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Autore: AlisonCarter21    04/02/2014    2 recensioni
'Alison e Liam Payne sono appena arrivati a Londra.
Liam non c'è quasi mai a casa, Alison sta per compiere diciotto anni.
Quella ragazza ha qualcosa di diverso, Louis l'ha capito.
Non riesce a starle lontano, dipende da lei. Il suo odore l'ha stregato.
Vorrebbe placare quella sete che lo attanaglia...
Ma come può il drogato drogarsi, se uccide lo spacciatore?'
Ho lasciato volontariamente il finale aperto per permettere ai lettori di spaziare con la fantasia.
Lasciatemi un commento e fatemi sapere come vorreste che continuasse la storia.
Magari potrei farla diventare una mini-long...
Pairing Louison (Louis e Alison)
Prima One-Shot, siate clementi v.v
Non credo sia gran che, ma è da un po' che ce l'avevo in mente e ho finalmente trovato il tempo per scriverla ^^
Detto ciò, buona lettura =)
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Alison e Liam, visti da qualcuno ignaro della loro storia, potrebbero sembrare felicemente fidanzati.
Notti passate a dormire insieme, passeggiate mano nella mano, fugaci baci sulle labbra, gelosia e possessività.
Parecchi abitanti della città in cui si erano di recente trasferiti avevano lavorato di fantasia, arrivando a conclusioni impensabili.
Soltanto loro due sapevano che, in seguito alla morte dei signori Payne e del loro fratello, avevano dovuto fare affidamento solo e soltanto l’uno sull’altra.
Erano soli in una nuova, grande città.

Affacciata alla finestra della sua nuova casa, una graziosa villetta nel centro di Londra, Alison pensava a quanto amasse suo fratello.
Si era chiusa in se stessa in seguito alle gravi perdite, e Liam era l’unico con cui, occasionalmente, riusciva a mantenere una conversazione che non si limitasse ad uno scambio di “buongiorno”, “buonasera” o “a dopo”.
Il dolce ragazzo castano si alzava ogni mattina verso le sei e mezzo più o meno, cercando di fare quanto meno rumore gli fosse possibile per non svegliare Alison.
Preparava la colazione per la sua principessa, spesso glie la portava nella camera da letto che condividevano, la aiutava a scegliere quale felpa si abbinava meglio con le scarpe.
Che poi, Alison non voleva accettare il fatto che fosse stupenda. Quando suo fratello glie lo diceva, lei alzava gli occhi al cielo e ignorava le sue martellanti richieste di togliere quei vestiti sformati e vecchi.
Proprio non riusciva ad accettarsi, si ostinava a coprirsi con abiti larghi che non marcassero le sue forme, perché lei le odiava. Ma in realtà, Alison odiava tutto di lei.
Odiava i suoi capelli neri, a lei piacevano rossi.
Odiava i suoi profondissimi occhi color nocciola, lei li preferiva verdi.
Non era una di quelle solite ragazze che, per avere tutti gli sguardi puntati su di sé, borbottava e piagnucolava che non le piaceva nulla di lei, no. Non lo era mai stata.
Alison era dannatamente insicura, in tutto e per tutto.

Quel mattino, nonostante Liam sapesse che per sua sorella fosse un giorno importante –primo giorno di scuola nella nuova città-, non poté seguire le sue solite abitudini mattutine dal momento che il nervosismo e l’ansia per il suo primo giorno di lavoro lo stavano mangiando vivo.
Aveva girato tutto il quartiere in cerca di un’attività in cerca di un commesso o un cameriere, e quando finalmente sulla vetrina di un ristorante lesse l’annuncio, si fiondò nel negozio. Contrariamente a tutte le sue aspettative, l’indomani avrebbe fatto un giorno di prova.

Pronta per il suo primo giorno di scuola, la mora si stava dando un ultimo sguardo allo specchio quando, dopo tre colpi sulla porta, Liam spuntò sorridente ed allegro come sempre per dare il buongiorno a sua sorella.

-Ali, vieni giù, ti ho preparato i pancakes.- l’avvertì. Le lasciò un fugace bacio tra i capelli, seguito da un “oh, sei bellissima” e una carezza sulla guancia.

La ragazza sorrise arrossendo, annuì e afferrò prontamente la mano che Liam le aveva porto, raggiungendo la cucina insieme a lui.

-Vuoi che ti accompagni a scuola?- si premurò di chiedere, poi bevve l’ultimo sorso di succo all’arancia e mise le stoviglie sporche nel lavandino.

