Allora, vi avevo detto che non avreste sentito la mia mancanza, ed infatti eccomi qui!
Spero che anche questa storia possa
piacervi. Il titolo è una frase di una canzone del bravissimo Freddie (I was born to love you. Perfetta per la coppia Bella/Edward) . È da un po’
che mi frullava per la testa, ma prima volevo finire “Un
respiro dolce dolce”.
Forse potrete trovare delle analogie con la storia precedente, ma
sappiate che
questa me la sono praticamente sognata di notte mentre stavo scrivendo
il cap 20 quindi
…
La storia prenderà uno sviluppo tutto
suo comunque e, vi avviso,
cercherò di non renderla banale, nonostante il tema. Pensavo di scriverla sia dal pov
di Bella che da
quello di Edward.
Lo segnalerò ben grande all’inizio di ogni cap e userò caratteri differenti a seconda di chi narra.
(saranno molti
di più quelli dal pov di Bella
… )
Grazie a tutte coloro che leggeranno. Spero commenterete in
molte! Mi farete molto felice!
Aspetto le vostre recensioni! Ciao e a prestissimo,
Cassandra. ( alla fine la neuro si è dimenticata di me. Vi
toccherà sorbirmi finché
mia madre non mi farà portare via XD )
Prima di lasciarvi alla storia, volevo ringraziare tutte coloro che hanno letto e commentato " Un respiro dolce dolce... "Grazie davvero!
Bella’s POV
<
Dormi bene amore mio. > La voce del mio sposo mi giungeva da
lontano.
Sentivo le sue dita fredde accarezzarmi la pelle, lente e delicate.
Mi
avvolse nella coperta e io mi strinsi di più al suo corpo
marmoreo.
Ero
stanchissima e a malapena riuscii a bisbigliare:
<
Grazie … > Le palpebre mi si chiudevano e, prima di
addormentarmi del tutto,
intravidi il mio abito da sposa che giaceva sul pavimento, insieme ai
vestiti
di Edward. Le nostre mani sinistre erano intrecciate e le sottili fedi
d’oro
luccicavano nell’oscurità.
Sussurrai:
< Grazie Edward, per avermi dato l’unica esperienza
umana a cui non volevo
rinunciare. >
Ridacchiò
e mi disse: < Domani lo rifacciamo … >
Sorrisi
intontita e felice della sua promessa. Sentii le sue labbra posarsi
sulla mia
fronte e poi la stanchezza prese il sopravvento.
Quando,
la mattina dopo, mi svegliai, mi ritrovai completamente aggrappata al
corpo di
Edward.
Mio
marito, nudo proprio come me, teneva gli occhi chiusi e mi carezzava
lentamente. Io avevo la testa poggiata sulla sua spalla e lui inspirava
il mio
odore.
<
Ben alzata. > Mi bisbigliò cortese. < Dormito
bene? > La sua voce e il
suo respiro annebbiarono ulteriormente la mente, già
abbastanza messa alla
prova dalla serata precedente.
<
Sì > Risposi stringendomi di più a lui. Il
suo corpo, di solito gelido, era
tiepido grazie al mio calore. Con un gesto velocissimo, Edward mi
coprì la
schiena nuda con la trapunta e poi, passando una mano tra i miei
capelli, mi
chiese:
<
Colazione a letto? > Mi sorrideva felice. Io lo guardavo rapita.
Non gli
risposi, troppo intenta com’ero a rimirare tanta bellezza.
<
Lo prendo come un sì. > E così dicendo
scivolò fuori dalle lenzuola. Io mi
girai pancia a terra e, poggiando sui gomiti e con le mani sotto il
mento, me
lo rimirai ben bene.
Quando
lui, con i boxer in mano, sì voltò e mi vide in
quella posizione, si avvicinò
al letto, si accovacciò davanti a me e, con il naso a due
centimetri dal mio,
mi sussurrò sorridente: < Sei una tentazione
insostenibile, in questa
posizione. Stai mettendo a dura prova il mio autocontrollo. >
E
mi avvolse schiena e gambe con il lenzuolo. A tradimento, mi
coprì anche la
testa.
