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Autore: Gio_Snower    03/02/2014    2 recensioni
[Coppia OrihimexUlquiorra][What If?]
Orihime viene rapita da Ulquiorra e portata nel covo di Aizen nell'Hueco Mondo.
All'inizio è spaventata da Ulquiorra, ma poi, con il tempo, si chiede se c'è di più in lui.
*Estratto dal Primo Capitolo*:
"Un aspetto malinconico, struggente e esile; aveva dei capelli lunghi e fini di un color nero scuro che sembrava intrappolare e negare la luce, occhi verdi luminosi ed un viso bianco – un bianco marmo – solcato da due righe verdi simili a lacrime.
Orihime aprì leggermente la bocca, non per lo spavento, ma per la sorpresa.
Era bellissimo.
E crudele."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inoue Orihime, Kurosaki Ichigo, Schiffer Ulquiorra
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Prologo
 
« Vieni con me, donna. Non parlare. L'unica parola che ti è permessa è "sì". Qualsiasi altra cosa tu dica è morte, non per te ma per i tuoi compagni. Non chiedere niente, non raccontare niente, tu non hai nessun diritto. Comprendilo bene: questa non è una negoziazione, è un ordine, donna. »
Una voce forte, imperiosa, eppure una nota triste risuonava in essa. Probabilmente l’uomo – se d’un uomo si trattava – non si rendeva conto di quello che la sua voce trasmetteva, di quello che rivelava.
Un aspetto malinconico, struggente e esile; aveva dei capelli lunghi e fini di un color nero scuro che sembrava intrappolare e negare la luce, occhi verdi luminosi ed un viso bianco – un bianco marmo – solcato da due righe verdi simili a lacrime.
Orihime aprì leggermente la bocca, non per lo spavento, ma per la sorpresa.
Era bellissimo.
E crudele.
Ichigo, pensò.
Poi divenne tutto nero.
 
Tra le sue braccia la donna pesava pochissimo. Lei aveva un viso a cuore dai lineamenti terribilmente dolci; i suoi capelli erano lunghi e di un color simile al caramello e le ciglia lunghe nascondevano occhi di una dolcezza e purezza profonda.
La sua corporatura esile s’adattava perfettamente alla sua, quasi come se lo completasse, come se essa fosse una cosa completamente naturale.
Sentì qualcosa, ma non capiva cosa potesse essere. Era la prima volta che la provava.
Lei si mosse leggermente e lui la strinse a sé con più forza. Non poteva lasciarla, di questo ne era certo.
Lei gli serviva. Lei era parte della sua missione.
 

