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Autore: Devon    05/02/2014    0 recensioni
Ispirata spudoratamente al film Ghost.
James Sullivan decede la notte del 28 dicembre del 2009. Il suo spirito resta sulla Terra e non riesce a darsi pace per quanto è successo. Non sopportando di vedere i suoi cari soffrire così tanto, una volta rassegnatosi al suo destino vuole mettersi in contatto con loro un'ultima volta. Girovagando per le vie di Long Beach si imbatterà in Charlotte Compton, una ragazza di ventiquattro anni che fuma e spaccia marijuana, organizza e partecipa spesso a dei rave e non pensa mai alle conseguenze delle sue azioni. Fino al giorno in cui comincia a sentire delle voci che nessun altro sembra sentire, e realizza con orrore di aver ereditato lo stesso "dono" di sua nonna, deceduta anni e anni prima: è una medium.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Huntington Beach, 27 dicembre 2009.


-Ragazzi! Finalmente, aspettavamo solo voi! - esclamò Matt Berry, scorgendo gli Avenged Sevenfold all'ingresso del parco e andandogli incontro.
Erano cinque ragazzi, tutti quasi alla soglia dei trenta, con le braccia interamente tatuate e dei sorrisi smisurati.
-Auguri e congratulazioni - esclamò Matt, il frontman, abbracciando l'amico seguito da tutti gli altri.
-Così ti sei sistemato anche tu, eh? - commentò Brian, uno dei chitarristi, dandogli una pacca sulla spalla.
-Eh, sì. Io e la mia dolce metà finalmente ci siamo decisi. Lei ancora non ci crede - ridacchiò, contagiando anche i suoi amici. -Bene, - aggiunse, passando un braccio intorno alle spalle del cantante -io e il vostro frontman ci siamo sistemati, ma voi quattro? Quando vi deciderete a fare il grande passo?
-Quanto più tardi possibile - replicò Jimmy, il batterista, facendo ridere tutti.
-Maddai, Jim, Leana anche se fa tanto la preziosa ne sarebbe felice.
Jimmy sorrise, sforzandosi di nascondere il disappunto. Tra lui e Leana le cose non andavano bene da tempo. Lei non si faceva sentire, lui nemmeno. E ogni volta che si vedevano finivano sempre per litigare per stupidaggini e per allontanarsi ancora di più l'uno dall'altra.
-No, io non credo. - replicò, senza menzionare il litigio. Non voleva che i suoi amici si facessero problemi inutili. Lui era il migliore amico di tutti; era lui a dover ascoltare, consolare e aiutare le persone con i loro problemi, non il contrario.
-La pensiamo più o meno allo stesso modo su queste cose e non sentiamo il bisogno di ufficializzare niente, a meno che non voglia pagare tu tutte le spese - scherzò, cingendo le spalle dell'amico con un braccio.
Matt sorrise. Era bello stare in compagnia di quei cinque.
-Sei sempre il solito, Jim - gli diede un pugno affettuoso sul braccio. -E adesso, divertiamoci!

Dopo ore e ore di festeggiamenti, ecco sbucare Jason Berry, nonché fratello di Matt, con tre o forse quattro barilotti.
-Ragazzi! - gli occhi di Jimmy si illuminarono -Adesso si comincia a ragionare!
Jason sorrise ai ragazzi, appoggiando i barilotti ai piedi del tavolo.
-Che dici Matt, li portiamo a casa tua? - propose, appoggiandosi alla spalla del cantante -Ci facciamo una bella bevuta come ai vecchi tempi.
Matt sorrise, ma non erano quelli i suoi piani. Non per quella sera.
-Temo di dovervi dire di no, ragazzi - sospirò, liberandosi dal braccio di Jason -Domani alle sei ho una partita di golf a Santa Barbara, devo guidare tanto e non è il caso di mettermi a bere proprio stasera. Mi dispiace.
-Sì, per stanotte passo anche io. Non mi va di bere - gli fece eco Zacky.
-Johnny?
-No Jason, scusa.
-Ragazzi, ci deludete! Brian, almeno tu?
-Mi dispiace ragazzi, berrei volentieri qualcosa, ma stasera non ho intenzione di esagerare. Credo che declinerò.
-Resto io, ragazzi. Non posso certo abbandonarvi in un momento del genere.
-Oh, Jimmy, sei la nostra salvezza! - i gemelli gli sorrisero, entusiasti.
I suoi amici, invece, lo guardarono con sospetto. Certo, non era una novità che Jimmy partecipasse ai festeggiamenti e ci desse dentro con l'alcol, ma loro avevano come un brutto presentimento.
-Sei sicuro, Rev? - gli domandò Matt, che non era tranquillo proprio per niente -Noi ce ne andiamo.
-Sì sì, ragazzi, - li rassicurò il batterista, accompagnandosi con un cenno della mano -andate pure tranquilli. Io me la cavo anche da solo. Voi non volete proprio restare?
-No Rev, scusa...
Jimmy si strinse nelle spalle.
-Peggio per voi, ci sarà più alcol per me - fece, sedendosi al tavolo mentre Jason gli versava del liquido trasparente in un bicchierino.
-Bevi anche per noi - soggiunse Johnny.
-Sicuro.
-Non esagerare però. - lo apostrofò Zacky.
-Non preoccupatevi, so badare a me stesso - fece, alzando il bicchiere.
-Allora va bene - i ragazzi sembrarono più sollevati -Ci vediamo più tardi, Rev.
-Sì, 'più tardi! - Jimmy sorrise, già alle prese con il terzo shottino -Ragazzi, un altro giro?