Risi
e gli dissi: < Non trattenerti! Io non mi offendo mica, anzi!
Non so se
riuscirò ad aspettare questa sera. > Quando mi levai
il lenzuolo di dosso
potei constatare, con mio profondo rammarico, che si era già
infilato boxer e
pantaloni della tuta.
<
Bella … non credo che questo sarebbe il momento
più adatto … Emmett se la sta
già ridendo. > Non aveva ancora finito di parlare che
aveva attraversato la
stanza. Aperta la porta, gridò al fratello: <
Piantala o ti distruggo! >
Avvampai al pensiero di Emmett che origliava e chiesi, dopo essermi
seduta a
gambe incrociate: < Dimmi che riesci a mandarli via anche questa
sera! Ti
prego! >
<
Farò del mio meglio. > e mi sorrise complice. Mi
diede un bacio sulla
guancia ed uscì in corridoio. Non appena la porta si fu
richiusa dietro di lui,
mi alzai da letto stiracchiandomi. L’occhio mi cadde su delle
piccole gocce di
sangue che macchiavano il lenzuolo.
Le
guardai e sorrisi. Ora ero una donna. Ora ero Isabella Marie Swan
Cullen. E, se
proprio vogliamo, aggiungiamoci anche Masen. Pensai agli occhi neri di
Edward e
al fatto che, solo la sera prima fossero di un caldo color oro. Sorrisi
all’idea che presto l’odore del mio sangue non
avrebbe più fatto soffrire mio
marito. Dopo aver sfiorato le gocce per un attimo, osservai il mio
Abito da
sposa. Edward lo aveva preso e steso sul divano. Era davvero molto
bello. Certo
la parte migliore era stata quando, la sera precedente, Edward me lo
aveva
sfilato … Sorrisi al pensiero.
Mi
infilai un accappatoio che era stato poggiato sulla poltrona e andai in
bagno.
Mi
feci una doccia veloce per svegliarmi e lavare via
l’agitazione. Dopo circa una
trentina di minuti, aprii la porta del vano doccia e trovai Edward
seduto sul
bordo della vasca che mi osservava.
I
suoi occhi, ora caldi e rassicuranti, vagavano lungo il mio corpo.
Avvampai.
Dopo aver afferrato un asciugamano, me lo strinsi attorno al corpo e mi
avvicinai
a lui. Con la punta del dito gli sfiorai il naso. Edward, con un
movimento
repentino, mi afferrò la mano per il polso e se la
poggiò contro il viso. Fece
scorrere il naso lungo le vene del mio avambraccio e poi, avendo
inspirato
profondamente, mi confessò: < Il tuo odore mi
inebria. >
Gli
sorrisi e gli cinsi le spalle con le braccia. Immergendo il viso nei
suoi
spettinati capelli ramati, gli bisbigliai: < Anche il tuo.
>
Mi
separai da lui e mi asciugai i capelli mentre Edward mi osservava
sereno.
Sovrastando
il rumore del fon gli chiesi: < Sei andato a caccia? >
<
Mh, solo una piccola preda, nel bosco dietro il giardino …
niente di che … >
<
Ora sei a posto? >
<
Sì, sì. Non preoccuparti. > Faceva
l’indifferente ma sapevo bene quanto
l’odore del mio sangue fosse per lui la più
deliziosa e la più proibita delle
droghe.
<
Te la senti … questa sera … >
Sì
alzò e mi venne vicino. Dopo aver poggiato le sue mani sui
miei fianchi mi
sussurrò:
<
Ma certo. Sono andato a caccia apposta. > Mi baciò
sulle labbra per un
istante e poi mi disse:
<
Ti ho portato la colazione … > Annuii e lo presi per
mano.
In
camera, appoggiato sul letto rifatto, trovai un vassoio
d’argento pieno di ogni
ben di dio. Sul comodino, una lettera di Alice.
<
La stanza l’ha sistemata lei? > Domandai afferrando la
lettera.
<
Sì. Ha detto che ci teneva tanto. > Rabbrividii
aprendo la busta. Edward
intanto ridacchiava tranquillo. Come mi aspettavo, quella piccola
vampira
sadica aveva perso in mano la situazione.