Alison sorrise mentre rifletteva sul fatto che nessuno, oltre Liam, si fosse mai interessato a lei con tanta attenzione.
Nessuno, nemmeno i loro genitori.

-No, no. Farò due passi. Buona fortuna.- rispose sorridendo, imitò suo fratello e uscì di casa.

Assorta nei suoi pensieri e con i suoi amatissimi DreamTheater in riproduzione, Alison constatò con molto piacere che la sua nuova scuola non distava molto da casa sua.
Non che non le piacesse camminare, ma non era mai stata una tipa molto atletica.
Tanto è vero che, nelle ore di educazione fisica, inventava puntualmente scuse abbastanza credibili da permetterle di passare la lezione seduta sugli spalti.
E poi non avrebbe dovuto scomodare Liam al mattino.
Fu solo quando riconobbe la fermata dell’autobus accanto al panificio fuori l’incrocio di casa sua, che rammentò di aver percorso quella strada il giorno prima per iscriversi al liceo.
Quel mattino Londra era particolarmente, anzi stranamente tranquilla.
Alison faceva caso ad ogni particolare della nuova città.
Faceva caso ai primi negozianti che aprivano le loro attività con le facce assonnate.
Faceva caso all’odore di graffe e cornetti caldi proveniente dal panificio vicino casa sua ogni volta che usciva al mattino.
Fece caso, il giorno prima, agli insistenti e inquietanti sguardi di tutti i ragazzi nel cortile fissati su di lei.
E ci fece caso anche quella mattina mentre varcava il cancello dell’istituto.
Non perse tempo a ricambiare le occhiate, preferì continuare a camminare diritto, con gli occhi puntati a terra.
Dopo aver urtato almeno una decina di persone, decise che forse era il caso di guardare davanti a lei.
Ma si pentì immediatamente della sua azione quando puntò lo sguardo in due iridi oceaniche che la fissavano duramente, e sentì due braccia forti afferrarle le spalle.
Contemporaneamente a quel contatto, una folata di vento sospinse il dolce profumo alla vaniglia di Alison verso il giovane che aveva davanti.

-Scusami, non ti avevo…- il ragazzo interruppe la frase, e Alison riuscì a leggere nei suoi occhi un’ondata di sorpresa quando gli posò le mani sul petto per evitare di finire schiacciata contro di lui. Lei sentì il corpo del giovane irrigidirsi e la presa sulle sue spalle farsi più insistente, quasi fino a diventare dolorosa –Vista.- continuò il castano, distogliendo lo sguardo e sorpassandola.
-Ma che tipo strano- si ritrovò a pensare Alison.

Il suono nasale e metallico della campanella, fortunatamente, la riscosse dai suoi pensieri, rammentandole che almeno il primo giorno si era promessa di essere puntuale per fare una buona impressione.
Non riuscì a lasciar correre le occhiatacce che riceveva passando per i corridoi.
La guardavano come si guarda un pezzo di carne.
Era un agnello, e loro i predatori.
Se non fosse stata così timida e riservata, probabilmente avrebbe mandato a quel paese la sua caratteristica e delicata finezza quando si esprimeva, sbottando un “volete una foto?!” alquanto rabbioso.
Ma ovviamente non lo fece.

Almeno la passeggiata fino alla segreteria fu tranquilla, e dopo aver ritirato il suo orario e la combinazione pre-impostata del suo armadietto, vi posò la borsa e i libri futili per la prima ora, letteratura.
Un’amante di libri come lei non poteva certo fare tardi, quindi dopo aver dato un rapido sguardo alla pianta dell’edificio, raggiunse l’aula 57.
Occupata soltanto da un paio di studenti mattutini impegnati a ripetere la lezione, prese posto al secondo banco della fila a sinistra, accanto alla finestra.
Man mano che la classe si riempiva, gli sguardi su di lei persistevano.
E Alison aveva sempre odiato essere fissata in quel modo odioso.
Si accorse distrattamente che il posto accanto a lei era stato occupato dallo stesso ragazzo con cui si era scontrata poco prima , e arrossì violentemente quando lo vide sorridere nella sua direzione.
Stava per aprire bocca, magari per presentarsi, pensò Alison.
Si ricredette quando lo vide mordersi in modo violento il labbro e stringere convulsamente in un pugno il tessuto della sua felpa.
Sembrava volesse trattenersi da qualcosa, ma da che cosa?
Quando poi una mano del ragazzo si posò sulle sue labbra, fingendo di dover sbadigliare mentre invece si copriva il naso, la ragazza arrivò a pensare che puzzasse.
Ma si accorse che il deodorante era efficace, e poi aveva lavato i capelli la sera prima.
Qualcosa in quella situazione non quadrava, e lei doveva scoprire che cosa.