 
Capitolo 1


Si risvegliò in una camera completamente bianca e senza finestre. I suoi stessi vestiti ora erano diversi. Qualcuno doveva averla cambiata mentre era incosciente.
Ora indossava un vestito bianco e lungo che lasciava scoperte solo le spalle e gli avambracci, il colletto era contornato di nero.
Era un bel vestito. In un’altra occasione ne sarebbe stata felice, ma non in quella.
Era prigioniera.
Gli venne in mente lui; gli vennero in mente i suoi occhi verdi luminosi eppure così scuri.
Poi entrò. Vestito completamente di bianco e con una maschera nera su un lato della testa; sembrava un elmo con un corno. 
La trovò in piedi con uno sguardo fragile nello smarrimento momentaneo.
«Donna, vieni.» ordinò lui con voce perentoria. Non ammetteva repliche.
«Dove?» chiese Orihime.
«Non ti è permesso chiedere, Donna.» rispose esso.
Orihime ricordò le spaventose parole del giorno prima. Non doveva parlare se non per dire “sì”. Non doveva domandare, ribellarsi o altrimenti tutti quelli a cui voleva bene sarebbero morti. Tutti.
Ichigo. Pensò. Poi si sentì egoista. Aveva così tanti amici, eppure aveva pensato solo a lui.
Guardò verso il basso mortificata e seguì l’uomo dagli occhi verdi senza fiatare.
La condusse in una grande stanza con uno scranno nel centro su cui sedeva un uomo di bell’aspetto.
Sembrava gentile e molto intelligente. Però, appena vide il suo sorriso capì.
Quell’uomo era crudele ed avido. Occhi marroni calcolatori si puntarono su di lei.
«Oh, eccoti qui, Orihime-chan.» disse l’uomo.
Lei non rispose.
Non gli era permesso. Non poteva. Si limitò a guardarlo con ferocia. Era per colpa sua che si trovava lì. Lui minacciava ogni cosa.
«Ottimo lavoro, Ulquiorra.» disse l’uomo rivolgendosi a chi l’aveva rapita e poi accompagnata.
Quindi era quello il suo nome: Ulquiorra.
Non seppe perché, ma pensò che gli si adattasse.
Ulquiorra chinò la testa senza cambiare espressione. Non ne aveva mostrata nessuna fin dall’inizio.
«Ed ora veniamo a te, Orihime-chan. Sei spaventata in questo momento, vero?» chiese affabile.
«No.» rispose lei.
Per un attimo un lampo illuminò gli occhi dell’uomo.
Pensò d’aver fatto un grave errore, ma non se ne pentì. Non era spaventata.
Non sapeva nemmeno lei perché, ma non provava paura se non per gli altri.
«Una principessa coraggiosa, quindi.» commentò l’individuo. «Io sono Sousuke Aizen, Orihime-chan, e da oggi sarai mia ospite.» chiarì.
Lei annuì.
Dal modo in cui aveva pronunciato la parola “ospite” aveva capito che era solo un modo elegante per dire “prigioniera” o “ostaggio”.
«Ulquiorra. Portala nella sua stanza. Orihime-chan mi sembra affaticata, heh.» ordinò Aizen.
Lui annuì e si diresse verso di lei.
Orihime fissò i suoi occhi verdi ed il suo viso impassibile con calma e compostezza. Sarebbe stata forte per Kurosaki-kun, pensò.
 
Ripercorsero tutto il corridoio bianco e lungo di prima. Qualche volta compariva una finestra che mostrava un cielo scuro ed un paesaggio desolato.
C’era la luna, almeno. Però era una luna triste e per compagne non aveva delle stelle, bensì delle nuvole.
Essa riversava una luce malinconica.
Arrivarono alla sua stanza.
«Donna.» disse Ulquiorra a mo’ di saluto.
Lei annuì ed entrò nella camera bianca. In un altro momento avrebbe provato a parlargli, a essere positiva, ma ora era troppo stordita dal tutto.
 
Si svegliò in piena notte terrorizzata e ricoperta di sudore. Un incubo l’aveva svegliata malamente, un incubo dove era inseguita da un uomo dal volto bianco, semi lunghi capelli neri e occhi verdi di una luminosità innaturale e terrificante.
«Donna?» chiese Ulquiorra entrando nella stanza. Prima era fuori a sorvegliarla; quella notte era il suo turno di guardia.
La fissava con gli stessi occhi del suo sogno.
Lei lo guardò tremando. Voleva girarsi, ma il terrore notturno le impediva qualsiasi momento. Si sentiva paralizzata, incapace di voltarsi o sollevare anche solo un dito.
«Che succede, donna?» domandò.
Lei non gli rispose. Deglutì soltanto cercando di calmarsi.
«Hai avuto un incubo.» affermò. Questa non era una domanda.
«Sì.» mormorò Orihime. Gli lanciò uno sguardo rabbioso. Era tutta colpa sua.
«Passerà.» disse; sembrava parlar più a sé stesso che a lei. Era un goffo tentativo di rincuorarla?
«Non credo, ma lo spero.» rispose.
Lui la fissò, come se non sapesse che dire.
Poi il suo sguardò si scurì e inclinò leggermente la testa. Stava visibilmente riflettendo.
Era un’espressione buffa e tenera. Orihime si ritrovò a ridacchiare.
«Prima tremi, ora ridi. Tu sei strana, Donna.» affermò Ulquiorra.
«Ma tu sei buffo!» rise Orihime.
«Buffo? Non sono mai stato definito così.» disse di nuovo come se parlasse tra sé e sé.
Orihime s’accorse che stavano avendo una conversazione normale e che Ulquiorra non l’aveva rimproverata per aver parlato o per non aver detto solo “sì”.
«E come sei definito, solitamente?» gli chiese. Era curiosa e quella conversazione con uno dei suoi rapitori e nemici la distraeva dall’incubo appena fatto.
«Mostro. Malvagio. Terrificante.» affermò lui come se quelle parole non lo toccassero neppure.
Ma nessuno può essere così indifferente, nemmeno un Espada. Pensò Orihime.
Non commentò quelle parole perché erano quelle cose le pensava lei stessa. Eppure doveva esserci una parte…naturale in lui.
Ulquiorra la fissò di nuovo come se la stesse esaminando. Poi socchiuse gli occhi. Nel vario processo la sua espressione rimase la stessa di sempre: inespressiva.
Lui se ne uscì senza aggiungere altro tornando al suo posto di guardia.
Orihime si ridistese.
Kurosaki-kun, vieni presto. Pensò. Sapeva che sarebbe arrivato a salvarla; lui non l’avrebbe mai abbandonata. Non avrebbe mai abbandonato nessuno.
Chiuse gli occhi e s’addormentò.
Il suo ultimo pensiero fu per la sua guardia che la sorvegliava per evitare una fuga già improbabile.
 