Con
la sua elegante grafia mi aveva scritto:
“Ciao Bella, Trascorso una serata piacevole?
Sono davvero felice che tu ora sia a tutti gli effetti mia sorella! Ah,
il
lenzuolo l’ho preso io. Non preoccuparti, lo
conserverò con cura. Non
permetterò che tu lo bruci. Mi dispiace, te lo
restituirò quando finalmente
avrai cambiato idea! Baci, Alice.”
<
Uffa. > Esclamai riponendo la lettera nella busta.
<
Che c’è? > Mi domandò il mio
sposo fingendo di essere sorpreso.
<
Lo sai benissimo cosa c’è. Io lo volevo buttare il
lenzuolo … > Ero arrossita.
Lui mi sfiorò la guancia e mi disse all’orecchio:
< Perché? Quando sarà
passato molto tempo, sono certo che ti commuoverai a vedere quelle
innocenti
goccioline … > Mi abbandonai al suo petto e alle sue
braccia forti. Con la
sua voce vellutata riusciva sempre ad incastrarmi.
Trovai un briciolo di lucidità per ribattere:
< Ma Edward, mi vergogno … >
<
Non fare la sciocca. Per un paio di gocce? Guarda che non era mica
sporco …
> Mi baciò la fronte e poi mi lasciò
andare. Si sedette sul letto e mi
osservò mentre facevo scivolare lentamente
l’asciugamano lungo il mio corpo. Mi
infilai la biancheria e poi mi sedetti sul letto, affianco a lui.
Bevvi
il succo d’arancia e mangiai un paio di biscotti. Qualche
volta Edward si
chinava per baciarmi la guancia e accarezzarmi i capelli. Quando il
vassoio fu
vuoto, lui me lo levò dalle ginocchia e lo poggiò
sul comodino in meno di
un’stante. Con delicatezza mi fece stendere sul letto.
<
Edward … hai
appena detto che gli altri
sono di sotto … >
<
Sì … ma noi non faremo niente di male
… > Quel suo tono di voce sbriciolò
ogni mia capacità di intendere e di volere.
Mi
abbandonai alle coperte e poggiai le mani sulla testa del mio amore. Le
sue
labbra mi baciavano la clavicola, affondavano nell’incavo del
mio collo …
scendevano lungo il mio braccio sinistro per poi arrivare alla punta
delle
dita. Se le fece passare sul volto e poi baciò la fede
d’oro. Lo stesso colore
dei suoi occhi …
Prima
di rialzarsi, mi diede un bacio tra i seni e un altro subito sotto
l’ombelico.
Gli
sfiorai le labbra con le dita e lui fece lo stesso con me.
Un
ultimo, delicato tocco lungo le mie gambe e poi si mise in piedi e mi
porse un
vestito che sapevo piacergli molto. Me lo aveva regalato lui. Blu, come
la
notte.
Me
lo infilai e lui me lo allacciò dietro la schiena, sfiorando
la mia pelle con
le dita, provocandomi più di un fremito. Quando ebbe finito,
mi voltai di
scatto e gli rubai un bacio in punta di piedi. Gli presi il volto tra
le mani e
disegnai il profilo delle sue labbra con la lingua. Le sue mani mi
avevano
afferrato il bacino e mi tenevano leggermente sollevata. Quando la sua
bocca si
separò dalla mia e cominciò a scendere lungo il
mio collo, gettai la testa
all’indietro in un turbinio di capelli.
<
Edward … >
<
Mh? > Mi rispose lui senza allontanare le labbra dalla mia pelle.
<
Amore … dobbiamo andare … >
<
Vorrà dire che questa sera riprenderemo da dove abbiamo
lasciato. >
<
Non vedo l’ora. >
<
Neanch’io. > E così dicendo mi diede un
ultimo, e questa volta casto, bacio
sulle labbra.
Andai
in bagno per lavarmi i denti e pettinarmi. Quando scesi in sala trovai
Emmett
seduto sul divano che mi fissava curioso. Edward, seduto al piano,
fissava lui
con sguardo contrariato ed esasperato.