-Ma dove diavolo di accidenti mi ha portata, quello squinternato di Liam?!”- si domandò mentalmente.

Il professore fece il suo ingresso in classe, fece l’appello e invito Alison a presentarsi, chiamandola alla
cattedra.
Notò ancora una volta il suo compagno di banco stringere con forza la felpa blu che indossava mentre gli passava accanto.
Non poté non pensare a quanto quel ragazzo fosse bello.
E ovviamente, come in ogni istante da quando aveva messo piede in quella scuola, Alison sentiva gli sguardi dei suoi compagni trafiggerla.

-Mi chiamo Alison Ingrid Payne, ho diciassette anni e vengo da Wolverhampton.- annunciò timidamente, fissandosi le mani.
-Io sono il professor Smith, insegno letteratura. Vedo che avevi preso posto accanto a Tomlinson, puoi tornare a sederti.- concluse il professore.

Invitò i compagni di classe ad essere gentili con lei, essendosi accorto della sua timidezza.
La lezione si svolse in modo abbastanza tranquillo, e Alison lodò suo fratello per averla iscritta lì proprio mentre stavano studiando Shakespeare, anche se non avrebbe mai potuto immaginarlo.
Non mancavano di certo gli scatti strani di quel tipo, Tomlinson, ma Alison cercò di ignorarli.
Appena qualche secondo prima che suonasse la campanella, con una velocità incredibile il castano raccattò le sue cose riponendole nello zaino e scappò letteralmente via.


Una settimana passata ma lì gli sguardi persistevano, e Alison poté anche appurare con certezza che il cibo di quella scuola faceva letteralmente pena.
Dopo il primo giorno, quel ragazzo bello quanto strano non si era più fatto vedere.
In compenso, aveva fatto amicizia con una ragazza simpaticissima, l’unica con cui riuscì a scambiare qualche parola.
Ma soprattutto, l’unica che non la derideva per il suo mutismo selettivo.
Proprio in quel momento, la dolce ragazza dai capelli rosso fuoco prese posto accanto a lei al tavolo in mensa.

-Ma ciao, bellissima!- le si lanciò addosso abbracciandola.
-Ciao a te, April.- rispose Alison, ricambiando la stretta.

In quel momento, l’enigmatico compagno per un giorno di Alison si stava avvicinando a lei.
Evidentemente nella scuola non aveva una buona reputazione, tanto è vero che dopo aver rivolto uno sguardo intimidatorio alla rossa, lei si congedò con un “devo andare”, lasciando Alison in compagnia del castano.
Si sedette accanto a lei, riavviandole una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio.
La ragazza rabbrividì al contatto con la sua pelle fredda, ritraendosi.

-Ciao. L’altro giorno non mi sono presentato, mi chiamo Louis Tomlinson.- iniziò il ragazzo.
Dopo qualche secondo di silenzio, durante il quale Alison fissava la sua insalata stuzzicandola con la forchetta, il ragazzo sorrise. –Ti hanno tagliato la lingua, piccola?-

Nessuno, a parte Liam, l’aveva mai chiamata in quel modo.
E lei arrossì di colpo, quando notò che mentre parlava Louis si avvicinava sempre di più.
Strinse la sua mano attorno a quella di Alison, mordendosi ancora le labbra con nervosismo.

-Il lupo perde il pelo ma non il vizio…- pensò lei.
Persa nei suoi pensieri, tornò alla realtà solo quando la punta del naso perfetto di Louis le sfiorò la guancia.

-Che stai facendo?- chiese Alison.
-Hai un bel profumo. Non resisterei a lungo se restassi qui.- e Louis, dopo un occhiolino e un bacio volante rivolti alla ragazza, andò via.
-Non resisterebbe a cosa? Ma questo che vuole?!- borbottò Alison, confusa. Quel ragazzo era
un mistero.

Finalmente la giornata volse al termine, e Alison non fu mai stata così felice di dover camminare per tornare a casa.
Notò con dispiacere che nonostante fossero appena le cinque del pomeriggio, il sole era già calato.
Quel giorno all’uscita non c’era quasi nessuno.
Ma durante il tragitto, la sensazione di essere osservata non la abbandonò nemmeno per un istante.