 
I giorni si alternavano senza grandi eventi o altro.
Uno degli Espada le portava i pasti o la sorvegliava e, spesso, quel compito toccava a Ulquiorra.
«Donna.» disse entrando nella stanza bianca.
Lei stava canticchiando seduta sul letto. Era una canzone strana che parlava di pulcini e giorni, ma era molto carina.
La sua voce era limpida e dolce.
Si fermò ad ascoltarla con interesse. Quella donna, sebbene fosse spazzatura umana, era interessante.
All’inizio aveva pensato fosse debole, ma poi, con il passare dei giorni, aveva notato la piccola, ma sempre infiammata, forza che la smuoveva.
«Sei brava.» commentò quando finì di cantare.
Lei si girò e gli rivolse un sorriso dolce e scintillante.
All’inizio era palesemente ostile, ma adesso si rivolgeva a lui con la gentilezza e la dolcezza tipica del suo carattere.
Probabilmente non è una che conserva l’odio per molto. Pensò.
«Grazie.» rispose lei.
Poi arrossì leggermente.
Lui poggiò il vassoio sulle sue ginocchia. Lei lo prese, ma toccò la sua mano per errore.
Rabbrividì come se avesse toccato qualcosa di sgradevole.
Bè, d’altronde è così. Pensò Ulquiorra.
Sono un Mostro, sono superiore, sono solo.
 
Ichigo Kurosaki ansimava per la fatica. Era diventato più potente, ma non poteva batterlo.
Non era spazzatura, ma non era nemmeno forte tanto quanto lui.
«Imprigiona Murciélago.» esclamò liberando il potere d€ella sua Zampakuto.
E lo finì con un centro nel petto.
Orihime gridava e piangeva.
La donna gridava il nome del suo avversario, ma Ulquiorra non aveva pietà.
Lo finì con un buco nel centro del petto.
Si girò verso la donna, ma un urlo terrificante si diffuse nell’Hueco Mondo.
La parte Hollow di Ichigo s’era risvegliata ed il suo potere sembrava essersi triplicato.
Com’è possibile? Pensò Ulquiorra.
Ichigo vinse i vari scontri di forza.
Alla fine tornò in sé grazie alla Donna, Orihime, che urlava il suo nome.
Gli occhi marroni dell’altro si fissarono in quelli di lui. Forti.
Erano occhi intrisi di forza e senso di giustizia, erano gli occhi di chi non si arrende. Pensò Ulquiorra.
Continuarono lo scontro.
Perse.
Si girò verso Orihime.
«Ti spavento, Donna?» domandò tendendo una mano verso di lei.
«Non sono spaventata.» disse. «Non sono spaventata.» ripeté.
«Vedo…» mormorò Ulquiorra.
Orihime tese la mano e la sfiorò prima che si disintegrasse.
Il suo cuore era giusto nella mia mano. Pensò Ulquiorra. 




--- Ciao a tutti!
Vi ringrazio per aver letto il primo capitolo di questa mia FF. Se vi è piaciuta, per favore, lasciatemi una recensione o un commento! =)
Aggiorno nel giro di una settimana se non prima. A presto,
xx Giò
   
 
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