<
Emmett. > Lo ammonì il mio sposo con tono severo
quando ormai avevo superato
l’ostacolo dell’ultimo gradino.
Suo
fratello lo guardò, mi guardò, poi
tornò nuovamente a guardare lui ed infine
sussurrò:
<
Eddai … Edward … posso chiederle …
> In una frazione di secondo al povero
Emmett arrivarono in testa uno spartito musicale e uno dei due sandali
che
tenevo in mano.
Facendo
finta di ripararsi dal nostro fuoco incrociato si rifugiò
dietro la povera Esme
che era appena entrata in sala dalla cucina. Per fortuna la mia
suocera, che
strano pensare a lei in questi termini, afferrò la mia
scarpa prima di venirne
colpita.
Con
un tono molto educato mi domandò:
<
Allora tesoro, passato una buona nottata? >
Arrossii
violentemente tormentando il bordo della manica del mio abito con le
dita.
Balbettai
imbarazzata:
<
Sì. Bella … serata … >
Mi
sorrise materna e poi Emmett si rivolse ad Edward.
<
Perché Esme può farle domande sulle vostre
seratine piccanti e io no? >
Questa
volta Esme si scansò ed Emmett venne raggiunto in pieno dal
porta spartiti.
Andai
vicino al mio sposo e lo baciai sulle labbra.
Lui, per tutta risposta, mi cinse il bacino con un braccio
e mi
sussurrò: < Questa sera … >
Chiusi
gli occhi e, sorridendo, mi appoggiai a lui.
<
Edward … >
<
Sì, Isabella? >
<
Sai, è strano essere tua moglie. Mi sento così
felice … >
<
Per quanto mi riguarda, essere tuo marito è bellissimo.
> e mi
baciò la fronte.
<
Ragazzi, se la smettete di fare i novelli sposi in salotto, vorrei
ricordarvi
che Bella ha un appuntamento in città con Angela. >
Ci disse Alice che
intanto aveva fatto la sua comparsa seguita a ruota da Jasper.
Mi
ero completamente dimenticata che dovevo andare con Angela a ritirare
il suo
regalo. Lei e Ben mi avevano preso una cosa in gioielleria. Credo un
ciondolo.
Solo che sarebbe arrivato solo oggi.
<
Vuoi che ti accompagni? > Mi sussurrò Edward
all’orecchio con la sua voce
vellutata.
Intrecciando
le sue dita con le mie, dissi:
<
Non preoccuparti. Mi ha detto che mi sarebbe passata a prendere alle 11
e che
avremmo mangiato fuori … Se vuoi venire … temo
però che passeresti la serata a
tossire fuori tranci di pizza. >
Baciandomi
il lobo dell’orecchio mi sussurrò:
<
Sottrarre una giovane sposa al novello sposo è una
crudeltà. Ricordami di dirlo
ad Angela, appena la vedo. >
Improvvisamente
fui invasa dalla tristezza e a voce bassa dissi:
<
Edward, questa è l’ultima volta che la
vedrò. Dopodomani partiamo per la luna
di miele e … al nostro rientro … > Lasciai
la frase in sospeso perché non
trovai la forza per continuare.
Le
sue braccia mi avvolsero strette e rassicuranti.
<
Scusa. Non volevo ferirti. >
<
Non mi hai ferito. Solo, è la verità. >
Avevo abbassato lo sguardo e
poggiato il capo contro il suo petto. Mi baciò i capelli e
mi disse: < ti
accompagno fuori, sta arrivando. >
E
dopo poco anche io sentii il suono del motore dell’auto di
Angela.
Mi
infilai i sandali e, tenendo per mano Edward, salutai il resto dei
Cullen, la
mia famiglia, con un cenno della mano. Afferrata la borsa con soldi,
documenti
e cellulare, uscii in giardino.
Fuori
era nuvoloso, come al solito a Forks.
Trovai
Angela appoggiata alla sua auto, in mezzo al viale. Mi venne incontro
tutta
euforica e mi salutò con un abbraccio, dopodichè
si rivolse ad Edward:
<
Ciao! >
<
Ciao. > Le rispose lui continuando a fissare me, malinconico.
