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Autore: Merope Molly Lestrange    06/02/2014    1 recensioni
ll mondo magico si ritrova ad affrontare nuovamente un periodo buio. Hermione e Ron sono scomparsi, Harry non si da pace e non è il padre che avrebbe voluto, Albus e Rose si amano, ma lo sanno solo loro. James e Lily si mangerebbero vivi. Kingsley Shacklebolt è stato ucciso, la gente del ministero continua a scomparire di giorno in giorno. Rose sostiene che se fosse un incubo sarebbo felici, perché così potrebbero sempre svegliarsi e vivere, ma le cose non vanno mai così male come sembrano.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Tempi oscuri erano alle porte. Si credeva che il mondo magico non avrebbe mai più affrontato una guerra, che il male fosse morto con Voldemort e che il ministero avesse sotto controllo tutto, che Kinglsey avesse sotto controllo tutto. Peccato che Kingsley Shacklebolt. fosse morto, avvelenato dal suo quotidiano tè alla pesca, che lui stesso aveva preparato. Non c’erano prove ed ogni essere vivente nel ministero era sospettato e beh, difficile trovare il colpevole in una situazione simile. Il Ministero della Magia era di certo il luogo meno sicuro di tutta l’Inghilterra, almeno per i dipendenti. Ogni giorno spariva un membro del Wizengamot, o un auror, o un addetto all’Ufficio per le restrizioni delle arti magiche tra i minorenni, o un addetto alle pulizie…

La cosa peggiore di tutto ciò che è che nessuno sapeva con chi il mondo magico stava avendo a che fare, o almeno nessuno tornava vivo per raccontarlo. Cappucci neri e maschere di ferro, tutto quel che si sapeva dei possibili creatori di tutto quel caos. Cappucci neri e maschere di ferro, era una cosa che si era già sentita , i Mangiamorte avevano terrorizzato l’Inghilterra vestiti così anni prima, ma Voldemort era morto e tutti i Mangiamorte erano morti o erano stati arrestati e rinchiusi ad Azkaban. Certo, qualcuno era pure rimasto in vita e in libertà, ma che senso aveva mettere soqquadro il mondo magico e rischiare tutto quando Voldemort era morto e cremato da due decenni abbondanti?

Harry Potter non si dava pace e non c’era attimo in cui smettesse di pensare, tanto che se il suo cervello fosse esploso non si sarebbe minimamente stupito. L’uomo stava lì da ore a fissare quella cartina piena di X e frecce rosse, che segnavano i luoghi e l’ordine delle sparizioni, nella speranza di avere un colpo di genio ed arrivare a trovare un collegamento, ma era una faccenda che davvero sembrava non avere né capo né coda. Tutto era cominciato con la morte del Ministro e da lì era stato tutto un susseguirsi di scomparse, morti e furti. Distolse lo sguardo dalla cartina e si osservò intorno assonnato. Si rese conto che Louis Kopfer aveva smesso di russare e tutto quel silenzio gli fece dolere le orecchie. Diede un’occhiata all’orologio sul muro e realizzò che il suo turno era quasi finito, che avrebbe dovuto svegliare il collega e che di lì a poco Gabriel e Elanor gli avrebbero dato il cambio. Non c’era più molta gente nel dipartimento degli auror, era il reparto dove spariva più gente ed ormai erano rimasti sì e no in venti persone. Si andò a sedere alla scrivania e non fece in tempo a posare la testa sulle braccia che crollò per la stanchezza e dormì fino al mattino.