-Sono a casa!- urlò, sperando che Liam fosse tornato.

Non ricevendo nessuna risposta, Alison dedusse che era sola.
Si fiondò di sopra e si spogliò velocemente, infilando una maglietta presa in estorsione da Liam.
No, anzi, rubata dal suo armadio.
Spalancò la finestra per far circolare un po’ d’aria fresca e si lasciò cadere a peso morto sul suo comodo materasso.
Nemmeno il tempo di stendersi sul letto, che si era già addormentata.
Congelata dal vento freddo che spirava attraverso la finestra, si rannicchiò su se stessa in cerca di calore.
Ma non bastava.
Si scocciava di alzarsi, prendere una coperta dall’armadio e tornare a stendersi, così decise di alzarsi e preparare la cena per Liam.
Sarebbe stato di certo stanchissimo dopo il primo giorno di lavoro.
Aprì gli occhi con l’intenzione di dirigersi alla finestra per chiuderla, ma quando scattò a sedere si accorse di una figura nell’ombra che la scrutava.
Le parve tanto di riconoscere quel ragazzo, Louis.
No, è impossibile, si ripeteva.
Si stropicciò gli occhi e accese la lampada sul suo comodino.
E quando tornò a guardare verso la finestra, la figura era sparita.
Alison si preoccupò seriamente per la sua sanità mentale, forse l’aria di Londra le stava giocando brutti scherzi.
 
La cena era pronta, Alison aveva fatto una doccia, magari sperava di svegliarsi e cancellare quelle allucinazioni.
Perché erano allucinazioni, vero?
Indossò il vestitino blu che piaceva tanto a Liam, quello che proprio lui le regalò l’anno precedente per i suoi diciassette anni, e mise un po’ a posto la sua camera.
Si sentiva in dovere di ricambiare, per quanto le fosse possibile, quello che suo fratello faceva per lei.
Ma appena prima di infornare la sua speciale torta al pan di spagna, la preferita del castano, qualcuno bussò il campanello.
Convinta che fosse Liam, e contemporaneamente stupita che fosse già di ritorno, Alison aprì la porta già pronta a saltare in braccio al fratello.
Rimase brutalmente delusa quando si rese conto che non era Liam ad aver suonato, bensì qualcuno di più basso e con gli occhi azzurri.

-Co…Cosa ci fai qui?- domandò lei incredula. L’aveva visto alla finestra e ora era sull’uscio di casa sua, ma lei non gli aveva mai detto dove abitava.
Era forse uno stalker? Questo pensiero turbò Alison, e non poco.
-Volevo farti una sorpresa e portarti a cena fuori, ma vedo che mi leggevi nel pensiero.- lui sorrise e le cinse la vita con un braccio, attirandola di più a sé, poi le lasciò un bacio sulla guancia.
-Non posso, sto aspettan…- Alison voleva spiegargli che stava aspettando suo fratello per cenare con lui, ma fu interrotta dallo squillare del telefono. –Scusa, devo rispondere.-

Non ci fu bisogno che lei lo invitasse ad entrare e fare come se fosse a casa sua, dal momento che il ragazzo si prese la briga di accomodarsi da solo.
-Ma tu guarda questo…- pensò Alison.

Al telefono, Liam si scusava dicendo che il proprietario del ristorante gli aveva chiesto di restare un altro po’, quindi avrebbe fatto di certo tardi.
La sua troppa buona educazione le impediva di mandare via a calci Louis, quindi decise di lasciarlo fare, anche perché era troppo stanca per combattere contro la sua sciocca ostinazione.

-Vogliamo andare, piccola?- chiese Louis.
-A questo punto resta qui, fammi compagnia. Stavo aspettando mio fratello, ma farà tardi a lavoro.- sospirò esausta lei.

E il castano dagli occhi azzurri non poté che esserne felice.
Sperava soltanto di riuscire a trattenersi.