Io
mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia e lui catturò le
mie labbra per
alcuni istanti. Quando stavo per svenire, non mi ricordavo di
respirare, mi
lasciò andare ed afferrò la mia mano. La strinse
per un istante e poi mi disse:
< Allora ti aspetto.>
<
Va bene. Ci vediamo dopo. Ti chiamo quando sto per tornare. >
<
Non fate troppo tardi. Mi raccomando Angela, non credo di resistere a
lungo
lontano da lei. >
<
Va bene Edward. Non preoccuparti, farò attenzione, mi
prenderò cura io di lei. >
Gli rispose lei ironica.
<
Angela! > le feci io. <
Anche tu
mi tradisci in questo modo? Non sono così imbranata! >
<
Se lo dici tu ... Sali o faremo tardi. Salutami tutti Edward! Anche da
parte di
Ben. > La traditrice stava trattenendo una risata.
<
Lo farò senz’altro. Divertitevi! > E
così dicendo lasciò andare la mia mano.
Angela
salì a bordo e io la seguii. Partì dando vita al
motore. Edward rimase ad
osservarci mentre ci allontanavamo e io continuai a fissarlo
finché non sparì
dietro la curva del viottolo. Sospirai quando fu fuori dalla mia
visuale.
<
Che c’è? > mi domandò Angela.
<
Niente. Mi sento un po’ strana quando non sono con Edward
… >
<
Voi due siete una coppia speciale. Quando siete insieme, vi illuminate.
Anche
se, ad essere sincera, a volte Edward sembra molto più
grande della nostra età
… >
Trattenni
una risatina isterica e dissi: < Tu credi? >
<
Mh, forse è solo un’impressione. Allora? >
<
Allora cosa? > Domandai io.
<
Bhe, ieri sera poi com’è andata? Ne vuoi parlare?
> Angela era sempre stata
molto discreta ma si vedeva che era curiosa. Curiosa da matti. Lei
sapeva bene
che ero vergine. O meglio, che lo ero stata fino alla sera prima.
<
Se non vuoi non preoccuparti … >
<
No, no. Sta tranquilla. > Arrossendo vistosamente le confidai:
< Devo
dire che Edward è proprio un cavaliere. E ieri notte
… diciamo che mi sono divertita
molto. È stato molto bello, e soprattutto molto dolce.
>
Sorrise
e poi cominciò a chiacchierare d’altro, avendo
intuito il mio imbarazzo.
Angela
era proprio una persona speciale.
Arrivati
a Port Angeles, la mia amica parcheggiò nei pressi del
centro. Proprio come a
Forks, il cielo era nuvoloso.
<
Andiamo a prendere subito il tuo regalo? > mi domandò
scendendo dall’auto.
<
Sì, certo! Sono curiosa! >
Una
volta in gioielleria, Angela parlò con il proprietario e poi
mi porse un
pacchettino.
<
Grazie. Sei un tesoro. > le sussurrai dandole un bacio sulla
guancia.
La
mia attenzione venne subito attirata da un orologio esposto in una
bacheca.
Lo
fissai qualche minuto e poi Angela mi domandò:
<
Ti piace? >
<
Sì. Pensavo potrei regalarlo ad Edward … Sai,
come dono di nozze, mi ha
regalato una copia della prima edizione di cime tempestose …
>
Mi
si rivoltò lo stomaco al ricordo. Quando avevo scartato il
regalo, per poco non
ero caduta dalla sedia. Doveva aver speso una fortuna. Minimo!
<
E io invece non gli ho preso niente. È che lui ha tutto.
>
<
Potresti prenderglielo. È un po’ costoso ma molto
bello. >
<
Sì. Credo che lo prenderò. >
<
Senti Bella, io ti aspetto fuori, devo telefonare a Ben. Ti aspetto
davanti
alla casetta della posta. >
<
Va bene. A dopo! > < A dopo. > Ed uscì.