Qualche ora dopo...

Jimmy si chiuse la porta alle spalle, accese la luce e si piegò in due, le mani premute contro il ventre. Il dolore allo stomaco era così forte che quasi gli impediva di respirare. Si diresse a fatica verso il bagno e pensò che avrebbe vomitato. Si guardò allo specchio mentre frugava negli scaffali alla ricerca delle sue pillole e provò un vago senso di disgusto.
"Jimbo, stavolta hai proprio esagerato" disse a se stesso, scuotendo la testa. "Non puoi continuare così. Hai promesso."
Non avrebbe dovuto prendere farmaci, con tutto quello che aveva bevuto. Ma dannazione, faceva così male...
Si portò la mano alla bocca e mandò giù la pillola d'un fiato. Poi si diresse pigramente verso la sua stanza, in attesa che il dolore si placasse.
Dal mese precedente la situazione non aveva fatto che peggiorare. I crampi erano diventati più frequenti e il dolore due volte più intenso.
Per quanto tempo ancora aveva intenzione di andare avanti così?
Perché rovinarsi la salute e la vita in questo modo? Pensò che forse non c'era, un perché. Certe cose non le fai perché c'è un motivo. Le fai perché ti va di farle, e basta. Così faceva lui con l'alcol. Ci aveva provato, a combatterlo, ma quello era più forte di lui. Lui non aveva le forze per uscire da quella dipendenza, per andare avanti nella sua vita. Forse semplicemente non era fatto per quel mondo. Chissà.
Si buttò a peso morto sul letto.
Fissava il soffitto al buio, e pensava. Pensava che prima o poi l'avrebbe avuta vinta, su quel maledetto alcol. Che avrebbe smesso di bere e che non sarebbe stato più dipendente da quella roba. Se c'era una cosa da cui doveva essere dipendente, era la sua vita. Era quanto di più prezioso aveva, e non era giusto gettarla via. Al di là di tutto, la sua vita era felice. Di recente si era comprato una casa e una macchina nuova, si era sottoposto ad un intervento alla vista e, infine, stava lavorando con la band (la SUA band, i suoi migliori amici di una vita) a un album che avrebbe rivoluzionato l'intero mondo. Sarebbe stato una bomba. Non vedeva l'ora di tornare in studio, di finire l'album e di andare in tour con la sua band. Il dolore cominciava ad alleviarsi e lui a sentirsi più rilassato. Rilassato e... felice. Lentamente, le sue palpebre si abbassarono e iniziò a sentirsi inspiegabilmente leggero, ma non era una sensazione spiacevole. Anzi, tutt'altro. Gli sembrava di volare, si sentiva libero e sereno come mai si era sentito prima. Non ricordava l'ultima volta in cui era stato del tutto in pace con se stesso, ma ora non importava più. Voleva solo dormire. Dormire e lasciarsi andare, fino al mattino dopo. Poi sarebbe ricominciato tutto. Di nuovo.