Dopo cena, e dopo che Alison mise il pigiama, Louis aveva proposto di guardare un film mangiando popcorn sul divano.
E la mora, ovviamente, non poté che accettare.
In un primo momento era diffidente verso quel ragazzo sfacciato e in un certo senso scostumato, ma durante la cena scoprì il suo lato simpatico e dolce che, molto probabilmente, nessuno conosceva.
Il lato comprensivo di Alison le suggeriva che Louis aveva solo bisogno di attenzioni. E magari, di affetto.
Si ritrovò a dover ammettere, contro tutte le sue aspettative, che passò piacevolmente il tempo con lui.
Sembrava davvero un bravo ragazzo, a Liam avrebbe fatto piacere vedere sua sorella in compagnia di uno come lui. Era una donna ormai, la riteneva pronta per avere una relazione con un ragazzo.
Magari, pensava Alison, avrebbero potuto frequentarsi.
Così, intenta a guardare “Skyfall”, Alison non si accorse che il braccio di Louis era scivolato attorno alle sue spalle, e nemmeno che lei aveva poggiato la testa sulla spalla del ragazzo, acciambellandosi teneramente accanto a lui.

-Alison, ma i tuoi genitori?- chiese Louis. Effettivamente, non sapeva nulla di lei.

Solo quando non ricevette risposta, si accorse che la ragazza si era addormentata con la testa sul suo petto e la mano stretta a pugno attorno alla sua maglietta.
Louis sorrise a quella visione, ma preferì restare ancora un po’ in quella posizione prima di portarla a letto.
Verso le undici si rese conto che sarebbe stato meglio metterla sotto le coperte, visto e considerato che l’indomani avrebbe dovuto alzarsi presto.
Così, attento a non svegliarla, si alzò dal divano e andò a cercare la sua camera.
Dopo aver preparato le coperte, tornò in soggiorno e la prese dolcemente in braccio in stile sposa, ripercorrendo la strada fatta poco prima.
Rimboccatele le coperte, si distese accanto a lei e prese a giocare con delle ciocche dei suoi lunghi capelli.
Quando si fu assicurato che stesse dormendo beatamente e che suo fratello fosse entrato in casa, sgattaiolò via dalla finestra socchiudendola silenziosamente.
 
Quella notte, contrariamente alle sue aspettative, Alison dormì sogni tranquilli.
Non le ricorreva la scena dell’incidente dei suoi genitori e di James.
Ciò succedeva solo quando passava la notte abbracciata a Liam, e si rese conto che non era quello il caso in questione.
Ricordava soltanto di aver guardato quel film abbracciata a Louis, e nient’altro.
Forse anche Louis le teneva lontani gli incubi.
Ma no, non è possibile, si ripeteva Alison. Lo conosceva appena.
In soggiorno aveva notato una coperta e un cuscino sul divano, segno che suo fratello aveva dormito lì.
E si sorprese non poco.
-Magari sta finendo.- sperò la ragazza.

Alison aveva sempre avuto un debole per i fiocchetti colorati sui pacchi regalo, e quella mattina in cucina ce n’era uno proprio dove soleva sedere lei a tavola.
Poi, c’era un cappuccino caldo con accanto una scatola a forma di cuore, su cui c’era la coccarda.
Era color glicine, il suo preferito.
Ma questo non poteva saperlo nessuno, visto che lei aveva solo Liam.
Meditò un po’ sulla provenienza –e soprattutto sul motivo- di quel regalo, finché non ricordò che era l’undici di aprile.
Quel giorno Alison compiva diciotto anni.
E fu la voce di Liam, assonnato ma emozionato, a riscuoterla dai suoi pensieri.

-Auguri, mia piccola donna.- il ragazzo circondò le spalle della sorella con le braccia, stringendola forte a sé mentre baciava i morbidi capelli di Alison, dello stesso colore dei suoi.
-Avevo detto niente regali, Lee. Lo sai che non voglio che tu spenda per cose stupide!- lo rimproverò la neo-diciottenne.
-Appunto, i diciotto anni di mia sorella non sono una cosa stupida! E poi se non spendo per te, non avendo una fidanzata, per chi dovrei spendere?- scherzò il ragazzo.

Alison adorava il rapporto che aveva con Liam, la faceva sentire così semplice ma al contempo così unica e preziosa.
Dopo aver fatto colazione andò a fare una doccia veloce, indossando poi un semplice vestitino color panna con una fantasia a fiori.
Liam diceva che le stava benissimo e lei, stranamente, lo credeva davvero.
Riscese di sotto dopo aver preso la borsa coi libri, e trovò Liam che insisteva per accompagnarla a scuola almeno quella mattina.
Non poté, ma soprattutto non voleva rifiutare, così prese lo scatolino a forma di cuore e raggiunse il ragazzo in auto.

