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Autore: theIrydioner    05/02/2014    4 recensioni
Ha sempre condiviso un nome con il suo lontano parente, ed ora ne possiede anche il titolo…ma non è tutto, e Riccardo si ritrova a desiderare che non sia così, mentre uno strano sentimento premonitorio lo pervade nel trovarsi qui, nel luogo che ancora porta i segni della disperazione di questo re sfortunato.
Riccardo e Anna trascorrono qualche giorno presso il palazzo reale di Shene, e Riccardo si ritrova inseguito dall'ombra di uno dei suoi predecessori.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anne Neville, Richard Plantagenet / Richard III
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Sembra proprio che non riesca a staccarmi da questa coppia ^^
In questo caso non sono del tutto sicura che questa sia la sezione giusta in cui postare, poiché questa OS è molto più ispirata a un passaggio del mio solito libro preferito su di loro – il Sunne in Splendour, ancora una volta – che non ai libri/alla serie di Ms Gregory…ma è anche vero che ormai non riesco più a immaginarmi Richard e Anne con volti diversi da quelli di Aneurin Barnard e Faye Marsay <3
Per chi si volesse contestualizzare sui parallelismi che tanto impensieriscono Riccardo qui (e che, con la mentalità superstiziosa dell’epoca, credo che avrebbero dato da pensare a chiunque nella sua situazione), ho messo una nota storica alla fine…
Spero che possa essere una lettura piacevole per chiunque a cui possa interessare! Commenti sono apprezzatissimi ovviamente :)

 




 
E tristi storie della morte di regine...
 
 
Il palazzo di Shene brilla di una bellezza tutta sua.
Non è scintillante, e non parla così chiaramente della maestosità dei re d’Inghilterra come Westminster, né è essenziale – ma ad ogni modo imponente – come Middleham; c’è invece una quieta eleganza nella forma aggraziata degli edifici che lo compongono che ne costituisce la perfetta via di mezzo, un fascino meno immediato in questa residenza che va a contrastare così stranamente con l’esplosiva immagine di grandezza di Enrico V, che ne ordinò la ricostruzione.
Tuttavia, non sono pensieri di Enrico il Grande, con la cui fama sconfinata ogni suo successore al trono d’Inghilterra è costretto a confrontarsi, che tengono sveglio Riccardo quella notte, spingendolo a passeggiare irrequieto negli splendidi giardini sul Tamigi, illuminati dal chiaro di luna.
Avrebbe ogni motivo per essere rilassato: è appena trascorsa un’altra bellissima giornata di primavera precoce, e lui e Anna hanno la possibilità di godere dell’inizio di stagione lontani per un po’ dalla confusione, dalle complicazioni e dal costante, oppressivo chiacchiericcio della loro corte londinese. A breve cavalcheranno verso nord e verso il loro bambino, il loro adorato piccolo principe, e forse lo porteranno finalmente a corte insieme a loro per un periodo, a prendere il suo posto come Principe del Galles; e anche se gli dà sempre pensiero, immensamente, la salute traballante del suo amato Ned nella caotica Londra, Riccardo non vede l’ora – e sa che è lo stesso per Anna – di avere suo figlio al suo fianco ogni giorno, e recuperare il tempo perduto.
Pensa che Shene piacerebbe a Ned, con i suoi prati e folti boschi che paiono solo invitare a infinite cavalcate, e nei quali il suo omonimo, suo zio re Edoardo, amava organizzare lunghissime battute di caccia, circondato dai suoi uomini più fidati.
Una fitta dolorosa di nostalgia si fa sentire chiara e forte, mai del tutto sopita, mentre la sua memoria vaga fino alla prima di quelle occasioni che riesca a ricordare, poco prima di iniziare i suoi anni di addestramento a Middleham, quando aveva giusto l’età di Ned e c’erano soltanto due giovanissimi duchi e un giovane re, splendente come il sole sul suo stemma personale, a cavalcare insieme con i loro falconi da fratelli quali erano. Dopo esser stato costretto a crescere in mezzo alla guerra e a sopportare la perdita atroce del padre e del loro fratello Edmondo, mai dimenticati, quel periodo era sembrato così stranamente spensierato, e la preoccupazione maggiore di Riccardo quel giorno era stata dover andare alla ricerca del suo falcone inesperto, scomparso nella parte più fitta del bosco.
Ricordava ancora la prontezza di Giorgio nel canzonarlo.
 
