, come in attesa di chissà quale novità, tempo di rimetterlo in tasca ed è al binario. Benedetta Tube e i suoi treni che passano ogni tre minuti. Tutto sommato valevano i fuor di quattrini che la gente pagava per usarli.

Mani nuovamente entrambe in tasca, un sospiro che riempie quella sessantina di secondi che lo separano dall’arrivo del treno che l’avrebbe scortato verso un thé caldo, una doccia e un divano nel quale sprofondare. Guarda verso il tunnel dove tra non molto sbucheranno due fari alogeni, e quasi non volendo si accorge del paio di occhi che invece sono puntati nei suoi. Dapprima sovrappensiero, mette a fuoco il viso della ragazza che lo sta fissando con un accennato sorriso arrossito. L’avrà riconosciuto, ed avrà sicuramente il buon cuore di lasciarlo libero, per stavolta. Lo sa e glene sarà grato. Distoglie lo sguardo, ritiene troppo rischioso anche solo ricambiare un sorriso. Il treno è arrivato e la porta si apre davanti a lui.

Non prova neanche a cercare posto a sedere, perché non ne troverebbe e perché in meno di 240 secondi sarà arrivato alla sua destinazione. Si appropria di un mezzo metro quadro dall’altra parte della porta, e posa la schiena un po’ sulla maniglia verticale e un po’ sulla parete di plastica.

La sciarpa gli solletica la barba appena allungata di cui non vede l’ora di liberarsi.

Spinta in avanti, il treno si ferma e stavolta ad aprirsi è la porta accanto a lui.

Gente esce, gente entra. Gente si catapulta letteralmente dentro, come se quello fosse l’ultimo treno prima di domani. Gli occhi puntati verso il basso vengono attratti da un paio di calze di lana dai colori accesi che spuntano da stivali impermeabili. Li segue distrattamente fino a che non si fermano nelle vicinanze del maniglione verticale.

Rimane a guardare quelle maglie variopinte per qualche secondo. Le trovava ipnotizzanti. Lancia un’occhiata fuori dal finestrino per assicurarsi che il suo vaneggiare non fosse durato troppo. Uno sprazzo di luce prima di entrare nel tunnel gli da la possibilità di leggere sulla grande insegna blu che è ancora a tre fermate dalla sua.

Torna a guardare verso l’esplosione cromatica di stoffa, per poi risalire con lo sguardo lungo il cappotto scuro e la sciarpa infinita per finire sul viso della ragazza con la spalla appoggiata al maniglione.

Tiene lo sguardo basso e i capelli corti le ricadono sugli occhi. La vede fare un movimento repentino che le permette di scansare qualche ciuffo dal suo campo visivo, almeno per qualche secondo. Non che se ne curi più di tanto, sembra avere la mente persa in paesi lontani, molto lontani.

Di scatto poi alza gli occhi, e ci mette un decimo di secondo a incontrare il suo sguardo.

Dapprima lo sostiene con indifferenza, poi inclina impercettibilmente la testa e aggrotta le sopracciglia in modo curioso.

“Mi riconosce anche lei” pensa Tom, un moto di accennata delusione che si fa spazio nel petto, ma poi svanisce. Lo sguardo della ragazza non è lo stesso di quella che ha intravisto al binario. Nah, non arrossisce, non sorride. Sembra più… curiosa.

Lui distoglie lo sguardo tutt’insieme, riabbassandolo a livello scarpe, le proprie. Magari non lo conosceva proprio, e si stava piuttosto chiedendo perché mai lui la fissasse in quel modo. Stinge un po’ i denti, dispiaciuto per l’eventuale fraintendimento. Magari l’aveva infastidita, che ne sapeva. Sospira e si stringe nelle spalle, affondando le mani un po’ di più nelle tasche dei jeans.

Spinta in avanti, il treno si ferma. La fermata prima della sua. Alza un millisecondo lo sguardo verso quello della ragazza, che istantaneamente alza gli occhi verso di lui. “Così non è giusto, non ti stavo fissando!” pensa lui mentre di nuovo scansa repentinamente lo sguardo.

La intravede muoversi, viene verso di lui, ma si ferma invece di fianco, verso le porte ancora chiuse. Imperterrito nel suo fissare dall’altra parte, aspetta che il treno faccia quegli ultimi trenta secondi di corsa prima di frenare e che porte si aprano verso la sua fermata.

Da il tempo alla ragazza variopinta e ad un altro paio di persone di scendere, poi si volta e scende anche lui.

Tira appena su col naso, investito dalla brezza innaturale del treno partito sul binario opposto. Cammina verso l’uscita, si ferma appena prima di andare addosso alla ragazza di prima, che si è fermata ed ora lo sta guardando.

Lui per un attimo è colto di sorpresa, già prende fiato per chiederle scusa per prima, ma lei parla, con un sorriso tranquillo.

«You’re handsome.»

Lui rimane con un “Sorry” nella gola, lo riingoia per tossire fuori poi un imbarazzato «You look good too.»

Mentre lui abbassa lo sguardo e chiede a sé stesso che diavolo gli sia preso, lei fa una risatina all’improvviso quasi timida, abbassa un secondo lo sguardo e poi ribatte.

«Would you like a tea?»

Lui sbatte le ciglia un paio di volte. Sorride, inclina appena la testa, le sfodera uno sguardo desolato «I’m sorry.»

Lei sorride di rimando, alza le spalle.

«Next time.»

Lui apre la bocca per rispondere, qualunque cosa ne esca, o salutare, o scusarsi di nuovo, ma lei volta le spalle prima, incamminandosi su per i gradini con saltelli aggraziati. Rimane fermo a guardarla sgambettare via insieme alla stoffa ipnotizzante delle sua calze. Arrivata in cima si volta un secondo verso di lui, senza fermarsi. Le intravede un sorriso furbesco.

Ci pensa, ancora non ha elaborato l’accaduto. Poi sorride e sale i gradini anche lui, uscendo poi all’aria fredda e pungente, mani nelle tasche, sciarpa sopra la bocca.

“La prossima volta.” Sussurra a sé stesso mentre attraversa la strada verso casa sua.

  
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