-Voglio sapere se ti piace, aprilo adesso.- le disse, appunto, Liam.

Non se lo fece ripetere due volte.
Solitamente quando apriva i pacchetti cercava di non rovinare la carta da regalo cosicché avrebbe potuto conservarla, ma in quel momento era troppo eccitata per farci attenzione, così la strappò.
Sulla scatola c’era scritta una frase a penna, e l’orribile grafia di Liam era inconfondibile.
‘I’ll love you endlessly.’
Credé sul serio che la sua mascella avrebbe toccato terra quando vide quell’anellino.
Sul dorso c’era il simbolo dell’infinito, e nella parte interna vi erano incise le lettere in corsivo le loro iniziali, ‘A’ ed ‘L’.
Dovette trattenersi dal gridare e saltare sulle ginocchia di suo fratello come una bambina, visto che stava guidando.

-Liam, tu sei pazzo. Ovvio che mi piace! Ma…- Alison si interruppe e corrucciò la fronte.
-Ma cosa?- Liam la invitò a continuare.
-Ma ti sarà costa…- il ragazzo la interruppe.
-Ali, smettila! Adesso mettilo e scendi, ci vediamo a casa.- lei obbedì subito. Baciò fugacemente suo fratello sulle labbra, come facevano sempre per salutarsi, e scese dall’auto.
Le stava proprio bene, quell’anello.

-Buon compleanno, Ingrid!- la chiamò una voce. E poteva essere solo una persona.
-Michaelson, per favore, sai che odio essere chiamata per secondo nome.- la rimproverò la rossa, porgendole poi una bustina.
-Non dovevi nemmeno permetterti, ma sei matta?!- Alison non voleva ammettere a se stessa che in realtà tutte quelle attenzioni la facevano sentire speciale, finalmente.

A Wolverhampton non aveva mai avuto un’amica che le regalasse qualcosa per il suo compleanno.
Un biglietto per il Funky Buddha, una delle discoteche più rinomate di Londra.
Quella sera.

-Puoi scordartelo, io lì non ci vengo!- quasi gridò la Payne, mentre sotto sotto sghignazzava. Le sarebbe piaciuto provare… Avrebbe chiesto il permesso a Liam, dopo.
-Non fare la bambina, da oggi hai diciotto anni. E nemmeno per idea ti lascio venire in jeans e maglietta, stasera ti preparo io.- si impose April. E Alison iniziò a preoccuparsi seriamente.

Le due ragazze non potevano certamente immaginare che dall’altra parte del parcheggio qualcuno stava ascoltando tutto.
 
Una volta tornata a casa, e una volta notato un pacchetto rosso sul suo letto, Alison prese mentalmente nota di imporre a Liam di restituire subito quel regalo. Già l’anello per lei era troppo, non credeva di meritare altro.
Attaccato al retro del pacchetto c’era una piccola busta da lettera.
La aprì, e fu certa di non riconoscere la calligrafia ordinata.
Il che significava soltanto una cosa.
Quel regalo non era da parte di Liam.

‘Chi l’avrebbe mai detto che una tenera ragazza come te ascolta quella roba? Buon compleanno, piccola. –L. xx’

Almeno una decina di domande le balenarono alla mente, ma in quel momento era troppo elettrizzata per cercare le risposte.
Si fiondò alla mensola sopra la scrivania, dov’erano tutti i dischi e i DVD.
In mano stringeva ancora il pacchetto, e ci mise un attimo a distruggere la confezione.

‘A dramatic turn of events’

Alison collezionava soltanto CD dei Dream Theater.
E, nemmeno a farlo a posta, aveva ricevuto proprio l’unico che le mancava.
Passò tutto il pomeriggio ad ascoltare quella playlist incisa, e ogni brano le piaceva tantissimo.
Dopo aver sentito per la terza volta tutto il CD, decise di controllare il cellulare e magari avvertire Liam che quella sera sarebbe uscita.
Due chiamate perse e due messaggi messaggi da April.
Il primo la avvisò dell’imminente arrivo della sua migliore amica, il secondo le chiese di iniziare a preparare i pancakes al cacao, la specialità di Alison.
Non riuscì a non ridere, quella ragazza era incredibile.
Non smetteva un attimo di mangiare ma nemmeno un filo di grasso.
Che nervi, pensò Alison.