“E adesso, Dickon? Paura che il vecchio re Riccardo venga a spaventarti, là dentro?”
“Piantala, Giorgio. Che cosa ha a che fare re Riccardo con tutto questo?” aveva sbuffato, infastidito dalla solita strafottenza del fratello.
“Dicono che amasse molto questo posto…ma anche che lo maledisse quando sua moglie vi morì, e che per questo lo fece radere al suolo. Ho visto uno dei servitori di Ned tremare come una foglia prima, mentre diceva che il suo fantasma perseguita da allora questo luogo.” Il volto del ragazzo più vecchio si era contorto in una delle sue smorfie di derisione, prima di trasformarsi in un’espressione seria. “Dovrei essere io il re, e allora insegnerei a questi popolani a temere di dire sciocchezze come queste.”
 
Giorgio, come su molte altre cose, si sbagliava. Lo spirito di re Riccardo II intrappolato in quel luogo, reale o immaginario che fosse, non avrebbe in alcuna occasione avuto ragione di essere causa di timore per Riccardo, duca di Gloucester…ma il pensiero del sovrano è abbastanza destabilizzante per Riccardo, re d’Inghilterra.
Ha sempre condiviso un nome con il suo lontano parente, ed ora ne possiede anche il titolo…ma non è tutto, e Riccardo si ritrova a desiderare che non sia così, mentre uno strano sentimento premonitorio lo pervade nel trovarsi qui, nel luogo che ancora porta i segni della disperazione di questo re sfortunato; come la sezione rovinata e dimenticata di un vecchio muro cui i suoi passi lo hanno condotto, seminascosta tra i cespugli dai fiori timidamente in boccio. Sinuosi tralci d’edera e cespi di erbacce minacciano di soffocare la pietra di fronte a lui; ma il bassorilievo che la adorna è ancora visibile per chi sa dove andare a guardare, e Riccardo ritrova subito le due figure che tanto lo avevano sconcertato quello stesso pomeriggio.
Il leone rampante inglese di Riccardo II e, accanto ad esso – la sua ala intrecciata indissolubilmente alla zampa della fiera – l’aquila imperiale di Anna di Boemia, la sua prima regina morta troppo presto, lo fissano di rimando, illuminati dalla luna.
Un re Riccardo con la sua regina Anna. Entrambi finiti tragicamente…
Riccardo sa che suo fratello, se potesse vederlo ora, lo considererebbe uno stupido, proprio come quel servo superstizioso nei suoi ricordi, ma non riesce ad impedire che un brivido gli attraversi quella sua schiena che da sempre lo tortura, mentre quasi inconsciamente allunga una mano a sfiorare la pallida pietra. È come se il freddo improvviso del materiale sotto le sue dita gli facesse realizzare in quel momento la forza del dolore del suo predecessore, un dolore così grande da ridurre un luogo di grande felicità in cenere e rovine – rovine che neanche il più grande re di tutti era poi riuscito del tutto a celare.
Riesce quasi a vederlo, questo Riccardo che come impazzito brucia e distrugge e cade in ginocchio, suoi unici compagni una corona d’improvviso troppo, troppo pesante sul capo, e il gusto salato delle lacrime sulle labbra, mentre osserva la sua residenza più amata consumarsi nel nulla; e tuttavia è meglio così, perché altrimenti in ogni angolo vedrebbe soltanto il volto sorridente della sua Anna, quel viso amato che mai più potrà toccare ora che la malattia se l’è portata via così crudelmente.
È allora che, impercettibilmente, nella sua mente le rovine in fiamme si modificano e cambiano forma mentre crollano consumandosi nel fuoco…e, per un momento, non è Shene che Riccardo sta vedendo ma Middleham; e il volto piegato e segnato dal pianto che il riflesso nelle pozzanghere gli restituisce non è più quello dell’altro re, ma il proprio.
Riccardo si stacca violentemente dal muro, sconvolto, come bruciato lui stesso, e sente una lacrima solitaria solcargli la guancia. No, lui ed Anna non faranno la stessa fine…che idea sciocca, perché ha anche solo potuto pensarci? Stanno costruendo il loro futuro in un’Inghilterra molto diversa, e hanno il loro prezioso Ned, mentre i vecchi Riccardo e Anna non avevano figli; e lui non permetterebbe che nulla accadesse alla sua famiglia, né ora né mai. Il solo pensiero che qualcosa possa portargli via Ned o Anna, unico vero balsamo per la sua anima in quella sua corte di serpenti invisibili…la sua sanità mentale se ne andrebbe con loro, ne è certo, né più né meno di come accaduto a questo re che ora riposa a Westminster, ma il cui cuore è stato sepolto lì a Shene molti anni prima.
“Riccardo…”
Il suo nome, sussurrato dolcemente nel chiarore lunare del giardino, lo fa sussultare, e voltandosi quasi si aspetta di trovare il fantasma di Anna di Boemia a fissarlo con grandi occhi tristi; ma è lo sguardo di un’altra Anna che incontra il suo, sono gli occhi bellissimi e sempre espressivi della sua Anna, in cui la preoccupazione cresce all’istante nel vederlo così stranamente scosso. La sua sposa si è coperta in fretta, già in veste da notte, per andare a cercarlo, e i capelli le ricadono sciolti in morbide onde sulle spalle; così abbigliata pare ancora più piccola e sottile, e nel vederla lo assale un moto di feroce, protettiva tenerezza.
“Riccardo, che ti succede? Perché sei…”
Non può finire la frase, perché Riccardo le imprigiona il volto tra le mani e la bacia con forza, le sue labbra febbricitanti, come se lei dovesse svanire tra le sue dita; il leone e l’aquila di pietra paiono osservarli in approvazione, ma i loro occhi marmorei sono tristi e vuoti, come se sapessero cosa c’è in serbo, in un futuro sempre più vicino, anche per questi due giovani amanti.
Riccardo la tiene stretta a sé finché il bacio non lascia entrambi senza fiato. Quando infine si separano, sulle labbra di Anna c’è un lieve sorriso confuso, e una domanda ancora più grande nel suo sguardo.
“Solo…non lasciarmi mai, Anna.”