Io pagai l’orologio ( mi venne
male a tirar fuori la carta di credito … ) e poi mi voltai
per cercarla oltre
la vetrina con lo sguardo. La vidi.
Per
lo stupore e lo spavento, lasciai l’orologio pagato sul
bancone, così come il
regalo di Angela.
Quasi
non sentii la voce del signore dietro il banco che mi diceva: <
Signorina?
Sta bene? >
La colazione stava facendo marcia
indietro in
direzione bocca
Uscii
tremante dal negozio e percorsi barcollando i venti metri che mi
separavano dalla
mia amica. Quando l’ebbi raggiunta, lei mi guardò.
Era
imbarazzata e allo stesso tempo come ammaliata. Un bellissimo, giovane
uomo le
aveva messo un braccio intorno alle spalle e le parlava come fossero
grandi
amici.
Quando
fui abbastanza vicina da sentire i loro discorsi, capii che le stava
chiedendo
informazioni.
Improvvisamente,
l’uomo si voltò nella mia direzione e il suo
sguardo mi trafisse.
Con
voce sensuale, si rivolse ad Angela e le domandò garbato:
< Forse la tua
amica può mostrarmi gentilmente la strada? > Mentre
pronunciava quelle
parole, fece scorrere un dito, pallidissimo e affusolato, lungo il
collo della
mia amica. Io risposi con la voce che mi usciva a fatica:
<
Certo. >
Lasciando
andare Angela, che mi osservò prima spaesata e poi
impaurita, mi cinse il
bacino con un braccio e con l’altro mi indicò una
lussuosa auto nera dai
finestrini oscurati. Non opposi resistenza.
Mi
lasciai trascinare fino alla vettura e rimasi immobile davanti alla
portiera
qualche istante, finche questa non venne aperta dall’interno.
Mi
voltai verso Angela con gli occhi gonfi di lacrime. Le stesse lacrime
che mi
solcavano le guance e mi bagnavano il vestito. La mia amica, che si era
un po’
ripresa, mi osservava terrorizzata ed immobile. L’uomo mi
diede una piccola
spinta ed io mi piegai per entrare nell’auto.
Sentii
la voce di Angela gridare: < Bella! Bella! Chiamate la
… > Poi la
portiera si chiuse di scatto dietro al giovane uomo che mi aveva
trascinata
dentro e che si era seduto alla mia destra. Sussultai. Nessun suono
proveniente
dall’esterno era più udibile. Non riuscivo a
vedere niente fuori dai finestrini
neri. I sedili erano di velluto e l’abitacolo era illuminato
da una luce fioca
che faceva rilucere la pelle bianca delle altre quattro persone che
erano lì
con me. Due davanti e una alla mia destra e l’altra alla mia
sinistra.
L’auto
partì sfrecciando a tutta velocità. Io tremavo
dalla paura poi, con voce calma
e pacata, Demetri disse: < Non vogliamo farti del male. Devi
startene zitta
e ferma e non darci problemi. >
La
sua voce tagliente mi fece venire un conato di vomito.
La
figura alla mia sinistra estrasse qualcosa dalla valigetta.
Quando
realizzai che si trattava di una siringa cercai di allontanarmi, ma in
quello
spazio ristretto mi era impossibile. Cercai di trattenere un grido
quando l’ago
affondò nel mio braccio.
Dopo
pochi istanti, i contorni degli oggetti intorno a me divennero sfocati
e
l’oscurità si fece più opprimente.
Sentii un vento improvviso sfiorarmi il viso
e scompigliarmi i capelli e mi resi conto che mi stavano sfilavano la
borsa. Cercai
di oppormi, inutilmente. Ormai non avevo più forza nelle
braccia e dovevo
combattere per tenere gli occhi aperti. Prima di crollare e venir
inghiottita
dall’oscurità, vidi Demetri, alla mia destra,
estrarre i miei documenti dalla
borsa e gettare quest’ultima fuori dal finestrino aperto.
Alla fine chiusi gli
occhi e mi accasciai contro lo schienale di quell’auto.
Prima
di perdere del tutto i sensi, vidi Edward nei miei pensieri una lacrima
scese
dai miei occhi chiusi.