Passarono il pomeriggio a provare vari outfit e pettinature per quella sera, April voleva che la sua amica fosse perfetta.
Alla fine optarono insieme per un tubino nero pieno di paillette abbastanza corto, senza spalline, e con una fascia nera liscia sotto il seno abbinata alle decolleté non eccessivamente alte.
April era vestita esattamente al contrario, nemmeno a farlo apposta.
Liam era appena tornato quando le due ragazze stavano per uscire, e credé sul serio che di lì a poco la sua mascella si sarebbe slogata.
Sua sorella era bellissima, quella sera più che mai.
Non volle trattenerla molto, così la accompagnò alla porta e le fece le solite raccomandazioni da fratello maggiore.

La musica si sentiva a due isolati di distanza, e Alison era eccitatissima.
All’interno del locale i corpi accaldati si muovevano a ritmo, illuminati dalle luci flash della discoteca.
April trascinò la mora in pista e si assicurò che fosse abbastanza sciolta per poter essere invitata a ballare da un ragazzo.
Colse l’occasione per staccarsi da lei, suo malgrado, quando due iridi azzurre e una chioma castana spuntarono oltre la spalla di Alison.
Si congedò con la classica scusa di andare a prendere qualcosa da bere, dileguandosi e sparendo poi tra la folla appena tre secondi dopo.
Forse, pensò la Payne, April era da qualche parte con un ragazzo. Sorrise.

Nemmeno un’ora che era lì e già si era pentita di aver accontentato la rossa.
Così, andò di qua e di là per il locale in cerca di una porta che desse su una stanza più appartata oppure, ancora meglio, sulla strada o su un giardino.
Almeno quel giorno la fortuna pareva essere dalla sua parte, pensò Alison.
Si incamminò verso l’unica panchina presente nella piccola oasi verde con le scarpe in braccio, ma quando si accorse che dal muretto lì accanto stavano avanzando verso di lei dei ragazzi per niente sobri, si pentì terribilmente della sua decisione.

-Ma che bella bambolina, che ci fai qui fuori tutta sola?- chiese uno, avvicinandosi pericolosamente ad Alison. Dal tono, ebbe conferma del fatto che erano ubriachi marci.
-Vieni con noi, ci divertiamo un po’.- continuò il secondo. Nel frattempo il primo aveva afferrato il braccio della ragazza, e così si era ritrovata a scontrarsi col petto del ragazzo bruno.
-Non mi toccare!- gridò lei, strattonandosi dalla presa.
Appena qualche secondo dopo, in cui Alison aveva chiuso gli occhi e iniziato involontariamente a piangere, sentì un gemito strozzato.

Quando riaprì le palpebre, vide Louis a cavalcioni su quel ragazzo mentre lo prendeva a pugni e gli altri scappavano.
Non riuscì a non gridare.

-Non toccarla mai più, schifoso!- gridò lui.
-Louis, per favore, voglio andare a casa.- lo supplicò. Il ragazzo parve calmarsi, ma quando afferrò la mano di Alison e la trascinò via da quel posto verso la sua auto, a lei non sembrava che si fosse calmato

molto.
Le sue mani erano ghiacciate, la vena sul suo collo pulsava convulsamente.
Ad Alison non parve il dolce ragazzo con cui aveva cenato e guardato un film la sera prima.
Anzi, non sembrava affatto un ragazzo umano.
Ma poi una domanda prese il sopravvento nei suoi pensieri.

-Mi hai seguita?- chiese. Louis per qualche secondo non rispose, si limitò a stringere talmente forte il volante da sbiancarsi le nocche.
-Non riesco a starti lontano, purtroppo.- confessò il castano. Alison sorrise a quella confessione, finalmente le aveva detto di essere interessato a lei.
-Cristo, vorrei riandare lì e staccare la testa a tutti. Se sapessi quanto sono riluttanti e vili i loro pensieri…- borbottò lui.
-E tu come fai a conoscere i loro pensieri?- non riuscì a fare a meno di chiedere Alison.
-Non sono difficili da immaginare.-la canzonò lui.  -Puoi cambiare discorso, per favore? Non torno indietro se riesci a distrarmi!- gridò forte. Si accorse di aver spaventato Alison quando la vide sospirare e voltarsi verso il finestrino.
-Scusa, io non volevo… Oh, accidenti! Non posso lasciarti sola un attimo che arrivano i deficienti a darti fastidio?!- sputò a denti stretti.

