Forma acquea
Sento il mio cuore infrangersi, come le onde contro gli scogli durante una tempesta. Nell'istante in cui Mags si fa avanti al posto mio, con la mano che batte ripetutamente sul suo petto a sottolineare il suo gesto, pronunciando quell'unica parola dopo anni di silenzio, Volontaria, grido. Il lamento di un gabbiano lasciato solo in mezzo alla sconfinata vastità dell'oceano. Improvvisamente il mare si apre in due dentro la mia testa ed i gemiti di gabbiani fantasmi straripano rompendo gli argini della mia risolutezza, inondando il mio cervello da ogni parte, cancellando ogni traccia di compostezza. Cado sulle ginocchia portandomi le mani alle orecchie cercando di attenuare quei versi striduli, il nome di Finnick pronunciato subito dopo il mio. In questo momento il mio animo subisce l'influsso dalla risacca al pari delle maree: un attimo prima dolcemente cullato dalle onde che si esauriscono sulla riva, un attimo dopo risucchiato, vuoto, esposto all'arida nudità della sabbia. Guardo per prima quell'anziana signora dai capelli increspati dal vapore acqueo che compone la brezza del mare del nostro Distretto; lei rappresenta tutto per me: il mio castello di sabbia, il mio faro, il riflesso di una figura materna in cui, tuffandomici, ho sempre ritrovato l'odore salmastro di casa. Poi il mio sguardo si sposta meccanicamente verso l'uomo che è stato il mio Mentore durante i Giochi, la mia ancora di salvezza nei miei Giorni Bui. Colui che mi ha insegnato a nuotare nella vita reale e ad ovattare le voci che a volte ancora echeggiano nella mia mente semplicemente immergendo la testa in acqua, il nostro elemento in cui nessun suono può essere trasmesso. Le sue iridi di un colore puro, trasparente arpionano i miei occhi come farebbe un peschereccio con una balena ed affogo in lui senza sentire più il peso del mio corpo o il bisogno di respirare. E subito vengo colta da un rapido ed inatteso cavallone dispettoso che mi spruzza in faccia quella consapevolezza salata di cui avevo bisogno: tutto ciò che è nato dal mare ritorna al mare. Come le onde della risacca che spariscono inghiottite dalla spiaggia, per poi ritornare di nuovo uguali a prima, in quel lento, infinito ritmo ripetitivo che mi inzuppa di speranza. Sorrido alle telecamere, alla distesa sconfinata d'acqua che si perde nell'orizzonte, le dita della mano che vanno e vengono accarezzando la mia pancia, come i flutti del mare.
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