Quando aprì gli occhi Elanor stava entrando nella stanza con due caffè in mano. “Buon giorno” disse lei posando uno dei bicchieri sulla scrivania.
Harry strizzò gli occhi un paio di volte prima di grugnire un “Anche a te”.
Elanor Lawrence era una donna sulla trentina, capelli corti e dolci occhi castani. Faceva parte degli Auror da un paio d’anni e mai una sola volta aveva fallito un compito. Era un po’ imbranata, soprattutto con le persone, ma era di una dolcezza unica ed era impossibile che qualcuno la volesse male.
“Non abbiamo voluto svegliarti Non dormi da giorni… non ci sembrava il caso.” si giustificò prima che il collega le chiedesse qualcosa. Louis non c’era, chissà da quanto tempo se n’era andato. Bevve il suo caffè in fretta, raccolse la sua giacca salutando la donna e si alzò, tanto in fretta che Eleanor non aveva ancora avvicinato le labbra al suo bicchiere. Uscì dal suo ufficio senza ricevere risposta.

Erano anni che lavorava al Ministero, ma quel corridoio sembrava ogni volta non avesse una fine. Lì, sui muri, erano affisse le foto delle innumerevoli persone scomparse. In mezzo a tutti quei fogli facevano capolino anche le foto e i nomi di Ronald Weasley ed Hermione Granger, che Harry Potter quella volta non si fermò ad osservare. Quando i suoi migliori amici erano scomparsi si era visto crollare il mondo addosso, ma l’orologio dei Weasley segnava che Ron era disperso, non morto, ed era questo che teneva alta la speranza di ritrovarli vivi. Quella sera era stata Rose a telefonare ad Harry per dirgli che i suoi genitori non erano tornati a casa e che aveva telefonato a tutti, ma senza risultati. Lo zio aveva cercato di tranquillizzarla, ma sua nipote pare stesse per avere un attacco di panico e non c’era stato modo di calmarla. Hugo se ne era accorto, aveva preso in mano il telefono, aveva detto ad Harry di informarli di ogni cosa e aveva chiuso la chiamata

La prima cosa che udì appena entrato in casa fu il suono del violino di Rose, seguito dagli insulti che Lily lanciava a James per qualcosa che aveva combinato. Lily Luna Potter era un vulcano che poteva esplodere da un momento all’altro che si nascondeva dietro un volto sereno e innocente . Essere sfacciata le riusciva dannatamente bene, così come essere stronza, ma sapeva anche essere una persona estremamente gentile. Il fatto è che, appunto, sapeva essere una persona gentile, ma si impegnava per esserlo di rado e mai senza un secondo fine.

“Si può sapere cosa diamine succede ‘stavolta? Possibile che dobbiate sempre litigare?” sbraitò Harry spazientito. Era da prima che Lily iniziasse a parlare che le cose andavano avanti in quella maniera ed ormai i loro bisticci non erano più una cosa umanamente sostenibile.

“James mi ha dato della puttana e non la smette di cantilenarmelo.” rispose Lily irrompendo furiosa in salotto, seguita da un James parecchio scocciato.

Harry sbuffò. “James, perché hai dato della puttana a tua sorella?”

“S’è fatta i ragazzi di mezza scuola, papà, ma tu non l’hai mai controllata. Devo sempre badarle io e tu non ci ascolti mai.“ rinfacciò James a suo padre guardandolo fisso negli occhi, ma lui guardava altrove, guardava fuori dalla finestra.

“E tu cazzo ne sai della mia vita sentimentale? Sono solo voci, Cristo, solo voci” piagnucolò Lily nel tono più aggressivo che era riuscita a tirare fuori cercando di trattenere le lacrime.

Harry non li ascoltò, non capì una parola di quello che dissero, non gli interessava l’ennesima sciocchezza per cui stavano litigando e in più aveva un tremendo mal di testa. Pensava che con tempo avrebbero smesso, che sarebbero maturati e invece era una guerra continua. Non c’era un attimo di pace in quella casa e l’uomo fu tentato di tornarsene al lavoro per un turno extra pur di non sentirli. Sospirò e liquidò entrambi con un “Basta, vedetevela voi, non vi voglio sentire” per poi raggiungere il bagno al secondo piano per farsi una doccia.