-Grazie del passaggio Louis, ci vediamo lunedì.- si congedò Alison, mentre si apprestava ad aprire lo sportello dell’auto.
- Domani sera alle nove, ok?- la invitò il castano, leggermente imbarazzato.
Alison fece una smorfia strana, tra l’incuriosito e il divertito, e il ragazzo le rispose con uno sguardo di chi la sa lunga.

Chissà cosa avrà in mente, pensò la Payne.
Stava per scendere, quando si ricordò di una cosa.
Sarebbe morta dall’imbarazzo a dirglielo, ma doveva fare quell’esperimento.

-Ti… ti andrebbe di restare?- domandò timida, arrossendo di colpo.

Louis sorrise, vedendo la ragazza in difficoltà.
Era più che sicuro che non avesse mai invitato un ragazzo a dormire a casa sua.
Sul frigo un post-it di Liam la avvisava che non sarebbe tornato prima delle quattro circa.

-Fortuna che non esco mai senza chiavi.- pensò la Payne.

Alison aveva preso una felpa e dei pantaloni di una tuta di Liam per farli indossare a Louis, e lei era scesa in cucina a preparare un toast per il castano.
Se suo fratello non la obbligava a mangiare, lei stava tranquillamente digiuna per giorni.
E all’una di notte, dopo quello che successe in giardino, lo stomaco le si era chiuso ancora di più.

-Ma quant’è alto tuo fratello? Mi sembra di avere addosso un velo da sposa!- piagnucolò Louis.

Era di un bel po’ più basso di Liam, e infatti dovette fare più pieghe ai suoi pantaloni per non inciampare.
Alison scoppiò a ridere nel vedere quanto gli stessero larghi quegli indumenti, poi lo prese per mano e lo fece sedere al bancone, mentre lei prendeva due bicchieri dalla credenza.
A quanto vide Louis aveva davvero fame, tanto che in due morsi aveva già fatto fuori mezzo panino.
Tra una risata e l’altra le scivolò un bicchiere dalle mani, finendo in pezzi sul pavimento.
Gridò quando, chinatasi per raccogliere i cocci, si accorse di essersi tagliata.

-Ahia! Quanto sono imbranata…- mormorò Alison, ridacchiando.

Una scia color cremisi scorreva sul braccio della ragazza, e il dolce profumo del suo sangue investì Louis come un treno in corsa.
Spalancò gli occhi.
Quando la diciottenne si accorse dell’espressione sbalordita del castano, sorrise.

-E’ solo un po’ di sangue, Lou.- lo canzonò, ma quando si accorse che le pupille del ragazzo si stavano assottigliando e le iridi oceaniche stavano assumendo sfumature rossicce, cominciò seriamente a spaventarsi.
-Vattene.- le ordinò lui, ma lei gli si avvicinò per fargli capire che di certo non sarebbe morta dissanguata per un piccolo taglio.
-Oh, andiamo, che ti pre…- tentò Alison, ma un grido di Louis la zittì.
-Vattene, ho detto!- ripeté con più insistenza, coprendosi poi il naso con la mano e chiudendo gli occhi.

Alison non capiva, cosa gli succedeva?
Scosse la testa e si incamminò verso le scale.
Sentì il rumore di una sedia scaraventata a terra, e mentre si girava vide Louis piombarle addosso, facendola cadere rovinosamente a terra.

-Si, sei troppo maldestra.- la prese in giro.

Sul suo volto si fece spazio un ghigno cattivo, e Alison vide i suoi denti cambiare forma man mano che avvicinava il viso al suo collo.
Alison non poteva immaginare che Louis stava facendo ricorso a tutto il suo autocontrollo per non sbranarla lì in quel momento.
Fu sul punto di lasciarsi andare e placare quella sete che lo attanagliava.
Però si rese conto che qualcosa lo frenava.
Era come se il suo subconscio gli dicesse di non affondarle i canini nella carne, perché dopo non avrebbe saputo cosa fare.
Era come se lui dipendesse da lei.
E come poteva il drogato drogarsi, se uccideva lo spacciatore?
Provò ad ignorarlo, ma non riuscì.
Leccò e baciò dolcemente il collo della ragazza, ma quando avvolse la sua pelle calda con le labbra, i suoi denti erano tornati normali.

Si rassegnò, limitandosi a baciarla.
E la sensazione di pienezza che lo pervase fu qualcosa di nuovo per lui.
Non gli era mai successo prima, con nessuna delle sue prede.

-Che cosa mi hai fatto, Alison?-
  
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