Fu svegliato da un raggio di sole che penetrava dalla finestra della sua stanza. Huntington Beach non era certo famosa per le basse temperature, nemmeno nel periodo natalizio.
Strizzò gli occhi e si tirò su lentamente.
-Mmh - fece, stiracchiandosi -Ragazzi, che dormita!
Guardò rapidamente l'orologio e per poco non gli venne un colpo quando realizzò che era già mezzogiorno.
Chissà come mai aveva dormito così tanto. Doveva essere uno dei tanti effetti collaterali di quella merda che aveva preso la sera prima.
-Signor Sullivan? Signor Sullivan!
Una voce maschile proveniente dal soggiorno. Poi, dei passi.
James balzò in piedi di scatto.
Okay, chi cazzo era? Cosa ci facevano, chiunque essi fossero, in casa sua? Avrebbe giurato di aver chiuso a chiave la sera prima. Chi erano i mentecatti che si divertivano a fare scherzi?
Ah, ma adesso l'avrebbero sentito. Gli avrebbe fatto un culo così, a tutti quanti.
Ma non ebbe tempo di indugiare oltre, perché la porta della sua stanza si aprì di slancio ed entrarono niente meno che... i vigili del fuoco? Cosa?
-Eccolo, è lì! - fece uno di loro, puntando il dito verso il letto.
Jimmy non capiva.
-Ehi, che cazzo ci fate in casa mia? Chi vi ha fatto entrare?
Quelli però non sembrarono neanche sentirlo. Continuavano a fissare il letto. Poi, uno alla volta, si avvicinarono.
-Cosa state facendo adesso, che cos... - il resto gli morì in bocca quando si voltò verso il letto.
Sdraiato sotto le lenzuola c'era lui, disteso su un fianco con un'espressione fin troppo serena.
Aspetta... com'era possibile? Lui era lì in piedi nella sua stanza e, nello stesso tempo, era ancora infilato nel letto.
No, un attimo. Qualcosa non andava.
Forse doveva ancora riprendersi dalla sbornia.
Forse le pillole e l'alcol cominciavano a dargli alla testa.
Osservò incredulo i vigili del fuoco che cercavano disperatamente di rianimare il corpo sul letto.
Uno di loro gli prese un polso inerte tra le mani e dopo pochi secondi incontrò gli occhi dei suoi compagni.
-Niente da fare, è andato - sentenziò amaramente.
-Aspetta un momento, cosa? - esclamò Jimmy, sbalordito -Come sarebbe "andato"? Ehi, bello, ascoltami. Non ignorarmi, cazzo, ti sto parlando. Rispondi!
Niente, quello non voleva sentire ragioni. Esasperato, Jimmy provò a tirargli un pugno ma, inspiegabilmente, non riuscì nemmeno a sfiorarlo. Vide la sua mano fluttuare senza colpirlo, nonostante fossero vicinissimi.
Fu lì che iniziò ad avere paura. Okay, che cazzo stava succedendo?
Se lui era lì in piedi... come poteva essere allo stesso tempo sdraiato inerte sul letto? E soprattutto, perché nessuno sembrava vederlo né sentirlo?
Doveva essere uno scherzo, uno scherzo di pessimo gusto architettato dai suoi amici per fargli prendere un bello spavento.
Ma quali amici ti fanno uno scherzo del genere? No, i ragazzi non erano il tipo.
Che fosse un sogno, allora?
Perché allora non dava segno di svegliarsi? Perché gli sembrava tutto così reale?
-Fatemi passare! è mio figlio, voglio vederlo! Fatemelo vedere!
Mamma.
Oddio. Forse lei l'avrebbe tirato fuori da quella situazione così assurda. Lei avrebbe fatto qualcosa.
I coniugi Sullivan apparvero sulla soglia.
Barbara si fece strada spintonando i vigili del fuoco e si buttò in ginocchio ai piedi del letto.
-Jimmy - lo scosse delicatamente -Jimmy, tesoro. Svegliati, ti prego. Non mi lasciare. Jimmy, ti prego!
-Barbara, tesoro, calmati - le sussurrò il marito, tenendola ferma per le spalle.
-Signora... - uno dei vigili cercò di tirarla indietro, ma lei si divincolò bruscamente e per poco non gli assestò un pugno.
-Lasciatemi! è mio figlio! - emise un urlo straziante e scoppiò in singhiozzi.
Jimmy si tappò le orecchie. Era troppo doloroso. Non sopportava di vederli così.
-Mamma, papà, - disse, più a se stesso che ai genitori, che non l'avrebbero mai sentito -che mi sta succedendo?
Possibile che se ne fosse veramente andato?
Ma se veramente era morto, se veramente non c'era più... allora perché allo stesso tempo era ancora lì? Perché riusciva ancora a vederli e a sentirli? Perché non si era ancora dissolto nel nulla?

   
 
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