Quella notte, la fa sua con una sorta di dolce furia, con mani che vagano e ricalcano, come per mandare nuovamente a memoria, ogni centimetro del suo corpo latteo, che s’impigliano nella rete morbida, biondo-ramata dei suoi capelli per poi scendere febbrili a tracciarle la curva dei seni, la pianura tesa del ventre, la linea diritta della schiena che s’inarca per il piacere al suo tocco, e poi più giù, tra le cosce e dentro al suo calore umido, strappandole gemiti soffocati di desiderio. Le dita di Anna affondano nelle sue spalle e nella massa scura dei suoi capelli, aggrappandosi a lui come alla sola àncora di salvezza in un mare in tempesta, e i loro sguardi incatenati non si lasciano per un momento, finché non toccano le stelle insieme e lui seppellisce il viso nel suo collo, il suo nome una preghiera sospirata sulle labbra tremanti di lei. Riccardo, oh, Riccardo…
Le loro mani si intrecciano e restano testardamente strette insieme mentre si perdono l’uno nell’altra, e giacciono aggrovigliati tra le lenzuola in modo molto simile agli arti scolpiti di un leone e di un’aquila, laggiù nei giardini; e, mentre i battiti frenetici dei loro cuori rallentano pian piano, e Riccardo stringe a sé, teneramente possessivo, la forma addormentata della moglie, pensa che forse potranno fare di nuovo di questo posto un nido felice per un Riccardo e un’Anna, e quando saranno entrambi vecchi e grigi potrà ridere delle proprie preoccupazioni insensate di quella sera.

Se solo sapesse.
 
 
 

Note:
Riccardo II d’Inghilterra sposò Anna di Boemia, figlia dell’imperatore Carlo IV, il 22 gennaio 1382. Anna morì di peste nel 1394, a soli 28 anni, e apparentemente Riccardo fece distruggere la loro residenza favorita a Shene (o Sheen) per il dolore; il trono gli venne usurpato da Enrico Bolingbroke, poi Enrico IV, nel 1399, ed egli fu assassinato o fatto morire di fame durante la sua prigionia nel 1400.
Riccardo III d’Inghilterra sposò Anna Neville il 12 luglio 1473. Anna morì di tubercolosi nel 1485, a soli 28 anni, ed è stato tramandato che Riccardo pianse apertamente al suo funerale. Il trono gli venne usurpato da Enrico Tudor, poi Enrico VII, pochi mesi dopo, sul campo di battaglia di Bosworth dove Riccardo perse anche la vita.
 
Scritti così, credo che i parallelismi tra le due coppie reali non possano essere più evidenti…e mi si stringe il cuore per entrambe :’(

Il titolo tra l’altro vorrebbe riferirsi a uno dei miei monologhi preferiti del Riccardo II di Shakespeare – il teatro shakespeariano è un'altra delle mie fisse…

Last thing, per chi è familiare solo con la serie di The White Queen (nei libri mi pare che questa cosa sia corretta), qui cito come dimora principale di Riccardo e Anna quella che effettivamente lo era, il castello di Middleham nello Yorkshire; che risiedessero al castello di Warwick è un’invenzione della serie tv per permettere loro di essere più vicini a Londra e, ad esempio, presenti alla morte di Edoardo (cosa che storicamente non furono perché, appunto, si trovavano nel nord del Paese, che Riccardo amministrava per conto del fratello). Storicamente, dopo la morte del padre di Anna e Isabella il castello di Warwick andò abbastanza ovviamente al nuovo conte di Warwick, Giorgio di Clarence - altrettanto fantasiosi dunque i suoi motivi di lamentarsi di avere il titolo ma non il castello, lol. Amo davvero molto questa serie, ma l’accuratezza storica è un altro paio di maniche... ^^
  
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