“Saresti capace di portare a letto anche me, se non fossi tuo fratello” sibilò James appena loro padre lasciò la stanza.

“Ma vaffanculo”.

 

 

..tu non ascolti mai. Le parole gli tornarono alla mente a ripetizione.

Il getto d’acqua scorreva tiepido mentre si faceva un esame di coscienza sulla veridicità di quelle parole. Harry Potter, proprio lui che si era promesso che i suoi figli non avrebbero mai sentito la mancanza di un genitore, ancora non si rendeva conto che aveva infranto quella promessa da tanto di quel tempo che probabilmente non aveva mai neanche iniziato a mantenerla.

 

Rose mise a posto il violino nella sua custodia color vermiglio e si gettò sul letto a peso morto. Rimase a fissare il soffitto fino a che, una mezz’oretta dopo, sentì bussare. Non fece in tempo a chiedere chi fosse che egli aprì la porta. Albus la fissava, sostando sulla soglia, in attesa che lei lo invitasse ad entrare. Rose sorrise, lieta di vedere la persona che in quel momento gli era più cara. Albus era il suo migliore amico e qualcosa di più, lo era sempre stato ed era l’unica persona a sapere praticamente tutto di lei. A volte, scherzando, gli diceva che se avesse mai dimenticato quando doveva venirgli il ciclo l’avrebbe chiesto a lui ed era sicura che Albus sarebbe riuscito a placare il suo dubbio.

“Che fai lì impalato?”

“Aspetto che tu mi faccia entrare”.

“Ma sei hai aperto la porta prima che ti dicessi avanti! Sei ritardato o semplicemente idiota?”

“Forse entrambe le cose” affermò.

Rose si sentì in colpa. Prendeva spesso in giro Albus, ma aveva sempre il terrore che qualche sua parola lo ferisse. A volte suo cugino la metteva davvero a disagio, qualche volte sembrava che lei trattasse Albus come se potesse spezzarsi da un momento all’altro. Rose gli voleva davvero bene, lo amava, era l’unica persona ad esserci sempre stata e l’unica che, lei era certa, non se ne sarebbe mai andata, ma nonostate tutto c’erano momenti in cui Rose aveva tremendamente paura di perderlo. Quella loro complicità col tempo era diventata qualcosa di più, ma loro non erano fidanzati, non potevano esserlo, si amavano e basta; Rose lo aveva amato dal primo istante, da quando all’età di un anno guardando nella culla allungò le braccia esclamando “Bambolotto Albus”. Tutti risero. Albus dormiva incurante della folla che aveva intorno.

“Allora, che aspetti? Vieni!” disse, mettendosi a sedere e battendo una mano sul letto.

Albus la raggiunse, si sistemò dietro di lei, la abbracciò incrociando le braccia intorno al suo collo e le diede un bacio umido sulla guancia. Rose si ripulì subito con la manica della maglia.

“Come va?”

“Non lo so, va e basta”.

Un altro bacio e una carezza. Avrebbero potuto passare la giornata abbracciati, in silenzio, a guardare un punto indefinito della stanza senza dirsi nulla. Quella mattina però Rose voleva far sentire ad Albus l’ultimo pezzo che aveva composto, così si alzò, prese il violino ed iniziò a suonare. Ad Albus venne voglia di piangere appena l’arco toccò le corde senza neanche sapere che quel pezzo era esclusivamente per lui.

 

 

 

 

*Note autrice*

Il fandom di Harry Potter mi mancava troppo e questa storia ha bisogno di vedere la luce dopo essere stata per così tanto tempo nella mia testa. Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui! Alla prossima!

//Un grazie enorme va ad Yvaine0, che ha betato questo prologo ed ha accettato gentilmente di farmi da beta quando può. Non vuole ricompense, neanche in biscotti, e questo mi commuove (oppure vuole solo stare a dieta e vede la mia ricompensa come un attentato terroristico).

 

  
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